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ANTOLOGIA FIRDUSIANA

CON UN COMPENDIO DI GRAMMATICA PERSIANA

E UN VOCABOLARIO

Dott. Pror. ITALO PIZZI

_
DELLA R. UNIVERSITÀ DI TORINO.

2% EDIZIONE CON L'AGGIUNTA DELLE CORREZIONI.



LIPSIA
WOLFGANG GERHARD, EDITORE

1891.

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Edizione comune Lo o

Edizione in carta velina di questa medesima opera

Edizione di lusso su carta d'Olanda (edizione di 10 soli
esemplari numerati)

Edizione legata in pergamena

Tutti i diritti riservati.

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12.
15.

20.
30.
AL

PROFESSORE FAUSTO LASINIO

IN SEGNO

‘+ DI MOLTA RICONOSCENZA

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UNIVERSITY OF MICHIGAN


PREFAZIONE

@oPo tante grammatiche e antologie della lingua
persiana, molte delle quali buone sotto ogni ri-
lg, spetto e di grande utilità allo studioso, parrebbe
superfluo ed inutile il comporre una grammatica di questa



stessa lingua e il mettere insieme un’ antologia corre-
dandola di un vocabolario, se chi ora manda fuori il pre-
sente Marzale non avesse avuto nel comporlo un parti-
colare e speciale scopo. Senza di che, anche per la
estrema semplicità della grammatica persiana per cui
ogni libro, più o meno, può servire allo studioso, egli
non vi si sarebbe provato nemmeno per ombra.
L’autore del presente libro è partito da un’ idea del
Prof. SereceL, per la quale, se egli non s’'inganna, ha
potuto dare al suo Mazzale un aspetto e un indirizzo
differente da quello dei libri fin qui pubblicati. Il dotto
Professore di Erlangen, tanto benemerito degli studi
iranici, nelle opere sue ha sempre avuto l'intento, come
egli stesso dice (Arzsche Studten, p. 110), di dimostrare
l'unità delle idee che ispirano e informano tutta quanta
la Letteratura iranica in tutti i diversi tempi della lunga
sua vita. Cosicchè per lui dall’ Avesta e dalle Iscrizioni

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> VII +

degli Achemenidi in parte, alla letteratura pehlevica del
tempo dei Sassanidi, dal tempo dei Sassanidi all’ epopea
di Firdusi, da Firdusi alla posteriore letteratura dei Pàrsi, è
un solo cammino di idee, è una sola mitologia e una sola
religione e una sola leggenda epica, che si vanno svolgendo
e conservando con una tenacità e un vigore di vita non
comuni.

Seguendo ‘questa idea, si vede ben tosto sotto quale
punto di vista debba riguardarsi l'epopea di Firdusi ri-
spetto alla letteratura posteriore, tutta maomettana e infil-
trata d’arabo, non tanto nella lingua quanto nelle idee
religiose e morali. Finora il L:bro dei Re di Firdusi si
è voluto considerare come il principio della nuova lette-
ratura persiana; per me invece esso è l'ultimo portato
della vera letteratura iranica, chiude per sempre il ciclo
meraviglioso delle leggende eroiche, per dar posto ad
un’ altra letteratura ben diversa di idee e di intenti. Ora,
quasi tutte le Grammatiche e le Antologie della lingua
persiana che fino ad oggi si sono compilate, non tengono
conto diquesta profonda differenza e mettono insieme il
Libro dei Re con le poesie mistiche di Saadi e di Hàfiz, coi
racconti di Gimi e le favole di Husseyn Va'iz, con le
storie di Mirkhondi e le poesie di Khàkàni, scrittori e
poeti che hanno veramente il loro pregio, ma nulla però
hanno a che fare col L26r0 dei Re, dal quale li separa imme-
diatamente una rivoluzione religiosa e un mutamento pro-
fondo di idee. Cosicchè coteste Antologie mi sembrano
fatte al modo di quell’ Antologia di Scrittori Latini, nella
quale l’autore avesse messi insieme alcuni brani di Lu-
crezio, di Virgilio, di Livio e di Cicerone accanto ad
altri presi dalle opere di Sant’ Agostino e di San Girolamo.

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>> IX at

Si badi bene che io non dico già questo per dir
male di quelle Antologie, alcune delle quali sono utilissime,
come quella del Dott. M. ScHuLtze (/7andbuch der Persi
schen Sprache, Elbing, 1863), di cui mi sono valso nel
principio dei miei studi. Ma l’intendimento mio è solo
quello di mostrare sotto quale aspetto, sopra le orme
dello SpreGEL, io consideri l'epopea di Firdusi, rispetto
alla letteratura posteriore da una parte e all’ anteriore
dall’ altra e con qual fine tutto speciale e particolare io
abbia composto il presente libro. Io ho voluto comporre
soltanto un Manuale Iranico, se così posso chiamarlo,
nel più stretto senso, nel senso nel quale lo chiamerebbe
anche il Professore SpiecEL, riguardando il persiano
moderno e l'epopea di Firdusi come il primo passo per
conoscere l'antica letteratura iranica, come il punto di
partenza per salire al pàrsi e al pehlevi e per giungere
finalmente all’ Avesta, come al punto più alto e più
difficile da raggiungere, tenendo così la via la più natu-
rale e la più utile negli studi, di salire dal facile al meno
facile, dal più noto al meno noto. La letteratura per-
siana posteriore (fatta eccezione degli scritti dei Pàrsi) è
maomettana, di molta importanza, nè io lo nego, ma di
una importanza ben differente; essa potrà giovare a chi
vuol conoscere la storia del Maomettanesimo e le vicende
dei Principati maomettani in Persia, più che a chi voglia
addentrarsi nei misteri dell’ antica religione iranica e
intenderne il codice sacro e conoscere lo spirito vitale
che l'anima e l'informa. Leggete le storie di Mirkhondi,
e non troverete nulla, quasi nulla, che ricordi l'antica
religione nazionale e quella meravigliosa leggenda epica
nella quale sta scolpita l'immagine di quel gran popolo

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>> x -<É

operoso e guerriero; e la storia degli antichi re leggendari
di Persia, pure di Mirkhondi, ha ben poco valore come
fonte di notizie rispetto al Z:6r0 dei Re. Leggete le
poesie di Hàfiz o di Saadi e vi troverete una esuberanza
di idee maomettane, di ricordi di eroi dell Islamismo, in
mezzo ai quali compaiono talvolta gli antichi re leggen-
dari dell’ Iran, Gemshid o Minòcihr o qualche altro, come
figure sbiadite e offuscate, che producono in chi legge
quel disgusto speciale e indefinibile che si sente nel
leggere uno scrittore moderno che, così per uso, invochi
la Musa e parli delle Ninfe o dei Satiri, di Giove e di
Giunone, quantunque egli non vi creda più e con lui non
vi creda nessuno de’ suoi lettori.

Dietro questi principî adunque ho io composto il
mio Manuale. Il quale differisce da tutti gli altri libri
del genere per lo scopo e per i materiali adoperati; per
lo scopo, perchè, e già l'ho detto, esso deve servire
come punto di partenza per salire allo studio della lette-
ratura pehlevica e dell’ Avesta, deve porgere, a guisa
di una piccola enciclopedia persiana, tutte quelle fonda-
mentali cognizioni di lingua, di religione, di mitologia, di
costumi, di leggende di eroi, che poi lo studioso incon-
trerà nuovamente, e sotto lo stesso aspetto, nel Burndehesk
e nel Minòkhired e nell’ Avesta in fine, e che vedrà
ampiamente svolte nelle opere. dello SpieGEL, del Wix-
DISCHMANN, del Kossowicz, del JustI e dell’ HarLEZ. Diffe-
risce poi per i materiali, perchè, senza disprezzare la
letteratura posteriore, la lascia da parte siccome tale che
non conduce al suo scopo. Se poi io sia riuscito nel mio
intento, non lo so; giudicheranno i dotti, al giudizio dei
quali con reverenza e trepidazione sottopongo il mio lavoro.

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=> N «<<

Ed ora veniamo a parlarne più in particolare.

La Grammatica contiene, se non m'inganno, quanto
è necessario per dare una sufficiente cognizione del per-
siano, molto semplice, come ognuno sa, e relativamente
anche molto facile ad apprendere; e nella maggior parte
ho seguito le altre Grammatiche. La differenza maggiore
sta nella divisione dei verbi. Ho trattato prima il tema
di presente, quindi il tema del passato, determinato da
un # (4), e in questo ho fatto due classi di verbi, divi-
dendoli in quelli che uniscono mediatamente il £ (4) del
passato al tema del presente (p. e. furs, e furs-i-d-am),
e in quelli che lo uniscono 2mmediatamente (p. e. afriz,
e afrikh-t-am); e qui, per i vari mutamenti delle conso-
nanti, venivano richiamate le regole fonetiche poste in
principio della Grammatica. Per quanto io mi sappia,
non conosco che altri abbia tentata una simile divisione,
per la quale quei verbi che prima erano trattati come
irregolari, trovano ora la loro spiegazione e la loro regola.
I dotti giudicheranno se io abbia colto o no nel segno’.

1 Per avere un’ idea del modo con cui si trattavano i verbi così detti
irregolari, si vegga la Grammatica del WILKEN (Lipsiae, 1809), Egli dice che i
più dei verbi difettivi (de/ec4#va) che escono all’ inf. in #42, formano l’imperat.
da un inf. in dyfdarn; così farmidan fa all’ imperat. farméy, ma questo non
viene da farmidan, bensì da un /arméyîdan (?!) che non esiste. Egli divide i
verbi irregolari in 7. classi (pag. 72), secondo le terminazioni dell’ inf., in #42x,
fan, khtan, shtan, stan, îdan, dyidan, e non s’accorge intanto ch’ egli mette nella
terminazione dell’ inf. una parte che appartiene alla radice. Infatti, secondo il W.,
il v. #éftan, p. e., è della 22 cl. perchè in /fax, ma la / di /fan appartiene alla
radice e non alla desinenza, cfr. pres. 660-am, z. e skr. 4ap, lat. #ep-e0o. E basti
questo saggio. Il Jones (ed. franc. di GARCIN DE Tassy, p. 66) dice che molti
verbi persiani formano il loro imperat. da infiniti disusati (?!, è la stessa teoria
del WILKEN), e che per trovar questi antichi infiniti (che non esistono!) non
bisogna che aggiungere fdur ai detti imperativi. Operazione inutile, perchè
questi inf. in é44: non esistono, nè si trovano nel Vocabolario (cfr. il farméyidan,
di cui sopra), — Il VuLLeRs ha rischiarato di assai nella sua Grammatica la

classificazione dei verbi persiani, ma la sua divisione è differente da quella che
tento in questo mio lavoro.

Goc gle
> XII +

L'Antologia è tutta presa da Firdusi. E qui si dirà
che essa è troppo esclusiva; ma essa non poteva essere
che tale in forza delle ragioni dette di sopra. Anche il
VuLLeERs, pubblicando la sua Ckrestomathia Schahnamiana
(Bonnae, 1833), mostrava di intendere come il miglior
libro per gli studi persiani fosse il Lz6ro dei Re; ma dai
soli quattro brani da lui scelti (l'ultimo poi non è di
Firdusi) lo studioso non si può fare una idea abbastanza
giusta di quell’ opera immortale e del suo contenuto.
Proponendomi invece nella mia Antologia di far conoscere
tutto l'insieme delle leggende eroiche, tutti i diversi
momenti di quella gran lotta secolare tra Irani e Turani,
immagine terrena della lotta tra Ormuzd e Ahrimane, ho
seguito passo passo il Zero dei Re, cominciando dai
primi re e venendo giù fino alla morte di Rustem, col
quale cessa ancora e tace il meraviglioso racconto della
leggenda. I brani scelti sono una ventina; ma, oltre alla
Introduzione generale, ognuno di essi ha una speciale
| introduzione nella quale si fanno conoscere i fatti ante-
cedenti e si istituiscono raffronti con l’Avesta e coi libri
tradizionali, laddove cade in acconcio. Cosicchè, quando
lo studioso abbia percorsa l’Antologia, potrà avere una
cognizione, se non perfetta, abbastanza giusta almeno,
dell’ intero Ze6r0 der Re, ciò che per me significa aver
sufficiente cognizione di tutta quanta la leggenda eroica,
la quale poi gli servirà di fondamento per intender più
presto e meglio molte e molte cose, quand’ egli vorrà, dal
moderno persiano, salire allo studio ditutta quanta la lettera-
tura religiosa che riguarda l’Avesta, e all’ Avesta stesso.

Quanto al testo, ho seguito l'edizione di Calcutta e
l'edizione che, con tanta utilità degli studiosi, pubblicava

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>> XIII <<

a Leida il Prof. VuLLERS; ma non senza riempire con la
Calcuttense le troppo frequenti ommissioni ch’ egli ha
fatte, siccome già ho avuto occasione di notar più volte
nel Bollettino italiano degli Studi orientali di Firenze. Non
si può negare che il dotto Professore abbia portati molti
e notevoli miglioramenti all’ edizione di Calcutta; ma
questa è però sempre di grandissimo pregio; mi sono valso
quindi di tutt’ e due, preferendo la lezione or dell’ una
or dell’ altra, e talvolta anche seguendo le edizioni di
Parigi del Mont e quella di Teheràn (a. 1247 dell’ Egira)
citate dal VuLLERS a piedi di pagina. Dico ques o non per
darmi l’aria di aver messo insieme un nuovo testo critico,
ma solo per render ragione dei punti in cui mi discosto
da una delle edizioni, per seguir piuttosto questa o quel-
l’altra. i

Ma per facilitare allo studioso la lettura e l’inter-
pretazione dei canti di Firdusi, lo stile e il modo del
quale sono molto difficili ed incerti per chi non vi ha
molta pratica, ho creduto bene di porre dopo l'Antologia
la traduzione letterale (e mi si faccia grazia del cattivo
italiano) dei primi otto capi dell’ Antologia. Lo studioso
‘così con la scorta di quella traduzione potrà addomesti-
carsi col costrutto della nuova lingua ch’ egli imprende
a studiare, e acquistar quella tal pratica che gli servirà
poi per tradurre i restanti brani. In questa parte ho
preso per modello i libri del Kossowicz, Decem Senda-
vestae excerpta (Parisiis, 1865) e Sarathustricae Gàthae
(Petropoli, 1867—1871), tanto utili a chi, come me, ha
dovuto studiare lo zendo senza maestri.

Il Vocabolario, come già feci in un mio Saggio di
una Antologia Persiana (Parma, 1877), è redatto in

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> XIV af

maniera tutta nuova per il persiano; registra cioè i temi
e le radici, come si fa nei vocabolari sanscriti e zendi,
e non l'infinito; ciò che renderà più facile il rinvenire i
vocaboli. Si noti però che io parlo delle radici quali ora
sono nel persiano, perchè, p. e., nel persiano la radice o
il tema del verbo xzkédar è nh (pres. nih-am, io pongo),
mentre propriamente x#244dar si riferisce ad un zendo e
sanscrito #2 + dé, in cui la radice primitiva è d#é. Chi
vide e giudicò quel primo saggio, ne parlò con soddi-
sfazione; speriamo che anche ora mi siano benigni i giu-
dizî dei dotti — Il Vocabolario è anche comparativo; e
ciò non solo in forza del principio posto più sopra, ma
anche perchè lo studioso di cose iraniche, fin dal comin-
ciar de’ suoi studi, si renda famigliari i vocaboli zendi,
persiani antichi (delle Iscrizioni), pehlevici e pàrsi, dei quali
dovrà occuparsi poi. In questa parte mi sono valso dei lavori
dello SeregEL, del Justi, dell’ HarLEz, dell’ AscoLI; e i
ravvicinamenti da me riferiti sono sempre dei più sicuri,
dei più accertati; qualche ravvicinamento col sanscrito
specialmente, col greco e col latino è stato da me fatto,
ma con parsimonia; per il gotico invece mi son contentato
di ben pochi vocaboli, di quelli soltanto cioè che appar-
tengono a tutta quanta la famiglia indo-europea, come
fadar, batran, ecc. Molte notizie intorno ad eroi, a
leggende, a miti si trovano nelle diverse introduzioni
ai capi dell’ Antologia, ma il Vocabolario supplisce a
quello che in esse manca; dove cioè cadeva in acconcio
il dar qualche notizia, ciò è stato da me fatto con ogni
cura, e si veggano per ciò, tra gli altri, gli articoli:

po uoy91, Sri ste kid o, ciuldi;, pio,
pr3» ecc.

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> XV <<

Oso pertanto nutrir speranza, con questo mio lavoro,
di porgere allo studioso tutte quelle fondamentali cogni-
zioni che gli possono essere necessarie per proseguire
gli studi iranici, senza le quali molte cose riescono oscure
bene spesso e talvolta inintelligibili. Se io sia riuscito
nell’ intento, non so, lo ripeto; posso però assicurare di
avervi spesa tutta la cura e posto tutto quanto l'impegno.

Qui poi debbo ringraziar pubblicamente il Prof. C.
pe HarLEz di Lovanio che tanto contribuì perchè questo
mio Manuale potesse essere pubblicato. Il Prof. E. Teza
pure abbia i miei ringraziamenti per i consigli datimi nei
miei studi, mentre io era suo discepolo a Pisa, e li abbia
il Prof. F. Lasinio, a cui tanto debbo come discepolo per
i miei studi di arabo e di siriaco, e al quale altresì
con molta gratitudine e affetto questo libro è dedicato.

Firenze, 1. Marzo 1882.

I PIZZI

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AVVERTENZA



stato assai meglio col titolo più preciso, sotto il quale ora
esce mercè le cure del solerte Editore Sig. WoLFGANG
GerHarD di Lipsia, di: Artologia Firdustana con un
Compendio della Grammatica persiana e un Vocabolario.
Esso infatti non comprende che passi scelti dal L26r0 der
Re di Firdusi, e la grammatica, molto ristretta, vi è come
parte secondaria, sebbene necessaria per lo studioso. Il
perchè della scelta e il fine del libro sono detti nella
Prefazione che abbiam mantenuta qual'è.

Il Manuale, quando uscì, ebbe lodi benevole e indul-
genti da persone dotte e competenti; ma, come queste
persone notarono qualche difetto del Iaxza/e con tutta
gentilezza e cortesia, così l’autore suo non pretese mai
che esso fosse uscito dalle sue mani come opera perfetta,
e anche ora ne lamenta molti difetti ai quali agli rimedie-
rebbe volentieri se tutto ciò che un autore vorrebbe fare,
non fosse impedito in gran parte e quasi sempre dalla
scarsezza dei mezzi e dalla mancanza di aiuto da parte

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>> XVII -—=<

di tutti. A quegli errori tuttavia ai quali egli può rime-
diare (scusabili, forse, in un lavoro giovanile; inescusabili
tuttavia davanti alla scienza), egli ora mette riparo come
può, ponendo le correzioni in alcuni fogli aggiunti in fine
al volume. Chi gli fece conoscere gli errori, tra leggieri
e gravi, nei quali egli era caduto, fu il Sig. C. J. SevBoL.D
che in un lungo articolo, in data del Dicembre del 1883
da Heilbronn, inserito nel Lz/teratur-B/att fiir. Orzen-
talische Philologie, Juli-August 1884, I. B. 10. u. 11. /7eft,
esaminò molto accuratamente e molto attentamente il
Manuale, lodò quel poco che credette di poter lodare, e
censurò tutto il resto. L'autore gli è grato di questa
censura che egli riconosce esser giusta (eccetto là dove
il SevoLp gli addebita anche gli errori di stampa), tanto
grato, che, come può vedere il lettore, egli, nelle pagine
aggiunte, ha corretto moltissime cose, accettando quasi
tutti (tutti, in coscienza, non si poteva) gli appunti fatti-
gli da lui.

Ma se lo ringrazia per la giusta censura, non lo rin-
grazia per il modo aspro, burbero, con cui l’ha fatta.
L'autore non ha incontrato in lui l'amorevole collega che
fa avvertito il collega suo degli errori in cui è caduto;
ma s'è imbattuto in un censore rigido e accigliato che
sale in cattedra e, tenendo in pugno lo staffile e pestando
de’ piedi, fa la lezione allo scolaretto ch’ egli vuole ingi-
nocchiato innanzi a sè!. Di questo suo contegno l'autore
non ringrazia di certo il Sig. SevBoLb; ma lo prega di

1 Ricordiamoci che Giacomo Meyerbeer diceva: ,,Das Z/auptthema vieler
Aritiker (in Deutschland) ist, die svirklichen oder vermeinten Schattenseiten recht lang
und breit cu besprechen und den Autor wie cinen Schulknaben heruntersumachen, der
noch Viel, sehr Vicl zu lernen habe (Scuucut, Aleyerbeers Leben und Bildungsgang.
Leipzig, 1869, S. 364).

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d- XIX <<

pensare e di vedere se acquista maggior simpatia presso
il pubblico lo scolaretto inginocchiato o il censore che
grida e mena la sferza. Tanto poi aveva voglia il
Sig. SevBoLp di menar la sferza nel momento ch’ egli
scriveva quell’ articolo, che, dimenticatosi per un momento
del Manuale e del suo autore, se la pigliava con gl’ Italiani
in generale perchè, secondo lui, non sanno usar bene dei
risultati della scienza tedesca. © studiosi d’Italia, udite
cosa vi grida dalla sua cattedra di Heilbronn il mio e
vostro censore? È ora di far senno! se no, ci toccano le
sferzate!

Auguriamoci intanto che quest’ Axsologia Firdusiana
possa trovar buona fortuna presso gli studiosi, secondando
i voti del suo autore e dell’ Editore ancora, che non
risparmia dispendio e cure per metterla fuori.

Torino, Gennaio 1891.

I PIZZI.

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GRAMMATICA

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GRAMMATICA PERSIANA



e

I FONOLOGIA

I. ALFABETO.

1. Dei popoli Ariani o Indo-europei che un giorno,
secondo l'opinione dei più, abitarono uniti negli altipiani
dell’ Asia centrale e che poscia si distesero per sì ampio
tratto di paese, dall’ India all’ Islanda, gli Indiani e gli
Irani soltanto rimasero nell’ Asia, gli altri invece passando
in Europa, ne occuparono tutta la parte meridionale col
nome di Greci, di Itali e di Celti, e con quello di
Slavi e di Germani o Teutoni tutta la parte più al
settentrione. Tra Irani e Indiani trovansi maggiori somi-
glianze che con altri popoli non solo nella lingua, ma
ancora in molte cose di religione e di costumi; e i primi
che abitarono quel vasto paese che dalle montagne che
rasentano l’Indo va fino al Golfo Persico, dall’Armenia
fino al Belucistàn, conosciuti più comunemente sotto il
nome di Persiani, quando caddero sotto i loro colpi i
grandi imperi semitici di Ninive e di Babilonia, fondarono
una nuova monarchia che toccò il suo massimo splendore
con Ciro il grande e con Dario figlio di Istaspe, e declinò
poi con Serse e coi suoi successori. Questo gran popolo

1*

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> 4 -«

persiano, ora invilito e snervato dalle dottrine di Maometto,
nei tempi di sua maggior potenza e floridezza, ebbe tre
grandi monumenti, le Iscrizioni cioè degli Achemenidi,
dette cuneiformi dalla foggia dei caratteri fatti a cuneo,
il libro sacro detto Zendavesta o meglio Avesta, che
contiene le sacre dottrine di Ormuzd rivelate a Zoroastro,
e il Skéhknameh o Libro dei Re di Firdusi. È ben vero
che la forma nella quale abbiamo ora tanto l’Aveste
quanto il Z26r0 dei Re, non è molto antica (Firdusi poi
visse nel decimo secolo dell’ Era volgare); ma la tradi-
zione religiosa conservata nel primo e la leggenda epica
del secondo sono molto più remote, risalgono ai tempi
anteriori alla storia, e contengono le prime idee di quel
popolo intorno alle cose morali e religiose, e le memorie
degli eroi e dei re della sua prima età semplice e quasi
fanciullesca.

2. Dopo. Firdusi, che visse e poetò dal 940 al 1020
dell'Era volgare, la letteratura persiana perde il suo
carattere nazionale. Firdusi stesso era Mussulmano; ma
come con lui si chiude il ciclo dei poeti epici in Persia,
così tutta la letteratura a lui posteriore abbandona i
grandi soggetti nazionali, riguardati con occhio sospettoso
dai fanatici Mussulmani tanto che lo stesso Firdusi corse
grave pericolo di essere condannato come seguace di
Zoroastro, e si volge ad imitare i poeti e i prosatori
degli Arabi, coi quali era altresì entrata nell’ Iràn la
religione di Maometto. Lo stesso /skexdernàmeh o Libro
di Alessandro Magno di Nizàmi è un infelice tentativo di
epopea, nel quale non trovi le antiche e genuine leggende
iraniche del Zero dei Re e dell’ Avesta, nè il vigore
delle poesia di Firdusi; e il poemetto di GAmi, Yiswf
u Zuleykhà, è dovuto alle tradizioni arabe intorno a
Giuseppe figlio di Giacobbe e alla moglie di Putifarre,
quali si trovano riferite nel capo XII del Corano. Eppure
dal secolo XI al XV vissero e poetarono in Persia molti

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> 5 «i

e grandi ingegni, quali Nizàmi, Khàkani, Hàfiz, Saadi,
Gàmi, e Mirkhondi scrisse le sue storie. Me il fare e
lo stile di questi scrittori è foggiato all’ araba in gran
parte, come pure la loro lingua va sempre più accogliendo
parole arabiche, non sempre per necessità di vocaboli,
ma per un vezzo mal inteso degli scrittori.

3. Le lingue iraniche si solevano già dividere in
— due rami, nel ramo cioè orientale e nell’ occidentale.
Al primo appartiene la lingua nella quale è stato scritto
l'Avesta e che chiamasi impropriamente zexd, mentre
altri usa chiamarla artico battriano, ritenendola per la
lingua antica della Battriana; in Germania almeno si usa
designarla con quest’ ultimo nome (in ted. a/tba£trisch).
L'Harlez, all’ uso orientale, la chiama ora avestica o
lingua dell’’Avesta. La parte poetica e più antica dell’
Avesta è scritta in una lingua più aspra e ruvida che
lo Spiegel suppose essere la lingua delle valli della Sog-
diana, e conserva però grande somiglianza col zex4 delle
altre parti dellAvesta. Il zexd4 poi ha grande affinità
con la lingua sacra degli Indiani che è il sarscrito. AI
ramo occidentale delle lingue iraniche appartiene l'antico
persiano nel quale sono dettate le Iscrizioni degli Ache-
menidi sulla rupe di Behistàn, alta mille e settecento
piedi inglesi, sulle rocce di Alvend, a Murghab ed a
Persepoli. Appartiene pure a questo ramo la lingua in
cui sono scritti il Burdehesh o Libro della Creazione ed
altri libri religiosi unitamente alle versioni dell’ Avesta,
e che si chiama pellevi o huzvaresh. Dell’ origine,
della patria e del tempo di questa lingua, singolarmente
piena di parole caldaiche e siriache, si sa molto poco e
se ne va ancora trattando e questionando dai cultori di
cose iraniche; ciò soltanto che par fuor di dubbio, si è
che essa fu usata al tempo dei Sassanidi che regnarono
in Persia dal 222 al 650 dell’ Era volgare. Il férs? pure
appartiene a questo ramo, e in questa lingua è scritto

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>» 6 =

il Minbkhired che tratta della eccellenza della religione
di Zoroastro. Il férs? differisce di poco dalla lingua di
Firdusi, che è il persiano moderno detto comunemente
derî o lingua di corte dai Persiani, e che differirebbe di
poco dalla lingua odierna di Persia se non conservasse
molte forme antiquate proprie del férsî e del pellevi;
oltre a ciò la lingua di Firdusi è pura, mentre il persiano
moderno è pieno di parole e di espressioni arabe. Di
questa lingua imprendiamo ora a studiar la grammatica.
Alle lingue iraniche appartengono, verso occidente, anche
l'antico ed il moderno armeno coi dialetti degli Osseti,
e, verso oriente, la lingua dell’ Afghànistàn che ora però
si stima da molti che appartenga più alle lingue indiane
che alle iraniche.

4. Ora invece, come già fece il Prof. Fr. Spiegel nella
sua grande opera sulle Axzick:tà Iraniche', seguendo il
Westergaard, le lingue iraniche si dividono in ramo setten-
trionale, al quale appartiene il zex4, col suo centro a
Ragha o Rai, sede del Zarathustròtema o gran sacerdote
di Zoroastro, e in un ramo meridionale, col suo centro
a Persepoli, al quale appartiene il persiano antico che è
la lingua dei Re Achemenidi. Appartengono pure a questo
ramo il pehlevi, il pàrsi ed il persiano moderno.

5. La lingua persiana adopera una scrittura di origine
araba e ha trentadue consonanti; esse mutano di forma
secondochè si trovano isolate o in principio o in mezzo
o in fine di parola. Le parole si scrivono e si leggono
da destra a sinistra.

1 Erdnische Alterthumskunde, III, p. 741 e segg.

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CONSONANTI.
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XNaori il LU thà #h bleso, 9 greco moderno.
E > | slelm gîm | italiano in geo, giro.
€ age dim c iahano in cedere, cigno.
X ci>> € L hà A fricativa faucale.
bai - A
as, l& khà | 4% duro.
ci SIE
olio da'dAf Jio dal d
5. è. ddl JI3 dial | 4% bleso, è greco moderno.
>> xx| b8 |”
dd x\x| bA |?
355 è# 4; zhà J francese in 7ower.
u” | Mi» UT sîn Ss
dla I 4a |y&| ad shin | sck_ tedesco in Schaf, ch
x vi + (a ua] clocad |eg [ francese.
V 8| 4/4 |va| st dhàd | 44, 2.
Xx bib | b'b|i Uta £ forte.
\-bib bibi Wwzaà z
x es * aloe ‘ayn | spirito gutturale.
é|a A glo ghayn| £4 duro.
dii aid, LGfa f
_ Gi5 £|G| Sbkàf | 4% duro, g.
DIS KA GEkdf |£
—_T &S FF kI&k| gdf | tedesco in geser, gi0.

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Figura
2 È 3 i È Nome Valore
SEG BO È
2 È & G
do ed Tam o l
po | +|p| e mîm | 2
33 xa] svav |?
3 Dgla le hà A
s 2'alégl Lkyà 174 tedesco in ja.

6. La lettera J 7 seguita da | forma il nesso Y, /è.
7. I segni dei numeri, che si leggono da sinistra a
destra, sono:

{POR A è dova I »
I 2345 67 8 90
8. Le vocali sono sei, tre brevi e tre lunghe, e si
determinano in iscritto per mezzo di lineette o virgole
poste sopra o sotto alle lettere. Le brevi sono le
seguenti:
“ a xs fathah > da
- È syauS kasrah > di

2% «4 dhammah © du

»

g. La fathah si pronuncia ora @ ora e. Noi la trascri-
veremo sempre per a per maggiore uniformità.

ro. La lettera $ non ha alcun valore, ma prende il
suono della vocale che le si appone, come: ul, LL
gia 22 tram, ushtur.

. Se poi ‘alla fathah (-) si faccia seguire un f, alla
kasrah una x» alla dhammah una ,, le vocali diventano
lunghe, come:

Google
> 9 -

è xsu fathah G dé

cs. È SypuuS kasrah ‘c'@ di
3 È xò dbammah',}3 bit.
12. Il più delle volte la kasrah lunga ha il valore
di ? e la dhammah quello di #, come pi gir, gr»
biidan; ma spesso anche la kasrah vale è, e la dhammah
vale é, come: ia 4654, de £0sh (cfr. il skr. ghosha,
z. gaosha; z. tkaésha). Questa differenza sarà notata fra
parentesi, dietro ciascuna parola, nel vocabolario, mentre,
per maggiore uniformità, noi trascriveremo sempre fe
nell’ uno e nell’ altro caso.

13. Le lettere 1, ,, S ‘delle vocali lunghe non hanno
alcun valore, e però non si pronunciano.

14. Si noti che il gruppo s& #44 si deve leggere
khò, e il gruppo h> khvà si deve pronunciare #4é, come
in I gl khvardan, khvahar, che Dêvonsi leggere
khordan, khahar. Nella trascrizione tuttavia, per maggior
chiarezza, scriveremo sempre 44va e khvà.

15. Le vocali generalmente non si trovano mai
notate nelle stampe e nelle scritture più comuni, ma
solo vi si scrivono le consonanti, lasciando alla pratica
del lettore il supplire a tale mancanza. In questo libro
perciò, non solo perchè l'imparare a leggere un testo
persiano senza vocali è relativamente assai più facile
che il leggere un testo arabo che abbia le sole conso-
nanti, ma anche perchè generalmente i testi persiani non
portano vocali, abbiam tralasciato di notarle, non man-
cando però di porre la pronuncia in caratteri corsivi
dietro ogni parola, tanto nella grammatica quanto nel
vocabolario, e di notare lo stesso segno della vocale
laddove s’incontrava qualche caso dubbio.

16. Altri segni per la lettura sono i seguenti:

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=> IO -=<€

A, la gazmah, us (°), che si pone sulle consonanti
che si Dêvono pronunciare senza vocali, come o kun,
3 dar; le lettere infatti .,, e5 non hanno vocali.
B, il faskaid, 93045 (*), che serve a raddoppiare la
consonante su cui si pone, come in È khurram, p narr.
C, la kamzah, das (a; che si pone in persiano dopo
i nomi che terminano in »-- @%, e4, quando a questi si
voglia far seguire la 7 del genitivo, come xl che si
legge zémah-2. Serve anche a notare una (4 y seguita
da un’ altra, come in St gigi per ari la prima y in

tal caso si scrive senza i due punti, come si vede nello
esempio addotto.

D, la maddah, sò (©), che si pone sulla | iniziale
che, in tal caso, diventa lunga, come in si ahan, 1%!
dvardan, ya dyin, yiyal amikhtan.

II, CAMBIAMENTI DI VOCALI E DI CONSONANTI.

.

17. Tratteremo dei cambiamenti delle consonanti e
delle vocali che avvengono nell’ incontro dei temi coi
suffissi grammaticali soltanto, lasciando quelli che avven-
nero già nella formazione originaria della parola persiana,
in uno stadio più antico della lingua, e che perciò
appartengono alla grammatica comparata delle lingue
iraniche.

A. Cambiamenti di vocali.

18. Se due 4, qualunque sia la loro quantità, s'in-
contrano, si pone fra loro una y, come: numd-am = numàa-
y-am, pla

19. è + ? diventa éy?, frapponendo una y, come in
numdoî = numdy-î, SL (16, c).

20. è seguito da « diventa 7y, come in g2r7-am =

giriy-am, per

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> II --<{

21. # seguito da « prende prima di questo @ una
y, come g%-ad = gi-y-ad, d3,; talvolta anche si risolve
È ° A 3 i
in xv, come in di-am = buv-am, pr raramente diventa

Ge

av, come in duri-am = durav-am, ey.

A

22. Quando # sia seguito da ?, fra queste due vocali
si pone una y, come in £%4-îd = g%-y-îd, AVA

Nora. — Questa y che viene a inserirsi fra le due vocali, -
corrisponde, non rare volte, ad una antica 44 che per via di 4 diventa
y nel persiano moderno. Così il np. (neo-persiano) r4-y-a7 corri-
sponde al zendo rud4 in raodheîiti, np. d-rd-y-am a un zendo d-rédh,
np. giriy-am a un zendo garedk. — Vedremo più innanzi come
l’antica dentale 44 si sia conservata anche nel persiano nella figura
di s dinanzi a /, come in d-rds-fan, z. d-rédh, shus-tan, z. kkshudh. —
Alle volte però questa y è inserita soltanto per togliere l’iato delle
due vocali, come in nu-md-y-am, skr. e z. md.

B. Cambiamenti di consonanti.

23. Quando qualcuno dei suffissi grammaticali che
cominciano per %, cioè £am, ti, tîm, tîd, tand, tan, tah,
si unisce a qualche tema, questo £ si muta in 4, purchè
il tema termini in vocale o in qualsiasi altra consonante,
eccetto 5, 2, s, sà, 2, 4, e la sillaba ér. Quindi avremo:

gè-tam = gà-dam, pol:

dazmi-tah = dezmi-dah, sozagl.

pursi-tan = pursi-dan, j0surs.

kar-tand = kar-dand, dio

màn-ti = màn-dîi, soil.

24. Quando invece il suffisso che comincia per 4,
sia preceduto da una delle consonanti 6, 2, s, sk, z, 4 o
dalla sillaba 47, allora questo £# rimane inalterato e le
consonanti si mutano secondo le regole seguenti.

25. Il 6 dinanzi al # del suffisso mutasi in f; come

in #06-tah = kif-tah, xksyS.

1 ASCOLI, Studi Irani, art. I°, Sfaldature dell antica aspirata, p. 5 e segg.

Google
z3> 12

26. Il © davanti al £ si cambia in f, come: 4éav-tarm =
kaf-tam, pis; rav-tan = raf-tan, o) Il tema 24
risolve 4 in uv e muta v in / cioè: guv-tam, guf-
tam, pais; ciò si spiega col suono primitivo della radice
£%, dire, che era g%v o g%5, come si vede nel caubata?y
e nell’ agaubatà del persiano antico delle Iscrizioni, pro-
venienti dalla radice g%5, dire'; uv quindi unito al
suffisso ha obbedito alla regola comune, gue-tam = guftan:,
io dissi.

27. La s dinanzi al # mutasi in sk, come in rîs-tax -
rish-tan e rish-tan, ii) e giéy

28. La s dinanzi a £ mutasi anche in #4, come in
shinàs-tam = shinòkh-tam, pila.

29. La 2 (che rappresenta un’ antica palatale, np.
afriîz = z. aîwi-rut) innanzi a £ mutasi in #4, come:
angiîz-tan = angîkh-tan, ia.

30. La 4% dinanzi a £ mutasi in s; #4/4-tam — kàs-
tant, piilS.

31. La sillaba ér colla quale terminano molti temi
verbali, innanzi al f mutasi in dsk, come: argàr-tan =
angàsh-tan gialli.

32. La 4 finale innanzi al suffisso plurale éx si muta
in g, come: murdah-àn = murdag-àn, goye. A tutto
rigore si dovrebbe dire che la % finale in questo caso è
un affievolimento del primitivo £ e questo di £ che trovasi
nel pehlevico, p. e. phi. g&ma£ e np. gàmal, sel>, veste.
Innanzi al suffisso df quest’ 4 si muta in g, come in
nuvishtah-àt = nuvishtag-àt, «lsrityi. Questo suffisso
s'incontra solo nel persiano dell’ epoca più tarda e sembra
esser stato preso in prestito dall’ arabo, come vedremo
più innanzi.

33. ll pronome pl 7, questo, nella forma di I
21, dinanzi alle parole 3) FRE (0), i shab, Jlu sal,

1 SPIEGEL, Altpersische Atilinschriften, p. 196.

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> 13 «

muta la x in #w, come: iyyel îm-r2 (6), questo giorno,
oggi; duel 24-skad, in questa notte; Jluet 272-584, in
quest’ anno.

II TEORICA DELLE FLESSIONI. — A. VERBO.

I. TEMI DEL VERBO.

34. Il verbo persiano si può ridurre a due temi, dei
quali chiameremo l'uno tema di presente, l'altro tema di
passato; così di \ghuisr bdakhshidan (infin.), donare,
isso bakhsh è AU tema di presente, Qudtr dalAshid
quello del passato. — Il fema del presente si potrebbe
anche chiamare radice del verbo.

35. Al tema del presente appartengono il fresexze, il
futuro, l'imperativo e il participio presente; appartengono
al tema del passato il passato, l'infinito e il participio
passato. — Il passivo e gli altri tempi si determinano coi
verbi ausiliari, come vedremo.

II. TEMA DEL PRESENTE.

36. Il tema del presente si può definire quella parte
essenziale del verbo priva di ogni suffisso. A questo
tema si aggiungono immediatamente le terminazioni, se
esso termina in consonante; così dal tema jiss be44sk,
donare, abbiamo pisr bak4s4-am, io dono. Se poi il
tema termina in vocale, nell'aggiungere le desinenze del
presente si osservano le regole dei paragrafi 18, 19, 20,
21 e 22. i

37. Le terminazioni del presente sono am, î, ad
per il singolare; 77, î4, @24 per il plurale.

38. Tema in consonante, deZ4sk, donare:

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> 14 «=

3 bakhsh-am, io dono.
s bakhsh-t, tu doni.
cid bakhsh-ad, egli, ella dona.
bakhsh-îm, noi doniamo.
dito bakhsh-îd, voi donate.
iis bakhsh-and, essi, esse donano.
39. Temi in vocale, fé/é, purgare, g77Î, piangere.
gi, dire:
peYl d6/4-y-am, io purgo.
SI péala-y-î, tu purghi.
dat giriy-ad, egli, ella piange.
psp g£irîy-im, noi piangiamo.
dai g%-y-îd, voi dite.
Dia g%-y-and, eglino, elleno dicono.
40. Il futuro ha le stesse terminazioni del presente
e si forma da questo premettendo la particella xs 6%%,
come piso x 04 bakhsham, io donerò; per lo più
questa particella si prepone al verbo perdendo l'ultima
lettera 4, cioè miuir 67-bakhsham. I temi terminanti
in vocale hanno, per le terminazioni, le stesse regole del
presente. Avremo quindi:
= bi-bakhsh-am, io donerò.
bi-bakhsh-î, tu donerai.
UNLa bi-pàla-y-ad, egli purgherà.
ps bi-pàlà-y-im, noi purgheremo.
d45,i bi-giriy-îd, voi piangerete.
Disk di-giy-and, essi, esse diranno.
41. I temi che cominciano per vocale, tra la vocale
della particella 67- del futuro e la vocale iniziale del tema

pongono una y, come d2-y-àg-am, pelo, io pianterò, dal
tema _i ag; talvolta però il y si tralascia come: d3l,
bi-àg-ad, egli pianterà. Trovasi anche, specialmente nel

verso, soppressa la 7 della particella 6?-, come: A4>L 8'-ag-
ad, egli pianterà. Se. poi il tema comincia per vocale

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> I6 -<

III. TEMA DEL PASSATO.

44. Il tema del passato si forma da quello del pre-
sente coll’ aggiunta di un # al quale tengono dietro le
desinenze. Così dal tema di presente lo mér si fa
màn-t, poi man-d dale (23), e mànd è tema di passato
di man.

45. Senonchè alcuni verbi aggiungono mediatamente,
altri smmediatamente il # al tema di presente. Di questi
ultimi parleremo più innanzi. I primi invece uniscono
questo £ al tema del presente per mezzo di una delle
vocali è, î, % o per mezzo della lettera s.

46. Nel caso delle vocali é, î, al tema di presente
si fa seguire una di queste vocali, alla quale tien dietro
il # che mutasi in 4 (23). Così dal tema di presente x;
nh avremo xzh-d-t = nthàd ola che è tema di passato;
parimente dal tema gi3% dans avremo bdakhsh-t-t =
bakhshîd Dai.

NoTA 1. — Che il # fosse primitivo in questi verbi e che poi
esso si sia affievolito in 4, si conosce dal pehlevico in cui abbiamo
bakhshitan = np. bakhshidan, e détan = np. dédan (infiniti).

Nora 2% — Nel trattar di questi verbi abbiam dovuto partire
dal punto di vista del neo-persiano e trattar come vocale d’unione
questa 4, perchè in questa lingua wi4 va considerato come tema di
presente e radice del verbo (pres. xi4-27:) che ha per tema di passato
nihéd; ma nikéd, secondo la grammatica comparata, va scomposto
in ni-hd-d (ni è un' antica preposizione) che ci riconduce a un z. e
skr. ni-dhd, in cui la radice è dké = gr. Be in ti@ypi. Parimente
il np. firist ha per tema di passato firistàd, ma questo ci riconduce
a un z. fra-;tà, skr. pra-sthé, nei quali la radice è stké, gtà, gr.
sta in iotypi, lat. sto, sisto.

47. I verbi che prendono invece per intermedia la
vocale %, al tema di presente terminano in 4, il quale é

A

dinanzi all’ # si elide. A questo # poi segue il # che
diventa 4 (23). Così dal tema di presente Li aemà

avremo nel tema di passato 4z7:[é]-4-f, poi d2md oxagl.

Google
>> IS =

breve (per | cioè senza la maddah -), la | sparisce e si
conserva soltanto la vocale che essa aveva; così il tema
ws %/, cadere, fa al futuro pui x Gih uftam, € più
bi-y-uft-am, io cadrò. Avremo quindi dai temi ce ag e
il 2/0:

pate bi-y-ag-am, io pianterò.

le bi-y-dg-î, tu pianterai.

dol 8i-y-66-ad, egli, ella pianterà.

privo 0i-y-uft-îim, noi cadremo.

Quit b2-y-uft-îd, voi cadrete.

Qua 82-y-uft-and, eglino, elleno cadranno.

42. L'imperativo non ha che la 2° persona singolare,
valendo per le altre persone quelle del futuro. Il solo
tema del presente preceduto dalla particella é2- costituisce
questa 2* persona. Avremo quindi:

pisa 62-bakhsh, dona tu.
Luis b-numà, mostra tu.
i bi-gi, di’ tu.
To, Ul di-dg, bi-y-dg, pianta tu.
CT” Li 3
z-y-uft, cadi tu.
SÒ bi-gîrî, piangi tu.

43. Il participio presente ha tre terminazioni, cioè
à, an, andah. Quì pure per le vocali si richiamano le
regole dei paragrafi 18, 19, 20,. 21, 22. Avremo quindi
dai temi da&4sk, numd, giri, giù i participii presenti:
siii cy lic Lido ba4454-d, bakhsh-Gn, bakhsh-andal,

donante.
souls sli Ls zumd-y-d, numa-y-dn, numa-5 -
andah, mostrante.

sod, ob LS giriy-à, giriy-àn, giriy-andah,

piangente.

sat ob LS gi-y- -à, gh-y-Gn, gh-y-andeh,
dicente.

Google
TT ——_
> IS «=

:ive (per | cioè senza la m0addah —), la | sparisce e si
iserva soltanto la vocale che essa aveva; così il tema
| zft, cadere, fa al futuro pis! x dik uft-am, e piùù

cl ag e

y-uft-am, io cadrò. Avremo quindi dai temi
sl 2ft:

pale 6i-y-dag-am, io pianterò.

pESrO bi-y-dg-î, tu pianterai.

dal 6i-y-dg-ad, egli, ella pianterà.

più di-y-uft-îm, noi cadremo.

uti bi-y-uft-îd, voi cadrete.

uv b2-y-uft-and, eglino, elleno cadranno.

42. L’imperativo non ha che la 2° persona singolare,
valendo per le altre persone quelle del futuro. Il solo
tema del presente preceduto dalla particella 6:- costituisce
questa 2% persona. Avremo quindi:

uhsss b-bakhsh, dona tu.
Li bi-numà, mostra tu.
3 di-gîii, di tu.
Us, = di-dg, bi-y-6g, pianta tu.
cuba bi-y-ufft, cadi tu.
so bi-girî, piangi tu.

43. Il participio presente ha tre terminazioni, cioè
a, an, andah. Quì pure per le vocali si richiamano le
regole dei paragrafi 18, 19, 20, 21, 22. Avremo quindi
dai temi da44sk, numà, giri, giù i participii presenti:
sibi Lit Lis baZAsh-d, bakhsh-an, bakhsh-andah,

donante.
sil ult Li numd-y-à, numa-y-Gn, numé-3-
andah, mostrante.

sia, ob ls giriy-à, giriyv-an, giriy-andah,

piangente.

BO ol LS gù-y-è, £i-y-Gn, gh-y-andah,
dicente.

Sa

Google
» 16 «<<

III. TEMA DEL PASSATO.

44. Il tema del passato si forma da quello del pre-
sente coll’ aggiunta di un / al quale tengono dietro le
desinenze. Così dal tema di presente le wdx si fa
màn-t, poi man-d Asl (23), e mand è tema di passato
di man.

45. Senonchè alcuni verbi aggiungono medzatamente,
altri emmediatamente il # al tema di presente. Di questi
ultimi parleremo più innanzi. I primi invece uniscono
questo # al tema del presente per mezzo di una delle
vocali é, î, # o per mezzo della lettera s.

46. Nel caso delle vocali &, î, al tema di presente
si fa seguire una di queste vocali, alla quale tien dietro
il # che mutasi in 4 (23). Così dal tema di presente x5
nîh avremo nih-d-t = niîhàd slg che è tema di passato;
parimente dal tema is daZksh avremo dakhsh-t-t =
bakhshid dai.

Nora 1. — Che il # fosse primitivo in questi verbi e che poi
esso si sia affievolito in 4, si conosce dal pehlevico in cui abbiamo
bakhshitan = np. bakkshidan, e datan = np. dédan (infiniti).

Nota 2? — Nel trattar di questi verbi abbiam dovuto partire
dal punto di vista del neo-persiano e trattar come vocale d’unione
questa d, perchè in questa lingua zi va considerato come tema di
presente e radice del verbo (pres. zi4-@m) che ha per tema di passato
nihéd; ma nikéd, secondo la grammatica comparata, va scomposto
in ri-A4-d (ni è un’ antica preposizione) che ci riconduce a un z. e
skr. ni-dhé, in cui la radice è 4%é = gr. 6e in ti0ypi. Parimente
il np. firist ha pèr tema di passato firistàd, ma questo ci riconduce
a un z. fra-gtà, skr. pra-sthé, nei quali la radice è st4é, gf0, gr.
sta in iotypi, lat. sfo, sisto.

47. I verbi che prendono invece per intermedia la
vocale #, al tema di presente terminano in é@, il quale è
dinanzi all # si elide. A questo # poi segue il £ che

diventa 4 (23). Così dal tema di presente Li azmà

avremo nel tema di passato 42w[4]-4-4 poi 42204 vyejl.

Google
0 VA

48. La s intermedia si pone fra il tema del presente
ed il £ che allora si conserva tal quale (24). Quindi

dal tema i àrà si farà drd-st, culi, che è tema
di passato. Se poi il tema di presente termina in con-
sonante, alla s si prepone una 7, così da pi nigar avremo
nigar-1-s-£, ct.

Nora. — Anche qui, partendo dal punto di vista del neo-
persiano, abbiam dovuto trattar come epentetica questa s che appare
davanti al £ suffisso; ma, come abbiam già fatto osservare (22 nota),
la s è qui rappresentante di una antica 4% che si trova nello zendo;
np. d-rds-t = z. d-rddh, np. shus-t = z. khshudh. Questa dk poi,
come vedemmo, appare nel neo-persiano nella figura di y davanti a
vocale, np. d-rdy-am, shiy-am, riy-am = 2. &-rédh, khshudh, rudh.

49. Formato il tema del passato, gli si uniscono le
desinenze che per il /emo fassato sono ‘am, è (la 3° per-
sona non ha terminazione, ma lascia tal quale il tema),
im, îa, and. Eccone gli esempi:

so. Temi che prendono é; tema di presente 2%, porre.

pole nth-à-d-am, io posi.
sole r74-4-d-î, tu ponesti. ,
ol& zih-4-d, egli, ella pose (49).
pol #74-d-d-îm, noi ponemmo.
Quolg 74-4-d-îd, voi poneste.
sole 224-d-d-and, eglino, elleno posero. .

51. Temi che prendono ?; tema di presente 4a44sà,
donare. :

postero bakksh-i-d-am, io donai.

dai dakhsh-t-d-î, tu donasti.

dui bdalhsh-i-d, egli, ella, donò.

pro4siro bakhsh-i-d-îm, noi donammo.

dda dakhsh-t-d-îd, voi donaste.

dida dakhsh-i-d-and, eglino, elleno donarono.

52. Temi che prendono #; tema di presente 4zzà,

provare.
. 2

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> 18 +—f

pos azm[d|-#-d-am, dzm-i-d-am (47), io provai.
SÙ! dem-4-d-î, tu provasti.
oys,l dem-i-d, egli, ella provò.
proyog! d24-4-d-îm, noi provammo.
d3052)! dazm-h-d-îd, voi provaste.
di0yel dzm-#-d-and, eglino, elleno provarono.
53. Temi che prendono s; temi di presente: drd,
ornare, 27gar, osservare.
piolT arà-s-t-am, io adornai.
hl aràa-s-t-î, tu adornasti.
cub arà-s-t, egli, ella adornò.
pri nigar-î-s-t-îm (48), noi osservammo.
pit nîgar-1-s-t-îd, voi osservaste.
Sii nigar-1-s-f-and, eglino, elleno osservarono.

54. L'infinito termina in @%; quindi dai sopraddetti
temi avremo:

gl nih-G-d-an, porre.
ud bakhsh-i-d-an, donare.
w%79Ì dzm-lt-d-an, provare.
Cani aràa-s-t-an, ornare. .
pià niîgar-1-s-t-an, osservare.

55. Il participio passato termina in 44; quindi dai
detti temi avremo:

sole n24-G-d-ah, che ha posto.
sputi dakhsh-i-d-ah, che ha donato.
s079Î dzm-i-d-ah, che ha provato.
aitubyi arà-s-t-ah, che ha ornato.
siti nigar-t-s-t-ah, che ha osservato.

Si noti che spesso il participio passato esprime una pro-
posizione incidente, come: s04dys 3 pianga

Google
>> 19 -<

dj bb 9, khugistah bisyàr zar u zivar pushidah,
nazd î fiati raft, Khogisteh molto oro e ornamenti essen-
dosi vestita (%s4-î-d-ah part. passato del tema sk,
vestire), presso al pappagallo andò.

56. Tratteremo ora dei verbi che uniscono me
diatamente il # del passato al tema del presente.

57. Quando il tema del presente non termini con
una delle lettere 4, 2, s, sk, z, 4, nè con la sillaba &r,
il £ caratteristico del tema del passato si unisce 2727e-
diatamente al tema di presente e diventa 4 (23); così
dal tema 4ex avremo £ax-f = Rand, ds, che è tema
di passato. Eccone gli esempi:

58. Temi di presente: #az, scavare, ivan. portare.

pis kan-d-am, io scavai.
Sd kan-d-î, tu scavasti.
du kan-d, egli, ella scavò.
post dvar-d-îm, noi portammo.
doo, dvar-d-îd, voi portaste.
dsoygl avar-d-ana, eglino, elleno portarono.
Infinito: HIHI kan-d-an, wi dvar-d-an.
Participio passato: sQus £ax-d-ah, soygl dvar-d-ah.

59. Se invece il tema di presente termina in una
delle lettere 4, v, s, sk, 2, 4 o nella sillaba èr, il £ del
passato gli va unito pure immediatamente e rimane inalte-
rato, ma le consonanti finali dei temi, dinanzi a questo 4,
subiscono i mutamenti fonetici dei paragrafi 24, 25, 26,
27, 28, 29, 30, 31.

60. I verbi che nel tema del presente escono in 6,
dinanzi al £ del passato mutano questo 6 in f Temi di
presente: #46, battere, y46, trovare.

pis kif-t-am, io battei.
4 #if-tî, tu battesti.
bg k&f-t, egli, ella battè.

2*

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> 20 «<<

pas yéàf-t-iîm, noi trovammo.

duvli y4/-t-îd, voi trovaste. '

dsl yé/-tand, eglino, elleno trovarono.
Infinito: puyS, A2/tan, qUl, viftan.
Participio passato: xxssS £4/t-ah, xl, ydf-t-ah.

61. I verbi che al tema di presente escono in 7,
cambiano questo 2, dinanzi al f del tema del passato, in
/. Temi di presente: #42, scavare, ra2, andare.

pis kaf-t-am, io scavai.

«44 kàfti, tu scavasti.

us £4ft, egli, ella scavò.

Aùd; raf-t-tm, noi andammo.

Sab, raf-t-îd, voi andaste.

diùb, raf-t-and, eglino, elleno andarono.
‘Infinito: pu, k4/4-ar, i): raf-t-an.
Participio passato: aus$, 44/-t-ah, xi) raf-t-ah.

62. I verbi che al tema di presente escono‘in s,
mutano questa s, innanzi al 4 in sk. Essi, innanzi a
questa s del tema di presente, hanno una ? che nel tema
del passato mutasi in z. Temi di presente: 7?s, filare,
nuvîs, scrivere.

pò) rish-t-am, io filai.
si) rish-t-î, tu filasti.
cui) 775k-4, egli, ella filò.
parigi nuv?sh-t-îm, noi scrivemmo.
Quiis nuvish-t-îd, voi scriveste.
divi, nuvish-t-and, eglino, elleno scrissero.
Infinito: is, rish-tan, gio nuvish-t-an.
Participio passato: axs, 7754-fak, sis nuvish-t-ah.

63. I verbi che al tema di presente escono in s o
sh, mutano in ‘#4 questa s o sk dinanzi al £ del passato.
Temi: sk2nés, conoscere, /uràsh, vendere.

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> 21 -—-<

piplus shinàkh-t-am, io conobbi.

mus shindkh-tî, tu conoscesti.

sli skindkh-t, egli, ella conobbe.

parigys /urdkh-tim, noi vendemmo.

aiigyi furkh-t-îd, voi vendeste.

Qik furikh-t-and, eglino, elleno vendettero.
Infinito: ib shizdkitan, ibyyi furikh-t-an.
Participio passato: ib sA:ndkh-t-ah, ski gg furtkh-t-ah.

64. I verbi che al tema di presente escono in 2,
innanzi al £ mutano tal 2 in #4. Temi di presente: séz,
fare, farhîz, evitare.

pil, sékh-tam, io feci.
al sékh-t-î, tu facesti.
ublu sékh-t, egli, ella fece.

pix I parhîkh-t-îm, noi evitammo.

Daiadrg parhîkh-t-îd, voi evitaste.

DUI parhîkh-t-and, eglino, elleno evitarono.
Infinito: gibLu s464-4-a%, SD parhikh-t-an.
Participio passato: ax>Lw s4#4-£-ak, BRSIASO I parhikh-t-ak.

65. I verbi che al tema del presente escono in %,
mutano dinanzi al £ quest % in s. Temi di presente:
rah, sfuggire, gah, saltare.

i pi) ras-tam, io sfuggii.
i) ras-tî, tu sfuggisti.
uu, 7a5-6, egli, ella sfuggì.
ri Las-t-îm, noi saltammo.
dui £as-t-îd, voi saltaste.
iis gas-t-and, eglino, elleno saltarono.
Infinito: ui YAS-t-GN, zio bas-t-an.
Participio passato: atw, ras-t-ah, sio gas-tah.

66. La sillaba dr dei verbi che al tema di presente
terminano per essa, innanzi al f mutasi in dsk. Temi:
dèr, avére, angàr, pensare, stimare.

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> 22 «=

prato dash-t-am, io Chbi.
ilo dash-t-î, tu avesti.
unglo dish-t, egli, ella ebbe.
para angàsh-t-îm, noi pensammo.
dall angàsh-t-îd, voi pensaste.
QUeUGI angàsh-t-and, eglino, elleno pensarono.
Infinito: Qrelo disk-tan, gie angàsh-t-an.
Participio passato: acélo déisk-tah, sali angàsh-t-ah.

Nora. — Qualche rara volta questi verbi lasciano inalterata,
anche nel tema del passato, la sillaba dr del tema di presente, e il £
suffisso allora si muta in 4. Così accanto ad 3QUl argdsk-tar
abbiamo anche JI angér-dan.

67. Vi sono alcuni verbi che al tema di presente
escono in #7. Questi, che sono veramente pochi, nel
formare il tema del passato elidono la # di îx e aggiungono
immediatamente il £ che in tal caso diventa 4 (23). Quindi
dai temi di presente d/arix, cin, guzin avremo i temi di
passato: éfari-d, ci-d, guzi-d. Questa x del tema di pre-
sente che non comparisce nel tema del passato, corrisponde
al sanscrito e zendo xx della 5° classe dei verbi;
abbiamo infatti dal skr. @ il presente c2-x0-m22, np. di-x-
am, io raccolgo, e dal z. e? il partic. (1424#f, raccogliente,
il ponte Cinvant sul quale passano le anime dei morti.
Cfr. anche il z. kerenzome (pres.) da £ar, fare; z. curunaotti
(pres. 3* pers.) da 6%, udire; gr. de/k-w-wi, tema dsx.
Eccone ora gli esempi. Temi di presente: dfar?a, creare,
cin, raccogliere, guzia, scegliere.

pouyif afari-d-am, io creai.
sii dfarîi-d-î, tu creasti.
Vas 6-4, egli, ella raccolse.
piove d-dim, noi raccogliemmo.
dada; guzi-d-îd, voi sceglieste.
did; guzi-d-and, eglino, elleno scelsero.

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>» 23 «4

Infinito: vipif afari-d-an, vM> ci-d-an, VI. guzi-d-an.
Participio passato: al iparid ‘ah, sdao li-d-ah, sg;
guzi-d-ah.

68. Vi sono alcuni verbi che non entrano nelle
categorie sovrascritte. Tra l’uno e l’altro dei loro temi
corre spesso una gran differenza, e conviene per essi
consultare il vocabolario. Ne daremo qui qualche esempio.

Tema di presente. Tema di passato.
sì, | è, dy dd dmad, venire.
us din do did, vedere.
du band cu dast, legare.
so dik olo déd, dare.
op gard uni gasht, diventare.
ri gir cy girifét, prendere.
du gusil ciauuu” gusist, danneggiare.
yS un oy kard fare.
pi padhir ciprde padhiraft, ricevere.
di sipàr Optr sipurd, consegnare.
Vo, mir Oy Murd, morire.
khîz cuwlb £4dst, levarsi.
cha Ehvab ib khuft, dormire.
he shumàr Opi shumurd, numerare, ecc.

69. V'è in persiano una forma di congiuntivo per
la 3* pers. sing. soltanto; essa si forma colla desinenza
dd unita immediatamente al tema di presente. Quindi
dal tema #zx fare, si farà kun-dd oLS egli faccia! o
possa fare! , e dai temi: & venire, gr? piangere, £% dire,
avremo 4-y-èd obi egli venga! giriy-dd ob egli pianga!
gu y-dd ol, egli dica!

70. La 1°, la f* persona del singolare e la 3° del plurale / © ‘

del tempo passato possono, dopo la desinenza, prendere

talvolta un ? che dà al verbo il significato di condizionale

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>» 24 «<<

oppure il valore d’imferfetto o di tempo indeterminato,
come:

ur pursidam-îi, io domanderei, o domandava (tema
di pres. f%75s).
Suri pursta-i, egli domanderebbe, o domandava.

Sira pursidand-îi, essi domanderebbero, o doman-
davano.

IV. VERBI AUSILIARI.

71. I verbi ausiliari persiani sono cinque: pl «72,
io sono; VP bi d-an, essere; Ji has-t-an, essere,
esistere; gii shu-d-an, essere; piulzò khvés-t-an, volere,
desiderare. Questi verbi servono a formare il passivo
e i tempi che mancano nella flessione semplice.

72. Il verbo am (skr. asmz, z. ahmi, antp. amiy)
non ha che il presente:

na) pl 271, io sono. cy” w° pal Î7, noi siamo.

« sl #, tu sei. y° a îd, voi siete.
cul sh egli, ella è dl 224, eglino, elleno sono.

uu

€ 33 Questo verbo spesse volte si incorpora con la
parola che lo precede, perdendo la | iniziale e ritenendo
la vocale di questa, purchè la parola antecedente termini
in consonante, come e de mard am e por mard-am,
sono un uomo; gl gui dusar î e Sy pusar-î, tu sei
fanciullo; cam ds 8424 ast e uwdy bad-ast, è cattivo. —
Quando poi la parola antecedente termina in vocale (che
è sempre lunga), la | iniziale del verbo e la sua vocale
si elidono, come in dolio 4ir4-nd, sono sapienti, per
dinà and (dinà, lo, sapiente); cus 4-54, egli è, per
cul gl
74. Questo verbo, unito al participio del presente,
forma un altro presente; il participio allora resta invariabile
tanto nel singolare quanto nel plurale.

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> 25

pi 272, io domando.
sl i, tu domandi.
crm AS, . egli, ella domanda.
pa! im, sii pursandah noi domandiamo.
al #4, voi domandate.
Ol 224 eglino, elleno domandano.

Si noti che il participio precede sempre il verbo ausiliare:
pi sciita dakkshandah am, io sono donante, io dono. —
Questo verbo unito invece col participio passato forma
un trapassato attivo, cioè:

el am, io ho domandato.
sli tu hai domandato.
ul 456, . egli, ella ha domandato.
al ir, Bia? ursidah) noi abbiam domandato.
ul 24, voi avete domandato.
dal and eglino, elleno hanno domandato.

Anche quì il participio precede il verbo: pi sduit
bakhshidah am, io sono avente donato, ho donato.
Nora. — Si noti che la 2° persona gl î, tu sei, quando segue
uno di questi participi, non va scritta integralmente, ma si abbrevia
in é rappresentato nella scrittura da una hamzah « (16, C) posta
dopo la 4 con la quale termina il participio, come: espiw,i pwur-
sandah-i, tu domandi, sv uwò pursidah-i, tu hai domandato, invece

di sl Bold, SÌ Bid pd.

75. Il verbo VP bid-d-an, essere, ha due temi di
presente: ey» duz-am (21) e nél bésk-am (quest ultimo
è il resto di un antico futuro, cfr. il skr. dhaviskyàmi, io
sarò, dalla rad. 4/44). Il presente 5u2-am o Sésk-am, unito
al participio passato, forma un futuro anteriore, cioè:

pi, rr buv-am, bash-am, io avrò domandato,

il ey dui, bish-î, tu avrai »

Vil, 0, buv-ad, bish-ad, sos Jegli, ella avrà ,,
pas, per buv-îm, bash-îm, pursidah|noi avremo ,,

Vus, dass duv-id, bish-td, voi avrete »
del, dog buv-and, ba sh-and, essi avranno ,,

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x» 26 «<<

76. Il passato 64-d-am, unito al participio passato,
forma un piuccheperfetto, come:

por bi-d-am, io aveva domandato.
SÌ ba-d-î, tu avevi »

op di-d, . egli, ella aveva n
por b-d-im, Vor) Anstaah noi avevamo »
ddp bi-d-id, voi avevate sa
dog bi-d-and, eglino, elleno avevano ,,

Infinito: op sw) pursidah bi-d-an, aver domandato.
Participio passato: soy Sidi pursidah bi-d-ah, che
aveva domandato.

77. L'imperativo ottativo o congiuntivo di 3% pers.
sing. di 4%-d-ar è ol,» buv-dd (69), che si contrae anche
in ol béd e lol bdéde, fosse pure! ulizarm!.

78. Il verbo ji /as-#27, essere, esistere, ha il
solo tema di passato, 445-f, ma con significato di presente,
come:

pins has-t-am, io sono. pria has-t-îm, noi siamo.

e has-t-î, tu sei. dai Aas-t-îd, voi siete.

cam has-t, egli,ella è. = out Has-tand, essi sono.
Questo verbo /astax con gli interrogativi xS £:4, chi?
e x> (th, che? che cosa? perde la # iniziale, e le due
vocali si contraggono in ?, come: gua £istî, chi sei?
aims kistid, chi siete? vamao list, che è? cosa è?

79. Il verbo ja skudar (temi: skav (21) di pres.
shu-d di pass.), essere, serve a formare i passivi. — Col
presente s4av-21, io sono, preceduto da un participio
passato, si forma un presente passivo. Il participio passato
resta in tal caso invariabile.

però shav-am, io sono ucciso
Sri shav-î, tu sei si

Ono shav-ad, egli, ella è ,,

i shav-îm, sias bushtal nc; siamo uccisi
doyd shav-îd, voi siete î
Gipi shav-and, eglino, elleno sono ,,

Go gle
> 27

80. Passato passivo. — Si forma col passato di
shudan.

pò shu-d-ant, io fui ucciso
sie shu-d-î, tu fosti si

di shu-d, egli, ella fu ,,
pres shu-d-îm, ntS kushtah noi fummo uccisi
dd shu-d-îd, voi foste »
did shu-d-and, essi, esse furono ,,

81. Passato composto passivo:
pi soi sis 4ushtah shu-d-ah am, io sono stato ucciso.
ssd aid Aushtah shu-d-ah-t (74, nota), tu sei stato
ucciso, ecc.
82. Piuccheperfetto passivo:
por? sd sus dushtah shu-d-ah bidam, io era stato
i . ucciso.
Sp sù xii kushtah shu-d-ah bidi, tu eri stato
ucciso, ecc.
83. Futuro passivo:
prio aus kushtah bi-shav-am, io sarò ucciso.
Spi and kushtah bi-shav-î, tu sarai ucciso, ecc.
84. Futuro anteriore passivo:
pil so ai kushtah shudah basham, io sarò stato
ucciso.
il sd sii Aushtah shudah béshi, tu sarai stato
ucciso, ecc.
85. Infinito passivo:
ds sas kushtah shudan, essere ucciso.
Ip si ari bushtah shudah bidan, essere stato ucciso.
86. Imperativo passivo:
gio and kushtah bi-shav, sii ucciso.
87. Participio passivo:
Inà shavé
ulyd shavàn avis kushtah, che è ucciso.
sdigà shavandah
sd svi bushtah shudah, che è stato ucciso.

Google
» 28

88. Il verbo ili khvastan, desiderare (temi:
khvah di pres. (65), 4#4kvàs-t di pass.), col tempo presente
(£hvah-am, io desidero), seguìto da un tema di passato
di un verbo, forma un futuro, come:

dg pols> 4hvdh-am kard, io desidero fare, io farò.

og Sl» Ahvdh-i kard, tu farai.
Oy ola khvih-ad murd, egli, ella morirà.
Oxo pasta khvah-îm murd, noi moriremo.
us) Qusisa k4v4h-îd raft, voi andrete.
ud) uola khvéh-ana raft, eglino, elleno andranno.
Questo verbo 4kvéstan, al tempo passato, con un tema
di passato di qualunque verbo, forma una specie di
condizionale:
Oy prufjà khvas-tam burd, io porterei.
Op iulò khvas-t-î burd, tu porteresti.
op culi khvàs-t burd, egli porterebbe, ecc.

89. Questo verbo forma ancora due futuri passivi:
di pirlò sr burdah khvaham shud, io sarò por-
tato, ecc.
di pietà 5053 burdah khvastam shud, io sarò stato
portato, ecc.
Quest’ ultima forma è pochissimo usata, e da alcune
Grammatiche non si ricorda.

V. VERBI DERIVATI.

90. Alcuni verbi zxtrarsitizi diventano Lransitivi
aggiungendo al tema di presente la sillaba dx; da ras,
giungere, avremo quindi ras-éx, far giungere, condurre,
restituire, portare, ecc.- A questo tema raséx, che è
tema di presente, si aggiungono le desinenze del presente.
Avremo quindi:

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= 29 -<

Intransitivo: Transitivo derivato:
e) ras-amt, io giungo, ecc. pilu ras-an-amn, io conduco, ecc.
e) 7254, sly rasa,
du) ras-ad, dl, ras-àn-ad,
— pay asi, prlù, ras-Gn-tr4,
di ras-îd, daily ras-Gn-id,
iu, ras-and, dii, ras-àn-and.

Con lo stesso metodo si forma il futuro pilo bi-ras-
an-am, ecc,; l'imperativo glep bi-ras-Gn, il partic. pres.
sil, ras-az-andah.

gi. Per formare il tema di passato di questi verbi,
al tema di presente si unisce il suffisso £ per mezzo di
un è? (46), e il # allora si muta in 4 (23); dal tema
quindi raséz avremo il tema di passato rasér-i-d:

Intransitivo : Transitivo derivato:
pod) ras-t-d-am, poslu, ras-Gn-t-d-am,
io giunsi, ecc. io condussi, ecc.
Sia ras-t-d-i, sil, ras-an-t-d-î,
day ras-î-d, i dsl, ras-Gn-î-d,
pid) ras-t-d-îm, perle, ras-an-î-d-îm,
Dai, ras-î-d-îd, dada ras-àn-î-d-îd,
ida, 7as-i-d-and. ide, ras-dn-i-d-and.

Infinito ydwlu, ras-àn-i-dan; partie. passato sul,
ras-dn-î-d-ah.

92. Le preposizioni preposte ai verbi, come in san-
scrito, zendo, greco e latino, ne modificano il significato.
Nel vocabolario però questi verbi derivati vanno tutti
cercati sotto il semplice verbo, non preceduto da alcuna
preposizione, come si usa nei vocabolari zendi e sanscriti.
Eccone alcuni esempi: i
Tema di pres. é, venire, pres. 4-y-am2, pass. dmadam (68):
Mou andar (dentro) &, entrare, azdar dyam, io entro.

TL béz (indietro) é, ritornare, 5@z dyam, io ritorno.

ly bar (sopra) è, sopravvenire, 027 dyamr, io sopravvengo.

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> 30 -<

loyy® birin (fuori) è, uscire, dirz dyam, io esco.
{yi 2ish (innanzi) è, accostarsi, fish dyam, io mi accosto.
10 dar (dentro) è, entrare, dar dyam, io entro.

To, furid (giù) &, discendere, /urtd ayam, io discendo.

Tema di pres. 447, avere, pres. dar-am, pass. dash-t-am (66):

glo SO, baz (indietro) dé7, ritenere, ritirare, das daram,
io ritengo.

o bar (sopra) dér, levare, portar via, dar daram,
io porto via.

glo sr Sur (giù) dar, calare, mandar giù, /ur% dàram,
io mando giù, ecc.

Nota. — Vi sono inoltre molti verbi composti di preposizioni
le quali, nel neo-persiano, non hanno più alcun significato, perchè
esse si sono tanto incorporate col verbo che verbo e preposizione
sembrano essere una sola parola. Tali preposizioni si riconoscono
soltanto dal confronto col zendo e col sanscrito e col persiano
antico dei Cuneiformi, nelle quali lingue tali preposizioni sono ancora
vive. Eccone alcuni esempi in alcuni temi di presente:

sI duar, portare, cioè d-var, z. d-bar, skr. d-bhri.
DI P 7
luzò farm, comandare, z. /ra-md, skr. pra-mé.
gi nuvîs, scrivere, antp. wi-fis (polacco pis-mo, scrittura).
Lu paymé, misurare, pehlev. paf-md, z. paiti-m (non usato),
cà, p 2
skr. prati-mà.
j pal émurz, cancellare, perdonare, z. d-marez, skr. d-myig.
Ciuuniò mislast (tema di pass.) sedere, z. wiîs-had, skr. wnis-sad, ecc.

VI. IMPERSONALI.
93. I verbi impersonali sono due: L 64 (tema di
pres.), vumsl 54-y-7-5-# (tema di pass.), esser necessario,

e Li ské (tema di presi), vali ské-y-7-5-f (tema di
pass.), esser possibile (48, 53). Essi si costruiscono con

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> 31

altri verbi al tema del passato che resta invariabile,
come: d0 del déyad murd, convien morire; duel Juli
shayad àmad, è possibile che venga. Si possono anche
costruire coi nomi, e allora il verbo che dipende da essi,
va posto nel tempo e nella persona voluti dal senso,
come in dal 054 doli shèyad mard mî (particella, 96)
ayad, è possibile che l'uomo venga; 09) e dp dl
bayad mard mî ravad, è necessario che quell’ uomo vada.

VII. PARTICELLE PREPOSTE AL VERBO.

94. Le particelle 62-, 277, kamî, nah, na-, mah, ma-
si prepongono al verbo.

95. La particella 6- si premette al futuro (40) e
all’ imperativo (42). Preposta invece al passato, indica
un’ azione che accadeva in un tempo passato, come in
pit bi-guftam (tema di pres. sd £%), io dissi, io dissi
allora, io diceva allora.

96. Le particelle 227 e 4am?, la prima delle quali è
un abbreviamento della seconda, danno al verbo un
significato di continuità; perì e mî pursam e pur? 1°
hamî pursam, io domando, io sto domandando; poteri I
mi pursidam e poduri 4° hamî pursidam, io domandava,
io stava domandando.

97. La particella x@a%4 o xa- esprime la negazione
non. Nella seconda forma (xa-) si incorpora col verbo,
trovandosi por & nah kardam, e anche por na-kardam,
io non ho fatto. Col verbo pis /astaz, essere (78),
essa perde la % finale e il verbo la # iniziale, contra-
endosi le vocali in ?î, come: wu #Î57, per cum xò
nah hast, egli non è; prrndd NISÉM, PET paissd 23 nah

hastîim, non siamo.

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m- 32 «<<

98. La particella malk o wma- si prepone soltanto
agli imperativi che prendono così un significato frotbitivo
(z. antp. skr. zed, gr. #7), come: Upi ne mah purs, e
usyt0 ma-purs, non domandare. — L'’imperativo-ottativo
di 6dan, 40y, che è ol béd e lol bédà (77), con
questa particella ma- esprime: non avvenga che, nella
forma di sl ma-béd, 0 lle ma-badà. Segue sempre
in tal caso la particella xS° #4, che, come: xS fol I
Guys gi Gy bi-rav, ma-bada kih shiy î (segno del
genitivo, 109) ‘2 6?-rasad; va, non avvenga che giunga
il tuo sposo.

B. DEL NOME.

VIIL DEL GENERE.

99. La lingua persiana non ha distinzione di genere,
ma per lo più esprime il maschile e il femminile con
parole diverse: dip farzand, figlio; 7° dukhtar, figlia;

3 fusar, fanciullo; 34 £arzîz, fanciulla; ul asp,
cavallo; ylole madiyàn, cavalla.

100. Talvolta, per denotare il sesso, dopo il nome

comune si suol‘porre l’altro nome yì nar, 0 P narr,
maschio, o sole mddal, femmina, come in 4 pe shir è
(114) zar, leone, e sole ri shîr î (114) madah, leone
femmina, leonessa.

Nora. — Si noti che talvolta alcuni participii passivi arabi
uniti a nomi femminili prendono la terminazione araba del femminile
s ah (propriam. in arabo 8° at), come: )yShw madhkir ar. ricordato,

masc., donde sygShe madikirah, ar. ricordata, femm. — Questa
maniera però è dei libri della tarda età della Letteratura persiana.

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> 33 =

IX. DEL NUMERO.

101. I numeri sono due, s2xgo/are e plurale. Il primo
non ha terminazione propria, il secondo ne ha due, una
per gli esser? animati, l'altra per gli esseri inanimati.

102. Per gli esseri animati la desinenza plurale è
dn, avremo quindi: sliol pidishéh, re, pl leliol
padishah-dn, i re; dI rg; lupo, al plur. Sire gurg-an,
i lupi; #y0 murgh, uccello, pl. pléy murgh-Gn, uccelli.
Se il nome termina in é o in %, tra queste vocali e la
desinenza dx si suol porre una y (21), come: Lio dézà,

sapiente, pl. ijlblo dézé-y-x, sapienti; si Ghù, gazella,
pl: vga ahi-y-an, gazelle (raramente lst ahuv-dn, 21).
Si eccettua il nome Ly 2%yé, avo, che al plur. fa UU

nîyag-an, conservando l’antico e col quale terminava il
nome al singolare, cfr. z. e antp. zyé£#ae e pehlev. xyé£,

avo. — I nomi che terminano in ?, dinanzi alla desinenza
&n risolvono questo ? in 2y (20), come in cs) la parsî,
persiano, pi. ylawl parsiy-an. — Se il nome termina

in ah, lA finale mutasi in £ (32); sing. » murdah,
morto, pl. Soy murdag-àn, i morti. — I nome Il
sél, anno, ha un pl. irreg. IL, saliy-àz.

103. Per gli esseri inanimati la desinenza del plurale
è 4a, donde avremo à shahr, città, plur. loygi shahy-
ha. — I nomi che al singolare terminano in 24, contrag-
gono l'A di questa terminazione con l’% iniziale di 44, o
meglio la prima 4 sparisce dinanzi alla seconda; xels
£amah, veste, pl. Lesl> gam-hà, benchè si trovi anche
low dimah-hd.

104. Si noti che queste terminazioni éx ed %é non
si usano sempre regolarmente, trovandosi da uu 459,
cavallo, i plurali luul asp-ix, e Lagul asphà; da 0
dirakht, albero, i è plurali Lio dirakht-hà, e yo
dirakht-an.

3

Google
> 34 -

105. Nei libri di assai tarda età si trova anche
una desinenza per i nomi collettivi che è @4, come in
rd) zîvar, ornamento, coll. ly) zivar-at. Se il nome
termina in «4, l’% di questa terminazione innanzi alla
desinenza éf mutasi in 2 (32), come in xeb xémaà, libro,
coll. «sul némag-àt, e ssbi £al'ah (arabo), rocca, coll.
wlosli £alag-àt. — Questa desinenza éf è di origine
semitica; cfr. le desinenze femminili plurali semitiche
ebr. éthk, cald. aéhk, sir. oth, ar. dt, e GARCIN DE Tassy,
Grammatre Persane, p. 25.

106. Talvolta i nomi plurali prendono il verbo al
singolare, come p. e. in vawlgl. sél/-/d-sf, sono anni
(alla lettera: anni è, sé/ anno). I nomi al singolare, ma
con significato collettivo, prendono talvolta il verbo al

plurale, come: ddl Lil lashkar amadand, l'esercito
venne (alla lettera: vennero).

X. DEI CASI.

107. Il nominativo non ha terminazione.

108. Il vocativo ha la desinenza é; Lelà shadl-a,
o re!, da slò skéA, re. Più spesso si esprime con la par-
ticella (el 27, 0; 3° «sì 2y fadar, 0 padre!

109. Il genitivo si esprime con la vocale ? fra i due
sostantivi (reggente e retto), come in jl4> slà skdl #

A

£than, re del mondo. Se il nome termina in è o &, tra
queste vocali e la ? si frappone un y, come us shlo
dandy i cin, un sapiente di Cina, da Lio dirà, sapiente;
vote syb baziy è pahlavan, braccio di un eroe, da gL
bazà, braccio. Se il nome termina in @%, questa 7 del
genitivo è segnata dalla hamzah » (16, c), come foa& sxo
nàmah î khuda, libro di Dio, da xel xéàmah, libro. —

Nei testi persiani che non hanno, come è generalmente,
le vocali, questa # del genitivo non si nota mai, eccetto

Google
x

> 35 «

nei casi dubbi, lasciando alla pratica del lettore l’indo-
vinarla.

NOTA. — Sull’origine di questa # che lo Spiegel dice essere un
resto del pronome relativo ya zendo (come in mitkrò yò vourugaoyaoitis,
Mithra che ha ampi pascoli, yas&f X, 1), vedi: SPIEGEL, Grammatik
der Parsisprache, p. 52. i

110. Il dativo si indica con la particella ds4, %z- pre-
posta al nome, come in do,» R-mward, all’ uomo, da 0x4
mard, uomo. Talvolta esso prende la desinenza è, come:
I, yo mard rà, all’ uomo.

111. L’accusativo prende la particella 74, come:
poro I, sliok padishah rà didam, io vidi il re. Talvolta
al nome si prepone la particella #47, come sli ww ma7
shéh, regem. Se vanno in accusativo più nomi dipendenti
dallo stesso verbo, il rà si mette dopo l’ultimo nome,
come: 050,9) , 3, i ul asp u khar u gàv rà
rubtdand, rubarono un cavallo e un asino e un bue.
Se il nome in acc. è seguito da un altro in genitivo, il
rà si mette dopo quest’ ultimo, come: I, sliol gli
poro /arzandîn i pàdishàh rà didam, ho visti i figli
del re.

112. L’ablativo si esprime colla preposizione ;f az
O 3 z2-, da, come p. e. ei shahr, città, abl. e sl az

shahr, yeÉ; zi-shahr, dalla città.

AI. DELL'ARTICOLO.

113. La lingua persiana non ha che l'articolo
indeterminato ? che si pospone ai nomi, come og mard,
uomo, sò, #ard-î, un uomo. — I nomi 3» rîz, giorno,
i shkab, notte, con l'articolo indeterminato hanno un
significato avverbiale, » ràz-î un giorno, in un giorno,
die quadani ; i shab-î, una notte, in una notte, gwadan

mocte.
3 *

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LI da
> 36 -4

XII. DELL’ AGGETTIVO.

114. Gli aggettivi si considerano come nomi e si
uniscono ai sostantivi che essi qualificano, con un î, come
si fa dei nomi in genitivo (109), come p. e. $j sliol

padishàh è buzure, re grande; puo vlrte 2aMavan 7

diltr, eroe coraggioso. — Gli aggettivi si usano al plurale
solo quando abbiano significato di nomi, come p. e:
ubbio dérà-y-dn (102), i sapienti, gli uomini sapienti,
dal sing. dàrà. — Quando invece essi fanno veramente
da aggettivi e il nome, che essi qualificano, è in plurale,
restano sempre invariabili, come in died ubi»
guoanan î (plur. di guvén, giovane) £#hiradmand, i giovani
prudenti.

115. Il comparativo si forma col suffisso fer (z.
antp. skr. fara, gr. repo), come: uuy> 4486, bello, comp.
yo khib-tar, più bello. L'aggettivo ds 644, cattivo; al

comp. per assimilazione delle due dentali, fa > bdattar
e talvolta anche wu bdatar (VuLLERS, lex. pers. s. t) invece
del regolare ,5d» 6a4-far. — Il superlativo termina in
tarin, girò khib-tarîn, bellissimo.

116. Nelle comparazioni il comparativo rene

dopo di sè la preposizione gl 22, come: Io ; i
bzurg-tar az Dàrà, più grande di Darfo. Fa 2)

invece di 31 42 si pone xS £th, che.

117. Il superlativo relativo prende dopo di sè o la
preposizione ;f 42 o la vocale 7 del genitivo (109),
come: gloye 31 PI buzurg-tarin az mardàn, il più
grande degli uomini; loi pit tuvangar-tarîn 1
shahan, il più potente dei re.

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> 37

XIII. DEL PRONOME PERSONALE.

118. Pronomi personali sono i seguenti:

uo man, io. ybl L md, (miyàn] noi.
gi th, tu. uh La shumb(shumayanivoi.

ss 9 31 dd, vay, egli, ella. —ylsl îs4é%, eglino, elleno.
Di questi pronomi le forme gle mayàn, noi, e ublé
shumàyén, voi, sono usate assai raramente. |

119. Il dativo si esprime con la particella 6%, 544
cioè: ua baman, a me; yÒ 5&t4, a te. I pronomi di
3° pers. sing. e pl. % ed îskéx prendono dopo la particella
6, un d, cioè 14 bé}d-è, a lui; yléo 644-ishén, a loro.

120. L’ablativo si fa con az o 22-, da, come: uN 3
az MAR, 4) zi-man, da me; Lo gl az mà, Lo zt-mà,
da noi.

121. L’accusativo prende la particella 74, cioè hl
% rà, lui, lei, eum, cam; , ulil îshan-rà, eos, cas; lu
I, shumà rà, voi. I pronomi max e #4 dinanzi al ré si
abbreviano in ma-, f-, Ie ma-rà, me; ti tu-rà, te. Questo
rà serve anche per il dativo.

122. Quando questi pronomi sono in genitivo, essi
vanno aggiunti al nome, da cui dipendono, con la vocale
î, come: pe Su sag î man, il cane di me, il mio cane

(vedi: Pronomi possessivi).

XIV. DEI PRONOMI POSSESSIVI.

123. I pronomi possessivi si esprimono ponendo in
genitivo il pronome personale per mezzo della vocale #
(109) immediatamente dietro al nome reggente, come:
uv )x adar i man, padre di me, padre mio; Lué pssla
khanah î shumà, casa di voi, casa vostra; Lo gd; pi
farzandàn è mà, i figli nostri; gta! gUdò bandagin
(plur. di dardah, 102) è? îshéx, servi di loro, loro servi;

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Bho
> 33 —

Lu sleibjo dirakhthèy î (109) mà, i nostri alberi. Si
possono anche aggiungere al nome i seguenti suffissi:

p° 27, mio. ma padar-am, padre mio.
= af, tuo. wyole w26dar-at, madre tua.
UÈ” ash, suo. i sol dirddar-ash, fratello suo.

uybe mn, nostro. gle più khvahar-imén, sorella nostra.
gb. îtàn, vostro. gite sag-îtàn, cane vostro.

uls. sha, loro. uti, eév-ishén, bue loro.

Come si vede dagli esempi addotti, non si fa alcuna
distinzione fra il genere dei nomi; i suffissi suddetti servono
per l'uno e per l'altro genere.

124. Per i nomi al plurale valgono sempre gli stessi
suffissi: ssholr biràdaràn-at, i tuoi fratelli; isla
farzandàn-ash, i suoi figli; last sagàn-ishén, i
loro cani.

125. Questi pronomi-suffissi si trovano anche attaccati
ai verbi, ma con significato di accusativo o di dativo,
non di possesso, come in cià g%ftam-at, io ti dissi;
dra pursîd-ash, gli domandò; piais kushtiy-am (20),
tu mi hai ucciso; pori pursia-am, egli mi domandò.
(Non si confonda questo fursid-am, 3% pers. sing. pass.
col suffisso -272, con fursidam 1° pers. sing. pass., io
domandai).

NOTA. — Il suffisso -asà talvolta è soggetto, come: 3 girift
ash, egli prese; gico bi-bast-ash, egli legò. Quest'uso è un arcaismo
nel persiano, essendo frequente e di regola nel pehlevico: g#/f-as,
egli disse (Vend. I. 1).

126. Se il nome termina in & o in %, tra queste
‘vocali e il pronome suffisso si pone una y (18, 21), come:
L fé, piede, pal 24-y-27, piede mio; pl; sénò, ginocchio,
vip; zanti-y-ash, ginocchio suo. Se il nome termina
in ?, questo # dinanzi al suffisso si scioglie in 2y (20),
come in sa zindagini, vita, cit zindagàniy-at,
la tua vita. Se il nome termina in a%, al pronome

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>> 39 <=

suffisso si prepone una | come xel zém4a4, libro, jilaeb
naàmah-ashk, il suo libro.

XV. PRONOMI RIFLESSI.

127. Pronomi riflessi sono: 0y> 44vad e Vi3>
khvîsh, se stesso che si usano in tutte le persone, casi
e numeri; khvad-am, io stesso, wi khvad-at, tu
| stesso, FE khvad-ash, egli stesso, ecc. — Unito al
verbo, si usa senza pronome suffisso; poi ox> khvad
amadam, io stesso venni; Sh 05 khvad àmadi, tu
stesso sei venuto, ecc. — Posti questi due pronomi dopo
i nomi, indicano proprietà, come 035 ya Pa242r è khvad,
il proprio padre; j&35> got mbdar i khvish, © 095 got
médar i khvad, la propria madre. Il pronome 0,5 44024
esprime anche un’ azione che ritorna su chi la fa, come:
d; }, 095 khvad rà zad, battè se stesso.

128. In alcuni libri di tarda ca trovasi anche il
plurale Mosa khvad-hà, come: as: h loo,a
khvad-hà rà barahman sàzîm, facciamoci pia ii (Libro
del Pappagallo, fav. III); Aid, Loo,> geÉ Hoy nazdik
î shahr î khvad-hà rasîdand, giunsero vicino alla loro
città (74. fav. II.

129. Il pronome i33> 44zîsk (e con esso il com-
posto gici khvîshtan; tan, corpo, persona) servono a
indicar, più generalmente, proprietà: j&9> dpi farzand
î khvîsh, il proprio figlio.

XVI. PRONOMI DIMOSTRATIVI.

130. Pronomi dimostrativi sono: yi dr, quello, quella, -
quelli, quelle, ecc.: Oy o an mard, quell’ uomo; v ol
an zan, quella donna; yloys ol an mardàn, quegli

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> 40

uomini; a ol dn zanàn, quelle donne, — e gl in
questo, questa, questi, queste, ecc.: ope în mard,
quest’ uomo, ecc., come per j dr.

131. Si trovano questi pronomi anche al plurale,
purchè non siano seguiti da nomi, cioè: ghi dndn, il
dnhé; gal indn, Leal inhd.

132. Questi pronomi dx ed x, in dativo e prece-

Q duti dalla particella dà_(110), assumono una 4, come in

ul dda, a quello, e ud dfd-in, a questo.

133. Il pronome uz! 74, dopo le preposizioni, perde

la | iniziale, come in Hr bar-iîn, sopra questo; vyi)0
dar-în, in questo.

XVII. PRONOMI RELATIVI E INTERROGATIVI.

134. I pronomi relativi sono: xS #24, che, il quale,
la quale, i quali, le quali, ecc. per le persone e per le cose,
es dih, che, per le cose. Esempio: I, yl4> x lo&
days khudà kih gihàn rà défarid, Iddio che creò il
mondo. Nei casi obliqui il #24 prende dopo di se anche
il pronome personale nel caso voluto dal costrutto, come:
pro hs I xs 054 mard kih è-rà didam, l’uomo che (che
lui) ho veduto. — Questa—costruzione sembra presa in-——

—puestito. dalle-lingue—semitiche:

135. Pronomi interrogativi sono: xS #24, S ki, ploS
kudîm, chi? per le persone, e x> c#4, che? per le cose. —
Il pronome 4 unito alla particella Ȏ perde la % finale

e significa perchè? come: pe eh Sp. 3 eo) he ci-rà
rafti u burdî aràm i man? perchè ti sei partito, e hai

portato via il mio riposo? (Firdusi) — Col verbo pio
hastan, essere (78), alla 3* pers. sing. si suol congiungere
questo pronome nel modo seguente: cms isf, che
cosa è? — Così anche con a$: cum #îsf, chi è?;
Gita kistand, chi sono?

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> 4I =

XVIII. NUMERALI.

136. I numeri cardinali sono:

do yak, 1 sozil panzdah, 15
30 dd, 2 sozslé shanzdah, 16
sw STA, 3 sio hafdah, 17
hl ghe cahér, car, 4 30/9 hazhdah, 18
gi pang, 5 50;3ì nzdah, 19
ubi shash, 6 cus bist, 20
do haft, 7 e SÌ, 30
nio hasht, 8 de des cihil, Gil, 40
x nuh, 9 sla pangah, 50
so dak, 10 deo Gad, 100
so;l yazdah, 11 uuusgò duvîst, 200
s0;Î,0 duvàzdah, 12 gl hazàr, 1000
Bozsw SÎzdah, 13 )h}9 30 dah hazàr, 10000
so, cahàrdah, 14 359 do cad hazéàr, 100000

137. Con questi numerali i nomi ed i verbi si usano
al singolare, come in el dp so dah gurd amad, dieci
eroi vennero.

138. Gli ordinali si formano dai cardinali aggiungendo
a questi la desinenza -w7%, cioè:

GR yakum, } o pe nuhum, 9°.
caso nubhust, ή* pro dahum, 10°.
po” duvum, 2°. pool yàzdahum, 11°.
pr sivum, 3°. peo duvàzdahum, 12°.
nu cahàrum, 4°. PO sizdahum, 13°.
| ps Zangum, 5°. pro)les cahdrdahum, 14°.
pit shashum, 6°. pino distum, 20°.
prio haftum, 7°. pol dangahum, 50°.
prc hashtum, 8°. poro cadum, 100°.

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>> 42 «<<

XIX. PARTICELLE.

139. Intorno alle particelle, nelle quali comprendiamo
gli avverbi, le preposizioni, le congiunzioni e le interie-
zioni, piuttosto che darne qui una lista, diremo che sarà
meglio consultar per esse il vocabolario. Noteremo
soltanto, riguardo alle preposizioni, che esse, in generale.
si costruiscono col genitivo, come: ,1 fu fÎsk ? %,
dinanzi a lui; ul r J! az bar î asp, dal di sopra del

cavallo.

IILl FORMAZIONE E COMPOSIZIONE DELLE
PAROLE.

I. FORMAZIONE.

140. La lingua persiana ha i seguenti suffissi:

a) Indicano gl: astratti i suffissi:

î i90 distî, amicizia, dést, amico.

à Los garmà, calore, garm, caldo.

nà \Sii tangnà, angustia, faxg, angusto.

ish slo danish, sapienza, dén in dénistan, inf., sapere.

b) Indicano /og0 i seguenti suffissi:

stan li ghristàn, cimitero, gr, sepolcro (con
Z epentetica per l’incontro delle con-
sonanti; cfr. invece .,jluww 6àstàr,
giardino, 5%, per 64y, odore).

din Jobs kalamdin, calamaio, £alam, (arabo) calamo.

zàr 145 pu/zàr, roseto, guZ, rosa.

shan pil gulshan, roseto, gui, rosa.

sar Lusso, S kihsar, luogo montuoso, #44, monte.

kadah sdKx butkadah, tempio d’idoli, 5x7, idolo.

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> 43 ==

lakh dii sanglàkh, petraia, sang, pietra.
gah slKors bazmgah, cenacolo, baz, cena, banchetto.

,

gà  lauha #h0406gà, luogo da dormire, #4vé6, sonno.
c) Indicano qualità, ufficio i seguenti suffissi:
bar  pretta payghambar, nunzio, profeta, fuygham,
notizia, novella.
gar ua khtidmatgàr, servo, &khtdmat (arabo)
servigio.
gar Koi &hangar, fabbro, élax, ferro.
ban gbil baghbàn, giardiniere, 544, giardino.
dèr glieli nàmdar, famoso, z4m, nome.
d) Sono suffissi di provenienza, qualità, somiglianza i
seguenti:

î cu parsi, Persiano, férs, Persia.
anah slelioL pidishéhanah, reale, padishéh, re.
in ia sîmîn, argenteo, sî7, argento.
înah xi zarinah, aureo, zar, oro.

gin 890 dardgîn, addolorato, dard, dolore.
agin gli sharmagîn, vergognoso, sharm, ver-

gogna.
vàr glad umiîdvàr, pieno di speranza, 84,
speranza.

var yy&alo danishvar, sapiente, déxish, sapienza.
bar pifi mushkbér, simile al muschio, muské,
muschio.
mand diori hunarmand, virtuoso, 4uzar, virtù.
nb Veda bhashmndt, îroso, khashm, ira.
sàr og sharmsàr, verecondo, sharm, pudore
(cfr. b).
fam plibst &tashfàm, del color del fuoco, éfask, fuoco.
gun gylef abgin, del color dell’ acqua, 46, acqua.
sà Ludus /i/5à, simile ad elefante, #75 elefante.

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> 44 =

àsà Late ‘anbar-àsà, di color d’ambra, ‘anbar
(arabo), ambra.

sàn glo divsan, diabolico, dîv, demone.

fash hola shéhfash, simile a un re, shdk, re.

vash gl mahvash, simile alla luna, dA, luna.

dîs Unt0;3> khvardîs, simile al sole, #4zar, sole.

îr so dilir, coraggioso, 4i/, cuore.

141. Si noti che alcuni di. questi suffissi sono veri
nomi, come sl gà/, luogo, in slo bazm:gàh, cenacolo;
ws gin, colore, in y gi éb-gn, del color dell’acqua. —
Altri sono radici di verbi (temi di presente), come in
tou rxAm-dir, famoso, da ràm, nome, e dér tema di
pres. di déskt (66), avere, daram, io ho, dashtam, io
ebbi. — Altri invece si trovano tali e quali anche nel
zendo e nell’ antico persiano dei Cuneiformi, come îx ed
înah in ci sîm-în, argenteo, e xi3)) zar-înah, aureo;
cfr. i suffissi aéna z. in zaranaéna, aureo, e antp. ama
in éihafigatna, petroso. — Di altri invece non si vede
finora alcuna plausibile spiegazione.

II. COMPOSIZIONE. =

142. Si formano nomi composti da temi di passato
di verbi uniti a temi di presente o immediatamente o
per l’interposizione di un #, come it euft-gà e
sred guftt-gà, ciò che si dice, bisbiglio, racconto,
notizia (cfr. eyam, io dico, guftam, io dissi) Questa #
inserta che graficamente qui si nota come lunga, nel verso
è sempre breve, non essendo altro che la congiunzione
, % (d), e.

143. Un nome qualunque, seguito da una radice
verbale (tema di presente), forma un aggettivo denotante
una data qualità: jismusl ‘46524hsh, donator di corone
(Gakhsh tema di pres. donare; fg, corona).

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> 45 -«

144. Una radice verbale (tema di presente) ripetuta
due volte indica moltiplicità, ripetizione di azione, come:
PI rîz-rîz, a pezzetti, merutatim (rîz tema di pres.
spargere, versare, rompere in pezzi).

145. Aggettivi Somperi si formano con un aggettivo
ed un nome, come in >slu siyéal-cashm, che ha gli
occhi neri, (séyéà, nero, dashm, occhio); AS gul-rukh,
che ha guancie color di rosa (£%/, rosa, 7%£4, guancia).

146. Si formano anche aggettivi composti con due
sostantivi, come Joynà shîr-4/, che ha cuor di leone,
BvuoXéwy (shîr, leone, 420, cuore).

147. Un nome può risultare anche da una particella
e ida un altro nome, come: ski pishgéh, prefetto, da

Ui4 2ish, prep. avanti, e sl g&h, luogo.

148. Un sostantivo ripetuto, frapponendo una é, signi-
fica varietà, pienezza, come: JU /26-4-/ab, fino all’ orlo,
fino al labbro, da 4 /8, labbro, orlo; up ghin-a-
gin, variamente colorato, da dd gin, colore.

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ANTOLOGIA

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Original from

Digitized by Google ° UNIVERSITY OF MICHIGAN
IL SHAHNAMEH

o

LIBRO DEI RE DI FIRDUSI



INTRODUZIONE.

Già nel principio della Grammatica Persiana abbiamo
visto come i tre più importanti monumenti della civiltà
iranica siano l’Avesta, le /scrizioni Cuneiformi e il Libro
dei Re. Di questi monumenti però quello che’ meglio ci
fa conoscere l'ingegno e il cuore del popolo persiano, si
è il Labro dei Re, senza alcun dubbio; poichè le iscrizioni
degli Achemenidi altro non sono che opera di re che
volevano eternar la memoria del loro nome e delle loro
imprese, e l’Avesta non è che in gran parte lavoro di
filosofi e di sacerdoti, mentre il Zi6r0 dei Re, raccon-
tando con primitiva ingenuità le imprese degli eroi e
dei re dell’ età mitica e favolosa, ci fa intendere quale
stima quel popolo facesse di sè, quale idea egli avesse
del proprio passato e dell’ avvenire che l'attendeva, a
quali fini si credesse destinato, quali affetti più potente-
mente lo agitassero e quali inclinazioni fossero innate
nell’ animo suo. La leggenda epica infatti del L20r0 dei

Re è di invenzione popolare, e, conservata per tradizione,
4

Google
>> 50 =

fu poi raccolta e vestita di forma poetica da Firdusi.'
In essa pertanto, più che negli altri due monumenti,
abbiamo una fedele immagine dell’ animo e del cuore
del popolo persiano.

L’idea fondamentale dell'antica religione iranica,
quale si desume dall’Avesta e da altri libri posteriori,
come il Bwurdehesh e il Minékhired, è un eterno con-
trasto fra due esseri essenzialmente opposti tra loro, tra
Ahura Mazdào cioè ed Arira Mainyu, il primo dei quali
è il genio del bene, il secondo è il genio del male;
questi due spiriti o geni nella lingua persiana più recente
portano i nomi, di poco da quelli differenti, di Ormuzd

e di Ahrîman o Ahrimane, ozol e erp Cotesta idea
pertanto diede appunto origine alla così detta dottrina
del dualismo; e mentre, secondo l’Avesta e i sacerdoti,
cotesta lotta è di natura tutta morale, nel Libro der Re
invece e presso il popolo trova il suo riscontro in quella
tremenda guerra che arde tra gli Irani e i popoli barbari
che abitano al settentrione dell’ Iran, conosciuti sotto il
nome di Turani. Questa gran guerra poi che, secondo
la leggenda epica, cominciò fino dai tempi mitici, dal
tempo cioè del re Frêdûn, anima di sè tutto quanto il
racconto del Zz5r0 dei Re, e altro non è che una im-
magine terrena della gran lotta tra il bene ed il male,
tra Ormuzd cioè ed Ahrîmane. Dalla parte quindi degli
Irani sta Ormuzd con tutta la sua schiera celeste, e dalla
parte degli abborriti Turani sta Ahrîmane co’ suoi Dêvi,
i demoni cioè figli delle tenebre, con tutte le arti maligne,
quali la magia, il tradimento, la frode e la menzogna.

Il Zibro dei Re comincia col primo re e primo
uomo che è Gayûmers. A lui succede il re Hôsheng
che è il primo della dinastia dei Péskd4d; e sotto il suo

1 Vedi tutta questa parte svolta più ampiamente nel mio Discorso sul-
PEpopea Persiana (pag. 18—80) nei miei Racconti Efici di Firdusi.

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>> SI —{

regno incominciano a trovarsi le prime arti. Al tempo
suo, come pure al tempo dei re Tahmùras e Gemshid,
tutta la terra stava sotto lo scettro di un solo. Gemshid,
perchè, dopo aver inventate molte arti, si levò a superbia
e si volle fare adorare, fu punito da Dio col suscitargli
contro l'arabo Dahâk, crudelissimo tiranno che aveva
sugli omeri due neri serpenti, natigli quivi da due baci
che Ahrimane gli aveva impressi sulle spalle. A Dahâk
che usurpò il trono di Gemshîd e regnò per mille anni,
succedette Frêdûn che incatenò il tiranno in una caverna
del monte Demàvend. Ma quando, dopo queste imprese,
Frêdûn volle dividere la terra fra i suoi tre figli e farne
tre regni, nacque discordia tra i novelli regnanti; il minor
figlio Erag fu ucciso dagli empi fratelli Tùr e--Salm; si
accese quindi un’ aspra guerra tra gli Irani :che erano
toccati in sorte ad Erag, e tra i Turani che avevano
per loro signore Tùr, l’uccisore principale dell’ innocente
suo fratello. D’allora in poi i re dell’ Iran trovarono un
potente aiuto nei principi. del Segestàn, il più valoroso
dei quali, che è Rustem figlio di Zàl, con le sue mirabili
imprese fornisce materia di racconto alla maggior parte
dei canti epici. Le discordie poi tra Irani e Turani che
si erano acquetate al tempo del re Minòcihr, quando fu
da lui vendicata la morte di Erag, ritornarono a scoppiare
sotto il re Nevder ed il re Kobàd, che fu il primo della
dinastia dei Aay sottentrata a quella dei Péshadd; e
hanno tregua solo quando il re Khusrev, dopo una terri-
bile e disastrosa guerra descritta con singolare ampiezza
nel Z26ro dei Re, giunge a vendicare con la morte di
Afràsyàb re dei Turani il proprio padre Siyàvish che
quegli aveva ucciso a tradimento. Ma poi, succeduto a
Khusrev il re Lohràsp e poscia il re Gushtàsp, ricomincia
tra Irani e Turani la guerra, ridestata però non già da
sparso sangue, ma da differenza di religione, perchè il

re dei Turani, Argàsp nipote e successore di Afràsyàb,
. 4*

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» 52 -

non vuole accettare la nuova legge che il profeta Zerdusht,
il Zoroastro degli Antichi, aveva rivelato al re Gushtàsp.'
Così, lasciando alcune guerre particolari, come quella
sotto il re Kàvus per conquistare il Mâzenderân, tutto
quanto il racconto del L:6r0 de Re si aggira per la
maggior parte intorno alla terribile lotta tra Irani e Turani
che si va perpetuando di generazione in generazione, e che,
secondo il popolo persiano, non è ancora finita ai giorni
nostri. I re poi, di cui si cantano le imprese nel Zz6ro
deî Re, sono: Gayûmers, primo re e primo uomo; a
lui succede Hôsheng primo dei éshdéd, e vengono
poscia Tahmùras, Gemshîd, Dahâk l'arabo, che è un
usurpatore, Frèédùn, Minòcihr, Nevder, Zav, Ghershàsp.
Sottentra allora la famiglia dei Kay con Kobàd, Kàvus,
Khusrev, Lohràsp e Gushtàsp. Questi re trovansi pure
ricordati nell’ Azvesta coi corrispondenti nomi: Gaya-
meretan, Haoshyanha, Takhma-urupa, Yimò-khshaéta,
Thraétaona, Manuscithra, Naotara (?), Uzava, Kerecàcpa(?),
Kavàta, Ugan, Hugravanh, Auravat-agpa, Vistàgpa. Il re
Dahâk del Z26ro dei Re nell’ Avesta invece è ricordato
come un serpente creato da Ahrîmane, col nome di az4z-
dahaka, abbattuto da Thraétaona, nel quale il Burnouf
per il primo ravvisò il re Frêdûn della leggenda popolare.*
Col regno di Gushtàsp termina la leggenda epica, ed. il
Libro dei Re passa alla storia di Alessandro Magno,
alla storia degli Arsacidi ed a quella dei Sassanidi, coi
quali si giunge fino al 650 dell’ Era volgare col re
Yezdegerd terzo che perdette il regno e la vita al tempo
che gli Arabi invasero la Persia.

1 Intorno a questa seconda parte dell’ Epopea persiana ispirata da idee
al tutto diverse dalla prima, v. SPIEGEL, Zrdn. Alterth. 1, 659 e segg.

2 SPiEGEL, Gramm. der Pérsi-sfrache, p. 195. — MULLER, Leture sulla
Scienza ddl Linguaggio, 22 Serie, lettura 119.

3 Un ampio sunto del Zibro de Re si trova in: SPIEGEL, Erdn. Alterth. 1,
p. 508—724. — Vedi anche i miei Racconti Epici di Firdusi, p. 94—119.

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> 53 =“

Benchè Firdusi vivesse nel decimo secolo dell’ Era
volgare e la leggenda epica che egli ‘vestì di forma
poetica, sia molto più antica, egli tuttavia si mantenne
sempre fedele alla. tradizione e non alterò per nulla il
racconto. L'Avesta veramente e il Buxdehesh non narrano
ciò che narra invece il Le6ro de Re, essendo essi libri
di natura religiosa soltanto, ma dai non dubbi cenni che
essi fanno e agli antichi eroi e agli antichi re della
leggenda epica, si può con sicurezza affermare che il
racconto epico quale ce lo ha conservato Firdusi, è quello
stesso che si trova in quei libti più antichi. Per persua-
dersi di ciò basterebbe aprire l’Avesta o il Bundehesh
e confrontarli col Libro de Re' Eppure l'Avesta
almeno precedette di non pochi secoli Firdusi; la
qual cosa ci dimostra che la leggenda si conservò tale
e quale per lungo tratto di tempo e giunse ancora fresca
e genuina al tempo nel quale egli potè darle una
splendida forma poetica. Firdusi pbi dice bene spesso
come alcuni suoi racconti siano venuti a sua conoscenza
solo per la tradizione orale, come quando attesta
apertamente ch’ egli non avrebbe saputo raccontare
la morte di Rustem se non l’avesse udita da un agri-
coltore che si chiamava Azàd-serv e sapeva a memoria
le storie degli antichi re (pag. 1229 dell’ Ediz. di
Calcutta).

Abù ’l-Kàsim Firdusi, figlio di Fakhr ed-Dîn Ahmed,
nato nel 940 dell’ Era nostra a Tùs nel Khorassan, si
occupò fin da. giovinetto delle antiche leggende epiche
del suo paese, e già ne aveva verseggiata una buona
parte, allorquando si recò a Ghasna, alla città dalle dodi-
cimila moschee, alla corte del Sultano Mahmid. Quivi
egli visse per molti anni componendo il xeusli S%Aék-

1 Un confronto molto minuto della leggenda epica del Libro dei Re con
ciò che di essa ci ha conservato l’Avesta, trovasi negli Arische Studien dello
SPIEGEL all’art. V. che porta il titolo di Avesta und Skdhnémek, pag. 110-128.

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> 54 -<

nomeh o Libro dei Re, che potè finire nell’ anno settan-
tesimo primo dell'età sua, in sessantamila distici. Calunniato
poi dagli invidiosi cortigiani presso il principe, venne
nella sua disgrazia, ‘e partitosi dalla corte, ritornò alla
sua città natale. Là egli morì nel 1020 dell Era
volgare, nell’ età di ottant’ anni, e morì appunto nel
giorno in cui il Sultano Mahmùd, pentito della sua
ingiustizia, gli mandava magnifici doni e lo invitava di
nuovo, alla corte. La sua tomba che fu modesta assai,
vedevasi ancora alcune decine d'anni fa non lontano da
Tùs; ma ora in quel luogo il viaggiatore Khanikoff
ha trovato invece un campo seminato di frumento,
senza alcun resto della tomba del più grande poeta
persiano.

La lingua di Firdusi è il puro persiano, non pieno
di parole arabe, mentre tutti gli altri poeti e prosatori
persiani son tanto pieni nelle loro opere di parole arabe,
che quasi potrebbe” dirsi che nel leggerli si viene man.
mano imparando la lingua araba e si ricorda soltanto la
grammatica persiana. Questo vezzo mal inteso di usar
parole arabe non sembra che fosse proprio soltanto degli
scrittori posteriori a Firdusi, poichè troviamo che nel
canzoniere del poeta Minécihri che fu contemporaneo di
Firdusi e visse con lui alla corte di Mahmtd, le parole
arabe abbondano straordinariamente. Ma Minòcihri era
poeta lirico, mentre per l'antica epopea che è tutta di
color nazionale, dovevasi usare la pura lingua persiana;
e si dice che questa fosse una indispensabile condizione
per chi volesse compor canti epici. Si racconta pertanto
che, leggendo un giorno Firdusi alla presenza di Mahmùd
il suo immortale lavoro, giunto a quel punto nel quale
si narra come Rustem ponesse la freccia sull’ arco, recitasse
quel verso che comincia con queste parole: «uf «i
pl /alak guft: ahsan! ;il cielo disse: bene! lodando
l'atto dell’ eroe. Il Sultano allora l’interruppe dicendo:

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>> 55 -«

Come? tu hai parlato arabo in e4saz. — Ma il Poeta
rispose: Non io, bensì il cielo.*

Il metro del Z25r0 dei Re, come pure di tutti gli
altri canti di natura epica, è il ,Uiw mulatàrib, cioè:
VL-]Y£4-|V£4-|w4]|, come in:

glio I ylisò giusti zi-guftàr | è dihkén | yakî
da- | -sitàn; con gli accenti sulla seconda sillaba di
ciascun piede.

Quanto alla quantità delle sillabe, basterà riferire
qui ciò che ne scrive lo Schultze nel suo eccellente
Manuale della lingua persiana.*

Sono naturalmente brevi, egli dice, tutte quelle sillabe
che contengono vocali brevi (4, 2, %), lunghe invece quelle,
che hanno vocali lunghe (&, ?î, 4). Una vocale però, breve
per natura, viene considerata come lunga allorquando
sia seguita da più di una consonante, come (ju y har
kas (-©), ma invece ul haràn (--); e ;l az man (-=),
ma invece gal ae & (D+); pad cui 4a/f 26/7 (--—);
ld maydin (--), ma invece JI e may dr (--);
wo davlat (-9); usi bin'shinî fra) adoperato
in poesia per d-nishinzî (n--); cisl b:-sA t6ft (- —)
adoperato in poesia per b:-shzféft (-—).

Vocali brevi finali (2, %), come in sdu; daxdah, in.
cui la 4 non ha valore e la @ precedente è breve, e le
particelle # e %, si allungano talvolta in poesia, come:
sd bandah (-), gi tà (»), Si sasa khanah i vay
(ox); )oLe, jay dadar u mddar (-=-%).

Le sillabe che escono in ? ed %, quando siano seguite
da una sillaba che cominci per vocale, possono esser
riguardate come brevi, purchè esse sieno risolte in 2y ed
uv, come in quel verso di Firdusi:

1 Zetschrift der Deutsch. Morgenl. Gesellschaft, B. XXX, p. 773.
2 M. SCHULTZE, MHandbuch der Persischen Sprache, p. 42 e segg.

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> 56 —-

o ehi sp ila cirà rafti u burdî aràm i
mar, il qual verso che è un Mutatàrib | L-|L_-
L-|-4]|, va letto così:

cirà raftiy u burdiy àràm i man.

Il gruppo ,> #4 al principio delle parole vale come
una consonante semplice, come in ha; zi-khvdb (- —).

Per leggere con precisione una poesia, bisogna notare
anche quanto segue. Alla fine delle parole si deve fre-
quentemente, per compiere il verso, aggiungere una
breve vocale ausiliare (7) che non ha alcun significato
grammaticale, come in quel verso di Firdusi:

UG sy Ire x do glo lundn bud kih Mihràb
î rizi paghh; la vocale # dopo Mkr46 non ha alcun
valore grammaticale, ma serve per compiere il verso. —
La stessa cosa avviene dopo le vocali lunghe anche nel
corpo delle parole, come in quel verso di Firdusi:

Sl ul lis i magar hamrahîn i guvan
yéfiti, invece di yéffi. — Talvolta ancora alcune vocali
brevi vanno soppresse, appunto perchè soverchie nel
verso, come in quello di Firdusi:

u bi-sh'khùd î rity; nel quale si legge bi-sh'£#k#d per
bi-shukhid, e si trovano due 7 brevi dopo 44uriskid e
bi-sh'Ehid, per compiere il verso.

Nota. — Qui si potrebbe dir qualche cosa sull’ accento; ma
poichè la nostra Antologia, per le ragioni esposte nella Prefazione,
si compone soltanto di canti del Ziro dei Re, così questa parte
diviene qui di minore importanza. Noteremo soltanto che l’accento
non dipende dal valore ritmico delle parole, e che di regola esso
cade sull’ultima sillaba. Fanno però eccezione a questa regola tutti
o quasi tutti i suffissi grammaticali, sui quali non cade mai l’accento,
come in ey faddram, mio padre, clo)dle mddér-at, tua madre,
Sr pusdr-î, un figlio; nei quali esempi l'accento cade sull’ ultima
sillaba dei nomi yo, y°le, yu. Diremo anzi che questi suffissi,
come abbiamo udito da dotta persona che stette lungo tempo in

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> 57

Persia, si pronunciano come staccati, onde è} di/-am, il mio cuore,
si pronuncia come 4#/ 472, quasi fossero due parole. Talvolta anche,
specialmente nei verbi, la vocale dei suffissi non si sente nemmeno,
e led) didam-ash, per es., io lo vidi, si pronuncia come didam-sk;
ciò che si trova anche nel Zibro dei Re qualche volta, per ragione
del metro. Le particelle preposte (bi-, #a-, na-, mi-) hanno sempre
accento loro proprio, come parola staccata. — Ma per questa parte
si vegga la Grammatica persiana pubblicata dal Prof. G. De Vincentiis
(p. 29—30), oltre. alle grammatiche del Vullers, del Chodzko, del
Wahrmund e del Barb.

I. Il re Hôsheng.

A Gayûmers che fu, secondo il Libro dei Re, il
primo re e il primo uomo, successe il re Hôsheng,
conosciuto nell’ Avesta col nome di Haoshyariha. Tanto
nell’ Avesta quanto nel Mînôkhired, egli è celebrato
per aver sterminati i Dêvi, i demoni cioè creati da
Ahrîmane. Egli infatti, nell’ Avesta e precisamente nel-
l'inno alla Dea delle acque Ardvi-çûra-Anâhita (yasht,
V, 21—-23), è introdotto a pregar la Dea perchè gli conceda
vittoria sui demoni e sugli altri spiriti maligni. «Haoshyanha
paradhâta (v. sotto) onorò lei (la Dea) ai piedi dell’ Hara
(il sacro monte Alburz) con cento cavalli maschi, con
mille vacche e diecimila capi di bestiame piccolo. Ed egli
a lei domandò questa grazia: Concedimi, o buona, o
utilissima Ardvi-çûra-Anàhita, che io sia sovrano signore
di tutti i paesi, dei Dêvi e degli uomini, dei maghi e
delle Pairika (esseri maligni femminili, Perî, v. il <title>Vocab.</title>),
dei nemici, dei ciechi e dei sordi; che io uccida due
terzi dei Dêvi del Mazana e del Varena, maligni. Tale
grazia gli fu concessa dalla Dea.» Il Mînôkhired (in
SPIEGEL, Gramm. der Pârsispr. p. 135) dice di lui: «E
da Hôsheng venne questa utilità, che egli di tre parti
dei Dêvi del Mâzenderân, che nel mondo spargevano la
morte, due terzi ha uccisi» (cfr. di sopra l’Avesta). Il

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Bundehesh non dice nulla di particolare per il re Hôsheng:
e il solo Firdusi racconta come egli abbia scoperto il
fuoco. Gli altri scrittori che parlano di questo antico
re mitico e leggendario, come Hamzah di Ispâhân,
l'Autore del Mugmil ut-tevârikh, poco o nulla aggiungono
di nuovo.

Firdusi, invece. delle battaglie di Hôsheng coi Dêvi
non ricorda che quella col Dêvo Nero che gli aver
ucciso il padre suo Siyâmek. Gayûmers aveva nutriti
e allevato il giovane Hôsheng appunto per vendicar quel
delitto commesso dal Dêvo. e la descrizione della
battaglia è data qui nel brano che segue. Si enumerano
poi dello stesso re molte scoperte. tra le quali la più
importante si è quella del fuoco.

Hôsheng, figlio di Siyâmek (sec. il Bundehesh. p. 77,
figlio di Fravâk). fu il primo dela dinastia dei Pêshdâd,
in zendo paradhâta, il qual nome nella versione sanscrita
del Mînôkhired è reso per pûrvacârakrit. Il Justi lo
traduce per colui che per il primo ha esercitata la lege:
del governare: der zuerst das Gesetz des Regierens ausübte:

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“NOTE GRAMMATICALI. — Verso 13 € 14, sulla costruzione del
verbo ausiliare #42dstaz, v. la Gramm. — v. 19, 6-dsmén per di-
dsmén. — v. 58, 4-as-dn per ih as dn. — v. 60, s-i per zi-4,
az-î. — v. 65, si noti qui per sempre che Firdusi ripete spesso le
preposizioni due volte, come qui dar-dn dar, per dar-én. — v. 69,
k-in per Zih în. — v. 72, shkén per ishkén, suffisso pronominale, v.
la Gramm. — v. 77, as- per az è. — v. 78, k-as-é per Zik az è. —
v. 86, girift-ash, qui il suffisso ask fa da soggetto, prese egli,
Gramm. 125, nota. — v. 101, /ur&ghi-st per furilghî ast, è una luce. —
v. 108, déd ottativo di 66427, v. la Gramm. — v. 117, s-îshén per
si-îshdn. — v. 120, v-az per % 43. — v. 122, samirast per samir ast;
R-ash per kih ask, al quale.

II. IL RE DAHÂK.

Questo re leggendario che nella tradizione epica
figura come un usurpatore del trono iranico, nell’ Avesta
invece e negli altri libri religiosi è rappresentato come
un terribile serpente sotto il nome di azki dakéka, «ser-
pente esiziale». In essi non si trova alcun cenno come
di un principe, ma soltanto come di un’ orribile creatura
di Ahrîmane, stata poi vinta da Thraétaona, così descritta:
«Egli (Thraétaona) uccise il serpente Dahâka, di tre
bocche, di tre teste, di sei occhi, di mille potenze, pre-
potente, diabolica drug (spirito demoniaco femminino),
nocivo agli esseri viventi, cui, quale la più potente drug,
creò Anra Mainyu (Ahrimane) contro il mondo corporeo,
per la morte di quelli che vivono con santità (yagza IX)».
Secondo il Buxdehesh invece il serpente Dahâka discendeva
per madre da Ahrimane. Esso devastò il mondo per
1000 anni, finchè poi Thraétaona, secondo un’ altra

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> 64 -&

tradizione, lo incatenò nel monte Demavend. Alla fine del
mondo l’eroe Càma Kerecàcpa (v. più innanzi) gli toglierà
la vita e purificherà così la terra (WiIxDISCHMANN,
Zoroastrische Studien, p. 19: Just, Zandbuch der
Zendsprache).

Nel L20ro deî Re invece, Firdusi ci descrive Dahâk
come un arabo, figlio di Mirdâs (si noti che anche l'Avesta
riconosce come sede del serpente Dahâka la città di
Bawri, cioè Babilonia, che è paese semitico, yask/, 5, 29),
e reo di orribili delitti fino dalla giovinezza. Dei tratti
dell’ antica leggenda Firdusi non conserva che quello dei
due serpenti. Iblîs (Ahrimane), trasformatosi in vago
giovinetto, aveva chiesto un giorno al re Dahâk di
potergli baciar le spalle; dato quel bacio, uscirono da
quelle spalle due orribili serpi che egli dovette nutrir poi
di cervella umane. Come poi l’Avesta ci dice che il
serpente Dahâka era stato creato da Ahrîmane per la
morte dei viventi, che sono creature di Ormuzd, così
Firdusi ci fa sapere che Ahrimane, nell’ additar cervella
umane come cibo proprio ai due serpi di Dahâk, ordiva
la morte degli uomini. Anche Firdusi racconta come
Frêdûn (il Thraétaona dell’ Avesta), atterrato il tiranno
che gli aveva usurpato il trono, lo abbia poi incatenato
nel Demàvend, in una di quelle caverne.

Il nome zendo dakéka deriva dalla rad. dak, distrug-
gere, ma questo nome, sotto la forma di Ylwo daléf,

fu poi erroneamente interpretato per WÎ so 424 dk, dieci
vizi, o colpe. Gli scrittori Mussulmani, compreso Firdusi,

lo scrivono Wlswé diabhék, facendone, sempre erronea-
mente, un nome arabo «l’uomo che ride», dal verbo ar.
dsrvé dhahîka, ridere. La pronuncia poi Zokék, Zohag,
è assolutamente falsa.

Non v'ha alcun dubbio che la lotta tra Frédiùn e
Dahâk, Thraétaona e Azhi-dahàka, altro non sia che una

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»> 65 <<

reminiscenza dell’antico mito indo-europeo della lotta
tra il sole luminoso e il serpente aereo, la nuvola cioè
nera e gravida di pioggia; cosicchè Frêdûn e Dahâk
corrispondono all’Indra e al Vritra degli Indiani, all’ Apollon
e al Python, all’Herakles e al cane Orthros (409pos, Fop9pos,
cfr. Vritra ind.) dei Greci, al Sigurdhr e al dragone
Fafnir dell'E44a e dei Nibelungen presso i popoli Ger-
manici. Questo mito di Frêdûn e di Dahâk è stato
ampiamente trattato in tutte le sue parti dal Darmesteter
(Ormazd et Ahriman) e dal Bréal (/ercule et Cacus); il
Darmesteter anzi (p. 107) osserverebbe che Dahâk, vinto
e incatenato, non muore, perchè egli non è che il serpente,
il demone dell’ uragano, e l’uragano, benchè tante volte
disperso dal sole, si rinnovella tuttavia di tanto in tanto
nel cielo.

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NOTE GRAMMATICALI. — V. 52, $and-af, il pron. af dipende dal
verbo béyad. — v. 61, leggi di-sblis. — v. 65, il verso va letto così:
bi-mdnad bi-gardan-t i (- — —, per di-gardan-at, la vocale î non
ha qui alcun valore gramm.!*). — v. 100. per shinida4 hastam, io
ho udito. — v. 130, dz per cià as. — v. 135, il pron. ask va
riferito a Da4ék sottint. — v. 145, fard4-1 per fardé-at; at dipende
da sézam. — v. 169, Adgat-asttam, un bisogno è a me, ho bisogno. —
v. 182, il verso va letto così: ghami gaskt u az har siy i (- —)
éèrah gust.

III SCONFITTA DI DAHÂK.

Occupato il trono dell’ Iran e ucciso il re Gemshid,
il novello principe vede una notte in sogno una orribile
visione che gli svela il futuro. Dahâk sogna di un
principe che un giorno gli toglierà il regno e lo incatenerà
nel monte Demàvend. Egli allora, irrequieto e sospettoso,
va in cerca del predetto eroe per ucciderlo. Questi era
Frêdûn figlio di Abtin, il Thraétaona dell’ Avesta, che la
madre sua Frànek aveva nascosto nelle valli dell’ Alburz.
Un giorno, il fabbro Kàveh, al quale il tiranno aveva
uccisi i figli, giunge improvvisamente con una schiera di
eroi a quelle valli solitarie in cerca del legittimo signore
dell’ Iran, gli rappresenta i mali e le sciagure del suo
popolo e lo invita alla riscossa. Frédun, al quale già la
madre aveva raccontato come Dahék gli avesse ucciso
il genitore per farne pascolo con le cervella ai suoi ser-
penti (v. il brano antecedente), si fabbrica una clava che
aveva sulla sommità il capo di una giovenca effigiato in
acciaio, in memoria della vacca Birmàyeh che l'aveva
allattato da fanciullo, e muove contro Dahâk. Giunge

Google
> 73 «

alla reggia, ne disperde gli incanti e libera le sorelle del
re Gemshîd che il tifanno aveva fatte sue spose. Dahâk
allora era lontano assai; ma un suo fido consigliero,
Kundrav (il Gandareva dell’ Avesta), lo rintraccia, lo informa
di ogni cosa, gli dice che tutto è perduto e che le spose
sue fanno lega col novello signore, Frèdiùn, e congiurano
ai suoi danni. A questa notizia egli si riscuote e prende
le armi — A questo punto incomincia il racconto del
brano che si legge qui sotto.

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NOTE GRAMMATICALI. — v. 67, ndsud, per na-dsid. — v. 72,
bi-y-afgand, senza la \ iniziale, Gramm. 41, dal tema di pres. a/ear,
tps. a/gand. — v. 76, v-az-in, per u az-în. — v. 126, &-drad, per
kih rad. — v. 135, bi-fsid, per di-afetd. — v. 141, il pron. -asà,
dipende da gu:t4.

IV. NOZZE DEI TRE FIGLI DEL RE FREDÙN.

Frêdûn, vinto e incatenato Dahâk e riordinato il
regno, stabilisce di celebrar le nozze dei suoi tre figli,
natigli, due da Shehrnâz e l'altro da Ernevâz, dalle sorelle
cioè di Gemshîd che egli aveva sposate. Il savio ed
amorevole padre, il quale non aveva ancora imposto il
nome ai figli suoi riserbandosi a trovarne loro uno solo
allorquando avesse ben conosciuta l’indole di ciascheduno,
desidererebbe tre sorelle di nobile e regia stirpe per
farne le compagne dei figli suoi. Gendel, un suo fedele
e prudente servo, si pone in cerca di un re che vada
lieto di tre figlie quali sono desiderate da Frêdûn, e
udendo finalmente che il potente e glorioso Serv re del
Yemen trovasi appunto in tali condizioni, egli si reca a
quella corte e quivi fa la sua proposta. Il re del Yemen
non vorrebbe veramente accondiscendere al desiderio di
Frêdûn, ma Frêdûn è signore troppo potente perchè egli
possa rifiutarsi di far la sua volontà, e la pena inflitta a
Dahék parla troppo chiaro. Domandato quindi qualche
tempo per riflettere, il re del Yemen si consiglia co’ suoi

Google
> 79 «

principi, i quali gli fanno profferte di aiuto, caso che
l'occasione lo richiegga, e lo consigliano intanto ad accettar
la proposta di Frêdûn, ma bensì con molte e gravi condi-
zioni, per le quali si possa impedir quel connubio o
almeno mandar in lungo le cose. — A questo punto in-
comincia il brano che segue.

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NOTE GRAMMATICALI. — v. 4, éi4 #, va letto come c-# per il
verso. — v. 16, bisogna scandere questo verso così: na-sAdyad zadan
guz bi-farmén-sh i (- — —\, per di-farmén-ash) gàm; sì noti il verbo
skéyad con l'infinito. — v. 27, s4én dipende da dt/, il loro cuore. —
v. 30, bisogna scandere questo verso così: firistam saduk-shén
v—-—, per sadut-ishén) bar i shéh.i béx; béz è qui postposizione
di firistam. — v. 59, bisogna scandere questo verso così: zubér
résiti rd biy-dràsitah. — v. 70, bikîr dvarad (-— 7, presente di
dvardan, dvaridan; leggendo dvard, sarebbe passato, e il verso
sarebbe sbagliato) mard i dind fusin. — v. 84, k-at, per Rik-at, che
a te. — v. 85, 4-az-în, per Zik az în. — v. 88, il pron. suff. #@r
(per itén) dipende da déyad; così al v. 128. — v. 105, si scanda:
cò as dmadanshin (--——) shud dgh i sarv. — v. 107, pish
. regge il pron. s4én. — v. 119, sAén dipende da dvarid. — v. 120,
shén dipende da Zard. — v. 136, bisogna scandere: 4-as dmikhitan
rang i n-dmad-sh i (-—-, per n-dmad-ask) sid. — v. 138, dad
per l’infin. dédan. — v. 151, si divida: bi-dén-gah, in quel tempo;
gahk per g8k. — v. 163, bisogna scandere: cundn shud kih bi-fsurd i
(-— per di-fisurd) hémin u régh. — v. 175, kardan per Zard. —

v. 181, sottint. 4/4, che. — v. 197, bisogna scandere: di4-aZ4tar
kasî din kih dukhtar-sh i(- —\, per dukhtar-ash) nîst; così si legga
akhtar-sh i (-— , per akktar-ask) nel verso seguente.

V. MORTE DEL RE FRÉDUN.

Il re Frêdûn, celebrate le nozze dei suoi tre figli, ai
quali, dopo aver fatta prova del valor di ciascuno, egli
aveva imposti i nomi di Salm, di Tùr e di Erag (Ju, ;;5,

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3 37

E pl; si vegga il brano antec.), si determinò in fine a

dividere il regno fra loro. Ma perchè al minore di tutti,
ad Erag, era toccato l’ Iran, la parte cioè più bella del-
l'eredità paterna, i due figli maggiori ne mossero lagnanza
al padre, il quale rispose protestando di aver fatta giustizia.
Erag allora, per acquetare i fratelli, si recò da loro con
l'assenso del padre. Fu egli accolto dapprima con molto
onore, ma poi ucciso da Tùr in un alterco suscitato
appositamente. La testa dell’ infelice giovinetto fu
mandata a Frêdûn che, nel suo immenso dolore, giurò
di punire i due malvagi.

Intanto da una sposa di Erag nasceva una vaga
fanciulla .di nome Màh-àferìd, e da questa più tardi,
sposata a Pesheng principe animoso e gagliardo, nasceva
Minòcihr, il Manuscithra dell’ Avesta. Il vecchio Frêdûn
allevò il giovinetto con ogni cura, e quando lo vide atto
a trattar l’armi, lo mandò con una infinita schiera di
armati contro Tùr e Salm. -

Da queste discordie tra i figli del re Frêdûn e da
questa prima guerra di Minòcihr contro Tùr. e Salm
prende origine la lunga guerra tra Irani e Turani (così
detti da Tùr loro primo signore), che occupa la maggior
parte del Zz6ro dei Re, e del significato della quale
abbiamo già fatto qualche cenno nell’ Introduzione, in
principio di quest’ Axzologta.

Minòcihr giunge ad ottener finalmente compiuta
vittoria. Dopo avere ucciso Tùr e dopo di lui Salm,
ne manda le teste con una lettera trionfale al vecchio
Frêdûn, annunziandogli così che la morte di Erag è
vendicata. Allora il vecchio re che era vissuto, si può
dire, con quest’ unico desiderio, non ha più nulla da
fare in terra e si prepara quindi a morire. Gli ultimi
giorni del viver suo furono tristi, perchè la memoria
dei tre figli così miseramente perduti incessantemente lo

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x 88 -—e

tormentava. Onde, designato per suo successore il
giovane Minécihr, dopo cinquecento anni di regno, morì
compianto e onorato da tutti, lasciando bella e gloriosa
memoria di sè.

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NOTE GRAMMATICALI. — v. 8, bisogna scandere così questo
verso: éunîn guftiy dn (--—) néàmi-var (--—) shahriyàr. —
v. 24, ask si riferisce al soggetto stesso che è minzii4r del verso
antec., e fa qui da soggetto (Gramm. 125, nota). — v. 29, bisogna
scandere: di-padrid i kardan-sh i (- —\, invece di 4ardan-as& ——“)
raftand i pish. — v. 44, si divida dil-at-rd. — v. 45, khunuk ( —)
per eccezione, mentre l’ultima sillaba dovrebbe esser breve
(ZAunut — <), seguendo la vocale di dr.

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>> 90 -&{

VI. AMORI DI ZÀAL E DI RÙDABEH.

Al tempo del re Minòcihr entra a far parte della
leggenda epica anche la famiglia del Segestàn, i cui
membri erano come gran vassalli del re dell’ Iran, e però
si chiamavano ulHl@ul> £%dn fahlavin, eroi del
regno, e come tali potevano essi portar corona reale e
avevano il privilegio di dare udienza sedendo in trono.
Questa famiglia discendeva da Gemshid che aveva sposata
la figlia di un re di quei luoghi allorquando, fuggendo
da Dahàak, giunse ramingo in quelle parti. Anticamente
il paese chiamavasi 64k4dhî nell’ Avesta e bakhtri nelle
Iscrizioni del re Dario, dal quale ultimo nome i Greci poi
fecero quello di B&xrpa; perchè esso poi fosse chiamato
Segestàn, ciò si spiega per certe invasioni, in tempi storici,
di barbari del Settentrione che mutarono il nome del
bel paese tanto benemerito dei re dell’ Iran (v. i miei
Racconti Epici di Firdusi, p. 59 e segg.).

I principi che appartengono a questa famiglia, sono,
in ordine cronologico, i seguenti: Tùr (figlio di Gemshîd
e di Perî-cihreh, v. sopra; non si confonda questo Tùr
con l’altro figlio di Frêdûn; v. i brani antec.), Shédasp,
Tùrek, Shem, Asrit, Ghershàsp, Nerimàn o Nîrem,
Sam, ZAl o Destàn, Rustem. Quest’ ultimo fu il più
glorioso di tutti, come vedremo appresso. Ire dell Iran
trovarono in questa famiglia di eroi il più valido sostegno
alla loro potenza, nè si presentò mai qualche difficile
impresa la quale, affidata a uno di loro, non ottenesse
esito splendido e felice.

Dei primi eroi contiene ben poche cose, anzi quasi
nulla, il Z:070 deî Re. Di Ghershàsp si ricorda sola-
mente una battaglia con Shîrùy; di Nîrem si sa sol-
tanto da un racconto di Sàm che egli morì nell’ assedio
della rocca del Sipend, e de’ suoi antenati non si hanno

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>> 91 -<

che sparse e incerte notizie. Di Sàm si raccontano molte
e prodigiose battaglie (v. il brano che tien dietro a questo
e il <title>Vocab.</title> alla voce Sém); ma il Le6ro dei Re si ferma
più specialmente intorno alla storia intima della sua casa.
Sam, dopo aver lungamente sospirato e chiesto al cielo
un figlio, ne ebbe uno da una delle sue mogli. L’infante
era bello e vigoroso, ma aveva i capelli bianchi. Il padre
allora che credette scorgere in ciò l’opera di Ahrîmane,
lo fece esporre dai servi sul monte Alburz, laddove egli
sarebbe perito se l'uccello Simurgh (v. il <title>Vocab.</title>) per
comando di Dio non l'avesse curato e nutrito. Ma, dopo
alcuni anni, il padre ammonito da una terribile visione, si
pose in cerca del figlio suo che gli fu reso sano e salvo
dal Sîmurgh. i

Il giovinetto, chiamato Zàl o Zàl-zer, cioè vecchzo,
dal padre per i suoi capelli, e Destàn, cioè /rode, dal
Sîmurgh per la mala fede usatagli da Sàm, cresce con
gli anni in ogni virtù nella casa paterna. Il re Minòcihr
lo vuol vedere e lo raccomanda al padre. Ma un giorno
ch’ egli, andando a diporto per i paterni dominii, giunge
sui confini del Kabul, s'invaghisce, al solo sentirne par-
lare, della bella Ridàbeh figlia di Mihràb re di quel paese;
e di qui appunto ha principio il brano che segue. L'amore
però dei due giovani è fortemente contrastato da Sàm
prima, poscia da Minòcihr, perchè Mihràb, padre della
fanciulla, era idolatra e discendeva dall’ empio Dahâk,
che, come abbiamo visto, era creatura di Ahrîmane (v. i
brani antec.5). Non era quindi lecito a un eroe d’Irania
far lega con uno che discendeva dal genio del male.

Per maggiori notizie intorno agli eroi del Segestàn,
v. SpPIEGEL, Eràn. Alterthumskunde I 555—573.

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NOTE GRAMMATICALI. — v. 1, il soggetto è Z%/, v. la traduzione
di questo brano in fine all’ Antologia. — v. 22, -asà ha qui il significato
quasi di: con/ro di luî. — v. 34, il primo miki è il nome wià, principe,
con l’art. indet.; il secondo è l’astratto, grandezza. — v. 43, il pron.
-ash di hamdnd-sh, per Aamand-ash, dipende da dmad. — v. 111,

az-dn-k-î, per questo che egli; 4-4, per Zi4 #. — v. 124, si scanda:
magar tirah gardad-sh i (-—-, per gardad-ashk ——“) s-în dbiriy
(-\V-, per db-riiy — —). — v. 150, si scanda: Ciginah-st ( ——,

per (iginah ast _—t——) i cihr u diginah-st i y@l. — v. 153, il
nome gifî ha qui, sec. l'uso di Firdusi, due preposizioni. — v. 159
e 160 buvad (=), non déd (—). — v. 181, w-rd dat. di #, egli,

ella. — v. 185 e 186, man-id, îd 2* pers. pl. di am, io sono. —
v. 218 7-ar-dn per w ar (per agar) dn. — v. 220, buvad, pres. in
tutti e due i casi. — v. 224, si scanda: zi-car44 i éahérum khir

dyad-t i (per dyad-at) shiy. — v. 232, na-y-arsid. — v. 237, -ask
dipende da 44vdnand. — v. 240, ma-y-drîd, da dvardan. — v. 263, buvi
(V) da didan, 2* pers. sing. pres. — v. 273, ma, per méhk. —
v. 282, 4i-y-and, per Zik and, chi sono? — v. 290, n-dramid, per
nah dramid. — v. 301, -ask dipende da dvard. — v. 318, -ask
dipende da #4vdnand. — v. 329, si scanda: dé gédi-shk (——, per
&ddi ash) i pur khuéb u pur (—) dibi-riy (mv) — v. 337 € 338,
buvad, da bBidan. — v. 353, «tén dipende da déyad. — v. 404, bar
è postposizione di sarv i sahi. — v. 466, si scanda: di-ummid i din é
bi-binad-sh î (- — —\, per di- binad-ash ) — \) tihr. — v. 467, -ash,
dipende da fsisk. — v. 476, ast sottinteso. — v. 494, sAud-asti, per
shudah-hasti. — v. 511, dn-ti-t, per én cih at. — v. 601, si scanda:
si-didan-sh i (- — —) ridébah mi n-aramid.

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>> II4 =

VII. SÀM RACCONTA AL RE MINO€IHR COME EGLI ABBIA
UCCISO UN DRAGONE SUL FIUME KESHEF.

Il racconto che qui fa Sàm (v. il <title>Vocab.</title> e l'Introd.
al brano antec.) del come egli sul fiume Keshef abbia
ucciso un dragone, ricorda uno dei più antichi e comuni
miti indo-europei, nei quali la lotta celeste tra la luce e
le tenebre, tra il sole e l’uragano, vien raffigurata sotto
l'apparenza di una battaglia fra un dio o un eroe, cam-
pione della luce e del bene, e un dragone o un serpente,
rappresentante la nuvola nera e gravida di pioggia.
Quello che abbiam già detto di Frêdûn e della sua lotta
con Dahâk (v. il brano II dell’ Axfo/ogza), si può dire
anche qui di Sàm uccisore di un immane serpente.

L’Avesta, nel quale Sàm è ricordato sotto il nome
di Kerecagpa (v. il <title>Vocab.</title> v. Sém), ricorda pure questa
grandiosa impresa in due punti diversi (yagza 9, 34—39,
e yasht 19, 40). Ecco la traduzione del primo passo
che è il più importante. «Il quale (Keregàgpa) uccise il
serpente Cruvara (cioè: corzufo), ingoiator di cavalli,
ingoiator di uomini, velenoso, di color verdastro, sopra
di cui il veleno verdastro cresceva all'altezza di un pollice.
Sopra di esso Kerecàgpa si cuoceva il cibo in un vaso
di ferro, all’ ora del mezzogiorno. Si bruciò quell’ esizial
(h6 matryò) serpente e balzò; s'allontanò dal vaso di ferro
(nota lo SpiecEL, Avesta- Uebersetzung, p. 72, che il serpente
doveva essere tanto grande che Keregàcpa lo dovette
scambiare con un tratto di suolo verde), per gettarsi nell’
acqua torbida. A//ora si ritirò indietro spaventato Ke-
recàcpa d'animo virile» (cfr. DARMESTETER, Ormaza et
Ahriman, p. 213 e segg.)

Firdusi ha fatto di questa battaglia di Sàm una
descrizione veramente dantesca. Ne abbiamo, oltre a quella
francese del Moni, una versione tedesca dello SrreGEL
(Arische Studicn, p. 125); una mia traduzione in versi

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>> II5 -<

italiani trovasi nei miei Racconti epici di Firdusi (p. 507
e segg.) e nella mia Axzologia Epica (p. 55 e segg.); e le
immagini fosche e terribili con le quali Firdusi adorna
il suo racconto, ricordano, come giustamente osserva il
Brear (Z7ercule et Cacus, p. 122), le immagini di Esiodo
allorquando descrive il serpente Tifone.

Per intendere qual posto occupi nella leggenda epica
questo racconto di Sàm, si sappia che, avendo egli inteso
come Minòcihr si opponesse agli amori di ZAl e di Ràdabeh
(v. il brano antec.), si determinò a mandare alla corte lo
stesso Zàl con una sua lettera per raccomandarlo e cal-
mar lo sdegno del re. In questa lettera il prode guerriero
ricorda a Minòcihr i suoi meriti, tra i quali è quello
certamente di aver liberato il mondo da sì terribile
flagello, quale era il serpente del fiume Keshef.

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tashm; s'intenda: ambo i suoi occhi. — v. 40, si legga 5uza, pres. —
v. 45 e 46, si legga: dakan-sh e zubdn-sh (D—) invece di dahén-
ash e zubén-ash (- — 7). — v. 49 e 50, si legga: zafar-sh e gigar-sh
(-—) per safar-ask e gigar-ash (- — 7). — v. 72, am, dipende da
bud (—) per déd (—).

VIII. NASCITA DI RUSTEM.

Dopo molti contrasti e dopo molta resistenza da
parte di Minòcihr e di Sàm (v. il capo VI di quest’
Antologia), dopo che Zàl alla corte del primo, in presenza
dei sacerdoti, ha sostenuto una specie di esame ed è
riuscito felicemente nella prova, viene stabilito il connubio
di Zàl con Rùdabeh figlia di Mihràb, e le nozze vengono
celebrate con grandissima pompa. Ciò però che deter-
mina tanto il re quanto il padre di Zal a dare il richiesto
assenso a quelle nozze, si è la predizione fatta a Minòcihr
dai sacerdoti, che intanto per suo incarico avevano con-
sultato gli astri, di un grande eroe che doveva nascere
da Zàl e da Rùdàbeh, e che sarebbe stato la gloria più
splendida e il più valido difensore della corona dell’ Iran.
Questo grande eroe era Rustem, del quale si descrive la
nascita nel seguente racconto.

Per intender meglio alcuni particolari del racconto
che segue, si noti che Zàl, padre di Rustem, quand’ era
fanciullo ed era allevato sull’ Alburz dal Sîmurgh (v. il
capo VI di quest’ Ay/o/ogta) ebbe da lui in dono una penna
delle sue ali con l'avviso di gettarla nel fuoco quando
egli si fosse trovato in un gran pericolo. Zàl, al momento
del parto di Rùdàbeh, che fu faticosissimo, segue il pre-
cetto del Simurgh che tosto accorre in suo aiuto.

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NOTE GRAMMATICALI. — v. 15, dwad-ast-am; am è pron. sufi.
di 1° pers. s'intenda: è @ me venuto. — v. 21, si divida: di-sang-ast-
ash. — v. 22, si legga dard-st, per dar & ast, è dentro di esso. —

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> 1260 -<

v. 35, ask dipende da dmad. — v. 41, si legga bérda-sh i (- — —)
per bérdn-ash (-—7) e buvad (- =) per béd (—) in questo e nel
verso seguente. — v. so, za-ydrad da ydristan, non na-y-drad, da
dvardan, e si legga gudhashian-sh i abr (- — —— —) per gudhashtan-
ash abr (VV) — v. 53, 4-dvaz, per Zih dvaz. — v. 77 e 78,
si legga Z4astagi-sh e rastagi-sh (-— —) per hastagiy-ash e rastagiy-
ash (--- =); bi-y-dléy, imperativo di d/idan. — v. 84, si legga
bi-shgufinad-t î bakht (-- ——<—) per di-shigufanad-at bakht
(UT) — v. 99, ask dipende da dvarîd. — v. 154, manad

da ménistan, pres., non da méndan. — v. 184, sì legga zindagàni-sh
(-\“—+) per zindagàniyash (--—vV) — v. 193, si legga de
shédi-sh (<——) per di-shédiy-ash (- — 2). — v. 207, yal-asti,

da ya! hast, con la terminazione ? di cui parla la Grammatica, 70.

IX. RUSTEM SI RECA AL MONTE ALBURZ PER RINTRACCIARVI
IL RE KOBAD.

Il re Minòcihr, dopo aver vendicata la morte di
Erag (v. i capi antec."), salito al trono alla morte di
Frèédùn, ebbe regno tranquillo, e i principali avvenimenti
del suo regno, furono gli amori di Zàl e di Rùdabeh e
la nascita di Rustem (v. i capi VI e VIII). Egli morì
dopo cento vent’ anni di regno, lasciando al figlio Nevder
(nell Avesta detto Naotara?) il trono.

Il re Nevder si mostrò ben tosto diverso assai dai
gloriosi suoi antecessori; dice il Z20r0 dei Re che egli
si occupava soltanto del bere e del mangiare e del dor- _
mire, e che Zal, chiamato dal Nîmrùz in fretta dai
principi scandalizzati della condotta del re, tentò invano
con savi consigli di fargli mutar costume. I. Turani
intanto, questi eterni nemici degli Irani, approfittarono
del momento favorevole e invasero l'Iran, violando i
confini loro imposti da Minòcihr, sotto la guida di Afràsyàb
bellicoso figlio di Pesheng, loro signore. Pesheng di-
scendeva da Tùr, da quel Tùr, figlio di Frêdûn, uccisore
di Erag, stato poi ucciso da Minòcihr in pena del suo
misfatto; nè egli poteva dimenticar l’onta arrecata alla sua

Google
> 127 =

casa con la morte del suo progenitore, ricordando sempre
che il re Frêdûn, nel dividere il regno, aveva fatto torto
a Tùr e a Salm, suoi figli maggiori, per favorir di troppo
il figlio minore Erag, da lui prediletto (v. l'Zntroduzione al
c. IV). Afràsyab, eccitato così dal padre alla riscossa, viene
a battaglia con gli Irani, ma Nevder è fatto prigioniero
dopo molte traversie, e poi ucciso miseramente da lui. Zàl
allora fa proclamar re il prode Zav figlio di Tahmàsp, detto
Uzava nell’ Avesta, al quale dopo breve regno succede
Ghershàsp. Il regno di Ghershàsp è inerte e debole, e
Afràsyàb minaccia nuovamente ai confini. Zàl e Rustem
comprendon bene che bisogna omai proclamare un re
che abbia vigore ed energia. Tùs e Gustehem, figli di
Nevder, sono valorosi e forti; ma l'aureola luminosa (in
pers. ji farr) che cinge il capo dei re Irani, non si è
posata lai loro capo, essa invece è trasvolata al monte
Alburz per adornar di sè il capo di Kobàd. Bisogna
adunque ricondurre nell’ Iran da quei luoghi alpestri il nuovo
re, e Zàl, dopo essersi consigliato coi sacerdoti, spedisce
in fretta il figlio suo Rustem, fornito d’armi e scorto dal
suo celebre destriero Rakhsh, al monte Alburz per
rintracciare il. nuovo eletto. Il viaggio di Rustem e il
suo incontro con Kobàd sono il soggetto del racconto
che segue. — Così col re Kobàd succede nel trono al-
l'antica famiglia dei Péshdàd la famiglia dei Kay, di cui
abbiam fatto qualche cenno nell’ Introduzione posta a
capo di questa Ax/ologta (cfr. SpiecEL, Erdn. Alterth. I,
p. 581 e segg.).

questo il punto di dir qualche cosa di Afràsyàb. —
Questo re del Turan, detto nell’ Avesta Fraùragyan (sec.
lo SprecEL, Avesta- Uebersetzung, II, p. LXIII, da una rad.
hrag, spaventare, cfr. pers. el, 4irés, terrore), è la
copia terrena, si può dire, di Ahrimane. Come Ahrimane
(cfr. Vendidéd, I) non fa nulla di proprio moto, ma tutto
opera per fare una opposizione (z. faztyàra) ad Ormuzd,

Google
> 128 —<

svelando così inconsapevolmente la sua inferiorità, così
Afràsyàb non muove mai guerra agli Irani se non quando
questi, o per qualche pubblica sventura o perchè il trono
è vacante, si trovano deboli e indifesi. Quando invece
gli Irani sono abbastanza forti, egli se ne sta quieto e
tranquillo nel suo regno, e solo prende le armi, per poi
ritirarsi spaventato e scornato, quando qualche eroe iranio,
Rustem più di tutti, viene a disturbarlo nel suo ozio
forzato. L’inferiorità sua poi di fronte ai re Irani è
espressa anche dall’ Avesta in quel meraviglioso mito,
secondo il quale questo re nemico si tuffò più volte nel
lago Vourukasha per ottener la maestà reale nascosta in
quelle acque e propria dei re Irani; ma essa gli sfuggì
per tre volte, aprendosi nuove vie di scampo, nè lasciandosi
prender da lui quand’ egli, deposte le vesti, le correva
dietro gridando (yaskf 19, 56—64).

Vedremo nel seguito di quest’ Axol/ogia molte
altre opere ‘di questo nemico degli Irani e la sconfitta e
la morte che gli toccarono in pena delle sue colpe.

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NOTE GRAMMATICALI. — v. 8, gal u bi-gah, di mattina e di sera,
v. il Voc. — v. 20, yaki gurzah, ecc., è come in abl. assol.: avendo
in mano una clava, ecc. — v. 24, nel braccio molti diventarono
senza vigore e senza potenza. — v. 32, si legga ge2-î, un eroe. —
v. 34, fino ai confini (Zar) del re (d'Irania). — v. 44, Rustem andò
innanzi, cercando il re dell’ Iran (Kobàd), finchè non gli restava che
un miglio di strada per arrivare al monte Alburz. — v. 49, di-
nihédah (per il verso di-nAédah, — — ), che aveva posto, si riferisce
al nav-guvén di sopra che è Kobàd; così si traducono molti di
questi part. passati. — v. 60 gé- per £-af, af dipende da skéyad. —
v. 64, nàm-var va riferito a Rustem. — v. 82, di-hangàm yèri..., nell’
occasione opportuna recheremo a te molto aiuto. — v. 87, dikid-
am, datemi. — v. 92, 44vad va riferito a Rustem, al quale è anche
rivolto il discorso. — v. 107, per pa4/avén, eroe, qui s'intende
Zàl. — v. 132, 4Aam-at bad, sia a te. — v. 136, per guyandah
(parlante) qui s'intende la lingua. — v. 153, si levò un suono dal
cuore della corda acuta e della bassa (per dire un suono di
strumenti diversi); molteplice fu la gioia, minore (cioè nulla) il do-
lore. — v. 155, quando fu fatto un giro di vino purpureo (cioè:

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> 137 -«

quando furono fatte girare una volta le tazze). — v. 168, rasid-am,
venne a me. — v. 172, fayghambarén, nunzi; qui s'intendono i principi
che hanno mandato Rustem in cerca di Kobàd. — v. 187, abl.
assol.: quando vi son io e Rakhsh e la clava e la gualdrappa. — v. 191
e 192, con questa mano e il cavallo sotto di me, chi verrà contro
la clava e la spada mia? — v. 201, Kalùîn vide un Dévo (Rustem)
sfuggito ai ceppi. Tahmîùras, uno dei primi re, aveva incatenati i
Dèvi. — v. 207, adm-d@r si riferisce a Rustem. — v. 236, 5ar, presso.

X. BATTAGLIA DEL RE RAVUS E DI RUSTEM COI Dêvi DEL
MAZENDERAN.

Il regno di Kobàd durò cent’ anni, e fu allietato da
una pace conchiusa tra lui e il re dei Turani, Pesheng,
ad istigazione del figlio di quest’ ultimo, Afràsyàb (v. il
c. antec."“), spaventato dai prodigi di valore di Rustem.
Il re:Kobàd ebbe quattro figli, e il primo che fu Kavus
(nell Avesta Kava Ugan), gli successe nel regno, alla
sua morte.

Kavus ci è descritto dall’ Epopea come un re
presuntuoso e vanitoso, e di tale ‘indole sua diede
sufficiente prova allorquando, udendo da un Dévo, tra-
sformato in gentil cantore, far le lodi del Màzenderàn,
volle tentar la conquista di quel paese abitato da Dêvi,
a dispetto dei principi del regno, e di Zàl specialmente,
che volevano distoglierlo dall’ arrischiata impresa.

Il Màzenderàn, detto nell’ Avesta Màzana, è la
provincia che si stende lungo il Mar Caspio dalla parte
meridionale, e che, secondo la leggenda epica, era un
tempo abitata da Dêvi, sotto i quali va indubbiamente
intesa una popolazione barbarica che anticamente abitava
quei luoghi. La descrizione stessa che Firdusi fa del
loro re, come si vedrà nel racconto che segue, sembra
confermarlo; aveva infatti quel re il pelo crespo, le zanne
sporgenti dal labbro e il capo aguzzo e ritratto indietro;
e recenti scavi fatti nel Mâzenderân fecero scoprire

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alcuni scheletri giganteschi che avevano il capo aguzzo
e i denti lunghi quanto le più piccole giunture del dito
mignolo. A confermar poi la credenza che quei luoghi
fossero abitati da Dêvi, s'aggiunge anche la circostanza
della grande abbondanza di sorgenti di nafta in quei
luoghi, le quali spesse volte di notte s’'incendiano. Gli
antichi raccontarono già di aver veduto in fiamme il
Mar Caspio; ciò che non poteva avvenire se non per tali
sorgenti che dalle rive circostanti si erano sparse sulla
sua superficie; e questo fenomeno si rinnovò alcuni anni
fa, come si vide dai giornali che ne davano notizia. Di
questo paese pertanto che si. credeva abitato da Dêvi,
imprende la conquista il're Kàvus, il quale, accecato poi
e incatenato da essi, riesce a stento a mandare a chieder
soccorso a Zàl e al prode suo figlio. Rustem, incontrando
mille pericoli per la via detta delle Sette auventure (in
pers. yl> nio 44/1 khvan), accorre in suo aiuto, lo
libera e gli rende la vista col sangue del fegato del
Dévo Bianco ch’ egli aveva ucciso. Il Re del Mâzenderân,
quantunque Kavus gli intimi più volte la resa, si rifiuta
costantemente di sottomettersi, e s' impegna quindi tra
le sue schiere e gli Irani la terribile battaglia, descritta
nel seguente capo.

L’Avesta conosce una classe di Dêvi detti m&zazaya o
del Mâzenderân; ma non dice nulla di questa spedizione
del re Kavus contro di essi È fuor di dubbio però
che questa leggenda sia molto antica e importante
(SpiecEL, Erdw. Alterth. L p. 591).

Per intender meglio il testo che segue, si noti che
Rustem si era recato dal Re del Màzenderàn con una
lettera di Kàvus per intimargli la resa. Riuscito vano
quel tentativo, i due eserciti si preparano a combattere.

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NOTE GRAMMATICALI. — v. 5, s'intenda: Quando la polvere dell’
esercito si sollevò dal mezzo di esso, il color del sole (lo splendore)
sì OScurò. — v. Io, non cercò alcun indugio (zar, tempo) nel
tempo del camminare. — v. 24, questi eroi (Giderz e Keshvàd)
erano come un monte di ferro riuniti insieme. — v. 31, aveva nome
Giyà e cercava (giyandah) nome, cioè gloria; — giuoco di parole tra
£iyà e giyandah. — v. 33, col permesso del Re (del Màzenderàn). —
v. 49, solo (ya4î) Rustem volse le briglie. — v. 51, dicendo (sottint.);
shahriyér è vocativo. — v. 64, il nome tuo è via cancellato dai zomi
degli eroi. — v. 67 e 68, ti piangerà (2i-giryad — — —) quella che ti ha
partorito; ti avrebbe ella allevato se fosse stata la 4a danneggiatrice?
(cioè: se avesse saputo che allevandoti ti avrebbe allevato per morir

qui per mano mia, avrebbe ella fatto ciò?). — v. 87, as4 dipende
da andékht. — v. 90, si legga ménidanad (— — —) invece di mandand
(-—) — v. 157, eran cancellati dai volti loro il pudore, la cortesia
e l'amore. — v. 175, gi4én-giy è Rustem. — v. 191, soggetto

è il Re del Màzenderàn, come è dimostrato dal senso. S’intenda:
per forza di magia il suo corpo diventò un pezzo di pietra. —
Vv. 205, era a me tale opinione che (cioè: io pensava che); l’am di
gumdn-am dipende da dud, cioè bd. — v. 209, ask dipende da durd.
— v. 216, miyanah daritn fa come da avverbio: dentro, nel mezzo. —
v. 222, dar è prep. che qui non si traduce; compie soltanto la
relazione espressa da pas i pushf î. — v. 228, bi-gardi, 2? pers.
sing. pres. di gasA/fan, ti togli. — v. 231 e 232, quando udì (sogg.
il Re del MAz.), diventò come un lembo di nube (la pietra in cui
stava nascosto il Re del MAz., si convertì in nebbia); sul suo capo
splendeva l'acciaio dell’ elmo e sul suo corpo la corazza. — v. 241,
il re Kàvus si rammenta di quanto il Re del Mz. gli aveva fatto
soffrire (v. l’Introduzione). — v. 256, di-vizhah kasi kik, ad ogni
fedele che... — v. 260, géyî, avv.: in un luogo. — v. 266, la
mia fortuna vecchia (decaduta) hai tu ora ringiovanita.

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XI. VOLO AEREO DEL RE KAVUS.

Compiuta la conquista del Màzenderàn, come abbiamo
visto nel capo antecedente, il re Kàvus si prepara ad
una nuova guerra, a quella cioè contro il Re del-
l'Hàmàveràn (nel qual nome lo SprecEL, Altpers. Keslinschy.
p. 223, vorrebbe riconoscere l’Humavarka dell’ Iscrizione
del re Dario) e contro i re d'Egitto .e dei Berberi.
Vinto il Re dell’ Haàmàveràn, egli ne fa chiedere in
isposa la figlia Sùdabeh, che gli viene concessa dal padre,
quantunque a mala voglia. Ma il vinto re vuol vendicarsi;
e però fa prendere a tradimento il re Kàvus in un con-
vito e lo chiude in un tetro carcere, laddove è poco
stante mandata anche Sùdabeh. Intesa tale novella,
Afràsyàb (v. l'Zrtrod. al c. IX) ne trae profitto per
sollevare il capo e violare i confini dell'Iran; ma Zàl e
Rustem, ai quali gli Irani ricorrono in così gran pericolo,
pensano che, prima di opporsi ai progressi di Afràsyaàb,
convien liberare il re. Così Rustem si reca nel-
l'Hàmàveràn, e, sconfitto quel principe, rende Kavus a
libertà, che tosto, con l'aiuto di Rustem, ricaccia Afràsyàb
ne’ suoi confini.

Ma la prosperità soverchia inebria e gonfia il re
Kàvus. Egli vuol fabbricarsi un palazzo sul monte Alburz,
dove sia raccolta ogni delizia, e poscia desidera anche di
più; desidera regnare anche in cielo, e imprende un volo
aereo, come si vedrà dal racconto che segue. A questo
punto noi tocchiamo uno dei più antichi miti indo-europei.

La leggenda di un uomo, celebre per i suoi lavori
ingegnosi, che con i suoi artifici sa levarsi a volo nel-
l'aria, è comune agli Indiani, agli Irani, ai Greci e alle
stirpi teutoniche. Incontrasi infatti nei Veg una oscura
allusione ad un Kavya Uganas (cfr. z. Kava Ucan e
pers. Kàvus), il cui genero a cagione della sua superbia

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precipitò dal cielo (SpreceL, Erdx. Alterth. I, p. 441).
Nella mitologia greca tutti conoscono il viaggio aereo di

°

Dedalo; e nella germanica è ben nota la storia di
Vélundr, come lo chiama l’Ed4a, o di Wieland il fabbro
ferraio, come lo dicono i Tedeschi, che, dopo. essersi
vendicato del re Nidudr, si levò a volo lasciando scornato
e dolente il suo nemico (Vé/undarkvidha, in Simrock,
Die Edda, p. 132). Tanto poi il Vélundr o Wieland
germanico quanto il Dedalo dei Greci, sono rinomati per
la loro abilità in lavorar metalli e in preparar qualunque
sorta di ordigno artificioso. Ora anche questi tratti,
indubbiamente i più antichi della leggenda, ci sono stati
conservati da Firdusi; gli altri fatti che questo poeta
racconta di Kàvus, sembrano più propriamente essersi svolti

BA ella fantasia soltanto del popolo iranico. Vediamo ora
in qual maniera Firdusi ci abbia conservata quella più
antica parte di leggenda.

Premettiamo che l'Avesta non ci ricorda nulla del
volo di Kava Usgan (è questo il nome zendo corrispondente
al Kàvus di Firdusi), e che il Buxdehesk sembra accennarvi
con le seguenti parole, che però potrebbero essere prese
anche in altro senso: «finchè egli (Kàvus) salì al cielo»
(Bund. p. 81). Ma in Firdusi l'abilità di Kavus nei
lavori artificiosi e il suo volar pel cielo gli sono attribuiti
a colpa, e quest’ ultima impresa specialmente ad effetto
di pazzia, mentre tutto ciò forma la gloria di Véòlundr e
di Dedalo. Già lo stesso Firdusi non può celare il suo
stupore al pensare che un re così potente dovesse
costringere i Dêvi a lavorar per lui, a fabbricargli un
palazzo sul monte Alburz, laddove doveva essere sempre
primavera e il giorno non doveva mai crescere nè la
notte diminuire (p. 297, ed. Calc... Anche in altre
leggende popolari ritroviamo i demoni costretti o da
maghi o da principi a fabbricar palazzi incantati; ma
qui, secondo la dottrina del Mazdeismo, il valersi

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dell’opera dei Dêvi, creature di Ahrimane e abitatori delle
tenebre, non poteva esser riguardato che come opera
empia; onde s'intende come Firdusi, al cominciar della
descrizione del palazzo, si volga al lettore con queste
parole: «Vedi ora qual cosa fece quel re, che operava
di proprio capo» (p. 297, ed. Calc.; così intendo il
)Sui33> £4hvîshkàr del testo, diversamente inteso dai
<title>Vocab.</title>"; cfr. phl 44véskkér, qui agit par soi, HARLEZ).
Ma il voler salire al cielo, negato agli uomini fin che
sono in terra, agli occhi dei seguaci del Mazdeismo è
come un voler sforzare l'impossibile, un violar le leggi
del Creatore, un usar delle arti di magia, tanto abborrite
dagli Irani perchè proprie di Ahrimane e de’ suoi Dêvi.
In tal maniera si dovette trasformare sul suolo iranico
quest’ antica leggenda indo-europea.

Per intender meglio il seguente racconto, si noti che
esso incomincia allorquando i Dêvi sono stanchi delle
fatiche che il re Kavus loro impone, e delle battiture
ch’ egli loro dà per mercede. E già Iblîs, uno di essi,
propone di vendicarsi col far credere al re che egli è
destinato a dominar nel cielo.

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NOTE GRAMMATICALI. — Vv. 7, S'intenda: potrà avvenire che
egli svii l'anima di Kàvus. — v. 23, în farr i sibéy i ti s'intenda
come avverb.**, cioè: per questa tua bella maestà, ecc. — v. 26, sei
pastore e i tuoi’ principi sono la tua greggia. — v. 29, mdnd-ast
per méndah ast. — v. 38, s'intenda: l’anima sua fu allontanata dal
riflettere; se Kàvus avesse un poco riflettuto, avrebbe intesa la frode
del Dévo. — v. 43, as4 si riferisce a fz44, Dio, del verso antec.'*;
s'intenda: i mortali (di-ééra4, oi &ropo:, quelli che son privi di
sostegno) sono sotto il suo comando, essi che sono a/fifti da tur-
bamenti, da guerre e dalle opere di Ahrîmane (v. il Vocd. v. patyéraà).
— 45 e 46, Iddio non ha bisogno di nulla, ma per te, 0 uomo,
son necessari il cielo e la terra. È un pensiero del Poeta intromesso
nella narrazione. — v. 55, e ne lasciassero uno 0 due in ogni casa
(per farli allevare). — v. 63, ad ogni suo lato (del trono) furono
raccomandate lunghe aste. — v. 81, intorno a ciò vi sono dicerie
di ogni sorta. — v. 84, così avviene di colui cui prende l’ambi-
zione. — v. 91, il fato per miracolo non l’uccise, perchè molte cose
future egli (il fato) serbava nascoste; Siyàvish infatti (v. più innanzi)
doveva nascere da Kavus. — v. 94, bisognava che Kavus non
morisse, ma ancora per un poco bevesse e mangiasse, cioè vivesse. —
v. 95, in luogo di, invece di grandezza e trono per sedervi, ebbe
KAvus pentimento e dolori, ecc.

XII. BATTAGLIA DEI SETTE EROI CON AFRASYÀB.

Il racconto che segue, non ha molta relazione col
soggetto principale del Zz5x0 dei Re che è la gran guerra
tra Irani e Turani, ma più propriamente dovrebbe chia-
marsi un episodio.

Sette eroi irani, fra i quali Rustem, si recano un
giorno a caccia nei parchi di Afràsyàb, e quivi, dopo
molta preda, si mettono a cena, mentre Guràzeh si pone
in guardia per vedere se Afràsyàb venisse mai a impedire
che gli Irani vadano a caccia nei suoi giardini. Afràsyàb
infatti è avvertito di ciò, e accorre con numeroso esercito.
Guràzeh ne dà l'avviso a Rustem; ma Rustem che stava
bevendo, non se ne dà per inteso e seguita a bere
scherzando e ridendo, non senza scandalo degli altri eroi;

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ma poi si riscuote all'improvviso, corre contro il nemico,
e dopo una delle più grandiose battaglie che ci descriva
l'Epopea di Firdusi, lo mette in fuga.

Evidentemente quest’ episodio è introdotto per far
risaltare il valore di Rustem; egli infatti sembra dapprima
incerto e non curante, per poi riscuotersi e far più assai
di quello che si richiede da lui.

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NOTE GRAMMATICALI. — v. 7 e 8, in 4ug4 e di-dén-gd, è ripetuta
l'espressione: in quel luogo che ...; laddove. — v. 23, di-masti,
per l’ubriachezza, essendo cioè ubriaco. — v. 28, l’apodosi è con
bi-pishim, noi copriremo. — v. 50, in quel piano le gazzelle e i capri
avevano formato (erano diventati, gas/4/24, cfr. yevopevos) uno stuolo. —
Vv. 54, soggetto di gas/4f (sing.) è cacciatori sott. — v. 78, # si
riferisce a filîyah. — v. 123, asà qui fa come da soggetto. —
v. 130, togliti di qui con questa tua allegria; cioè lascia i godimenti,
poichè si avvicina il pericolo. — 132, è una sola la grandezza del-
l’esercito e della pianura, cioè l’esercito la ricopre tutta quanta. —
v. 161, gli eroi dissero: per noi non v' è alcun luogo con questo
bicchier di vino (a noi non conviene star qui bevendo, mentre è
vicino il nemico); Iblîs (il genio del male) non può resistere a
te, o Rustem, nel vino (non ti uguaglia nel bere). Nessuno fuor di
te può avere in mano (alla lett.: gli vengono in mano) il vino e
la clava di un sol colpo (v. il <title>Vocab.</title>) nè può star nella palestra della

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>> 176 -=<

guerra (godere cioè e combattere). — v. 185, es4 è soggetto. —
v. 219 € 220, cominciò 4 rovesciare su quell’ eroe una pioggia di
freccie, onde occupò l'aria come una nuvola di primavera. —
v. 264, io e Ghév e i Turani siamo una turba bastante (noi due
soli contro i Turani). — v. 266, zaendn-and, sono donne i Turani,
cfr. Hom. Zliad. II, 235, Ayeiides odket ‘Ayaior; e Virg. ZEneid.
IX, 616. — v. 276, at dipende da di-béyad. — v. 299, shah si
riferisce ad Afràsyàb. — v. 407, dil&var si riferisce a Piîlsem. —
v. 435, egli (Alkùs), quand’ era ubriaco, cercava pure Ghév per
combatter seco, ecc. — v. 480, avresti detto che gli uscisse dal
corpo il cuore (per il timore, per il forte palpitare). — v. 517,
gasktan, volgersi, muoversi. — v. 532, as4 si riferisce ad Afràsyàb. —
v. 557, nessuno sciolse la persona agli uccisi, cioè nessuno frugò sul
corpo degli uccisi per far preda. — v. 580, zi-5é/î, da principio (?);
les temps anciens (MOHL).

XIII. SIYAVISH PASSA ILLESO ATTRAVERSO LE FIAMME.

Dall’ episodio della guerra dei sette Eroi il L26r0
dei Re passa a quello di Sohràb. — Rustem, un giorno,
giunge a Semengàn, città dei Turani, per cercarvi il suo
cavallo statogli rapito dai Turani, e quivi sposa la bella
Tehmîneh che si era invaghita di lui. Da questo matri-
monio nacque un figlio bello e gagliardo, di nome Sohràb,
il quale, giunto alla giovinezza, domanda conto del padre
suo alla madre. All’ intender che il padre suo è Rustem,
egli vuol recarsi tosto nell’ Iran per togliere il regno a
Kavus e darlo al padre suo che egli non ha mai veduto.
Afràsyàb, per i suoi fini, seconda lo spensierato disegno
del giovane, ed egli parte. Nell Iran tutti si spaventano
all improvvisa comparsa del prode giovinetto; già la
Rocca bianca (dusw 30, dzh i sipia) è nelle sue mani,

“e Kavus altro non sa fare che ricorrere per aiuto a
Rustem. Il prode guerriero, benchè con qualche tristo
presentimento, accorre tosto, e con l’esercito e con Kavus
muove contro Sohràb, che egli, dopo ripetuti scontri,
giunge a ferire. Il giovinetto, prima di morire, rivela chi

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>> 177 ==

sia il padre suo che egli tanto aveva desiderato e cercato,
non sapendo che il suo feritore è Rustem per l'appunto.
Rustem si dà a conoscere, e Sohràb muore. Col dolore
del misero padre, autore involontario della morte del
figlio, e coi lamenti disperati della madre lontana, termina
il commovente episodio. i

Dall’ episodio di Sohràb l'epopea passa alla più
terribile guerra che sia mai stata combattuta tra Irani e
Turani, e nella quale prendono parte i principali eroi dei
due popoli, e Afràsyàb, in fine di essa, paga con la morte
la pena delle sue colpe. — Siyàvish (nell Avesta
Cyàvarshan e Cyàvarshàna) è il figlio di Kàvus e di
una vaga fanciulla trovata da Ghév e da Tùs in un
bosco, un giorno che essi andavano a caccia per quei
luoghi. Siyàvish fu educato da Rustem nel Segestàn e
poscia ricondotto in corte. Di lui s’'invaghisce allora
perdutamente la regina Sùdabeh, la prima moglie di
Kavus (v. l'Zzérod. al c. XI); e perchè il giovane resiste
al colpevole amore, essa lo accusa dinanzi al re di aver
tentato di oltraggiarla. Ma perchè Kavus non sa risolversi
a creder tanto colpevole il figlio suo, Sùdabeh, fatto
procurare con una bevanda un aborto ad una sua donna
fidata, vuol fargli credere che l’aborto è suo, procuratole
dallo spavento allorquando Siyàvish volle mostrarsi
troppo ardito verso di lei. Kàvus però non sa persuadersi
ancora, quantunque i sacerdoti e gli indovini, esaminato il
feto immaturo, abbiano riconosciuto che esso non è di
sangue regio, ma bensì di donna vile e di bassa origine.
Si ricorre allora ad una solenne prova, e Sùdàbeh e
Siyàvish sono invitati a passar tra le fiamme per provare
la loro innocenza. La prima si rifiuta, ma Siyàvish si
sottomette alla terribile prova, e, passando fra due cataste
infuocate, ne esce illeso. — Così nel Ràméyaza (yuddha-
kanda, CI e segg.), Sîtà, la bella sposa di Ràma, per

provar la sua innocenza, salì sul rogo, e così tra noi, nel
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> 178 =

Medio Evo, si ricorreva a questa prova nelle questioni
che non potevano esser risolte dai giudizi umani, creden-
dosi che quello fosse un vero giudizio di Dio.

Ma Siyàvish, benchè proclamato innocente, non può
più restare a lungo nella casa paterna, e chiede e ottiene
l'assenso dal padre di guidar la guerra contro di Afràsyàb
che allora appunto aveva sollevata la testa. — Vedremo
più innanzi le vicende di questa terribile guerra.

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Note. — v. 1, il soggetto del verbo farméd è XAdavus, sottin-
teso. — v. Io, così convien cercar la chiave del male, cioè così
conviene rimediarvi. — v. 11, 4amî 4Akvdst si può ritenere qui come
impersonale. — v. 19, v'era un passaggio (tra le due cataste) tale
. che, ecc. — v. 24, tu avresti detto che notte venne nel giorno
(per il gran fumo). — v. 30, cir i 4kandén, volto sorridente, si
riferisce a Siyàvish; egli sorrideva e tutti gli altri piangevano. —
v. 36, per gard i na'! intendi la polvere sollevata dai ferri (dallo
scalpitar) dei cavalli. — v. 44, il suo dir parole col figlio fu dolce;
cioè: gli parlò con affetto e dolcezza. — v. 49, 4asf-am, est mihi,
io ho. — v. 50, am dipende da dérad. — v. 131 e 132, tutto ciò
è detto in senso ironico. — v. 133 e 134, Zàl e Rustem erano
stati educatori di Siyàvish, e Siidàbeh pensa che, per una magia

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>> 184 -—<

insegnata dal primo a Siyàvish, il fuoco non gli abbia fatto alcun
male. — v. 135, qui Sùidabeh si rivolge direttamente a Siyàvish. —
v. 138, # è riferito a SùdAbeh. — v. 145, quando i camefici si
rivolsero a SùdaAbeh per eseguir la sentenza del re, ecc.

XIV. SOGNO DI AFRÀSVAB.

Liberato dalle insidie di Sùdabeh, siccome abbiamo
visto nel capo antecedente, Siyàvish parte per la guerra
contro di Afràsyàb che in quel tempo aveva risollevato
il capo. Compagno al giovane principe è Rustem, e
l'esito delle armi gli è splendidamente favorevole, tanto
che la città di Balkh, guardata da Garsîvez fratello di
Afraàsyàb, cade in suo potere. A tal notizia Afràsyàb,
cieco per l'ira, raduna nuove forze per correr contro agli
Irani, ma un terribile sogno, quale si legge nel capo
seguente, lo riempie di terrore e gli fa conoscere quale
tristo avvenire lo attenda.

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Nota. — v. 2, cundn-tiin kasi k-én, così come quel tale che,
ecc. — v. 8, l'andamento, la calma della reale maestà (cioè del
re) era turbata. — v. 41, ogni loro lancia aveva per peso (o per
frutto? ; cioè: sulla sommità) una testa. — v. 70, fardgandah, sparsi,
cioè che abitavano qua e là in diversi luoghi del regno. — v. 78,
na-shinavad (letto na-shnavad — << per il verso) ha qui forza di
congiuntivo, anzi d'imperativo. — v. 84, mibad qui è collettivo e
sì deve tradurre in plurale. — v. 104, la faccia del mondo sarà
eguale nel colore ad un panno rosso, per il molto sangue. —
v. 106, fddishéh va riferito ad Afràsyàb. — v. 107, # va riferito a
Siyàvish, e sk@4 ad Afràsyàb. — v. 111 e 112, allora ti verrà in
mente che io ho detto la verità, quando il regno resterà deserto
per la scarsezza degli abitanti. — v. 113, se anche il re (Afràsyàb)
diventasse un uccello con l’ali a zo/are per questo cielo roteante,
non troverebbe scampo dalla rovina che noi gli vaticiniamo.

Xv. MORTE DI SIVAVISH.

Spaventato Afràsyàb dal terribile sogno quale abbiam
visto nel capo antecedente, fa pel primo a Siyàvish
proposte di pace con vantaggiose condizioni per gli Irani.

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3> 189 -<

Queste sono accettate da Siyàvish; e perchè la pace sia
ratificata, Rustem è mandato da lui nell’ Iran dal re
Kavus. Ma il re si adira con Rustem e dopo aspri
rimproveri lo rimanda nel Segestàn; quindi, determinato
a continuar la guerra ad ogni costo, con una lettera
pungente e iraconda ordina a Siyàvish di riprender
le armi. Siyàvish non può mancare alla data fede,
non può ripigliar la guerra, nè ritornare nell’ Iran dal
padre; consigliatosi perciò con Behràm e con Zengheh,
non trova altro modo di salvarsi che col ricorrere
alla generosità di Afràsyàb, cercando un rifugio alla
sua corte.

L'inaspettata domanda eccita grande meraviglia nei
principi Turani; essa tuttavia è accettata con trasportò,
e Afràsyàb spedisce tosto Piîràn incontro al nuovo suo
ospite. Siyàvish si accomiata piangendo dai suoi, e
lasciata una lettera per il re Kàvus, passa il confine ed
è accolto con grandi dimostrazioni di onore da Afràsyàb
e dai suoi principi. Anzi, dopo qualche tempo, lo stesso
Afràsyàb gli dà in isposa, dietro proposta di Pîràn, la
figlia sua Ferenghîs, e con la figlia una provincia da
governare. Quivi Siyàvish edifica la città detta da
Firdusi Aarg-dizh, conosciuta anche nell’ Avesta col
nome di Aaàka. Ma il fratello di Afràsyàb, Garsîvez,
invidioso del favore ottenuto da Siyàvish, recatosi un
giorno alla nuova città, dipinge poi, al suo ritorno presso
il fratello, il nuovo ospite, anzi ora genero di Afràsyàb,
come uno che voglia farsi forte e potente per invadere
il dominio del Turan. Afràsyàb, aggirato da Garsîvez
e da altri perfidi consiglieri, fa prendere il giovane
principe e lo condanna a morte. Anche l’Avesta conosce
questo fatto, e designa Siyàvish (Cyàvarshan) col quali-
ficativo di 2ur6gata,' cioè ucciso per violenza (yaské, 9,

18; 19, 77)

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>> 190 -{

Il seguente racconto incomincia allorquando la misera
Ferenghîs, udita la condanna dello sposo, cerca di
impetrargli, ma indarno, grazia dal padre.

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Note. — v. 1, quando Ferenghîs udì le parole del padre che
condannava a morte Siyàvish. — v. 15, sAd& si riferisce a Kàvus. —
v. 16, di-ménd, abbandonò. — v. 20, mdnad, che voglia rimanere,

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> 195

abbia desiderio di vivere regnando. — v. 25, 4ar-4é, ambedue, cioè gli
oppressi e gli esaltati dal destino, v. sopra. — v. 38, n-andîskad,
n- per n2-, pres. di andishidan. — v. 44, molto ti ricorderai un giorno
dei detti miei. — v. 45 e 46, non sei (î di sk#44r-î) alla caccia, perchè
tu possa credere di uccidere un onagro (uccidendo Siyàvish) o di
turbare le gazzelle. — v. 56, si scanda: sifa4dr i 7 (-—--—-)
béb i pandéshiti (-———), tu (o Siyàvish) stimasti tuo padre il re
di Turan (che ora ti vuol far morire). — v. 58, 4ug4, dove mai?

ecc. — v. 73, avessi io perduti gli occhi, non avrebbero essi veduto,
ecc. (didah è collettivo). — v. 75, come mai poteva venire in me

dal padre questa previsione che, ecc. (umiîd, speranza, è qui nel
senso del gr. #Am/, che ha significato di speranza in bene e di
previsione di sventure). — v. 82, il re forsennato forò l'occhio della
prudenza, cioè il furore vinse il senno. — v. 91 e 92, conducetelo
in un luogo laddove egli non trovi nessuno allorquando dirà: chi
è il mio soccorritore? — v. I1o, possa tu esser sempre vivo nel
mondo, (così significa questa frase molto strana). — v. 113, 5éd-am
umiîd, erat mihi spes. — v. 115, le parole che seguono al £54 di
questo verso, sono parole di Pîràn ripetute da Siyàvish. — v. 117,
éù bar gardad-at riz, quando si muti per te la sorte. — "v. 123, si
legga: w az (l —). — v. 129, pil i shiyén, benchè strana assai l’espres-
sione, non può riferirsi che a Siyàvish. — v. 132, asà va riferito a
Siyàvish. — v. 141, quando dal cipresso (Siyàvish) fu separato
il sole (cioè la vita), — v. 143, éi4 #kvabî Hib, che sogno mai!
che anzi, ecc. |

XVI. RINVENIMENTO DI KHUSREV.

Ucciso Siyàvish, Afràsyàb già stava per condannare
a morte anche la figlia sua Ferenghîs moglie dell’ ucciso,
allorquando sopraggiunge Pîràn a liberarla. Afràsyàb cede
alle sue istanze, e Piràn conduce la misera donna nel
Khoten, laddove ella dà alla luce un figlio al quale viene
imposto il nome di Khusrev. Ricordandosi allora di una
antica profezia, Afràsyàb fa consegnare il fanciullo ad
alcuni pastori che abitavano il monte Kalù, perchè egli
vi cresca dimenticato e lontano dalla corte. Accertatosi
poi che egli non ha nulla a temere dal giovinetto, lo fa

rendere alla madre che lo va allevando con ogni cura.
13*

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>> 196 =

Intesasi nell’ Iran la morte di Siyàvish, un desiderio
di vendetta entra nell’ animo di tutti. Rustem, accorso
dal Segestàn, uccide l’empia Sùdabeh, cagione di tanta
sventura, invade il Turan col figlio suo Feràmurz, mette
a ferro e a fuoco quel paese e ritorna nell’ Iran. — Ma
prima di vendicar la morte di Siyàvish, è necessario
rinvenirne il figlio. Nessuno però conosce dove egli sia.
In tale incertezza, l'angelo Serôsh, apparso in sogno
a Gtderz, lo informa del luogo nel quale Khusrev vive
nascosto. Giderz, destatosi al mattino e raccontata la
visione, con l'assenso del re spedisce il figlio suo Ghév
in cerca del giovane principe. Ghév per sette anni va
errando per il Turan senza averne alcuna notizia, finchè
poi lo ritrova vicino ad una fontana, come si vedrà nel
racconto che segue.

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Note. — v. 1, il soggetto di rg/f è Ghév sottinteso. — v. 6,
il verbo 44vard ha qui tutti e due i suoi significati, e il verso va
tradotto: ora mangiava erba, ora beveva acqua torbida. — v. 9, da
questo verso al v. 21 si spiega in qual modo Afràsyàb avesse fatto
rendere il piccolo Khusrev alla madre sua Ferenghîs, ed è questa
come una breve digressione dal racconto. — v. 12, digar bérak
tirdn bi-gang &madah è un inciso; era allora il Turan per un’ altra
volta in guerra (per Rustem; v. l'Znfrod.). — v. 34, pa4hlavàn qui
designa Giderz che aveva visto il sogno (v. l’/n#ro4d.). — v. 40, il
cielo ha rivolto (lett. ha versato) su di me una fortuna tortuosa (il
senso del verso è questo, ma la costruzione gramm. è incerta e
oscura). — v. 50, eravi un giovinetto, ecc. (Khusrev). — v. 63, il
nodo fu sciolto del suo dolore (lett. per [3ar dar i] il suo dolore). —
v. 80, diginah ast si legga digina-st (- — —). — v. 85, bar-dn-am, io
sono su ciò, cioè sono certo di questo. — v. 88, #4, chi mai? — v. 93,
gushddî è 3* pers. sing. pass, (soggetto .Siydzisk, sottint.). — v. 95 e
segg., qui è soggetto fa442r (Siyàvish) del v. 92, e il discorso che
comincia con az idar éik dyad, è posto in sua bocca. — v. 105,
i re Kay, da Kobàd-in poi, avevano un neo sul braccio in segno
di loro origine reale. — v. 115, ska4ryér (Khusrev) qui è soggetto. —

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>> 202 —£

v. 128, 6-dtash per bi-dfash. — v. 139, il sogno di Gtderz, v.
l'Zatrod. — v. 141, gli anni avevano tolta a KAvus la maestà (v. il
<title>Vocab.</title> v. far, farr). — v. 142, pusar va riferito a Siyàvish. —
Vv. 143, ardgandahk, disperso, sbandito.

XVII. EPISODIO DI BEHRAM E DI TEZHAV.

Reso quasi miracolosamente e dopo molti stenti
Khusrev all’ avo suo Kàvus nell’ Iran, non si pensa più
che a vendicar la morte di Siyàvish. Qui omai incomincia
la lunga guerra tra Irani e Turani alla quale abbiamo
accennato nell’ Za/roduzzone al c. XIII di quest’ Andologia.
Un immenso esercito è mandato da Khusrev contro di
Afràsyàb sotto il comando di Tùs; ma la guerra non ha
prospero successo per gli Irani tanto che Khusrev è
costretto a togliere il comando a Tùs ed a sostituirgli
Feriburz figlio di Kavus. Tra i molti fatti di questa
prima parte della guerra scegliamo soltanto il bell’ episodio
di Behràm e di Tezhàv, col quale potranno porsi a con-
fronto, se non erriamo, due altri episodii dell’ //zade
e dell'Exezde. Behràm, dopo una sanguinosa battaglia,
detta la battaglia di Làden o di Peshen, in cui gli Irani
hanno avuta la peggio, vuol recarsi, la sera, nel campo
di battaglia a cercarvi una sua sferza che vi aveva per-
dluta, e quivi incontra la morte per mano di Tezhàv.

Si noti che in questa prima parte della guerra Khusrev
««l Afràsyàb non discendono in campo, ma lasciano il
comando ai loro capitani, il primo a Tùs, poscia a
leriburz, il secondo a Piîràn.

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Note. — v. 5, Behràm, nella battaglia del giorno antecedente,
aveva portata via con la lancia una corona reale che ornava il capo
del giovane Révnîz figlio di Kavus, caduto in quella battaglia, e
per la quale era nato accanito contrasto fra Irani e Turani, come
nell’ Z/iade per il corpo del morto Patroclo. — v. 22, man na-y-am,
io non sono. — v. 23 e 24, essendo possibile morire a4 ogni
istante allorquando venga il tempo, perchè si dovrà pensar tortuo-
samente? mostrarsi cioè paurosi? — v. 28, due sferze hanno il
manico, ecc. — v. 38, gli Irani erano stati sconfitti (v. l'/arod.). —
V. 41, guft, detto; soggetto, argomento di discorso. — v. 52, per
quel dolor del cuore, c4è #a/e è la sorte degli estinti (di lasciar cioè
dolore di sè nei superstiti). — v. 59, dirddar è collettivo; la maggior
parte dei fratelli di Behràm era morta in quel giorno, combattendo. —
v. 62, franco dell’ anima, cioè ancor vivo, benchè ferito di spada. —

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v. 73, m-andish, per ma-andîsh. — v. 74, questo è un perire per non
essere fasciata la ferita. — v. 77 e 78, liberò uno dal perdersi, ma
non conobbe il secreto della propria rovina. — v. 90, appena

Behràm fu sceso di sella, si sentì un nitrir di cavalle in lontananza,
e il suo cavallo fuggì dietro quel nitrito. — v. 109, sar-#askér sono
Turani che s'accorgono della presenza di Behràm. — v. 112, paX/avdn
qui è Pîràn. — v. 132, il fato cesserà dal governarci. — v. 141,
soggetto di di-4kasf è Behràm. — v. 143, pa4lavén è Pîràn, al quale
ritornano i Turani spaventati. — v. 153, questo si riferisce al tempo
in cui Siyàvish trovò ospitalità presso i Turani. — v. 172, se no,
la battaglia è per me finita tutta in una volta, cioè tutto è finito per
me. — v. 213, di-mdén, lascia qui (imperat.). — v. 232, mancano
qui alcuni versi coi quali si narra come Tezhàv, fatto il colpo, ritor-
nasse tra i suoi. — v. 277, lo trasse a sè bruscamente, voltando le
spalle. — v. 295, 5i-gér, qui non significa morto, ma svenuto. —
v. 298, ‘uAdbi, tu sei (f#) un’ aquila. — v. 310, bdéd-am. — v. 324,
ask dipende da na-béyad. — v. 335, si allude a fatti antecedenti,
. allorquando quasi tutti i fratelli di Behràm caddero sotto ai suoi
occhi, nella battaglia di Peshen. — v. 340, asà dipende da di-5éyad. —
Vv. 343, @asà sì riferisce al morto Behràm.

XVIII. PUNIZIONE DI AFRÀSYAB.

La guerra contro di Afràsyàb, nella quale da principio
gli Irani avevano sempre la peggio, termina poi finalmente
con la sua sconfitta. Caduti i più prodi guerrieri da
ambe le parti, a Khusrev e ad Afràsyàb non resta più
che discendere in campo, e in persona decidere le sorti
di sì lunga e disastrosa guerra. Afràsyàb, vinto e abban-
donato da tutti, fugge solo e si nasconde in una caverna
di un monte solitario. Khusrev e il vecchio Kàvus, dopo
aver licenziati con ricchi doni i loro prodi, si consigliano
sul da farsi, perchè Afràsyàb non si sa dove sia e po-
trebbe darsi che egli tornasse all’ improvviso e ripigliasse
le armi. In tal dubbio, essi si recano vestiti di candide
vesti al tempio di Adher Gashasp (v. il <title>Vocab.</title>) nel-
l’Adherbigiàn per domandar' consiglio a quel sacro fuoco,
protettore di Khusrev.

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Intanto un pio uomo, Hòm, della discendenza di
Frêdûn (v. il <title>Vocab.</title>), passando per caso dalla caverna
dov’ era nascosto Afràsyàb, ode i suoi lamenti. Egli vi
entra all’ improvviso e lo lega con un laccio. Ma il
vinto re, fattosi rallentare con preghiere i nodi, sfugge
ad Hòm e si nasconde nelle acque del lago Khangest o
Cicest, detto caécagta nell’ Avesta. Hòm allora, incontra-
tosi con Giderz per caso, gli racconta ogni cosa, e
Gùderz corre al tempio ad avvertirne Kàvus e Khusrev,
che tosto si recano sulle sponde del lago. A questo
punto incomincia il racconto che segue.

Anche l’Avesta conosce questo fatto, allorquando
introduce il genio Haoma (quello che Firdusi, sotto il
nome di Hòm, ci rappresenta come un pio uomo, ed è
nellAvesta il genio della pianta 4aoma dalla quale si
estraeva la sacra bevanda, v. il <title>Vocab.</title>) a pregare diverse
divinità perchè gli concedano di far prigione Frariracyan
(Afràsyàb), nascosto nelle acque del lago. «Concedimi
(dice Haoma) questa grazia che io possa legare il sangui-
nario turanio Franragyan, che io lo conduca via legato, e
legato lo tragga come prigioniero del re Hucgravanh
(Khusrev). Possa ucciderlo Kava Hugravarih presso il
lago Caécasta, profondo, dalle ‘ampie acque, egli, il figlio,
in vendetta (#aéré, su questo passo v. SPIEGEL, Arzsche
Studien, p. 118; e Zettschriîft der D. M. Gesellschaft,
XXXII, p. 310) di Cyàvarshàna (Siyàvish), dell’ uomo
ucciso per violenza (yaskf 9, 18; 17, 37 e 38, ecc.)».

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NoTE. — v. 1, skéién sono Kavus e Khusrev. — v. 6, di
diyam panék, in lui è a me rifugio. — v. 11, sAék i nav, nuovo
re, è Khusrev. — v. 14, #4, allorquando. — v. 23, dar, propter. —
v. 24, éik, anzi, oltre a ciò. — v. 28, dar-#, dentro, cioè dentro
la caverna. — v. 29, ask dipende da Bdi-basfam. — v. 34, nelle
acque del lago (v. l'/n/rod.). — v. 55, ask è soggetto. — v. 85,
nipote di Frêdûn e figlio di Pesheng è lo stesso Afràsyàb, che qui
parla in 3° pers. — v. 87, i due principi sono Kàvus e Khusrev. —
v. 88, parastandah è Hòm. — v. 102, per il sogno di Afràsyàb
che gli fece conoscere la sua rovina, v. il c. XIV di quest
Antologia. — v. 103, trasse in lungo (tardò) il cielo. — v. 109, si allude
ad Aghréras (z. ag4raératha) fratello di Afràsyàb e da lui ucciso. —
v. 111, Afràsyàb uccise anche il re Nevdher che discendeva da Erag,

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v. il c. IX di quest Anzo/ogia. — v. 125, la madre di Khusrev è
Ferenghîs figlia di Afràsyàb. — v. 135 e 136, un pastore, allor-
quando ha preso un lupo divoratore, se lascia vivo il lupo, non
può esser mai sicuro. — v. 146, dirddar è Garsîvez, altro fratello di
Afràsyàb, che aveva ordita la morte di Siyàvish, v. sopra. — v. 147,
soggetto di 4744 è Khusrev. — v. 156, la tazza nella quale fu ver-
sato il sangue di Siyàvish, v. il c. XV, v. 131 di quest’ Anso/ogia. —
v. 168, fan é shah, il corpo del re, cioè di Afràsyàb. — v. 173,
soggetto del verbo è Khusrev.

XIX. IL RE KHUSREV SALE AL CIELO.

Vendicata con la morte di Afràsyàb l’uccisione di
Siyàvish, Kàvus muore poco dopo grave d’anni e stanco
di vivere. Khusrev che gli succede nel trono, ha un
regno pacifico. Posto nel Turan a regnare il figlio di
Afràsyàb, di nome Gihn, egli si dedica a pratiche di
religione in un luogo appartato, immerso nel dubbio
doloroso di aver forse un poco troppo duramente vendi-
cata la morte del padre suo, con l'uccisione di Afràsyàb
del quale egli era nipote. In quella solitudine l'angelo
Serôsh gli rivela la sua vicina morte; ond' egli, resistendo
alle preghiere dei suoi principi e alle rimostranze di Zàl,
si determina ad abdicar la corona in favore di Lohràsp,
discendente di Pishin che era terzo figlio del re Kobàd
(v. il c. IX di quest’ Arzologta), per recarsi verso il
Settentrione e di là salir poi al cielo.

Il racconto che segue, incomincia appunto allorquando
il re Khusrev si accomiata da Lohràsp che l'aveva
accompagnato per un certo tratto di strada.

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Note. — v. 1, il soggetto del verbo è Khusrev. — v. 6, na-nézi
ha forza qui di imperativo proibitivo. — v. 14, il senso è: sii ad ogni
costo fedele alla giustizia (per la frase molto strana, v. il <title>Vocab.</title>

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alle voci #îr e p6d). — v. 24, nam, un poco d'acqua. — v. 26, nes-
suno conosceva la via di rimediare a questo dolore. — v. 41, noi
siamo come polvere ai piedi del tuo cavallo (frase iperbolica per dire
che siamo pronti al comando di uno). — v. 44, anzi Serôsh non
venne a consigliare Frèédiin? così verrà anche per te. — v. 48, di/
i mébad-at, il cuor tuo da sapiente. — v. 55, chè presto sarà /emp0
di radunarci insieme (di rivederci in cielo). — v. 84, se pure Serôsh
ha di ciò conoscenza (l'angelo Serôsh aveva rivelata a Khusrev la
sua salita al cielo), — v. 87, di-da ( —). — v. 94, non restate
qui nemmeno se dalle nuvole piovesse del muschio. — v. 113,
fariburz guft, Feriburz ripetà, ecc. — v. 124, % gur, anche se, etsi. —
v. 145, allorquando la neve ebbe steso uno strato sulla terra (forse
bisogna leggere dar zamin). — v. 150, s4arf va accordato con 644. —
v. 152, uscì alfine la dolce anima loro (morirono).

xXx. MORTE DI RUSTEM.

Con la salita di Khusrev al cielo, termina la prima
e più antica e anche la più bella parte della leggenda
epica persiana. I principali eroi sono morti, e di essi
non rimane che Rustem il quale ha ben poco da fare in
tutta la parte che segue della leggenda, anzi, cosa strana,
è guardato di mal occhio dai novelli re dell’ Iran. Ciò
che si racconta dei regni di Lohràsp e di Gushtàsp, che
succedettero a Khusrev, non ha nulla a che fare col
racconto della prima parte, ma tutto si aggira intorno alle
avventure di Gushtàsp nel paese di Rùm, alla venuta di
Zertusht (il profeta Zoroastro, detto nell’ Avesta Zarathus-
tra) e alle avventure di Isfendyàr figlio del re Gushtàsp.
Bisogna quindi ammettere che tra la prima e la seconda
parte della leggenda epica corra un lungo intervallo
di tempo, nel quale dovettero mutarsi profondamente
le idee.

Già lo SpreceL (Eréx. Alterth. I, p. 659 e segg.)
ha fatto notare i punti nei quali questa seconda parte
dell’ epopea di Firdusi discorda dalla prima, anzi è

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ispirata da idee al tutto opposte. Questi punti sono: 1°,
la nin diretta provenienza del re Lohràsp dagli antichi re:
egli infatti appartiene ad un ramo laterale della famiglia.
discendendo da Pishin, terzo figlio del re Kobàd. —
2°. Nell'antica parte la sede dei re dell’ Iran è la provincia
di Pars, la Persia; nella seconda invece troviamo Lohràsp
che risiede in Balkh, nella parte cioè più orientale del-
l'Iran — 3° Nella prima parte il titolo di eroe def regno
(gihanpahlavan) era proprio della famiglia del Segestàn (v.
l'Introduzione al c. VI dell’ Antologia); nella seconda invece
é dato a Zerir, figlio di Gushtàsp, e poscia ad Isfendyàr. —
4°. La guerra tra Irani e Turani nella prima parte è
cagionata da sparso sangue, per vendicar la morte di
Erag e di Siyavish, siccome abbiamo visto; nella seconda
invece, Gushtàsp fa la guerra ad Argàsp re dei Turani,
perchè questi non vuol riconoscere il profeta Zertusht.
Rustem stesso è qui rappresentato come idolatra, e il re
Gushtàsp ordina appunto al figlio suo Isfendyàr di far
la guerra al grande eroe, perchè egli non vuol ricono-
scere la nuova religione. Ma Isfendyàr soccombe nella
difficile prova e muore ucciso da Rustem. Tutto insomma
. ci induce a credere che quest’ ultima parte dell’ epopea
sia di molto posteriore alla prima, e ispirata dall’ odio
contro la religione di Buddha, che per tempo era entrata
anche nell’ Iran, tanto più che in questa parte i re Turani
si fanno discendere non già da Tùr, come nella prima,
ma bensì si dicono originari del Pèéghù (ol; PAL Pighi
nizhéa); e si sa che il Pèéghù fu uno ali paesi che
prima degli altri abbracciarono la religione di Buddha
Gakyamuni. Il Segestàn pure, la patria di Rustem, erasi
ben presto convertito al Buddhismo, ed ecco perchè il
grande eroe leggendario di quel paese è qui rappresen-
tato come idolatra e nemico della religione di Zoroastro.

Ma Rustem con la vittoria riportata su di Isfendyàr
ha compiuta la sua carriera di eroe; anch’ egli deve

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> 231 =

morire. Il fratello suo Sheghàd, genero del re del Kabul,
per liberare il suocero dal tributo che egli pagava alla
casa di Zàl e di Rustem, ordisce la sua ultima rovina. Egli
fa in modo che Rustem con poca gente e col fratello
Zevàreh si rechi nel Kabul per accettar le scuse di quel
re, fintamente pentito di aver osato rifiutargli il tributo.
Rustem, ciecamente fidandosi dell’ empio fratello, si lascia
condurre da lui e da quel re alla caccia; ma là egli
precipita in una fossa scavata appositamente e poi
coperta alla sommità, e armata di punte nelle pareti
interne. Prima però di morire, egli trafigge il traditore
e lascia al figlio Feràmurz l'incarico di vendicar la sua
morte.

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Note. — v. 1, dad-akhtar va riferito a Sheghàd, v. l'/ntrod.;
Sheghàd poi era venuto dal Kabul per persuader Rustem a venir
senza armati, perchè il re del Kabul, pentito, voleva sottometterglisi. —
v. 2, il re del Kabul si reca in un luogo da caccia per scavar le
fosse nelle quali Rustem dovrà precipitare. — v. 7, il manico (6éua,
estremità) delle spade era conficcato nelle pareti della fossa (andar
samîn) e le punte sporgevano. — v. 20, congiunger le mani sul
capo significa presso gli Indiani (qui il re del Kabul ha costumi
indiani) atto di sommo ossequio. — v. 25, Sheghàd e il re del
Kabul avevano parlato male di Rustem in un convito, quand’ erano
.ubriachi. — v. 61 e 62, Zevàreh e il valoroso Auster erano su
quella via per il fato che era (li attendeva) entro la fossa. —
v. 64, intendi che Rakhsh s’'impennava presentendo qualche peri-
colo. — v. 74, e mentre #/ cavallo cercava di sfuggire al fato. —
v. 106, che non abbia poi io da bagnare le gote di pianto
(per la tua morte). — wv. 110, wma-y-4/4y, imperat. proib. di 4/6,
tps. é/éd. — v. 112, nessuno, vivo, varca le soglie del cielo. —
v. 114, il re Gemshîd fu fatto segare per il mezzo da Dahâk (v.
sopra); bisogna scandere così: 4i4 di-brîd i (- — —-, per di-burîd,
bi-burrid) dushman miyan-ash bi-arr (- —). — v. 132 e segg., non
avvenga che (na-5éyad), allorquando (4g4) passasse per questo piano
un leone predatore ‘per far caccia, mentre io qui son caduto, ferito
nel corpo, mi vegga, ecc. — v. 144, benchè ferito cominciò a tender
l'arco. — v. 154, al momento di morire (ra/fan). — 165, si riferisce
al profeta Zoroastro, al quale Rustem fino allora non aveva creduto. —
v. 170, di-tu-st per di-fit ast, tibi est.

Conclustone. — Morto Rustem, il vecchio Zal ne
celebra con gran pompa i funerali e muore poco stante.
Così, spenti tutti gli eroi, termina anche il magnifico

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>> 238 —=<

racconto dell’ Epopea iranica al quale abbiam tenuto dietro
fin qui, e il Zz5r0 dei Re dalla leggenda eroica passa alla
storia. La storia di Alessandro Magno adorna di favole
e le storie degli Arsacidi e dei Sassanidi saranno d’ora
innanzi il suo argomento, ma la narrazione procederà
sempre più fredda e l'estro di Firdusi non varrà ad
animar la cronaca. Coi Sassanidi si giunge fino al 650
dell’ E. V., nel qual anno la Persia fu interamente con-
quistata dagli Arabi.

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TRADUZIONE LETTERALE

DEI PRIMI OTTO CAPI DELL’ ANTOLOGIA

(Vedi la Prefazione).

I. IL RE Hôsheng.

(Vedi l’Introduzione premessa al testo).

Siyâmek fortunato aveva un figlio che presso l’avo suo (Gayûmers, padre di Siyâmek, primo re e primo uomo, v. il <title>Vocab.</title>) teneva il postò di consigliere. Di <mod>questo</mod> valoroso il nome era Hôsheng; tu diresti che [egli] era la Prudenza e l'Avvedutezza [in persona]. Presso all’ avo [suo] egli era [come] un ricordo del padre suo (Siyâmek, il padre di Hôsheng, era stato ucciso dal Dévo Nero), e [quest'] avo l'aveva allevato nel suo grembo. L’avo (ash dipende da dâshtî) lo teneva in luogo del figlio, [e], fuor di lui, non poneva su nessun altro gli occhi (sing.).  Allorquando [egli] pose il cuore (pensò, ebbe intenzione) alla vendetta ed alla guerra (per vendicar la morte di Siyâmek), chiamò [a sè] quel valoroso Hôsheng, tutte le cose che dovevano avvenire, a lui raccontò, tutti i secreti gli aprì dall’ intimo [dell’ animo, dicendo]: Io voglio fare (radunare) un esercito, voglio levare un grido [di guerra]. A te intanto esser conviene il capitano, poichè io sono per andare (cioè son vicino a morire, <pb n="240"/> sono vecchio e non posso sostener la fatica di guidare un esercito) e tu sei novello (giovane) capitano.

[Così egli] (Gayûmers) radunò Perî (v. il <title>Vocab.</title>), pantere e leoni, tra gli animali sbrananti [radunò] lupi e tigri coraggiose (Gayûmers qui raccoglie nel suo esercito anche le fiere, e ciò in forza del concetto che il male rappresentato dai Dêvi si fa sentire a tutte le crea ture, e però tutte, comprese le fiere, Dêvono combatterlo!  <note>Questa idea è stata più ampiamente svolta nel mio Discorso sull Epopea fersiana premesso ai miei Racconti Epici di Firdusi, c. II, 9.</note> secondo le loro forze). [Era un] di animali e di uccelli e di Perî, e il capitano [precedeva] con lorica e valore.  Dietro al tergo dell'esercito stava re Gayûmers, [e] il nipote [suo] (Hôsheng) [andava] innanzi con l'esercito.

Venne allora il Dévo Nero [pieno] di terrore e sgomento, e intanto fino al cielo [egli] spargeva (sollevava) la polvere; per gli urli delle [fiere] laceranti (armate d’artigli) le branche (al sing.) del Dévo restarono rintuzzate agli occhi del re del mondo (Gayûmers). Ambedue le schiere caddero insieme (si scontrarono), e i Dêvi furono oppressi (sgominati) dalle fiere (dell esercito di Gayûmers). Hôsheng allora, come leone, allungò la mano, e fece angusto il mondo (frase iperbolica per dire: ridurre all’ estremo qualcuno) al maligno Dévo; gli trasse da capo a piedi tutto insieme un vincolo di cuoio (lo legò da capo a piedi); il capitano (Hôsheng) gli troncò quella testa senza pari (orribile più di ogni altra); lo gettò ai suor piedi e lo calpestò ignominiosamente, dopo avergli (lett. sopra di lui) lacerata la pelle, dopochè ogni cosa fu ridotta all'estremo [per lui].

Quando Gayûmers riuscì [guale] esattore di quella
vendetta, giunse per Gayûmers la vita alla fine. Egli
se ne andò (morì), e [il regno del] mondo rimase di lui
come eredità; [e tu] osserva a chi mai dopo di lui toccherà
un [simile] onore. [Egli] occupò (dominò) il mondo ingannatore; <pb n="241"/> percorse la via dell’ utilità [in pro degli uomini], ma egli non godè [alcun] frutto. Il mondo da capo a fondo è come una illusione e [anche] di più; [in esso] non dura il male e il bene per nessuno.

Hôsheng [quindi], signor del mondo, con senno e giustizia in luogo dell’ avo so si pose sul capo la corona.  Si rivolsero sopra di lui quaranta giri annui [di sole, su di lui cioè] pieno il cervello (la mente) di senno e pieno il cuore di giustizia. Allorquando [egli] si fu seduto sul trono della grandezza, così parlò su quel soglio della maestà reale: Sopra i sette climi (kishvar, v. il <title>Vocab.</title>) sono io re, vittorioso in ogni luogo e di libera volontà, per comando di Dio vittorioso, cinto strettamente la cin- tura (cioè sempre pronto, lat. [accinctus]) per la giustizia e la liberalità.

D’allora [in poi egli] abbellì [tutto] insieme il mondo e
fè piena [di opere] di giustizia la faccia del mondo. Primieramente [gli] venne alle mani (gli accadde di scoprire) una
nuova materia, ed [egli] con sapienza separò la pietra dal
ferro (scoprì l'uso del ferro). Fece [egli] capitale (cioè sorgente di ricchezza) il ferro risplendente che egli da quelle
rupi traeva fuori. Quand’ [egli] ebbe conosciuto (appreso)
[tutto ciò], fece (esercitò) l'arte del fabbro, inquantochè di
esso (di ferro) compose bipenni, seghe e scuri. Quando
ciò fu fatto, [egli] fece (trovò) l'arte dell’ acqua, la trasse
cioè dai fiumi (sing.) e inaffiò (lett. accarezzò, abbellì) la
campagna. Fece (aprì) la via all’ acqua per i rigagnoli e i
ruscelli (sing.), e con la [sua] reale maestà abbreviò la
fatica [del lavorar la terra]. Allorquando gli uomini, [fatt
da lui] sapienti in ciò, progredirono [fino] a spargere la
semenza e [ad attendere] alla seminagione e alla mietitura,
ciascheduno di essi [d'allora in] poi [si] preparò il proprio
pane, lavorò [la ferra] e conobbe i proprii confini, inquantochè prima che questi fatti (queste cose) fossero preparati
(compiuti), non vi era cibo (plur.) alcuno fuor dei frutti
<pb n="242"/>
[degli alberi], e tutte le opere ‘sing.) degli uomini non
erano in buona condizione, perchè il vestire di loro tutti
era, [allora, soltanto] di foglie.

Gli avi [nostri] avevano anche una legge e una religione e l'adorazione divina (di Dio) era dinanzi (cioè era in onore). A quel tempo era il fuoco [che ha] bel colore, come (quale) è [ora] per gli Arabi il tempio della Pietra sacra (posta nella Kaaba, v. il <title>Vocab.</title>; Firdusi scriveva nel 1000 e la Persia già erasi convertita alla religione degli Arabi); ma il fuoco [che è rascosto] dentro le pietre, per lui (Hôsheng) venne manifesto (venne alla luce; Hôsheng trovò l’uso del fuoco), dal qual [fuoco] si sparse
[poi] la luce nel mondo.

Un giorno il re del mondo (Hôsheng) si recò al monte con alcuni in compagnia, [quando gli] apparì di lontano una cosa lunga, di colore oscuro, di nero corpo e veloce al corso. Due occhi [aveva] al di sopra della testa come due fonti di sangue; e pel fumo della bocca sua il mondo diveniva di color fosco. Osservò [quella cosa] Hôsheng con attenzione e prudenza, prese una pietra e mosse a battaglia. Con la suà eroica forza, scagliando la pietra, stese la mano, [ma] il serpe che il mondo ardeva, saltò lontano dal cercante il mondo (che cerca il potere del mondo, principe). Sopra una grossa pietra urtò la pietra piccola, e l'una e l’altra pietra si ruppero in parte.  Uno splendore apparì da ambedue le pietre, e quel luogo petroso divenne color di fuoco per lo splendore. Non restò ucciso il serpe; ma, dal secreto (dal luogo dov’ era nascosto), da quella pietra cioè, uscì il fuoco. [Quando] alcuno batte il ferro sopra una pietra, da essa vien fuori una luce. [il re allora], signor del mondo, dinanzi al Creator del mondo fece adorazione e [ne] celebrò le lodi, perchè gli aveva dato in dono quella luce; [ed egl quindi] in quel momento fece [sì che] il fuoco fosse quello a cui si volgessero gli uomini nel pregare (v. il <title>Vocab.</title>). E disse: <pb n="243"/> È questa una luce divina; è d’uopo adorarla, se pure siete [voi] (sing.) assennati. Venne la notte, ed il re accese un fuoco come un monte, ed egli stava in giro [attorno ad] esso con la [sua] gente. Fece festa in quella notte e bevve vino, e fece (destinò) il nome di Sadeh a quella festa felice. Questa festa Sadeh rimase qual ricordo di Hôsheng; possano essere molti i principi come lui! poichè [egli] col far bello il mondo, lo rese felice, e gli uomini fecero ricordanza di lui in bene.

Con tale gloria divina e [tale] potenza di re, dalle fiere selvagge, [dagli] onagri e [dai] cervi procaci separò i bovi, gli asini e le pecore (sing. collett.), e trasse al lavoro quelli [tra essi] che [erano] utili. Il re del mondo Hôsheng con avvedutezza disse [alla gente]: Teneteli separati a coppie a coppie, con essi lavorate, da essi traete utile e allevateli [perchè rechino] tributo a voi medesimi. Dei quadrupedi uccise quelli di cui è utile il pelo; e trasse loro la pelle, come scoiattoli, armellini e volpi astute, e in quarto [luogo] conigli che hanno molle il pelo. In tal maniera con la pelle dei quadrupedi vestì la statura (il corpo) dei parlanti (degli uomini; v. il <title>Vocab.</title>). [Così egli] fece doni e fu liberale e godette e fu contento, poscia morì (lett., andò), nè restò [di lui] che la fama [sua] buona.  Per quarant’ anni, con soddisfazione e contentezza, con giustizia e liberalità esistette (visse) quel glorioso. Molti dolori sopportò in questa vita con cure e pensieri in- numerevoli; ma quando sopravvenne [anche] per lui il tempo del bene (del morire), di lui rimase [qual] retaggio il trono della grandezza; il fato non gli concesse lungo tempo [di vita, e] partissi [dal mondo] quel re Hôsheng con la [sua] prudenza. — Il mondo non stringerà wa? amicizia con te, nè mai ti mostrerà aperto il volto (così parla Firdusi della instabilità della fortuna).

<pb n="244"/>

II. IL RE DAHÂK.

(Vedi l'Introduzione premessa al testo).

[1] Era[vi] un uomo in quel tempo  [2] della campagna [abitata] dai cavalieri armati di lancia (i deserti d’Arabia abitati da gente bellicosa), [3] re insieme di gran valore e insieme uomo onesto, [4] [pieno] di sospiri per timore del Reggitor del mondo (Iddio). [5] Il nome di [quel] valoroso era Mirdâs, [6] ed [egli] per giustizia e per liberalità era [uomo di] supremo grado. [7] A lui di quadrupedi (sing.) da mungere [8] venivano a [quel] luogo (si radunavano alla sua casa) le migliaia (sing.) di ogni [specie, porchè egli, quell’ uomo] [9-10] di pura religione, aveva consegnato ai mungitori (da mungere e da custodire) capre e cammelli e pecore parimente [11] e insieme vacche lattanti ai servi (sing. v. il <title>Vocab.</title>) [suoi] [12] e insieme arabi cavalli leggiadramente correnti. [13] A chiunque poi avesse bisogno di latte, [14] per cotesta cosa desiderata egli stendeva la mano (cioè concedeva di prenderne liberamente). [15] Quest'[uomo] di pura religione aveva un figlio, [16] pel quale non aveva parte piccola d'amore. [17] [Questo giovane] desideroso di regno (ambizioso) [aveva] nome Zahhâk (Dahâk, v. il <title>Vocab.</title>), [18] ed era coraggioso e precipitoso e imperterrito. [19] Tutti lo chiamavano Bîverasp; [20] tal nome usavano [allora] in [lingua] pehlevica (v. il <title>Vocab.</title>), [21] inquantochè <foreign>bîvar</foreign> tra i numeri (sing.) pehlevici [22] è (vale) nella lingua derî (v. il <title>Vocab.</title>) diecimila; [23] [e perchè] egli aveva (lett., erano a lui) diecimila (<foreign>bîvar</foreign>) cavalli (<foreign>asp</foreign>) arabi con auree briglie, perciò (<foreign>kih</foreign>) gli portavano (gli applicavano) [tal] nome. [Egli] giorno e notte per due parti (cioè per due terzi del giorno e della notte) era (stava) in sella, soltanto per via (a cagione) di grandezza, non per via di guerra (cioè: cavalcava non perchè avesse da far guerra, ma solo per fasto, per superbia).

Ora così fu (avvenne) che un giorno, [all'] alba, Iblîs (Ahrimane, il genio del male, v. il <title>Vocab.</title>) venne (si <pb n="245"/> presentò al giovane Dahâk) in guisa di un-amante-del-bene (di un uomo onesto); egli portò via (disviò) il cuore del principe (Dahâk) dalla via del bene, [e] il giovane concesse l'orecchio ai detti (sing.) di lui; [e] veramente gli piacque il detto di colui, nè [egli] era consapevole delle malvagie opere (sing.) sue; a lui [quindi] abbandonò (diede in potestà) la mente e il cuore e l'anima pura, [e] sparse [così] sul proprio capo la polvere (cioè: fece danno a sè medesimo).  Allorquando Iblîs conobbe che egli gli aveva dato il cuore, alle sue arti si volse indicibilmente lieto. Molte parole [gli] disse adorne e graziose, [onde] al giovane il cervello (la mente) fu (diventò) vuoto di conoscenza (si smarrì, si lasciò sedurre). [Iblîs] andava dicendo: Io ho (conosco, so) molte parole (cose) le quali nessuno fuor di me conosce. — Il giovane disse: Di[le] e tanto non indugiarti, insegna[le] a noi tu, o [uomo] dai retti consigli — A lui disse [Iblîs]: Desidero prima di te (da te) [un] patto, [e] poscia allora [ti] svelerò veramente [queste] parole. — Il giovane era semplice di cuore e il patto fece con lui, [e] come quegli comandò, pronunciò il giuramento, [dicendo]: Il tuo secreto io non dirò con alcuno assolutamente (lett., dal fondamento, cfr. lat. <foreign lang="la">funditus</foreign>); da te io udirò (ubbidirò a) qualunque parola tu [mi] dirai.

[Iblîs allora] gli disse: Nella [tua] casa perchè [mai], o giovane celebrato, è necessario qualche altro principe fuor di te? A che è necessario un padre, quando [vi] è un figlio come te? A. te [ora] conviene udir da me un consiglio. Per questo principe carico d'anni (Mirdâs) resta [ancora] un lungo tempo (egli ha molto tempo da vivere ancora), [e] tu [resterai] nell’ oscurità. Prendi (occupa) cotesto suo reale palazzo di gran pregio; a te nel mondo [ben] conviene il suo posto. A questi detti (sing.) miei se tu presti fede, tu sei [già] al (nel) mondo un re.

Quando Zahhâk (Dahâk) ebbe udito [ciò], fece pensiero (diventò pensieroso), e per il sangue (la vita) del <pb n="246"/> pacire [suo] il suo cuore fu pieno di dolore. A Iblîs disse: Ciò non è conveniente. Altre [cose] dimmi, poichè queste (sing.) non sono della serie dei fatti (non sono cose da farsi). A lui disse [Iblîs]: Se [tu] ti allontani da questa parola (dalla tua promessa) e ti ritraggi dal patto e giuramento mio (fatto a me), rimanga [pure] sul tuo collo (aulla tua coscienza) il giuramento e il patto, sii [pure] vile (senza onori), e resti il padre tuo onorato (cioè con l'autorità di re).

[Così egli] portò (trasse) nel laccio il capo (l’anima, la mente) di [quell'] uomo arabo (Dahâk era figlio di Mirdâs re degli Arabi, v. sopra), [e] così accadde che quegli (Dahâk) scelse (segui) il comando di lui (di Iblîs). [Dahâk] [allora gli] domandò: Questa [tua] astuzia (arte, per cui io possa ottenere il regno) con me (a me) [tu] esponi, nè [io] mi ritrarrò dal consiglio tuo in nessuna maniera. — A lui disse [Iblîs]: Io farò (metterò in opera) per te un’ astuzia, [per le quale] solleverò fino al sole il tuo capo. Tu sta attento all'opera [mia] affatto, nè mi è necessario l’aiuto di nessuno. Così come sarà necessario, io farò [il tutto] compiutamente; tu [frattanto] non trarre dalla guaina la spada della parola (serba il secreto di ciò che ti confido).

Quel re (Mirdâs) aveva nella [sua] casa un giardino assai esilarante il cuore (l'animo). Quell’ uomo valoroso soleva. sorgere all’ alba, soleva adornarsi per adorare [Iddio] (lett., per parte dell’ adorazione); il capo e il corpo soleva lavar nascosto (nascostamente) in [quel] giardino, nè [alcun] servo soleva portar con lui alcuza lampada. — Per tal tristo scopo il Dévo (Iblîs, Ahrîmane) malvagio scavò una profonda fossa sul sentiero [del giardino]; poscia [egli], Iblîs il maligno, con erbe rivestì (ricoprì) questa fossa profonda e calcò (appianò) la via. Venne la notte; volse il volto (si diresse) al giardino il capo degli Arabi, un principe desideroso di gloria. Quando giunse vicino a quella fossa profonda, ad un tratto a capo-in-giù andò <pb n="247"/> (rovinò) il capo della fortuna di [quel] re (per dire: il re stesso). Cadde entro la fossa e s’ infranse sfracellato [le membra]; partì (morì) quell uomo di retto cuore, servitor di Dio. In ogni bene e [in ogni] male [fu quel] re uomo generoso, [egli che] per il figlio giovinetto aveva [tanto] sospirato, e l'aveva nutrito con vezzi e con cura (lett., dolore), per lui era lieto e a lui aveva donati tesori (sing).  Cotal figlio di lui, audace e di ree opere, non cercò (non volle) per via d'amore il patto con lui (non volle essere amico del padre, non volle unirsi con lui ad un patto), ma diventò complice [di Iblîs] contro il sangue del padre.  — Io ho udito da un sapiente questa storia, che [cioè] se un figlio malvagio fosse [anche] un feroce leone, non è mai (non si fa) però (<foreign>ham</foreign>) ardito contro il sangue (la vita) del padre.

Con quest’ astuzia il vile Dahâk, ingiusto, occupò il trono del padre, sul capo si pose la corona degli Arabi [e] fra loro dispensò utile e danno (premiò o punì, secondo le opere). Allorquando Iblîs vide compiuta cotesta cosa (lett., vide congiunta, accomodata questa parola), pose fondamento 24 un altro inganno novello, e disse a lui (a Dahâk): Poichè a me ti sei rivolto e nel mondo hai trovato [compiuto] tutto il desiderio del fo cuore, se così pure farai ancora un patto cox me, nè ti ritrarrai dai miei detti (sing.) e farai (eseguirai) il [mio] comando, il mondo da confine a confine è (sarà) per te (il tuo) regno, le fiere con gli uccelli e coi pesci (sing.) sono per te (saranno cosa tua). — Poichè questa cosa fu detta, [egli] un altro affare incominciò, e intraprese, oh! meraviglia, un’ astuzia in altra maniera.

[Egli] fece (lett, ornò) di sè stesso un giovinetto (si trasformò in giovinetto), pronto nel parlare (lett., dicente parole), di cuore veggente (avveduto) [e] di puro corpo. Tosto [egli] si rivolse a Dahâk, nè aveva [sul labbro altro] dettò fuorchè le [sue] lodi (sing.); gli diceva [intanto]:

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Se io sono conveniente per il re, celebre e puro cuoco sono io. — Quando Dahâk udì [ciò], lo accarezzò e per parte (per via, [propter]) di [preparargli] il cibo gli fece (destinò) un luogo. Il maggiordomo che aveva autorità spedita (libera nel comando), gli diede la chiave della cucina. A quel tempo non era molto il nutrimento (i mezzi di nutrirsi erano scarsi allora), poichè il cibo era privo (lett, da meno) degli [animali] uccisi (non si usava uccidere animali per cibarsene); [gli uomini infatti a quel tempo] non mangiavan di nulla fuor che di erbe e di qualunque altra cose ancora che solleva il capo (spunta) dal suolo (<foreign>caz</foreign> = <foreign>cih az</foreign>). Ma poi Ahrîman (Iblîs), dalle opere ree, fece (concepì) gesto consiglio, fece luogo nel suo cuore (accolse) [all’ intenzione] di uccidere gli animali. Di ogni specie di uccelli e di quadrupedi fece (preparò) cibi (sing.) e ad un tratto [li] portò al luogo (li apprestò a Dahâk sulla mensa). A guisa di un leone [egli] lo (Dahâk) nutriva col sangue, per questo czoè per far truculento (crudele) il re, perchè eseguisse (lett., facesse il comando) qualunque parola (cosa) gli dicesse, e ponesse come pegno il [suo] cuore al suo comando.

Da principio gli diede per cibo il giallo delle ova [e] con questo lo tenne vigoroso (lo sostentò) per qualche tempo, e [quegli] si cibava e veramente faceva lodi di lui (si lodava assai del novello cuoco). [Quell’ uomo] di turbata fortuna (disgraziato) trovò gusto da (in) quel suo mangiare. Così [poi] disse Iblîis facitor d'incanti: Vivi eterno, o re potente, poichè io domani (<foreign>fardât</foreign> = <foreign>fardâ</foreign> + <foreign>at</foreign>) ti farò un cibo di tal maniera che d'esso ti sarà (ti verrà) nutrimento del tutto (ne userai sempre per nutrirti) — Se ne andò, e per tutta la notte stette a pensare (lett., prese cura, o pensiero) qual prodigio dovesse fare alla dimane col cibo. All’ altro giorno, quando la volta di lapislazzuli (la volta azzurra del cielo, v. il <title>Vocab.</title>) sollevò e mostrò il fulvo rubino (il sole), preparò [egli] cibi [di carne] di pernice e

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di fagiani bianchi e se n’andò (si presentò al re) con un cuore pieno di speranza. — Allorquando il re degli Arabi alla tavola portò (stese) la mano, abbandonò il [suo] capo di poco senno all’ amore di lui (di Iblîs; cioè, Dahâk cominciò stoltamente ad amarlo). — Al terzo giorno, [Iblîs] gli adornò (imbandì) la mensa di uccelli e di agnelli tutt’ a un tratto e in varia maniera. Al quarto giorno, quando [egli] pose la mensa, [gli] preparò un cibo [fatto] col tergo di un giovane bue, in cui [eran mescolati] zafferano e acqua di rose e insieme vecchio vino e puro muschio. Allorquando Dahâk stese la mano [a quel cido] e [ne] mangiò, gli venne meraviglia per quell’ uomo sapiente, [e] gli disse: Guarda fin dove [è il tuo] desiderio (pensa cosa desideri da me); ciò che vuoi mi chiedi, o [uomo] d' indole preclara. — Il cuoco gli disse: O re, vivi sempre lieto e obbedito nel [tuo] comando. Il cuor mio è tutto pieno d'amore per te (<foreign>tust</foreign> = <foreign>tû ast</foreign>), e tutto il conforto dell’ anima mia è (viene) dal tuo volto. Un bisogno (un desiderio) io ho da parte (lett., da vicino) del re, e se anche questo diritto (lett., fondamento, grado) io non ho, pure (<f>kih</f>) il re [mí] dia comando (mi permetta) che io baci le sue spalle (sing.) e su di lui (sulla sua persona) applichi gli occhi (sing.) e il volto mio. — Quando Dahâk udì il detto di lui, non conobbe (non intese) il suo secreto intendimento (lett., affare, mercato) [e] gli disse: Io già ti concedo (tempo pass.) questo tuo desiderio, purchè (solo perchè) possa acquistar grandezza il tuo nome. — Permise quindi che il Dévo, come [se fosse] l’amico [suo], desse (tempo pass.) un bacio sulle sue spalle. Quando guegî ebbe dato il bacio, sparì nel suolo (sotterra); nessuno nel mondo aveva [mai] vista tal meraviglia. [Frattanto] due serpenti neri gli sbucarono da ambedue le spalle; [egli] restò costernato e da ogni parte cercò un rimedio. Alla fine li recise ambedue dalle spalle — e ben giusto è (lett., è conveniente) se per questo [racconto] tu resti nello stupore

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(tu resti attonito) —; ma come un ramo di un albero quei due neri serpenti crebbero (si rinnovarono) un' altra volta sulle spalle del re. — I medici sapienti si raccolsero [e] tutti, uno all’ altro, fecero discorsi (si consigliarono sul da farsi), fecero incanti d'ogni specie, [ma] per quel dolore (male, affanno) [del re] non conobbero alcun rimedio. [Ma poi finalment]e, alla maniera (sotto l'aspetto) di un medico, sopravvenne Iblîs, s'avanzò vicino a Dahâk con avvedu- tezza, [e] gli disse: Questo fatto che doveva èssere (accadere), [ora] è accaduto (era destino che dovesse così avvenire); ti arresta, [poichè] ciò che deve crescere, non convien recidere (i serpenti); prepara [loro] il cibo e dà loro riposo col cibo, nè conviene, oltre (<f>guz</f>) questo, far [altro] rimedio di più (<f>nîz</f>). Non dar loro [alcun altro] cibo fuorchè cervella di uomini; forse che per questo nutrimento [essi] di per sè stessi (<f>khvad</f>) moriranno.

Il capo dei fieri Dêvi (Ahrîmane, Iblîs) con questo suo desiderio (proposta fatta a Dahâk) cosa volle o cosa vide (a qual meta mirava) in questo suo detto, fuorchè (<f>tâ</f>, affinchè) di fare (ordire) secretamente una frode, perchè vuoto di uomini restasse il mondo? (Ahrimane, genio del male, vuol distruggere la creazione di Ormuzd che è il genio del bene, e vorrebbe quindi distruggere anche gli uomini che sono stati creati da lui).

III. SCONFITTA DI DAHÂK.

(Vedi l’Introduzione al testo).

Il re Dahâk per quei detti (di Kundrav, v. <title>l'Introduzione</title>.)
venne in senno e tosto volle partire (lett, si partì);
comandò che ? serv? ponessero la sella a quel [suo cavallo]
percorritor di strade [e] sagace; [ed egli] sen venne correndo
con un formidabile esercito [di] feroci Dêvi insieme e di
guerrieri. Da (o, per) luoghi inaccessibili (lat. <foreign lang="la">invia</foreign>) prese
[la via] verso il suo castello, verso i luoghi abitati (v. il

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<title>Vocab.</title>) e pose il capo alla guerra (cominciò l’opera della
vendetta, da che Frêdûn gli aveva occupata la reggia).
L'esercito di Frêdûn (v. il <title>Vocab.</title>) quando fu (plur.) consa-
pevole [di ciò], tutto insieme si volse per quell’ aspra
(lat. <foreign lang="la">invia</foreign>) strada (per la quale Dahâk veniva). [Nel
primo scontro dall’ alto] dei cavalli di guerra discesero
(lett, si versaron giù) [i guerrieri], in quel luogo angusto
vennero alle mani. [Intanto] in ogni terrazzo e in ogni porta
erano (si erano raccolti) uomini della città; e chiunque
aveva parte (cognizione) dell’ arte militare, tutti erano in
desiderio di (desideravano) Frêdûn, poichè eran pieni di
dolore per la violenza di Dahâk. Dalle mura mattoni (opp.
giavellotti, v. il <title>Vocab.</title>), dai tetti pietre e spade e freccie
di legno duro piovevano giù nella via (sopra le schiere
di Dahâk) come grandine da una nera nuvola, nè alcuno
aveva sul suolo un luogo [stabile] (non poteva reggersi in
piedi, non poteva resistere a quei colpi). Dentro la città
chiunque era (plur.) giovane, come [anche] i vecchi che
erano esperti nella guerra, si mossero verso l’esercito di
Frêdûn (si unirono alle sue schiere) e uscirono (diserta-
rono) dagli incanti (sing.) di Dahâk. Della voce degli
eroi risuonava il monte, e la terra era oppressa dai ferri
dei piedi dei cavalli; sopra il capo [dei combattenti] si
agglomerò un nugolo di nera polvere e il cuor delle rupi
schiantò [ai colpi] delle lancie (sing.; espressione iperbolica).

[Frattanto] da un tempio del fuoco si levò un grido
[che diceva]: Se [anche] una bestia feroce fosse [posta] sul
trono come re, noi tutti obbediremo, vecchi e giovani
(sing.), nè, ad uno ad uno (tutti), ci allontaneremo mai
dal suo cenno. Ma non vogliamo Dahâk sul trono, quell’
[uomo] impuro [che ha] i serpi [sulle] spalle (v. il c. antec-te).

[Allora] soldati e cittadini (sing.), [agglomerati] a guisa
di un monte, tutti insieme in una schiera [si spingevano]
entro la mischia, [onde] da quella splendida città si sollevò
una densa polvere [tale] che il sole diventò pallido (lett.,

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color di lapislazzuli). Ma [intanto] Dahâk [vinto] dalla rabbia
si mosse cercando [qualche] astuzia (rimedio alla rovina),
e dal [suo] esercito si rivolse alla [sua] reggia; coprì di
ferro (d'una maglia di ferro) interamente il suo corpo per
questo, perchè nessuno della folla [lo] riconoscesse, e si
recò tutt’ ad un tratto (difilato) all’ eccelsa reggia cox in
mano un laccio di sessanta cubiti. Vide [egli] Shehrnâz
(sposa di Dahâk che ora, per i cattivi trattamenti rice-
vuti, congiura con Frêdûn contro di lui; v. il <title>Vocab.</title>), [la
bella] dagli occhi neri, [trattenersi] secretamente con Frêdûn
piena di carezze (?, lett, magia, incanto). Ambedue le
[sue] guancie [erano candide come] il giorno, e ambe le sue
ciocche [di capelli] (dall una e dall’ altra parte del volto)
[nere come] la notte, [e il suo] labbro [era] dischiuso al bia-
simo di (per biasimare) Dahâk. [Allora ben] conobbe [Dahâk]
che quel fatto era divino (avvenuto per voler di Dio),
[che] non avrebbe trovato scampo dalla mano del male
ella meritata pena), [onde] dentro il suo cervello (la sua
anima) si levò il fuoco della gelosia, [ed egli] dentro alla
reggia avventò [contro di Shehrnâz] il laccio direttamente.
Nello stesso tempo. (<f>hamân</f>) egli trasse dalla guaina la
spada acuta, nè aprì il so secreto, nè pronunciò il [proprio]
nome (egli infatti s'era travestito per non farsi conoscere,
v. sopra); nel suo pugno era (stava) la rilucente spada,
ed eglî era assetato del sangue delle [fanciulle che hanno]
il volto di Perî (Shehrnâz ed Ernevâz, sue spose, che ora
s'erano date a Frédiùn). Quando [egli] ebbe posto il piede
sul suolo [scendendo] da cavallo, Frêdûn si mosse [contro
di lui] a guisa di turbine, portò la mano (afferrò) a quella
sua clava che-aveva-effigiato-in-cima-il-capo-di-una-giovenca
(v. il <title>Vocab.</title>), la calò a lui sul capo e gli spezzò la celata.

[Ma] sopravvenne correndo il beato Serôsh (angelo
messaggiero di Dio, v. il <title>Vocab.</title>). Non colpirlo, disse,
poichè non azzora è venuto il suo tempo. Tosto, sfra-
cellatò (calpesto) [com’ è] legalo come una pietra e porta[lo]

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[lontano] finchè ti si presenteranno due stretti monti. Entro
quei monti (sing.) siano i suoi ceppi (sing.; sia il suo
carcere), nè vengano a lui (nè possano venire a conso-
larlo) i suoi parenti o i suoi collegati. — Frêdûn quand’
ebbe [ciò] udito, lungamente non s’indugiò, ma apprestò un
laccio di cuoio di leone; con quel vincolo gli legò le due
mani e la persona [in modo] che nemmeno un elefante
furioso avrebbe sciolto quel vincolo.

[Frêdûn quindi] si assise sull’ aureo suo trono (<f>ûy</f>
si potrebbe riferire anche a Dahâk, e allora si dovrebbe
tradurre: il trono di lui, di D.), e rifiutò (abiurò, pro-
scrisse) i non belli costumi di lui (di Dahâk). Comandò
che si facesse sulle porte un grido (un bando), [cioè]: O
principi (lett., celebri) con splendore e virtù (illustri e
virtuosi), non conviene che [piu] stiate con gli arnesi della
guerra e per questa via vi cerchiate lode e (0) vituperio.
Non conviene che il soldato e l'artefice, ambedue per
una stessa via, cerchino il valore (dar prove di valore).
Uno [è] dato alle arti, l'altro [è] armato di clava (ora che
è terminata l'impresa, Frêdûn non vuole che ai suoi
guerrieri si mescoli il popolo che prima si era sollevato
ed era accorso sotto le sue armi); e dell’ uno e dell’
altro (lett., di ciascuno) è [ben] determinata l’opera conve-
niente (ciascuno ha il proprio ufficio), Che se questo
desidera l’opera (si appropria l’ufficio) di quello e quello
l’opera di questo, la terra diventa [tosto] interamente piena
di confusione. [Poichè] è in catene colui che era impuro
(di origine impura; Dahâk era arabo, dato ad Ahrîmane
ed usurpatore) [e] delle opere del quale (lett., di lui) aveva
timore il mondo, voi lungamente restate [in pace] e siate
lieti e con letizia ritornate ai lavori [vostri] proprii.

Udì (obbedì, plur.) la gente alle parole del re, [pronunciate] da quell’ uomo pieno di virtù, [fornito] di potere
regale; e quindi poi tutti [i cittadini]: famosi (segnalati)
della città, chiunque cioè aveva porzione d’oro e di tesori,

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se ne vennero (lett., andarono) con letizia e con possessi
(doni, offerte), tutti pronti [nel] cuore al suo comando. Il
saggio Frédiun benignamente li accolse, per via (per
mezzo) della, prudenza conferì loro [una] dignità; a tutti
diede consigli (sing.) e fece [una]] lode, e intanto faceva
ricordanza (favellava) del Creator del mondo. Diceva
frattanto: Questo è il luogo mio; per sorte propizia, la
stella della terra vostra [ora] è rilucente, poichè Iddio
santo dal mezzo delle genti suscitò noi dal monte Alburz
(v. il <title>Vocab.</title>) per questo, affinchè il mondo per mezzo della maestà mia per voi diventasse libero dal malvagio.
serpente (Dahâk). [Ora], poichè misericordia [ci] apportò
la benevolenza [di Dio], conviene con rettitudine calcare
la sua strada. lo sono signore del mondo da confine a
confine, nè mi convien seder [sempre] in un luogo solo.
Se no (cioè se potessi), io qui starei e molti giorni
passerei con voi.

I principi dinanzi a lui diedero un bacio alla terra,
e dalla reggia si levò un suono di timballi (sing.). Tutta
la città teneva gli occhi alla reggia, fremente [tutta] per
quello [che aveva] giorni brevi (Dahâk, vicino alla sua
fine), per [vedere quando mai Frêdûn] traesse fuori
il serpente (Dahâk) nei vincoli del laccio, così come
conveniva. Ad un tratto uscì la turba dalla città; e
da quella città cke non aveva trovata (ottenuta) alcuna parte di dere fer tanto tempo, condussero Dahâk
legato ignominiosamente, gettato piangente sul dorso di
un cammello. [Frêdûn] in questa maniera trasse fino a
Shêrkhân (v. il <title>Vocab.</title>). — Quando tu udrai questa [storia],
chiama (giudica) [quanto] sia vecchio il mondo; molti sono
gli avvenimenti che nel monte e nel piano (in tutta la
terra) sono passati, e molti stanno per passare. — In
questa maniera [adunque Frêdûn, uomo] di vigile (prospera)
fortuna, trasse verso Shêrkhân duramente legato Dahâk,
lo spinse nell’ interno delle montagne e già voleva (stava

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per, <foreign xml:lang="grc">ἔμελλον</foreign>) abbattergli il capo. [Ma] in quell istante sopravvenne il beato Serôsh, e con atto cortese (lett., con bellezza) gli disse all’ orecchio in secreto: Conduci quest’ [uomo] legato fino al monte Demàvend (v. il <title>Vocab.</title>) così
correndo e senza [questa] turba [di popolo]. Non condur
[teco] se non (<foreign>guz</foreign>) chi non puoi a meno e nel
tempo della distretta. ti accoglie al seno (ti aiuta), —
[Frêdûn allora, veloce] come un corriere, trasse Dahâk
al monte Demàvend, [e quivi lo] fece (lo pose) in ceppi.
Quando [egli] ebbe accresciuto (aggiunto) ancora un vincolo a quegli [altri] vincoli (sing.), di quello sventurato
niuna cosa più rimaneva, [poichè] il nome di lui, Dahâk,
era come polvere (aveva perduto ogni valore), il mondo
tutto era diventato libero dal male di lui; [egli] fu tolto
via (allontanato) dai suoi parenti e dai suoi seguaci, [e solo]
restò entro la montagna. nei suoi ceppi. — [Frêdûn] entro
il monte gli scelse un luogo angusto, notò (scelse per
lui) una caverna; il fondo di essa non era manifesto (non
si vedeva); arrecò [allora] gravi chiodi, [e] in un luogo in
cui dentro non era il suo cervello (scegliendo quella
parte del corpo in cui non era il cervello; <quote xml:lang="fra">en évitant de
percer le crâne</quote>, MoHL; perchè il Serôsh aveva ordinato
a Frêdûn di non ucciderlo), gli inchiodò le mani in quel
monte per questo,- affinchè [quivi egli] rimanesse lungamente in tal durezza di pena. — Vi rimase quegli sospeso
in quel modo, [mentre] da lui si spargeva sul suolo il
sangue del [suo] cuore.

IV. NOZZE DEI TRE FIGLI DEL RE FRÉDUN.

(Vedi l’introduzione premessa al testo).

[Serv il re del Yemen] chiamò [a sè] dinanzi il messaggiero del re (Gendel, servo di: Frêdûn, mandato da lui
a Serv per chiedergli le figlie), [con lui] pronunciò (lett.,
spinse) molte parole con cortesia dicendo: Io sono inferiore

<pb n="256"/>

al tuo re; in ogni cosa che egli comanda, io porto
(eseguisco) il suo comando. Digli [per me]: «Se tu sei
grande, se i tuoi tre figli per te sono di pregio (hanno
pregio agli occhi tuoi), se i proprii figli (sing.) sono una
gioia per il re (in 3a pers., ma s'intende Frêdûn), e veramente essi sono convenienti (degni) del trono, tutte queste
parole che tu [mi] hai dette (mi mandasti a dire, 2a pers.,
per mezzo del tuo messo), io accolgo (approvo) e prendo
norma per le figlie (sing.) [mie]. [Ma] se il re (Frêdûn)
cercasse da me i [miei] occhi (sing.) e se cercasse la campagna [abitata] da eroi (il mio regno) e il trono del Yemen,
tutte queste cose son più vili per me (hanno minor pregio)
delle mie tre figlie, [quando io] non [le] vedessi più dinanzi
a me nel tempo che conviene (quando, dopo averle date
ai figli di Frêdûn, non le vedessi più come sono solito
alla mia presenza). Ma poi (pure) se tale desiderio ha
il re, non convien muovere il passo se non secondo il
suo comando. Secondo il comando [adunque] del re, queste
tre figlie mie usciranno dalla mia famiglia in quel tempo
allorquando (allora soltanto che) io potrò vedere i tre
re tuoi (i figli di Frêdûn), che vestono di splendore (glori-
ficano) la tua corona e il [tuo] trono. Vengano [essi] lieti
vicino a me; questa casa mia oscura (umile) ze diverrebbe
lucente (ne riceverebbe onore); il cuor [mio] alla lor vista
ne sarebbe lieto [ed] io vedrei (ammirerei) la vigile anima
(plur.) loro. Dopo, a quel tempo (allora), io consegnerei
loro i miei tre occhi lucenti (le tre figlie) secondo i riti
miei (secondo il costume e le leggi della mia casa).
Quando io vedrò che il loro cuore (dei figli di Frêdûn)
è pieno di rettitudine, dietro un patto [conchiuso] con loro
prenderò (stringerò) [loro] la mano con la mano. Se [poi]
[al re Frêdûn] verrà bisogno (desiderio) della loro vista,
tosto io li rimanderò al re.»

L'eloquente Gendel, quand’ ebbe udita la risposta,
baciò il trono di lui così come conveniva. Col labbro

<pb n="257"/?

pieno di lodi, eg/ dalla reggia di lui (del re del Yemen)
si diresse verso il signor del mondo (Frêdûn). Andò, e
quando giunse vicino a Frêdûn, gli disse ciò che colà
(nel Yemen) aveva detto e gza/ risposta aveva udito.
Allora il re del mondo chiamò «a sè i suo? tre figli e le
cose nascoste (sing.) fuori trasse dall’ animo intorno a
quell’ andata (infin.) di Gendel e al suo proprio intendi-
mento, e ogni parola pura (ogni acconcia proposta) pose
innanzi. Così disse: Questo re del Yemen è capo di una
gente, gua/e un cipresso che getta ombra /oxtazo (giuoco
di parole con Serv nome del re e nome del cipresso).
Egli ha tre figlie d’ intatta natura (vergini); non ha figli,
ma le figlie sue sono la sua corona. Se l'argelo Serôsh
trovasse una sposa come quelle, forse dinanzi (ai piedi)
di queste tre darebbe un bacio alla terra (farebbe qualunque
cosa per ottenere una simile sposa). Io per parte vostra
(per voi) le ho chieste al loro padre e preparai ferctò
convenienti (acconcie) parole. Ora conviene che voi an-
diate da lui e di tutto, del più e del meno, poniate cox
luî un prospero consiglio (vi concertiate con lui). Voi
siate pronti nel dire e di molto senno, con ambi gli
orecchi apposti (attenti) ai detti di lui; con dolcezza
rendete risposta alle sue parole, e quand’ 42/7 domanderà
qualche cosa (lett., parola), ponete un retto consiglio (vi
consigliate prima di rispondere); poichè il figlio (lett., il
nutrito, sing. per il plur.) di un re non conviene che non
sia altro che assennato, facondo, di splendido (puro)
cuore, di pura religione e in qualunque fatto (cosa) gli
venga innanzi, previdente, cox la lingua pronta alla vera-
cità; prudenza sza la sola cosa da luî desiderata; i tesori,
da luî dispregiati. Voi ora ascoltate da me tutto ciò
che io #2 dico, fozchè se m? obbedirete, sarete contenti. —
Il re del Yemen è di profonda vista (di acuta mente),
tale che come lui non vi è wessuzo presso’ qualunque
gente, facondo, di splendido (puro) cuore, di bel corpo,
17

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> 2;8 «

degno d'esser lodato fra tutti. Egli ha del pari tesori
molti e del pari eserciti, sapienza del pari e consiglio e
del pari corona, nè conviene che vi trovi g70vani dappoco.
poichè guest uomo sapiente porrà in opera un’ astuzia
per provarvi. Al primo giorno egli farà (appresterà) una
sala da convito e a voi darà il primo posto. Quzz? egli
condurrà le sue tre fanciulle che hanno le gote splendide
come sole, come un giardino di primavera piene di fra-
granze, di colori e di fregi. Farà 6g/ sedere sovra troni
regali (sing.) le tre figlie che hanno le gote splendide come
sole, simili mella persona a uno snello cipresso. Dal-
l'altezza e dall’ aspetto di tutte e tre non distingueranno
(nessuno potrà distinguere) una (nessuna) 47 esse dalla
luna, zemmeno per un poco. Ma voi safpiate che di
queste tre sarà precedente (entrerà per la prima) la
minore, la maggiore di dietro, e nel mezzo quella che
ha il volto simile a luna novella (s'intende la fanciulla di
media età). Sederà la minore accanto al maggior figlio
mio, la maggiore invece accanto al minor principe, quella
di mezzo sederà del pari nel mezzo. — £Zg?? allora vi
domanderà: «Di queste tre /arxcu//e uguali quale rico-
noscete fer la maggiore negli anni (sing.)? quella di
mezzo quale è? e la minore quale? Vi conviene in tal
guisa portar /oro il nome (nominarle, designarle).» — £ vo?
allora dite che quella che è superiore.(al primo posto).
è la minore, non è conveniente il seggio della maggiore
(perchè dovrebbe sedere al primo posto), quella di mezzo,
essa (£4vad) sola, è (sta) nel mezzo giustamente. — Così cox
tal risposta riuscirà dere a te (sing. per il plur.) questo
affare, e ognî ostacolo da parte del re del Yemen dimi-
nuirà (cesserà; qui si usa il tempo pass. come se la cosa
fosse già accaduta).

Tutti e tre i figli, generosi e buoni, tutti col cuore
posto (inclinato, attento, obbediente) al detto del padre,
dal cospetto di Frêdûn uscirono, e ze uscirono pieni di

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> 259 «=

sapienza e di avvedutezza. Fuorchè senno e sapere, cosa
mai poteva convenire ad un figlio cui un padre come
quello (Frêdûn) aveva allevato?

Allorquando il sole sparse il riflesso della sua luce
per il cielo e stese la porpora sull’ azzurro (lett., lapis-
lazzuli; stese cioè il color rosso della sua luce sul sereno
azzurro), tutti e tre 7 figli di Frêdûn si mossero, si
apprestarono e vollero seco i sacerdoti come scorta. Pro-
cedettero con una schiera ordizata come il firmamento
tutti quei principi dal volto chiaro come il sole. Allor-
quando Serv (il re del Yemen) fu consapevole del loro
venire, ordinò una schiera raf:damente come la penna
(l'ala) di un fagiano, mandò loro incontro ‘un’ ampia
schiera composta tanto di xomzzi avveduti estranei a//2
sua famiglia, quanto di so? consanguinei. Entrarono
frattanto questi tre valorosi gzovizetti nel Yemen, e fuori
uscirono dal Yemen fer vederli uomini e donne (sing.);
versarono insieme %e//a via gemme e zafferano, e insieme
mescolarono vino con muschio; tutta la criniera dei ca-
valli era piena (sparsa) di muschio e di vino, denari erazo
sparsi sotto i loro piedi. Sorgeva colà un palazzo ornato
come paradiso, co? mattoni tutti rivestiti d’argento e d’oro,
ornato di drappi greci; oh! quante cose desiderabili (pre-
ziose) vi s? vedevan dentro.  Qu:vi, entro quel palazzo,
22 re del Yemen li (i figli di Frêdûn) accolse; e allor-
quando il giorno diventò notte e li fece più arditi, quel
principe, così come Frêdûn gzà aveva detto, trasse fuori
da un /uogo nascosto le sue tre figlie, tutte e tre nel-
l'aspetto come luna risplendente, nè si poteva su di loro
fare osservazione (tener fermo lo sguardo). Si sedettero
tutte e tre insieme in quel segno (maniera) quale l'aveva
detto Frêdûn ai nobili suoi figli. Il principe (72%) interrogò
allora è figli di Frêdûn sul conto di queste tre preclare
fanciulle, dicendo: Di queste tre stelle quale è la minore?

quella di mezzo quale è? e la maggiore quale? Vi
17*

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= 2600 «=

conviene in tal guisa portar Zoro il nome (nominarle,
indicarle).

Quelli allora dissero a quel modo che avevano im-
parato e tosto così trafissero l'occhio dell’ incanto (delusero
l’astuzia di Serv; v. il <title>Vocab.</title>.. Rimase stranamente con-
fuso Serv del Yemen e parimente stufzrono i principi di
quella gente; tosto conobbe il re valoroso che dall’ ordir
frodi non gli era venuto a/cuz giovamento, orde così
parlò: Certamente questa è la via da seguire —; e diede
în tsposa la minore al minore, la maggiore al maggiore.
In quel tempo che (tosto che) fu compiuto cogesto loro
affare ed ess? ebber concluso il contratto dei loro affari,
le tre fanciulle ornate di serto fogdiendosi dinanzi (dalla
presenza dei) ai tre gzovzzetti coronati, con le lor gote
piene di sangue (di rossore) per vergogna del padre,
si mossero verso la stanza (si ritirarono nelle loro stanze).
piene di colore (di rossore) le gote, 724 col labbro pieno
di dolci voci (detti).

Il capo degli Arabi, Serv, il re del Yemen, apportò
allora vino e raccolse 22 sua casa i bevitori di vino (fece
un banchetto), con cantori ornò /a casa e aprì le labbra
e bevve finchè più oscura si fece la notte. I tre figli
di Frêdûn, i tre generi suoi, bevevano vino tutti e tre
alla sua ricordanza (bevevano alla sua salute); ma a quel
tempo che (allorchè) il vino fu superiore al senno (vinse
il senno), quando czoè il sonno e il riposo erano conve-
nienti (sing., necessarii), tosto sul capo (sulla sponda) di
un laghetto di acqua di rose comaridò che loro si facesse
il luogo del sonno (da dormire). Così in ge giardino
sotto gli alberi spargenti fiori dormirono quei tre generosi
di prospera sorte. — /ora il capo degli Arabi, il re
degli incantatori, pensò un szo inganno per tal cosa
(andar-an); uscì egl? da un regale roseto e fece il pre-
parativo di un incanto. Suscitò freddo e un vento
soffiante per questo, a fine cioè di por termine alla vita per

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> 2601 -—<

loro (di farli morire). Così a//ora avvenne che gelò la
pianura ed il giardino, sul ‘capo (al di sopra della cam-
pagna gelata) non osavano volare i corvi. I tre figli di
quel re scioglitor d’'incanti (Frêdûn) balzarono dal /oro
luogo (dal letto) per quell’ aspro freddo. Con quella Zoro
divina maestà (di principi Irani, v. il <title>Vocab.</title> v. farr) e
con la prudenza oro, col potere sovrannaturale dei re
Irani e col Zoro valore, ess? chiusero la via (delusero,
distrussero) all’ inganno del mago, e il freddo non fece
su loro alcun effetto (lett., non fece osservazione).

Allorquando il sole sollevò il capo dalla cima del
monte, se ne venne tosto ge// uomo inventor d'incanti,
venne cioè accanto ai suo? tre generi, uomini generosi,
per (#24) vedere le loro guancie divenute livide, ess?
gelati per il freddo e con ridotta ogni opera (cosa) a/-
l'estremo, rimanendogli così le tre sue figlie gua/? eredi.
Tale osservazione voleva eg/ far su di loro (voleva veder
tali effetti del suo incanto), wa il sole e la luna (il cielo)
non eran venuti frofzz7 al suo desiderio. Vide /è i tre
generosi simili a luna novella, seduti sul novello lor trono
reale. S'avvide @//ora che il so incanto non era venuto
in effetto (non era riuscito), cke non era necessario (lecito)
per tal xe portare (costringere alla propria volontà), eg/
stesso (di solo suo moto), la sorte.

Fece quindi il re del Yemen una festa, e tutti i
principi 22 si raccolsero. Zg?? aprì le porte degli antichi
tesori, aprì quello che per qualche emo era stato 7%
secreto (nascosto). Le tre /igZie (accusat.) che avevano le
gote splendide come sole, belle come il giardino del Paradiso,
talî che nessun sacerdote aveva mai piantato un pino
simile a loro, con corone e con tesori, senza aver veduto
(sofferto) alcun disagio, se non che i lor capelli avevax
visto (provato) il disagio dell’ attorcigliamento (erano
stati arricciati col ferro rovente), eg/? (il re) condusse
innanzi, e tutte e tre /e consegnò loro (ai figli di Frêdûn),

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= 263 -«

all’ improvviso le foglie dell’ albero reale (venne meno un
principe, Frêdûn, alla famiglia reale, raffigurata qui nel-
l'albero). — Frêdûn scelse invece (az 527) della corona e del
trono una solitudine ponendo dinanzi a sè stesso le teste
di quei tre principi (i suoi tre figli, Erag ucciso da Tùr;
Tùr e Salm uccisi da Minòcihr; v. l'/xtrod.). Intanto ad
ogni momento dolorosamente piangeva e viveva nel-
l'affanno; con gemiti ad ogni momento e nel pianto quel
celebrato re andava così dicendo: I giorni miei son
trascorsi e si son fatti oscuri per questi tre /îg/ miei,
diletti e cari, uccisi così con angoscia (così miseramente)
prima di me (opp. dinanzi ai miei occhi), per vendetta,
per desiderio dei miei nemici (sing... Tanto (4am) per
maligna /or natura, quanto (447) per le loro opere mal-
vagie, sul volto (sul capo) di gue giovani /iglî miei
venne (pres. storico) tal male (tal pena). Non portarono
per nessuna ragione il mio comando (non vollero obbe-
dirmi), e il mondo si fe’ tristo sopra tutti guest? tre gio-
vinetti.

Pieno di sangue (di dolore) il cuore e pieno di
pianto le due gote, così, finchè il tempo (la vita) venne
a capo (finì) per lui,  Frêdûn se ne andò (morì). — Rimase
di lui soltanto il nome, mentre sopra (dopo) questi azvenz-
menti passò un lungo tempo. — Furono (sing.) sempre
(Gamah, totalmente), o figlio, il buon nome e la rettitudine
che fecero (ebbero) vantaggio sopra la sventura. —
Minòcihr 2x/az/0 depose la corona dei re, si cinse la
persona della cintura di color sanguigno (v. il <title>Vocab.</title>).
Secondo il costume dei re, egli fece un sepolcro (v. il
<title>Vocab.</title>) ornato tanto d’oro fulgido, quanto di lapislazzuli;
dentro di esso de-(zî7)-posero un trono d'avorio, e
appesero al di sopra dell’ avorio (sullo schienale) una
corona. Gli eroî d'Irania vennero allora innanzi per
fargli (al morto re) l'estremo salito, così come era la
norma del rito e della religione. Chiusero guzwd? su

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= 2604 -<

quel re (Frêdûn) la porta del sepolcro, e così quell’ 2070
pregiato si partì umile e dolente dal mondo. — Minòcihr
per una settimana fu con (restò nel) dolore, i suoi due
occhi /uron pieni di lagrime e le due guancie furon pallide.

O mondo, interamente /x sei inganno e vento; per
te- l'uomo sapiente non è maz lieto; tu li (gli uomini)
nutri ad uno ad uno con tenerezza. Che va/ la vita
breve e che za/ la vita lunga? Quando tu cò che haz
dato, vuoi poi riprendere indietro, quale afflizione (che
importa ?) se ciò sarà x fezzo di terra, o se sarà una
cosa preziosa? Se x sei un principe e (0) se /x se un
soggetto (sia che sii o l'uno o l’altro), poichè il mondo (il
destino) ti tronca quest’ alito wzta/e, tutti i dolori e i
piaceri tuoi furono (se ne vanno) come un sogno. Non
volgere il cuor tuo al rimaner qu? 2 terra eternamente.
Felice colui del quale restano come ricordo le opere
buone, se eg è servo o se egli è regnatore (sia che sia
principe o servo).

VI. AMORI DI ZÀL E DI RÙDABEH.

(Vedi l’Z4roduzione premessa al testo).

Così avvenne che un giorno Z4/ figlio di Sàm fece
questo consiglio (concepì questo disegno) di muoversi nel
regno suo dal luogo dov’ egli stava. Uscì quindi con
eletti suoi eroi, poichè il lor consiglio e la /or fede erano
con lui una sola cosa (erano fedeli e concordi). Fece
proponimento 4 volgersi verso la regione dell’ India, verso
il Kabul e Denber e Mergh e May. In ogni luogo est
faceva apprestare (elevare) un trono e domandava vino e
suono e cantori, aperta così la porta dei tesori e scacciati
gli affanni secondo il costume e la norma di questa breve
region ferrena (dimora di corta durata, v. il <title>Vocab.</title>). In
quel tempo egZî dal Zàbul pervenne al Kabul, pomposo
(con pompa) e sorridente nel cuore e lieto.

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>> 265 -<t

Eravi allora un re di nome -Mihràb, potente, con
tesori e fortunatissimo, in guisa (simile) nell’ altezza di
snello cipresso, come primavera nelle gote e come fagiano
nell’ incesso. Aveva il cuore degli 07247 prudenti, il
cervello (la mente) dei sapienti, i due omeri par? a quelli
degli eroi, e il saper dei sacerdoti; aveva (traeva) la sua
stirpe dall’ arabo Dahâk (v. il c. II dell’ Axt0/0g24) e del
Kabul possedeva tutto il paese e il territorio; eg4 ogni
anno dava (pagava) a Sàm il tributo, poichè con lui nella
guerra non aveva alcuna forza (non poteva competere
con lui, e però gli pagava il tributo). Quando egl? fu
consapevole del fatto (della venuta) di Destàn (cioè Zàl,
v. l'Introd.) figlio di Sàm, se ne venne dal Kabul al
tempo dell’ alba, con tesori e cavalli adorni (bardati), cox
giovinetti e ogni sorta di supellettili (doni), com grax
copta di denari e di rubini e di muschio e di aromi e
di drappi intessuti d’oro e di seta, cox una corona piena
(adorna) di gemme degne di un re, cor una collana d'oro
fregiata di smeraldi. Dei principi quanti erano, e l’eser-
cito del Kabul eg/? portò (condusse) con sè per gue/e via.

Allorquando a Destàn /igléo di Sàm giunse la no-
vella che un principe 6ex degno veniva nella sua grandezza,
Zàl (cioè Destàn) gli mosse incontro e lo accolse con festa
e secondo il costume gli fece (destinò) un luogo d’oxore.
Si recarono ambedue al trono orzato di turchesi; col
cuore aperto 72 si recarono e desîderosî di apprestar la
cena. Posero ferctò una mensa degna di eroi, e si
sedettero intorno alla tavola di lui (di Zàl) i principi.
I coppieri (sing.) apportarono vino e tazze, mentre Mihràb
stava osservando il figlio di Sàm. Gli piacque veramente
l'aspetto suo, e il suo cuore si fece più pronto al fatto di
lui (più inchinevole, più propizio a suo riguardo). Quando
Mihràb si levò dalla mensa di Zàl, osservò (ammirò) Zàl
la statura e il braccio di lui. Zàl-zer (altro nome di Zal)
così disse co’ suo? principi: Chi wa? più degno di costui

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> 2606 «€

stringe az fianchi la cintura (si prepara alla guerra)? Non
vi è uomo con volto e con altezza simz/î a lui: nessuno,
tu diresti, gli è pari in battaglia. — A//ora un principe
dal mezzo di quei grandi così parlò con (all) l'eroe del
regno (v. l'Zxtrod.): Dietro i veli delle stanze di lui (di
Mihràb) è una figlia di cui il volto è più lucente del
sole, dal capo fino ai suoi piedi cazdida in guisa d'avorio.
nelle gote (nel volto) come un paradiso, nella statura
come un albero (v. il <title>Vocab.</title>).. Su quelle spalle argentee
cadono due treccie nere, i cui capi sono (sing.) simili al
cerchio di un monile che cinge le gambe, la sua bocca
è come il fiore di un pomo granato, e il labbro come
una ciriegia, dal suo argenteo (candido) petto si sollevano
due grani di pomo granato, ambedue i suoi occhi 5070
in guisa di due narcisi in un giardino, e le ciglia hanno
tolta la nerezza dalle penne d’un corvo; ambe le sue so-
pracciglia sono curvate in guisa di un arco di Tiràz
(v. il <title>Vocab.</title>), sul quale sta investito un involucro di
muschio del piacere (continuando il poeta ad assomigliar
le sopracciglia della figlia di Mihràb ad un arco, dice
che, come gli archi si usano ricoprire di un involucro
fatto di corteccia d'albero, #%z, così quelle sopracciglia
avevano per involucro il muschio del piacere, la voluttà,
v. il <title>Vocab.</title>).. Se tu cerchi la luna, quello è del tutto
il suo volto, e se wo odorar muschio, quella è del
tutto la sua fragranza. ssa è da capo a capo (da capo
a piedi) un paradiso adorno, pieno di tranquillità, di
letizia e di ricchezza.

Queste parole portarono a Zàl in iscompiglio il cuore,
e così avvenne che la tranquillità e il senno si partirono
(sing.) da lui Venne la notte, e4 egli sedette dolente
assorto in pensieri, e nell’ anima sa divenne affannoso
per quella fanciulla ancor non vista. a quando il sole
sulla cima del monte vibrò i suo? raggi e il mondo si
fece alla sua luce in guisa di bianco cristallo, Destàn

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> 267 «=

figlio di Sàm aprì la porta dell’ udienza, e gli eroi che
avevan foderi dorati a//e spade, vi si recarono; si schierarono
nell’ aula dell’ eroe (Zàl), e mentre essz cercavano il posto
dei grandi (loro destinato), venne anche Mihràb il prin-
cipe del Kabul dirzgerdosi verso la tenda di Zàl principe
del Zàbul; e allorquando egli giunse vicino all’ aula d7
Zél, un grido si levò dalla porta: «Aprite (sing.) la via!».
Il prode così entrava dall’ eroe (Zàl) in guisa di un albero
pieno di novelli frutti. Si fe’ lieto il cuore di Zàl, ed
egli lo festeggiò e tra quella turba gli fece sollevare il capo
(lo esaltò), e g/# domandò: Da me ciò che desideri, 727
chiedi, sz di trono e di sigillo (insegne da principe), sza
di spada e d’elmo. — A lui disse Mihràb: O re, eccelso
e vittorioso e tale che vedi spedito il f0 comando, da
gran tempo io ho un desiderio, ale che compier quel
desiderio non è grave per te, che tu venga cz0è con
letizia alla mia casa e renda così, come sole, splendente
(lieta) l’anima mia. — Tal risposta eg diede Z@/: Ciò
non è ézox consiglio, nè vi è luogo per me nella tua
casa. Sàm, 2 fadre mio, non approverebbe tal cosa e
anche (nemmeno) il re (Minòcihr) quando udisse ale
notizia, che noi cioè beviam vino e diventiamo ebbri e
poscia ci rechiamo alla casa di adoratori di idoli (Mihràb
era un idolatra). Fuor che in questa, 7 qualunque altra
cosa tu dica, xoî té diamo favorevole risposta e nell’
aspetto tuo poniamo opinione buona. — Quando Mihràb
‘udì 22, gli fece una lode, ma nel suo cuore giudicò Zal
di non pura (non retta) fede. Fastoso si partì, /evardosi
di fianco al suo (di Zàl) trono, e fece augurii sulla sua
fortuna.

Nessuno su di lui fermò gli occhi, perchè tutti lo rite-
nevano wz0 degli addetti ai Dêvi (perchè idolatra); per
questo cz0è che egli non era della stessa religione e della
stessa via (fede), la /oro lingua fu breve (si astenne) dal
lodarlo. Quando Destàn /ig/zo di Sàm gli ebbe guardato

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= 255 «=

dietro mentre s'allontanava, assai lo lodò così come conve-
niva. Quando fo? videro l'eroe dall’ anima splendente
tanto caldo nel parlar di lui, ad uno ad uno i principi lo
lodarono, i grandi cioè e gli ero? famosi del regno. per la
statura sa € per l'aspetto e per la mansuetudine. per la
convenienza insieme e per l'attitudine sua. — .I/a il cuore
di Zal ad un tratto diventò come preso da un demone: la
sua mente andò lontano e l’amore venne ix luogo del
senno. Zal per i szoz pensieri fu trafitto nel cuore e
a quella cosa soltanto (all'amore) eg/# poneva (volgeva)
sempre il cuore. Il so cuore sempre era dolente di ciò
che si diceva 42 lu, fer timore che non diventasse oscuro
perciò l'’onor suo (non fosse egli biasimato). Sul suo capo
si volgeva intanto per qualche emo la volta celeste (il
tempo passava), ma il cuore di Zàl era totalmente pieno
d'amore.

Così fu (avvenne) che un giorno, di mattina, Mihràb
pomposamente usciva da quel suo castello e passò (si
diresse) verso il suo gineceo. Quivz, dentro la sua casa,
vide due soli, uno come (quale era) Rùdabeh dal bel
volto, uno (l’altro) come Sindukht dorza con (di) senno
ec amore, ornate (sing.) a7bedze come un giardino di
primavera, da capo a piedi piene di colori, di fragranze
ec di fregi. Meravigliato eg/ restò per Rùdabeh sue
figlia, onde su di lei invocò il Creator del mondo. Vedeva
egli la sua figlia simile ad un cipresso; su di lei splendeva
il giro della luna (la corona), essendosi essa posta sul capo
una corona di ambra; ornata xe resto di drappi e di
gemme, piena di ornamenti a guisa di un paradiso.
Siîndukht a//ora, la madre di Ridabeh, interrogò Mihràb,
e sciolse dai denti le labbra (aprì le labbra), 4écendo:
Come mai oggi te ne andasti e come mai sei ritornato?
che la mano del male possa essere breve (lontana) da te!
Qual uomo è questo figlio di Sàm dal capo vecchio
(canuto, v. l’Zx4rod.)? si ricorda egli del trono o del nido

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> 269 =

(dove fu allevato, v. l’Zxtr0d)? Ha egli più (conserva)
alcuna indole umana, e dietro agli eroi calca egli 2/ sentiero?
(cioè: gli imita?). Che dice del Simurgh (v. l'/x£r04.)
questo Zàl fortunato? Come è egli? nel volto e come è
egli nel collo? (opp., nel braccio, nelle fattezze). — A lei
così diede risposta Mihràb: O cipresso che 4az d'argento
il petto e bello il volto, entro (427) al mondo (cioè tra
i confini del mondo), tra gli eroi valorosi nessuno dietro
a Zàl-zer osa camminare (tenergli dietro); nè tu vedi
(potresti vedere) in un palazzo pittura (immagine) di mano
o di briglie simili alle sue, nè sulla sella alcun cavaliere
come lui. Egli ha il cuore d’un fiero leone e la forza di un
elefante e ambe le sue mani ‘fosser@? a guisa del mare
azzurro. Quando è seduto sul trono, eg/î è spargitor
d'oro, quando è in battaglia, è spargitor di teste (giuoco
di parole tra zar-afshén e sar-afshan, v. il <title>Vocab.</title>). Le
sue guancie rosse s070 somiglianti alla porpora; e giovane
egli è d'anni e vigile, ed è giovane fare la sua fortuna (egli
è al principio della sua splendida carriera). Entro la mischia
eglî è come la spada (xa4arg) dello sterminio, e sulla
sella eglî è come un dragone di acuto artiglio, tale che
pone (sommerge) nel sangue il suolo’ nella pugna e snuda
la spada rilucente. £ quantunque (/@zzîx £24) egli abbia i
capelli bianchi delle gazzelle (come le gazzelle, v. l'/x£r04.)
e non domandino dî /uî nessun’ altra cosa fuor che
questa gli uomini maldicenti, pure la bianchezza de’ suoi
capelli g/ conviene, e fx diresti che potrebbe sedurre
i cuori con fal bellezza. i
Quando Riùdabeh ebbe udito questo discorso, si
accese e fe’ il volto del color del fiore del pomo granato;
il suo cuore diventò pieno di fuoco per l’amore di Zal;
da lei furono lontani il cibo, il riposo e la quiete. —
Allorquando il desiderio (l'amore) ha preso il luogo del
senno, %z omo diventa sempre d'altro colore (diverso)
nel costume e nell’ indole. Qual 747 giusta parola

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>> 270 -<

pronunciò quel sapiente, @//orguando disse: «Non far
menzione di uomini dinanzi a donne; il cuor di donna è
luogo anche per un Dévo (anche un Demone può essere
amato da una donna); ed esse por dietro il detto (ciò che hanno
udito) cercano consiglio (si consigliano sul modo di con-
dursi)». — Ella (Rùdàbeh) aveva cinque ancelle Turanie;
erano esse a lei ancelle e serve amorevoli. Ora a queste
ancelle assennate e//a disse ux giorno: Un secreto voglio
io aprirvi dall’ intimo dell” anzio; voi ad una ad una mi siate
custodi del secreto, siatemi ancelle consolatrici.  Voz tutte
e cinque sappiate e siate consapevoli, e per tutti gli
anni siate accompagnate dalla éxoz4 sorte, che io sono
presa d'amore come mare impetuoso, dal quale si levarono
(invece del pres.) le onde fino al cielo. Il lucente (puro)
cuor mio è pieno dell’ amore di Zàl, nel sonno (durante
il sonno) dal pensiero di lui non mi distolgo gzammaz Il
cuore e l’anima e la mente mia sono pieni dell’ amore
di lui, nella notte e nel giorno è mio (lett, a me) pen-
siero il suo volto. Ora convien fare (trovare) qualche
modo per liberar dall’ affanno il cuore e l’anima mia.
Nessuno, fuor di voi, conosce il mio secreto, chè v07 sole
siete del pari amorevoli e del pari assennate.

Alle ancelle venne, questa meraviglia (si meravigliarono)
che un’ opera cattiva venisse da quella figlia di principi.
Tutte guzzda: le prepararono questa risposta e con angoscia
di cuore balzarono dal luogo dove sedevano, dicendo: O
corona delle principesse del mondo, eccelsa figlia nel
mezzo dei principi, lodata dall’ India fino alla Cina, in
mezzo del gineceo simile a splendida gemma, sapp: che
in un giardino non v' è cipresso dell’ altezza tua, come
quello delle tue guancie non v’ è splendor di Pleiadi.
Mandano (impers.) il ritratto delle tue gote (del volto)
da Kannòg e da Mày vicino (26544, fino a) al signor
dell’ Occidente. ‘ Mz tu stessa ferò non hai negli occhi

x

alcun pudore nè presso di te v’ è alcun rispetto per il

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= 271 -={

padre #0, dacchè (#74) quello che il padre scacciò dal
suo seno (v. l’Zxérod.), tu vuoi ora prendere (stringere)
al petto, uno cui un uccello ha nutrito sui monti, che è
diventato un segno (che è segnato a dito) tra la gente.
Nessun %omo nacque giammai vecchio dalla madre (plur.),
e se ‘alcuno ne nasce vecchzo, non è quella una felice
nascita. Ben è meraviglia se bramano un vecchio queste
due rosse labbra (lett., coralli) e guest neri capelli. La
gente del tutto (tutta) è piena. d'amore per te, nei castelli
dei principi è appesa l'immagine del tuo volto. A te,
con tal volto e con tale statura e con tal crine, dal”
quarto cielo potrebbe venir 7%4/ tuo (-@f) sposo il sole.

Quando Rudabeh udì i loro detti, il suo cuore
avvampò come fuoco per vento; contro di esse cacciò
con ira un grido dzcerdo: Volgete (abbassate) il volto e
chiudete (chinate) gli occhi. — Quindi, in quello stesso
istante, con ira e con volto corrucciato, dopo aver piegate
(aggrottate) le ciglia per disdegno, così parlò: Oh! stolto
il consiglio vostro! Non vale (è cosa indegna) l’udire i
vostri discorsi. Non l’Imperator dî Grecza io desidero,
non l’Imperator di Cina, non a/cuzo dei regnanti della
terra dell’ Iran. Al grado mio è corverzente il figlio di
Sàm, Zàl, col suo braccio da leone e con le sue spalle
e la sua cervice. Se anche lo chiamano vecchio o novello
giovane, per me egli è la consolazione dell’ anima e
dello spirito. Nessux altro, fuor di lui, sia giammai nel
mio cuore e, fuor di lui, di wessuz altro fate menzione
dinanzi a me. Per me il cuor rrz0, dexchè non l'abbia
veduto, scelse l'amor di lui, scelse parimente l'amicizia
sua da ciò che xa udito. Di lui sono io invaghita, non
del suo volto e de’ suo? capelli, pozchè solo per le sue
virtù divenni desiderosa d'amore (di amarlo), — Le
ancelle, quando udirono le dolenti parole di lei, furono
consapevoli del suo secreto (ne intesero .la gravità);
quindi ad alta voce dissero: Noi siamo é%e serve, siamo

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>> 272 «

amorevoli di cuore e fue ancelle. Vedi ora adunque
qual comando cz dai; dal tuo comando non verrà 4/70
fuori che il bene. — £ una fra queste disse: O fanciulla
gentile e snella come il fusto sottile di un cipresso, guarda
che nessuno sappia cotesta parola (cosa); ma irtazto i
tuoi neri occhi siano pieni di pudore, e le tue guancie
siano sempre piene (sparse) di verecondia. £ wo?, se ci
converrà imparar la magia, forar gli occhi a7 maligni con
artifizi e incanti (allusione all’ influenza dell’ occhio
maligno delle streghe, dei maghi, ecc.), noi voleremo
‘come se fossimo uccelli magici, ci incammineremo e nel
macchinar artifici saremo veloci come gazzelle, perchè
possiam condurre il principe (Zàl) accanto alla fanciulla
(lett., la luna, v. il <title>Vocab.</title>), e portarlo a te daccanto perchè
fi sia sgabello az fuo? piedi. — Rùdaàbeh allora fece pieno
di «x sorriso il labbro di rubino, e fece (volse) verso
l’ancella le guancie sparse di rossore (v. il <title>Vocab.</title>), dicendo:
Se tu in questo z70 disegno sei (520?) obbediente, un
grand’ albero fruttifero tu pianti, che ogni giorno recherà
un rubino per frutto, e la prudenza raccoglierà nel suo
grembo quel frutto.

Le ancelle (sing.) @//ora si levarono dalla sua presenza
e volsero il volto (furono intente) a quell’ arduo affare
(lett., senza mezzi, cfr. gr. &ropos). Si ornarono di drappi
greci e si adornarono il capo 4 ricci con rose. Andarono
tutte e cinque fino al fiume, simili a ridente primavera
per ogni fragranza e colore. Era il mese di Ferverdìn
(v. il <title>Vocab.</title>) e il principio dell’ anno, e 5/2 sponda del
fiume era (stava) l'accampamento di Zàl. Da quell’ a/#ra
parte del fiume stavano quelle fanciulle, battevano (face-
vano) discorsi intorno a Destàn (Zàl), e intanto dalla
sponda del fiume raccoglievano rose; erazo le loro
guancie come un roseto, e rose erazo fure nel (sul) loro
seno. Volgevansi 4a ogni parte e intanto raccoglievano
rose; ma guando furono di rincontro alla tenda del

Go gle
> 273 -=«

giovinetto, Destàn dal suo alto seggio Ze osservò e do-
mandò: Queste /arxciulle adoratrici (amanti) delle rose
chi sono? Perchè wma? raccolgon rose dal nostro roseto?
Non temono forse del comando (divieto) nostro? — UVx
tale, pronto al favellare, così disse all'eroe: Dal castello
di Mihràb che Aa l’anima lucente (pura, splendida), la
luna del Kabul (Rùdabeh) mandò a questo roseto le sue
ancelle. — Quando Destàn ebbe udito cò, il cuor suo
palpitò e per il molto amore non trovò posa sul proprio
luogo. Pieno di fretta, con un servo, Destàn amante di
regno (di potere, di gloria) da quel /uogo si mosse verso
il fiume. Quando da quella parte Zàl vide le ancelle,
chiese l'arco dal Turanio (dal servo che lo seguiva, v. il
<title>Vocab.</title>) e stese il braccio. Per parte (per cagione) della
caccia egli s'avanzava a piedi, gu@ax4do vide dentro quel
fiume un uccello acquatico. Il servo Turanio dalle rosee
guancie tese la corda dell’ arco e lo pose nella mano
sinistra dell’ eroe, #7 gwale levò un grido perchè quel-
l'uccello si levasse dall’ acqua, e intanto in fretta scagliò
una freccia. In quel medesimo istante lo trasse giù dal
suo volo, stillante sangue, e per esso l'acqua del fiume
diventò di color rosso. £Z4/ disse allora al servo Turanio:
Tu passa da quella parte, tu portamz quell’ uccello che
ha abbassate le ali (che non vola più).

L’animoso Turanio passò allora fiume su una
barchetta; il Turanio si avanzò verso le ancelle. Le
ancelle fosfo con quel giovinetto Turanio, dal volto
bello come la luna, cominciarono a dir parole di quell’
eroe amante di gloria, dicendo: Cotesto eroe valoroso
(lett., che ha il corpo d'un elefante), che 4a le brac-
cia di un leone, qual uomo è, e re di qual gente?
Dinanzi a lui che in tal guisa libera dall’ arco le
freccie, come mai potrebbero aver valore i so? nemici?
Noi non vedemmo wa? un cavaliere più degno di lui,

che ottiene il suo desiderio così con le freccie e con
18

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>> 274 «

l'arco. — Il servo allora dal volto di una Peri pose i
denti sulle labbra (si morse le labbra, v. il <title>Vocab.</title> v.
dandîn). Non far menzione, disse, in questa maniera
del re (Zal). Signore del Nimrùz è il figlio di Sàm che
i principi appellano Destàn per nome; il cielo non si
volge su alcun cavaliere simile a lui, nè il tempo (opp.
il Fato) vede wa? alcun eroe simile a lui. — Le ancelle
(sing.) col giovinetto dal volto dello come la luna risero,
e gli dissero: Non parlar così, poichè Mihràb nella sua
casa ha una luna (Rùdabeh) superiore in grado al tuo
re per ogni capo (sotto ogni riguardo). In altezza e//e
è un arboscello e dello stesso colore dell’ avorio (candida),
con una divina corona di neri cafe/l: sul capo. La sua
bocca è nella strettezza (è piccola, è stretta) come il cuore
di un womo angustiato, il volume (lett., il capo) dei suoi
capelli è come il cerchio di un monile delle gambe (è
arricciato). I suoi due occhi soxo pieni di sonnolenza
(v. il <title>Vocab.</title>) e di modestia, piene di tulipani (di color
roseo) le gote, e come muschio i capelli. Il suo respirare
non ha alcuna via che per le sue labbra; e nel mondo
non vi è alcuna fanciulla simile a lei. Spf? ora che noi
venimmo pompose (con pompa) dal Kabul, e venimmo
per il signore del Zabul, a6fwx#0 per questo fine ((ér24),
acciocchè quel labbro simile a un rubino (Rùdabeh)
facciam noto (congiungiamo) al labbro del figlio di Sàm.
Sarebbe bello e sarebbe assai conveniente che Rùdabeh
fosse consorte a Zàl. — Quando servo turanto ebbe
udito da quelle ancelle cotesto discorso, divennero le
sue guancie, per queste parole, del color del rubino.
Così allora parlò alle ancelle 27 ezovinetto dal bel volto:
È (sarebbe) bello che la luna fosse congiunta col sole
lucente.

Quando da loro ritornò ridendo il giovinetto, l’interrogò
il celebrato figlio di Sàm, décendo: Quelle fanciulle che
mai t’hanno detto, chè tu ne torni ridendo, e ritorni con

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> 275 «€

aperte le labbra e scoperto l'argento dei denti? — Egli allora
disse all’ eroe ciò che aveva udito, e per la letizia diventò
giovane il cuore dell’ eroe; onde così parlò al servo dal
volto 6e/lo come la luna: Vanne, di’ a quelle ancelle:
«non vi partite per alcun istante dal roseto; chi se
che non abbiate a portar cor vor gemme insieme alle
rose del giardino. Non 2 sia lecito ritornarvi al castello
per questo, finchè io possa mandar co/è un messaggio
in secreto». — Chiese allora denari con oro e gemme
dai tesori s%07 e cinque drappi ‘di gran prezzo intessuti
d’oro, e comandò dicendo at suoî valletti: Recate queste
cose presso di quelle; non dite x%/ a nessuna e portate
tutto ciò in secreto. — / valletti se n° andarono dalle
cinque fanciulle dalle gote delle come la luna, con calde
parole e con denaro e col tesoro (i doni di Zal). Loro
consegnaron l'oro e le gemme in nome dell’ eroe del
regno, Zàl-zer. Le ancelle (sing.) dissero @/%ora allo
schiavo (di Zal) dall’ aspetto 6e//o come la luna: Una cosa
non resta mai nel secreto (non si può mai conservare il
secreto in alcuna cosa), se non guazdo quella cosa è rota fra
due persone so/fazto; quando è nota a tre persone, non è 27
un secreto; e zofa a quattro, è zofa a una moltitudine. Dite
(sing.) ora, o womznî avveduti e di onesto consiglio; e
se gualche cosa è in (di) secreto, rivelate/a a noi. —
Le ancelle dissero l'una con l’altra: Il fiero leone è venuto
(caduto) nel laccio; ora il desiderio di Rùdàbeh e 9ue/0 di
Zàl al /oro luogo vengono (sing.; si accordano, s'incontrano,
restano compiuti), e questa fu 4/ certo fortunata sorte.

Il tesoriere dagli occhi neri del principe (di Zàl),
che era in tal fatto (nell'amministrazione dei tesori) il
consigliere (l’aiuto) del principe (ripetuto per la rima),
se ne venne (ritornò a Zàl). Ogni parola che aveva
udito da quelle /axc:z//e consolatrici dei cuori, eg/? disse
(ripetè) in secreto alla presenza di gue/ signor di eserciti.

Il duce 4//ora si recò fino al roseto, presso le fanciulle
18*

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> 276 =

del Kabul, e quelle donne dal volto di Perî, dalle rosee
gote, szm220 alle fanciulle di Tiràz (v. il <title>Vocab.</title>), si
mossero e dinanzi a lui portarono (gli prestarono) omag-
gio. Z4/, il duce, richiese da loro ra cosa, della statura
cioè e dell’ aspetto di quell’ arboscello di cipresso (Rùdabeh),
delle sue parole e del suo aspetto, del senno e della
prudenza, per questo czoè, per conoscere se (ch, in qualche
cosa) ella gli convenisse. — Ditemi, eglî disse, ad una
ad una queste cose (sing.), e guardatevi che non poniate
alcun fondamento nella falsità (non osiate dir bugia). Se
il vostro detto sarà retto (veridico), presso di me sarà
onore per voi; ma se io porto alcun sospetto di falsità,
sotto i piedi di un elefante vi schiaccerò (vi farò schiac-
ciare; pena usata in Oriente). — Le gote delle fanciulle
divennero fa//ide come resina gialla; ed esse dinanzi al
principe baciarono il suolo. Tra esse una vi era minore
di anni, che diventò favellante (ebbe coraggio di rispon-
dere), piena di cuore (di coraggio), a Zàl; così e//a disse:
Nel mondo non nasce mai (non suol nascere) da una
madre qualcuno in mezzo ai principi con aspetto egwade
a quello di Sàm e con la statura di lui, con la purità
del suo cuore e la sapienza e il senno di lui. /x secondo
luogo alcuno wo0x è nel mondo come te, o animoso cavaliere,
con tale altezza di statura e con #24 braccio degno di un
leone. x terzo luogo non è nel mondo alcuna fanciulla
come Rùdabeh dal bel volto, szmz/e ad un argenteo ci-
presso con colori e fragranze. Dal capo fino ai piedi
suoi sono rose e gelsomini, e su cofesto snello cipresso
sembra che brillino le stelle del Canopo, quali brillano
nel cielo puro del Yemen. Da quel capo szmzle ad
argentea volta celeste scezzde giù abbandonato fino a
terra sopra le rose delle guancie un laccio d’inganno
(i capelli che seducono con la loro bellezza); il suo capo
2 intessuto (sparso) di muschio e d’ambra; il suo corpo
è splendente di rubini e di gemme. Il volume (sa7) de’

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> 277 -«

suoi ricci e delle trecce è come una negra lorica; tu
diresti che vi son stati posti (fatti) nodi su nodi, faxzo
sono arricciati î capelli. Nessun idolo(?) come lei tu
non vedresti in Cina; la luna e le Pleiadi su lei sembrazo
far le lodi.

L'eroe disse @//ora prestamente alle ancelle queste
dolci parole con languida voce: Ora ditemi (sing.) qual
rimedio vi sia per me, per trovare una via che mî con-
duca vicino a lei; poichè il cuore e l’anima nostra sono
piene dell’ amore di lei; tutto il xostro desiderio è (sta)
nel vedere il suo volto. — Le ancelle dissero: Ove tu
comandi, 702 correremo fino al castello di quel!’ agile
cipresso (Rùdàbeh). Co/ /avellarle del fausto consiglio
dell’ eroe del regno, del suo aspetto e del suo favellare
e della sua anima lucente (pura), noi la sedurremo e /e
diremo ogni sorta di cose, f0%4è guî in mezzo @ not 2
far ciò non è rulla ancora di cattivo. Trarrem così nel
laccio il suo capo odoroso di muschio e recheremo le
labbra sue sulle labbra del figlio di Sàm. Venga l’eroe
soltanto col laccio vicino (intorno) al palazzo e all’ eccelso
castello, e vedrai allora (imperat.) fino a quanto (fà) di
piacevole ti verrà; 2rtazto per questi rosta? detti possa
crescere a te la gioia.

Partirono a//ora le belle, e Zàl se ne ritornò, e fer
luî quella /u una notte lunga della lunghezza di un anno.
Giunsero intanto le belle alla soglia del castello, ciascuna
tenendo nella mano due ramoscelli di rose. Ze osservò
il portinaio e si preparò ad una lite cox loro; fece pronta
la lingua e fece stretto (chiuse a pietà) il cuore, dicendo:
Così adunque di sera vo uscite dal palazzo; mi vien
meraviglia perchè (f) voi così andiate fuor. — Le
fanciulle gli prepararon dosfo la risposta e con amarezza
si levarono contro di lui dal loro luogo, dicendo: Oggi
non è giorno di diversa maniera dagli altri, nè nel
giardino delle rose sta xascosto un maligno Dévo, onde

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> 278 «

dobbiam noî temere. Venne la primavera, e not racco-
gliemmo (pres.) rose dal roseto, dal volto (dalla superficie)
della terra raccogliemmo rami di lavanda. Per comando
di Rùdabeh che ha bello il volto come la luna, di qui
noi movemmo con amore dietro le rose. Che sono ora
guesti detti tuoi di tal maniera, perchè noi (sing.) abbiam
raccolte a/cuze rose dal volume (dal mezzo) delle spine? —
Il custode della porta disse: Oggi non conviene fare
(operare) secondo l’altro modo (shkumdr) degli altri giorni,
allorquando (#4) il principe Zàl non era nel Kabul, nè
questa terra era piena di tende e di esercito (di soldati).
Non vedete 707 che all’ alba, 0g? g70rz0, da guesto castello
il signor del Kabul (Mihràb) pone il piede (monta, sale)
in sella, e che tutto il giorno è un andare e venire da
lui, poichè ess sono l'uno con l’altro fermamente amici?
Che se egli vi vede coteste rose tra le mani, all’ istante
stesso vi farà peste al suolo (vi getterà con percosse al
suolo). Non uscite adunque un’ altra volta dal gineceo,
che non avvenga poi che xe corra più o meno gwadche
parola (che io non debba render nota ogni cosa a
Mihràb).

Entrarono allora nel castello le belle fanciulle di
Tiràz; guiîvî si sedettero e con la bella (mà, luna, v.
il <title>Vocab.</title>) dissero ogni secreto: Noi non vedemmo mai
un sole di tal maniera come Zél, con le guancie come
rosa, con bianchi il volto e i capelli suoi. — Arse
d'amore il cuore di Rùdàbeh, per cotesta speranza, a
fine cioè di vedere il suo (di Zal) volto. Ze ancelle le
posero dinanzi i denari e le gemme, e Riùdabeh le richiese
del più e del meno (d’ogni particolare), dicexdo: Come
mai è r2uscita l'opera vostra col figlio di Sàm? meglio
è il vederlo, che (az) l'udirne parlare per fama e per
nome. — A/ora tutte e cinque le /azci/le dal volto
di Peri si affrettarono, quando con (presso) la bella tro-
varono luogo alle /oro parole, a dire: Zàl è quel #a/

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> 279 =

cavaliere che nel mondo, da un capo all’ altro, non vi è
alcuno come lui per gentil costume e dignità; poichè
egli è un uomo dello a guisa di agile cipresso. Egli ha
del pari bellezza e del pari maestà reale, del pari splen-
dore e valore (rane « by, v. il <title>Vocab.</title>) e del pari alta
statura e /orza di braccio. Zgli è un cavaliere smilzo
di corpo e ampio di petto; ambi i suoi occhi come due
candidi narcisi, le sue labbra come corallo, le sue guancie
rosse come sangue; la mano e il braccio suo soxo come
la zampa di un fiero leone. Zed? è prudente e 4a cuore
di sapiente e maestà di re. I suoi capelli son del tutto
bianchi nella tinta; sono veramente come 7 fel delle
gazzelle, e ciò non fa vergogna «a /uî; anzi i capelli di
quell’ eroe del regno sopra le sue guancie sozo come
una corazza d’argento su rose color dî porpora, fel che
diresti che cotesta qualità siffatta gli conviene, e se non
fosse così, non potrebbe crescere fer lu? l'amore. Gli
abbiam data la lieta novella della tua vista (che egli
cioè ti potrà vedere), oxde da noi si ritornò co/ cuore
pieno di speranza. Ora tu fa qualche cosa Yer opèra
(riguardo al) del #40 ospite; comanda ora per qual cosa
dobbiam-ritornare a luz. — La bella allora, simile ad un
albero di cipresso, così disse: Voi foste (sing.) frîma
d'ora diverse d'opinione e di parole. Quello stesso Zàl
che era un allievo di un uccello, che era tanto vecchio
nel capo ed era d? f2% anche sfiorato nel sembzante, ora
nel volto è diventato come una rosa di porpora, di corpo
snello e bello di gote ed eroe. orse dinanzi a lui
ornaste così (gli descriveste) le mie gote e g/ parlaste, e
dopo ciò chiedeste il prezzo delle vostre lodi?

Mentre ea parlava, aveva le labbra piene di un
riso, aveva le guancie rosse come un pieno (sbocciato)
fiore di pomo granato. Quindi così parlò quella prin-
cipessa delle principesse ad alcuna delle ancelle: Di qui
correndo con la lieta novella, al cominciar della notte,

x

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> 280 -—<

vi recate da lui, e/ dite ogn? cosa e i detti suoi ascol-
tate, dicendogli prima: «Il tuo desiderio è riuscito; pre-
para ora l'opera tua. Vieni, acciocchè a//fne tu vegga
una principessa piena di fregi». — £ le ancelle (sing.)
così dissero con (a) gwe/la principessa dal volto éello
come la luna: Ora cerca gwa/che maniera di spediente (ti
adopra a far qualche cosa), dacchè (#4) Iddio # ha dato
qualunque cosa era (formava) il tuo desiderio. Possa il
compimento di quest’ opera essere felice! — Rùdabeh
allora attese prestamente all’ opera, nascostamente $erò
dai parenti suoi, qualunque si fosse. Aveva essa una
stanza della come la gioconda primavera, in essa erazo
pitture di volti di eroi; fer suo comando l’adornarono di
drappi cinesi, vi apprestarono piatti d’oro, 27 mescolarono
insieme vino e muschio ed ambra, vi sparsero al suolo
gemme rosse e smeraldi, viole e rose e narcisi e fiori
rossi, rami di gelsomino e gigli dall’ altro lato delle
stanza. Le loro tazze erano tutte d’oro e di turchesi, e
il loro bere era nel (di) puro giulebbe, orde fino al sole
saliva il profumo da quella stanza di quella fanciulla dal
volto dello come il sole.

Allorquando il risplendente sole non fu più mani-
festo (tramontò), chiusero de arcelle la porta di quella
stanza e xe fu fatta perdere la chiave (perchè i genitori
di lei non si accorgessero di nulla). Le ancelle a/ora
si recarono da Destàn /igto di Sàm, dicendogli: L’opera
è preparata (ogni cosa è pronta), tu muovi il passo. —
Il principe volse la faccia al castello così come ‘è (come
suol fare) un uomo che cerca l'amante sua; e la fanciulla
dai neri occhi, dalle rosee gote, salì su di un terrazzo,
simile ad agile cipresso, sul cui capo sta una luna piena
(il volto). Allorquando da lontano Destàn, figlio di Sàm
cavaliere, si mostrò, cotesta figlia celebrata aprì le due
labbra (v. il Voca6.) e diede (mandò) questo grido: Tu
sei il benvenuto, o giovinetto figlio di eroe; sia sopra

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281 -—-

di te la benedizione del Creator del mondo e sopra
qualunque figlio che nasca come (simile a) te.  Gioconde
nel cuore e liete siano le ancelle che #m? hanno fatto
menzione 4? fe, quale tu sei da capo a piedi. In questa
guisa adungue e a piedi seî venuto dalla #ua tenda; ti
dolgono forse (o sono stanchi) i #uo? piedi reali? — Il
principe, quando dalle mura udì gue//a voce, riguardò e
vide /a fanciulla dalle gote splendide come il sole; era
(lett., essendo) ufo il terrazzo per lei stw220e ad una
lucida gemma e il suolo all’ ixforno come rosso rubino
per lo splendor delle sue guancie. A e così diede
risposta: O /arciulla dal volto di luna, verga a te da
me un saluto e benedizione dal cielo. Qual quantità
(numero) di notti z0 cox gli occhi fissî tra le stelle (v. il
<title>Vocab.</title>) fui (stetti) piangente dinanzi a Dio santo, e pre-
gava che il Signor del mondo mostrasse a me (mi con-
cedesse di vedere) il tuo volto in secreto. Ora io mi
sono fatto lieto alla tua voce, a questo tuo discorso
sagace con blandizie. Ora cerca un espediente di via
della #ua vista (per vederti da vicino). Perchè mai sei
tu sulle mura, ed io 9%? sul campo? — La fanciulla dal
volto di Peri udì (intese) il detto del principe € tosto
sciolse dal capo i capelli 47 color del fiore di pomo
granato. Calò giù da quella torre le sue treccie che si
allungarono finchè giunsero al piede delle mura tutt’ in-
sieme. Quindi, da/l” alto delle mura, Ridàbeh mandò
una voce, @icendo: O eroe, giovinetto figlio di un eroe,
sali ora in fretta e traggi /ixo a me la tua persona;
sciogli (metti in opera) /a forza del fu0 petto da leone
e della mano degna dei re. Stringi queste nere treccie
da un capo fer ventre a me. Per parte tua (per te) ora
convengono (sono atte a giovarti) le mie treccie.

Zal riguardò a quella faxc:w//a dal volto di luna, e
gli venne stupore da cotale discorso 4? Ze; palpò con
(impresse un) un bacio su quelle nere treccie (v. il <title>Vocab.</title>),

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m> 282 -—<

tanto che la sua futura sposa udì il suono di quel suo
bacio. £ Zal così rispondeva zréazto: Ciò non è giusto
(che io mi appigli alle tue treccie). Non sia maz f:% di
giorno così lucente il sole, se io leverò (lett., batterò) la
mano contro l’anima di ch? è folle (#4ira4) d'amore, e se
infiggerò un’ acuta punta in cotesto suo cuore ferito (se
le recherò dolore). — Quzndi dallo schiavo che lo seguiva,
prese egli una scaletta di corda (v. il <title>Vocab.</title>) e le diede
una piega (un moto rotatorio), “a scagliò dolcemente e
non proferì parola, wa la sommità del terrazzo pervenne
in quel nodo (fu presa da quel nodo), sì che egli giunse
dal piede 4e/ muro fino alla sommità ad un tratto. Quando
egli si fu posato sul terrazzo di quelle mura, la fanciulla
dal volto di Perì venne e gli portò (prestò) ossequio;
nello stesso istante strinse nella sua mano la mano di
Destàn, e si mossero tutt’ e due a guisa di ebbri er
la giota. Discese egli dal terrazzo dell’ eccelso castello
per entrar nella stanza, stringendo dentro la sua mano
la mangi quell’ alto arboscello (Rùdabeh). Si mossero
quindi Verso la stanza fregiata d'oro, entrarono in quel
ricetto degno di re. /x guzsa di paradiso era adornato
quel luogo pieno di luce, dove le ancelle sfavazo in piedi
dinanzi alla fanciulla dagli occhi neri. Rimase mera-
vigliato là dentro Zàl-zer per quel volto dî AR#d46ek, per
quei capelli e per quella bellezza e per quella maestà,
potchè essa era ornata con collane, con monili e con
orecchini, per i drappi (le vesti) e le gemme simile ad
un giardino di primavera; erano ambe le sue guancie
come tulipani in un giardino, e il volume delle treccie
de’ suoi capelli cadeva a ciocche a ciocche. Lo stesso
Zàl con reale maestà si assise con magnificenza accanto
alla bella; aveva sul suo petto come pendaglio un pugnale
e sul suo capo una corona di rossi rubini. Non si posava
Rùdabeh dal rimirarlo e furtivamente volgeva gli occhi
su di lui, ammirando quelle braccia (sing.) e il collo e

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> 283 «=

quella maestà e l'altezza sua, fer la quale una rupe
diventava (lett., veniva) per lui, co? colp? della sua clava,
come una spina (maniera iperbolica e strana per denotare
il valore di Zàl; e giuoco di parola tra 44érà, rupe, e
khàr, spina); e guanto più essa mirava allo splendore
delle sue gote che e accendevano l’anima, tanto più
ardeva il cuor suo.

Il principe disse con la (alla) /arciulla dal volto
bello come la luna: O cipresso dal petto candido come
argento, odoroso di muschio, quando Minòtihr udrà
questa novella, non sarà certo consenziente in questo
fatto (non approverà il nostro amore). Lo stesso Sàm
figlio di Nîrem (v. il <title>Vocab.</title>) solleverà le grida, batterà
le palme e contro a me verrà con ira. Ma l’anima è
per me tl vero tesoro, e 20 prendo @ vile questo stesso mio
corpo, e a/l° estremo d'ogni male mi coprirò del lenzuolo
funebre (saprò affrontar la morte), fwrckè io ottenga
(tempo pass.) dal Creatore che è mio giudice, che io giammai
non mi diparta dal tuo patto. . Andrò, dinanzi a Dio
farò preghiera; come /azzo i ministri di Dio, farò io
adorazione perchè almeno Egli mondi il cuore di Sàm
e del re della terra, Minòtthr, dal desiderio di guerra
(di contrastarmi) e dall’ ira e dalla vendetta contro dî
me. Il Creator del mondo udrà certo il detto mio, purchè
alfine tu sii in pubblico mia consorte. — £ a lui disse
Rùdabeh: Io così pure prego di ottenere (tempo pass.)
da Dio giudice della religione e della legge, che su di
me alcuno non sia re (non sia io in potere di nessun altro);
il Creator del mondo è testimone alla mia lingua; nessuno,
fuor dell’ eroe del regno, Zàl-zer, che è adorno di corona
e di tesori e di nome (di fama) e di maestà.

Così il loro amore ad ogni istante più era (diventava
maggiore); era lontano il senno, e dinanzi (vicino) era il
desiderio. Così ess? stettero finchè l'alba sorse dal suo
luogo nel cielo, e x suono di tamburi (sing.) si levò

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>> 284 —-<

dalle tende dî Zé/ Dopo di ciò (allora) Zal fece un
addio alla fanciulla, fece il corpo suo come stame e il
petto di lei come ordito (immagine presa dall’ arte del
tessitore; come cioè s'intrecciano i fili e l’ordito in una
tela, così si abbracciarono i due amanti). Fecero tutt’ e
due piene di lagrime le estremità delle ciglia, e intanto
verso il sole trassero (mossero) la lingua a /avellare,
dicendo: Tu che sei l'ornamento (arr) del mondo, l’ar-
resta ancora per una parte dî /emfo (per un istante);
non conviene ancora che fx ad un tratto già venga (a
interrompere il nostro colloquio). — Dall’ alto a/lora
delle mura Zàl calò la scala di corda e discese dal
castello della sua vaga amante.

VII. SAM UCCIDE UN MOSTRO SUL FIUME KESHEF.

(Vedi l’/ntrodusione premessa al testo).

Come era (è lo stesso Sàm che racconta il fatto)
quel dragone che uscì dal fiume Keshef e fece il mondo
come schiuma (scompigliò il mondo). La sua lunghezza
giungeva per terra da città a città, e da monte a monte
la stessa sua larghezza. Il mondo (la gente) aveva per
lui il cuore pieno di timore, e tenevano (plur. collett.) la
guardia di giorno e di notte. L'aria era fatta libera
dai volatori e tutta la faccia del mondo dalle fiere sbra-
nanti. Le ali delle aquile bruciavano per l’ardore che
gli usciva dalle fauci, e la terra sfessa ardeva sotto al
suo veleno. Zsso dall’acque traeva fuori i terribili
coccodrilli e parimente giù dall’ aria #raeva le aquile
velocemente volanti. La terra si faceva senza (vuota di)
uomini e quadrupedi, fozckè tutta la gente gli lascia-
vano (plur. collett.) libero il luogo. Quando io vidi che
non vi era alcuno nel mondo che con lui osasse venire
a battaglia (v. la frase nel <title>Vocab.</title>), per la forza 2xfusami

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>> 285 =

da Dio santo, sostenitor del mondo, gettai via (sbandii)
dal cuore ogni timore e paura; mi cinsi la persona nel
nome eccelso dî Dio e mi sedei su quel 720 cavallo
dalla figura di un elefante. Con sulla sella la 7224 clava
dal capo di giovenca (v. il <title>Vocab.</title>), con l'arco sul braccio
e lo scudo sul collo (pendente dietro le spalle), mi partii
in guisa di un terribile coccodrillo, mertre a me era
arma l'acuto artiglio (le mani e le armi) e a lui l’acuto
(il velenoso) fiato. Chiunque mi vedeva, mi dava l’ultimo
addio, dacchè io voleva batter la clava su gue/ dragone.
Arrivai a lui, /o vidi alto come un monte, che traeva
(lasciava distendersi) come lacci i peli del capo sul suolo.
Con la sua lingua a guisa di un nero albero, con la sua
bocca spalancata, «gd: era giacente sulla via, e 7 suoi due
occhi erazo come due ricettacoli pieni di sangue. Mi
vide, urlò e 72 venne zxcontro con ira. Allora questa
opinione io portai (credetti), o principe, che egli forse
avesse un fuoco entro il petto (per le fiamme che vomitò
in quel momento). Il mondo dinanzi agli occhi miei si
mostrava come un mare, e il fosco fumo saliva zr/anto
fino alle nere nuvole. Tremava per i suoi urli la super-
ficie della terra, e la terra per il suo veleno era come
il mare della Cina. Contro di lui sollevai un grido in
guisa di leone, così come è l’opera (come suol fare) di
un uomo coraggioso. Una dura freccia con la punta
d'acciaio posi allora senza indugio sull’ arco; feci passar
quella freccia verso la sua bocca per questo, a fine di
forargli la lingua nella gola. Allorquando un lato della
sua bocca fu così conficcato, per lo stordimento egli /è
rimase con la lingua fuori. Nello stesso tempo un’ altra
freccia simile scagliai nella sua bocca. gl? si contorse
per quella el dolore. Una terza allora gli scagliai nel
mezzo della sua bocca, onde uscì un fiume gorgogliante
di sangue dal suo fegato (dall’ interno del suo corpo).
Ma quando egli fece stretta con me la terra (ristrinse lo

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= 286 —<

spazio che mi separava da lui, mi si avvicinò), sollevai
quella #22 clava di vendetta, dal capo di giovenca, e
per la forza #nfusami da Dio signor del mondo incitai
dal luogo Dêvo era, il mio cavallo simile di corpo ad
un elefante. Calai sul suo capo la clava dal capo di
giovenca; avresti detto a gxe/ colpo che il cielo gli avesse
piovuto sopra un monte. Sfracellai il suo capo come il
capo di un furioso elefante, e da esso (dal capo) giù
scorreva il veleno come il fiume Indo. Tale fu il drago
a quel solo colpo, che una seconda 7vo/fa egli non si
sollevò, e il suolo diventò eguale ad un monte per le
sue cervella sparse. Il Keshef diventò pieno di sangue
e d'acqua torbida, e gue/la terra, uccisa la belva, diventò
ancora un luogo di riposo e di sonno (un luogo tran-
quillo). Tutti i monti circostanti erano pieni di uomini
e di donne; ess? celebravano a me (le mie) le lodi, poichè
tutta la gente era spettatrice di quella battaglia, chè quel
dragone era veramente una ben maligna creatura di
Ahrîmane (v. il <title>Vocab.</title>., Per questa #72fresa mi chia-
marono Sàm da-un-sol-colpo, e gue//a gente stessa gettava
a me delle gemme. Quando io da lui (dal dragone ucciso)
mi ritornai, il mio lucente (candido) corpo era nudo
(spogliato) della mia rinomata corazza, cadeva arche giù
a branî dal cavallo la gualdrappa; e per quel veleno io
ebbi (soffri) danno per qualche tempo. Su quella terra
per molti anni non fu (non nacque) a/%x frutto, non 27
fu altro che un suolo bruciato e sparso di spine.

VIII. NASCITA DI RUSTEM.

(Vedi l’Z4rodusione premessa al testo).

Molto non passò (non tardò) in questo intervallo di
tempo (dopo le nozze di Zàl e di Rùdabeh), che lo snello
cipresso (Rùdabeh) venne a recar frutti. Que//a primavera

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>> 287 -

che accende il cuore (Rùdabeh), era avvizzita; il suo cuore
era calcato (oppresso) colla (dalla) tristezza e col (dal) dolore.
Per il soverchio peso ch' ella aveva dentro 4? sè, Rùdàbeh
mandava dagli occhi come ux fiume dî lagrime. Il ventre
suo assai era cresciuto e grave xe era il corpo, orde quelle
sue guancie color di porpora eran divenute color dî
zafferano. A lei disse la madre: O anima della madre
tua, che è a te (cosa hai) che sei divenuta così di color
pallido? — Così /e diede risposta: Io giorno e notte apro
continuamente (4a7î) ad un lamento il labbro. Tanto son
divenuta insonne e /axf0 son languente, c%e tu diresti che
io sono un vivo morto (un morto che cammina).' Certo
che è venuto omaz il mio tempo supremo, e non avrò (lett.,
non troverò) alcun sollievo dal portar questo peso. —
Sîndukht (la madre di lei) 2//ora, senza riposo (affannosa)
per il dolore di lei, piangeva quando vedeva le sue
pallide guancie; e così, finchè sopraggiunse il tempo del
partorire, ella (Rùdabeh) ebbe serre bisogno (mancò di)
di sonno e di riposo; tu avresti detto che la sua pelle
(il suo corpo) fosse riempito di pietre; ovvero che ciò
che era dentro di esso, fosse di ferro. Ora così avvenne
che un giorno da lei si partì il senso (perdette i sensi),
e dalla casa di Destàn si sollevò un grido. Gemè Sindukht
e si graffiò il volto e si strappò quei suoi neri capelli
odorosi di muschio. Tutto ad un tratto giunse a Destàn
la novella che erazo avvizzite le foglie dell’ agile cipresso
(che Rùdabeh era svenuta). Zàl-zer a/ora corse al
guanciale di Rùdabeh, pieno di lagrime le gote e con
ferito il fegato (il cuore, v. il <title>Vocab.</title>).. Nel gineceo tutte
le ancelle strappavansi (part. passato assoluto) i capelli,
con nudo (privo di ornamenti) il capo e i capelli, e fatta
molle 47 lagrime la faccia. In quel momento Zàl fece
questo pensiero nel cuore, e da (dietro, dopo) g%e/ pensiero
il suo dolore diventò più leggiero. Vennegli in mente
quella stessa penna del Sîmurgh (v. l'Zxtr0d. e il <title>Vocab.</title>),

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= 288 —<

ed egli sorrise e a Sindukht we diede la lieta novella.
Portò (fece recare) un braciere e 2? accese il fuoco e vi
arse un. brano di quella penna del Sîmurgh. Intanto
(fam, Gua), nello stesso tempo, l’aria diventò di colore
oscuro, e venne manifesto (apparì) quell’ uccello di grande
dignità, come (simile ad) una nuvola la cui pioggia sono
margarite (sing.; che piove margarite, gemme); ma che
dico margherite? che az? esso era (pres.) la quiete dell’
animo dî Zé Fece lungamente su di lui Zàl le sue
lodi, assai lo lodò e gli portò (gli prestò) omaggio. —
Così parlò il Simurgh: Perchè maz è cotesto affanno?
Nell’ occhio del leone perchè vi è l'umore del pianto? ...
Da questo cipresso (Rùdabeh) che ha il petto d’argento
eil volto dello come la luna, verrà a te un celebre fanciullo,
tale che i leoni bacieranno (sing.) il suolo dietro a lui
(sulle sue orme) e le nuvole non oseranno passargli sul
capo, e per la voce di lui la pelle delle bellicose pantere
si lacererà /oro sul dorso (frase iperbolica), ed esse si
morderanno (sing.) fer 2rzidia ambe le branche. A qua-
lunque eroe che %4rè il suono della sua clava e vedrà
il petto e il braccio e il collo di lui, alla sua voce
balzerà il cuore dal suo posto, guarturngue uomo batta-
gliero che usi cavalcar forti cavalli. Per consiglio e
prudenza egli sarà (pres.) come Sam il valoroso; e
dentro al furor della battaglia egli sarà come un leone
battagliero. Sarà in altezza come un cipresso e come un
elefante nella forza, e con un dito sodo scaglierà fino a
due miglia un giavellotto. Nel mondo egli non verrà
per la comune via del nascere, per volere del Creatore,
donator della grazia. Porta gu? ora una spada rilucente
e conducî qui un uomo avveduto e pieno di magia; e
primieramente inebbria col vino la tua bella e dal #%0
cuore disperdi il timore e ogxz éristo pensiero. Tu
frattanto osserva quale incanto opererà l’avveduto w490,
perchè possa trar fuori dall’ alvo il leoncello. Zg@

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> 289 <<

taglierà la parte laterale del ventre sopra l'addome (gr.
rò broyévòpiov) all’ agile #0 cipresso (a Rùdabeh), nè avrà ella
alcuna notizia (alcun sentore) di dolore; da lei fuori trarrà il
leoncello e il fianco della bella trarrà nel (lorderà egli di)
sangue; e dopo ciò egli cucirà laddove avrà fatto quella
ferita. Tu allontana dal cuore la paura, l'affanno e il timore.
Un’ erba che io ti dirò, tu pesta con latte e muschio, e
poscia tutte queste tre cose fa asciutte (fa asciugare) al-
l'ombra; quindi le strofina e le spalma sulla sua ferita, e
vedrai in quello stesso istante la sua guarigione. Su quella
ferita tu soffrega dopo di ciò una penna mia. Saf? che
è felice (apporta fortuna) la protezione degli auspicii
(/arr) miei. A te yo? conviene per queste mie parole
esser lieto, # conviene andare dinanzi a Do sostenitor
del mondo, poichè egli ti ha dato questo reale germoglio
che ogni giorno ti farà fiorire una novella felicità. /rtanto
in questo fatto non aver punto il cuore addolorato, poichè
quest’ albero tuo fruttifero viene ora a recarti è suo
frutto.

Disse, e una penna sz strappò dall’ ala, Za gettò va
e si sollevò alto a volo. Si mosse Zal e raccolse quella
penna di lui, se n’ andò e fece ciò che 2 Simurgh gli
aveva detto. Oh! meraviglia. Sopra quell’ opera era
(stava) spettatore un mondo (molta gente, cfr. il franc.
tout le monde), tutti con gli occhi pieni di lagrime e
l’anima trafitta. Siîndukht versava lagrime dagli occhi,
dicendo: Come maî potrà uscire dal fianco della madre
un fanciullo? — Ma intanto venne un sacerdote valoroso
di mano e inebbriò col vino quella 6e//a dalle gote szm2z/7
a luna. Tagliò senza dolore il fianco della bella, e volse
il capo al fanciullo dalla vera via (facendolo uscir dal
fianco, non lo lasciava uscir dalla via naturale), e lo trasse
fuori così senza alex pericolo, che nessuno nel mondo
vide tale meraviglia. Zg/î era un fanciullo simile ad
un eroe leonino, alto di statura e bello nell’ aspetto.

19

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3> 290 -<

Erano rimasti xe//o stupore per lui e uomini e donne,
poichè nessuno aveva udito 77c0rdare un fanciullo di corpo
simile ad un elefante. Per un giorno e una notte (v. il
<title>Vocab.</title>) fu (restò) assopita la madre sua per il vino; per
il vino assopita, e col cuore uscita era di senno. Intanto
le cucirono il luogo della ferita e col rimedio del Simurgh
ne tolsero tutto il dolore.

Allorquando si destò dal sonno gue/ ramo di cipresso
(Rùdabeh), verso Sîndukht aprì le labbra su parole (per
favellare). Allora, per /a gt0ta del vederla ritornare in
sè, le ancelle sparsero su di lei oro e gemme e gridaron
lode al Creatore, foscéa dinanzi a lei recarono in fretta
quel bambino e /o esaltarono come cosa celeste. Tu
avresti detto che, ad un sol giorno dî tempo, quel bambino
fosse di un anno; era come un cumulo di gigli e di
tulipani. Sorrise per quel sxo bambino l’agile cipresso
(Rùdabeh), scorse in lui la maestà reale; e perchè ella disse:
Bi-rustem (v. il <title>Vocab.</title>), è giunto a capo (al suo termine)
il mio dolore, — ferctò posero per lei (-ask) nome al
fanciullo: Rustem.

Erano lieti di lui Zàl e Sindukht, e Zé comandò che
venissero ar/eficî ingegnosi. ss? cucirono (composero)
di seta un fantoccino nell’ (dell’) altezza di ge leoncello
che non ancora aveva gustato il latte. Entro di esso
(l'interno) era riempito di pelo di coniglio, cox dipinti sulle
gote Venere e il Sole. Sul suo braccio s? vedeva un
feroce dragone, e nelle sue branche era dato (posto,
dipinto) l’artiglio di un leone. Sotto l'ascella eglî teneva
stretta una lancia; in una mano una clava, nell’ altra le
redini 42 ur cavallo. Posero quindi a sedere quel fantoccino
su di un cavallo baio (un fantoccino di cavallo) e intorno
ad esso anche alquanti sergenti (figurine di sergenti).
Quando /a/e opera ad un tratto fu tutta fatta, cz0è così
come era conveniente, fu compiuta, spedirono un messag-
giero veloce e sparsero (dispensarono) monete tra gli

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>> 291 <=

esecutori di tale ordine. Portarono essi quella figura di
Rustem armato di clava presso di Sàm cavaliere (che
allora faceva la guerra nel Segsàr e nel Mâzenderân per
ordine del re Minòéihr). Intanto in un giardino di rose
fecero una festa, e gl apparati st stendevano dal Kàbul
al Zabul. Tutta la campagna era rallegrata da vini e
da stromenti musicali; in ogni angolo erano cento doppieri.
Anche nel Kabul fu lieto Mihràb, e per 9ue/2 lieta novella
della nascita di Rustem dispensò denari ai poveri. Ma
nel Zaàbul da confine a confine stavazo cantori seduti in
ogni luogo; e gv? il maggiore non stava in più (non
aveva alcuna distinzione) sul minore, /0ozc4è sedevano
tutti insieme commistz, come il filo e l’ordito sono intrecciati
în una tela.

Dopo d? ciò, recarono quella figura di Rustem, @zcor
lattante, presso di Sàm cavaliere. Il messo la depose
dinanzi a Sàm, che l’osservò e ne fu lieto e gioioso.
Sul cafo di Sàm eroe si levarono in piedi (si drizzarono)
i capelli. A me, disse, somiglia giustamente questa figura
di seta. Se maî il suo corpo (di Rustem) arriverà so
tanto alla metà di questa figura, il suo capo toccherà le
nubi e il suo lembo (della sua veste) il suolo. — Quindi,
dopo ciò, volle dinanzi @ sè il messaggiero e gt gettò
monete finchè esse diventaron pari col suo capo (frase
iperbolica). Preparò foscîa tal festa che il sole e la luna
furorio spettatori in quel luogo festante (la festa durò
giorno e notte). Per la letizia si elevava dalla tenda
di Sàm un fremere di timballi; eg4 apprestò la palestra
come un occhio di gallo (frase strana per denotare la
nitidezza, la precisione di una cosa; v. il Voc46.), e in
quella regione del Segsàr e del Màzenderàn (v. il <title>Vocab.</title>)
ordinò un apparato solenne 44 confine a confine. Arrecò
vino e chiamò cantori, sparse denari fra i mendicanti; e
allorquando una settimana fu trascorsa 74 opere di tal

fatta, quel celebrato eroe fece sedere @ sè d'accanto uno
19*

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> 292

scriba, e a quella lettera di Zàl (con la quale Zàl accom-
pagnava quell’ immagine di Rustem) scrisse la risposta,
e l'adornò come giardino di paradiso. Primieramente
fece le lodi al Creatore per quel lieto volgersi della sorte
(per la nascita di Rustem). /oscza, in quello stesso tempo,
cominciò a lodare Zàl signore di spada e di clava, quindi
passò a parlar di quella immagine di seta che aveva le
fattezze degli eroi e la maestà dei re. £ comandò, così
proseguento: Tenetevelo tanto caro (con tanta cura) che
non gli ra alcun danno memmeno dall aria. Nel
mio seefeto, notte e giorno, feci adorazione col (al)
Creatore del mondo, perchè un giorno vedessero gli occhi
miei (sing.) un figlio vezzio dal tuo seme, secondo il mio
costume (che si assomigliasse a me nel costume). Ora
finalmente a me e a te è venuta una genuina stirpe, nè
convien domandar 4a/ cielo per essa (-ask) altro che
lunga vita.

Il messaggiero sen venne con lieto cuore e contento,
come vento che spira, a Zàl, e a lui parlò partitamente
della letizia di Sàm e del come egli stesso avesse esal-
tato cotesto celebrato @xc:4/lo (Rustem); dopo quel
momento (dopo di ciò) depose davanti a Zàl-zer la lettera
di Sam e gli diede (rammentò) i consigli del padre.
Quando Zàl udì queste (quelle) parole soavi, nel cuore
si fece lieto, eg/ l'eroe di mente pura; alla sua gioia
aggiunse così wx° altra gioia, e sollevò il collo (il capo)
fino al cielo azzurro (se ne compiacque; frase iperbolica).

In tal guisa le cose umane eran venute a capo 47
ciò che era stato destinato, e svelati omaz erano i fi
intimi Zoro secreti (era destino che Rustem nascesse da
Ridabeh e da Zàl; e ora ch’ egli era nato e che gli
avvenimenti si erano compiuti, si era anche dichiarato
ogni secreto, cioè che cosa avesse voluto operare il destino
mandando al mondo un sì grande eroe quale era Rustem,
principal sostegno e difesa degli Irani; v. l'/ntrod.).. —



Google
> 293 ==

Intanto dieci nutrici davano a Rustem il, latte laddove
(gli davano latte finchè ...) quel leoncello valoroso xe
fosse sazio. a quando dal latte passò ad 4/fr0 cibo,
il seo nutrimento era di pane e di carne. Il suo cibo
era di cinque uomini (quanto bastava per cinque uomini),
e gli uomini si stancavano di dargli ‘4/0 cibo. Quando
Rustem misurò l'altezza (giunse all’ età) di otto a%%2,
diventò come un agile cipresso. Tale egli era quale
è una splendente stella; e la gente rimirava quella stella
con meraviglia. Tu avresti detto che in quel luogo (là
appunto) fosse Sàm per l'altezza e il senno, per l'aspetto
e per la prudenza.

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<

Original from

Digitized by Goc gle UNIVERSITY OF MICHIGAN
VOCABOLARIO.

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Original from

Digitized by Google UNIVERSITY OF MICHIGAN
Ace.
antp.

ar.
arm.

gr.
collett.
cong.
dat.
ebr.
gen.
gol.

inf.
lat.
lett.
metaf.

nord.

np.

n. pr.
part.
phi.

ABBREVIAZIONI

accusativo. ;

antico persiano, lingua del tempo degli Achemenidi, usata
nelle Iscrizioni cuneiformi di Behistàn, di Alvend,
di Murghàb, di Naksh-i-Rustem. di Persepoli, ecc.

arabo-persiano, vocabolo cioè composto di due elementi,
uno arabo, l’altro persiano.

arabo.

armeno.

avverbio; avverbialmente.

confronta; si confronti.

collettivo; collettivamente.

congiunzione.

dativo.

ebraico.

genitivo.

gotico.

greco.

infinito.

latino.

letteralmente.

metaforicamente.

nominativo.

nordico, lingua delle due Z44%e, detta nordico antico o
antico-scandinavo.

neo-persiano, lingua di Persia dal 1000 dell'E. V. in poi.

nome proprio.

participio.

pehlevico, lingua della Letteratura persiana del tempo
dei Sassanidi, 222—650 d. C.

Goc gle
bi.

pr.

prep.
pron. pers.
pron. rel.
prop.

rad.

sing.

sir.

skr.

su.

ted.

pr.

tips.

v.

> 298 —«

plurale.

presente.
preposizione.
pronome personale.
pronome relativo.
propriamente.
radice.

singolare.

siriaco,

sanscrito.

suffisso.

tedesco.

tema di presente.
tema di passato.
vedi.

zendo, lingua dell’ Avesta.

TEST?

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VOCABOLARIO



آآئ
Td, e ày, tpr. di dad, pres. dyam, imperat. è, 62-y-d, bi-
y3-dy, venire, arrivare; accadere, avvenire (di un fatto);
sopravvenire, capitare; inf. radar (usato come nome)
venuta, arrivo; — «axdar àmadan, entrare; salire (a
cavallo); venir giù, calare; discendere (da cavallo,
con az, 0 2%); — dar &amadan, venir su, spuntare,
sporgere, sollevarsi, levarsi; passare (del tempo); —
birîin amadan, uscire, andar fuori; — fîsk &amadan,
venire innanzi, avanzarsi, presentarsi; sopravvenire;
— dar amadan, entrare; metaf., cominciare; — faràz
amadan, sopravvenire, venire incontro (si dice di
cosa che si prevede, come la morte, ecc); — furia
amadan, discendere; smontar da cavallo per fermarsi
in un luogo; — il tps. dad sta per d-gma-d, z. d-gam,
antp. 247, skr. gam (cfr. phl. matano), got. guiman.

آب
T 46, 1) acqua; fiume; cérak è db, l'arte di guidar le
acque per i campi; — 2) lagrime, pianto; — z. e
skr. af, antp. aò?, lat. agua, got. akva (fiume); —
3) Ab, il fiume Osso che divideva il regno del Turan
dall’ Iran, e che Afràsyàb però di tanto in tanto passava,
onde nascevano le guerre così frequenti tra Irani e
Turani. Questo confine fu segnato al tempo del re

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> 300 -

Minòcihr con una freccia che slanciata da un’ altura
cadde sulle sponde del fiume, e determinò così il
confine dei due regni. Quest’ ultima circostanza non
si trova nel Z26ro dei Re (cfr. SrrecEL, Eranische
Alterthumskunde I, p. 573).

ابا
LI a5à, forma più antica di dé che è più comune (v. bd).

آباد
oLî abèd, ameno, giocondo; lieto, allegro, contento,
felice; — d. dashtan, conservare in prospero e florido
stato; d. Zardan, abbellire, adornare; coltivare (la terra).

ابر
r! abr, nuvola, nube; z. awra, skr. abhra, gr. dugp0s,
lat. 207ber.

ابرو
sr! abrà, sopracciglio; z. 6rvat, skr. bhru, phl. bré,
gr. dppre. .

آبروى
sp ab-r&y (cfr. réy, volto; lett., acqua, colore del volto),
gloria, onore, splendore; modestia, riservatezza; sudore,
fatica.

آب شور
agi &b-shitr (cfr. shirîdan, turbare), acqua torbida,
(acqua salata, VULLERS).

آبگين
gg ab-gin (cfr. gin, colore), che è del color dell
acqua, splendido, lucido (si dice dei metalli).

آبگير
pet &b-gîr (cfr. giriftan, tpr. gîr, prendere), piscina,
peschiera, laghetto.

إبليس
us4dt 26/5, il diavolo, il demonio. In Firdusi e negli
Scrittori Pàrsi esso è identificato ad Ahrîmane, v.; —
n. pr. di uno dei Dêvi che il re Kàvus costringeva
a lavorare per lui, Iblîs.

آبنوس
sg &bnig (nel verso db:r#s), ebano (cfr. gr. 8fevos, ebr.
hobnîm); agg. di color fosco; oscuro, offuscato.

ابى
e! abî, forma antiquata di 6?î, senza; pàrsi awé.

آتش
List étash, fuoco; metaf. ardore, desiderio veemente;
vampo, superbia; ira, sdegno; — z. éf27, phl. atàsk,
cfr. antp. afr2ra (n. pri).

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>> 301 -=<

آتش فوز
papi atash-furùz (cfr. furîkhtan, tpr. furiz, accendere),
accenditor del fuoco.

آتشگده
soKisî dfash-kadah (cfr. kadah, tempio, casa, z. kata,
phl. #2524), tempio sacro al fuoco, pireo.

آتشگده
sdKkast dlash-gadah, v. ètash-kadah.


آتش گهر
ret àtash-guhar (cfr. guhar, gavhar, natura), che è
della natura del fuoco, cioè: ardentissimo, rapidissimo.

آخت
wai dEhXt, tps. di az.

آثتر
ya akhtar, astro, stella; ph. akhtar.

اثترشناس
urli zizi akhtar-shinàs (cfr. shinàkhtan, tpr. shinàs,
conoscere), conoscitor degli astri, astrologo.

آدمى
oi ddamiî, (suff. î, cfr. àdam, ar. Adamo, uomo), coll.
gli uomini, i mortali.

آذربرزين
Dir ST ddhar-barzîn, n. pr. di un tempio del fuoco
(îdhar) fabbricato da Berzîn, uno dei sacerdoti zoro-
astriani.

آذرغشسپ
nti a ddhar-gashast, n. pr. di un fuoco sacro che si
posò al tempo del re Khusrev non lontano da Ardebîl
(cfr. SrreceL, Erdn. Alterth., IL p. 621 e segg.;
II, p. 35, ecc.); secondo i libri persiani più recenti,
ddhar-gashast è il nome di un tempio del fuoco
fabbricato dal re Gushtàsp vicino a Balkh, laddove
egli nascose i suoi tesori, rapiti poi da Alessandro M.
(cfr. RawLINSON, Fournal of the Geogr. Society, t. X).
— Questo nome serve spesse volte a Firdusi in
alcune comparazioni per esprimere qualche cosa di
grandioso e di straordinario; farastandah î àdhar-
gashasp î tà, adoratore del tuo A. cioè: della tua
dignità (di Khusrev cioè); si sa che il fuoco A. fu pro-
tettore di Khusrev (cfr. SpieceL, Eràx. Alterth. IL p. 46).

آذرگگ
Soy at ddharang (per ddhar-rang, cfr. rang, colore), che
è del color del fuoco; lucido, fiammeggiante.

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3> 302 -

آذين
und! ddhin, apparato solenne; é. farmidan, ordinare o
far preparativi di festa.

ار
J! ar, forma abbreviata di gar e di agar, v.


آر
) &r, forma abbreviata di àvar, v.

ارٌ
) arr, v. arrak.

آرا  آراى
ni èrà, sh àrày, tpr. di àràst, adornare, apprestare,
preparare; prepararsi, schierarsi, ordinarsi; part. 4rdstak
bi-farman, disposto al comando, in senso di: ligio,
‘obbediente; dar dréstan, preparare; guvdni bar aràst
az khvîshtan, fece di sè stesso un giovane (si tras-
formò în giovane); intrans. prepararsi, accingersi; —
z. ràdh, skr. rédh, phl. drégtano, cfr. antp. réd
(gaudium, Kossowicz; Beschliessen, SpieceL). — La
3 del tpr. éréy e la s del tps. àràst rappresentano
la dentale 44 del z e del skr. (Ascori, Stud
Iranî, L p. 5).

آراست
cruel aràst, tps. d drà, drdy.

آرام
eb àràm, tpr. di dràmid e aramîd, riposare, aver quiete;
z à + ram, skr. ram.

آرام
phf arde, riposo, quiete; tranquillità d'animo; cfr. z. e
skr. ràma, phl. ram; è. didan, procurare il riposo
ad alcuno.

آرامش
gielî àramish, (suff. zsh), riposo, quiete.

آراميد
ao drdmid, tps. di drdm.


Sh aràyish (suff. sh), apparato; coll. preparativi; orna
mento, ornamenti.

di argumand (suff. mand), prezioso, caro, amato;
preclaro, onorato, superiore; @. m4xdan, rimaner supe-
riore, aver la vittoria; — pàrsi arzma#t, cfr. phi. arg #-
mandish (dignità); rad. z. areg, skr. arh, esser degno.

>! arz, tpr. di arzîd, meritare, esser degno; z. areg,
skr. a7k.

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>> 303 -<t

» èrziù e sy àrzty, desiderio, brama, voglia; 44
àrzày, riguardo ai desideri (coll.), per quello che uno
può desiderare; — dar d. gashtan, muoversi, cioè
operare a seconda d’un desiderio, cioè: esservi favore-
vole; — d. 4ardan, desiderare; — phl. éxg%4 (prezzo,
valore).

dl arzîd, tps. di arz.

voli! arghavàn (parola probab.'" semitica, cfr. ebr.
argaman, cald. argevan, sir. argvonò; l'ar. argavàn
sembra posteriore), porpora; metaf. color roseo del
cielo al mattino.

OS arghavani, (suff. î) purpureo, rubicondo.

das aramîd, forma abbreviata di dr4mîd, tps. di
àràm.

sl arrah, sega.

sl &rî, certamente; sì (particella affermativa).

gl ae (anche ; 27-) da, di; per, a cagione di; di, intorno
(nel senso di parlare, discorrere 4? una cosa); z. ace,
antp. hacé, skr. sacà.

S &z, tpr. di 4£4%, estrarre, sfoderar. (la spada).
gf &z, desiderio, ambizione; z. 427 (demone dell’ avarizia),

phi. é# (cfr. lat. 6-e0, DARMESTETER, Ormazd et Ahri-
man, p. 154, n. 4).

ok 4zéd, snello, slanciato (si dice delle piante, ecc.);
libero, di sangue nobile, genuino, generoso; z. &zéze,
arm. azat. i

sol &zîdah (cfr. éz6d4), snello (si dice delle piante, ecc.);
&zàdah saro, cipresso snello, metaf. donna di belle
forme; pl. àz44agàn, nobili, principi (nome che gli
Irani si danno da per loro).

VU azar, molestia, fastidio.

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=> 20. P_i .
504 e:

* sara di re 7% da
sì

x azar, tpr. di dzard e dazàrd, essere angustiato. afflitto.
sgomentato; turbarsi. affliggersi; 2 dé - zar, phl
agartano, cfr. skr. Arniyate.
5g! azard, tps. di dzar.
St 42 zarm, rispetto. venerazione; pudore, verecondia.
5 azmà, tpr. di 4zm%d, provare. tentare; mettere alla
prova; provarsi; phl &zmitano.
alal azmayish (suff. zsh), prova, tentativo.
oys,l dzmid, ps. di arma.
13; azirà, perciò, quindi; azirà #:k, poichè, perciocchè.
ls0;1 az4kdahà, mostro, serpente, dragone; metaf. 1) spada;
2) cavallo da battaglia, destriero; — 2. azk: dahàka (il
serpente Dahâka, v. l’/nzrod. ai testi nell’Anfologia),
phi agdahék, pàrsi azh £ dahak (cfr. 2. azhî, skr.
ahi, gr. ts, lat. anguis).
Lyla l'aria di ‘(cfr. 4ish, spalla) che ha sulle
spalle i i serpenti, soprannome di Dahâk (v. il testo
nell'Anfologia)
Li dsd, tpr. di ésZd, riposare, star tranquillo; indugiare,
ritardare; 4stdah gashtan, essersi riposato.
glal asén, facile, leggiero, lieve; sano; compar. dsér-tar;
avv. facilmente, senza stento.
u&teT dsévish (suff. îs4), riposo, quiete.
ul asp, pl aspéàn, cavallo; z. agpa, skr. agva (cfr. antp.
uv-agfa, che ha buoni cavalli, Xodorys), gr. fros,
TR per sxFos, lat. eguus, got. azkos.
ytul-Yspari, finito, esaurito; 7. skudan, esaurirsi.
cul ast, 3° pers. sing. del verbo essere, egli è; attaccato
alla parola antec., perde la | iniziale; z. «6%, antp.
agtty, skr. astî, gr. gorì, lat. est, got. zst.

pl ustuvàr e ustvàr, fermo, solido, consistente; avv.
solidamente; z. stavra, cfr. skr. sthavira.

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>> 305 =

gleal. &smén, cielo, la volta celeste (prop. pietra, perchè
il cielo si credeva fatto di pietre di zaffiri; cfr. gr.
&kuwy, pietra, incudine e cielo); z. antp: e skr. agmaz,
phl. agmòn, gr. dik pus.

gut ‘astd, tps. di asa.

ulislaul syavishaa, v. Bin i isykvichén.

pl 25h, scritto così dopo i nomi in @4, come: il aòlusl
afsonah ash, il suo incanto, v. ji ask.

elal ashàm, bevanda. -

prat sshiur, cammello; z. stra, skr. ushzra.

hill dshuft, tps. di dshsb.

gal dshibàr, v. dshikorà.

,, Cal askikérà, chiaro; manifesto, aperto; avv. apertamente,
chiaramente; phl. dsk4éra4, arm. aégaraj (parola di
dubb. ‘origine; SpreGEL, Die trad. Litteratur der
Pàrsen, p. 371).

Let dsknà, noto; amico, famigliare.

sue dskuéh, nuoto; è. Zardan, nuotare; rad. z. euà, skr.
snà, cfr. lat. na-re, gr. vaua.

dll ashndyi” (Suff. 3), ‘conoscenza, notizia, cognizione.
pel &shtb, tpr. di dskuft, agitarsi, adirarsi; — dar
ashuftan, adirarsi; — 2. khshufe da Ehshub, skr.
kshubk, phl. ashaftano.

u gii Ashéhb, turbamento, confusione, tumulto, scompiglio.
gle &ghàz, principio; az dghéz, da principio.
nie dehusht tps. (non si conosce il tema di presente,

forse éghus?), lordare; bruttarsi, lordarsi, voltolarsi;
part. dghushtah.

uil %/t, tpr. di u/fàd, cadere; z. ava + fat.
Uuî d/146, sole. i
oLul u/tad, tps. di w/t.

20

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>» 306 =

gti! afràz, tpr. di afrakht, sollevare, innalzare; — andar
afrakhtan, e andar afrashtan (altra forma) sollevare
in alto; — bar afrakhtan, esaltare (con lodi); — phl.
afrakhtano.

plaelzil afrasyab, n. pr. del re dei Turani figlio di
Pesheng e discendente da Tùr, figlio di Frêdûn Egli
è l'eterno nemico degli Irani, dei quali tenta più
volte d’ invadere il regno. Per maggiori notizie, v.
l'Introd. al c. IX dell’ Antol.; — 2. franragyan, phl
frasiyàp (rad. z. hrag, spaventare, SPiEGEL, Av.
Uebersetz. II p. LX.

calli afràsht, v. afrakht.

categgzil afrakht, tps. di afriz.

dpi afriz (6), tpr. di afriékht, accendere; illuminare;
part. /urtzandah (da furtz), che illumina, che illustra
(con l'oggetto in gen); — dar a/rékhtan, accendere;
intrans. ardere, accendersi (per vergogna); — part.
gashtah afrikhtah, che è diventato splendido; rischia-
rato; — z. aîwî + rut in aiwiraocaytiti, phl
afrokhtano.

pl afarîdin, e vob afaridin, v. faridin.

sed &farîn, lode; cantico di lode; è. #hvé4ndan, celebrar
le lodi (di Dio, di un uomo, ecc.), lodare, colmar di
lodi uno; — é. £ardax, far lodi, lodare; — dé. gustardan,
rendere omaggio a qualcuno; — b:-shéhî dfarîn kardan,
prestare omaggio ad uno come re, salutarlo re; —
z. afrina, phl. dfrîn; rad. z. frî, in dfrinàmi, io lodo,
cfr. skr. frÎ, got. frijin (amare).

soi sf dfartnandah (part. di èfarîdan, creare), Creatore,
Iddio.

ts 2/zà, tpr. di afzàd, crescere, progredire; trans.

accrescere, far progredire; aggiungere; — bar af-
zdan, id. — z. fshu, phl. afzétano.

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>> 307

Ogzil afzid, tps. di efzà.

aslusl a/sazah, inganno, frode, incanto.
1 afsar, corona; col gen. indica superiorità, come:
afsar î banuvàn, corona, cioè la prima delle principesse.

us afsur, tpr. di afsurd e fisurd, gelare, congelare;
part. afsurdah, gelato, intirizzito per il freddo; —
phl. afsartano, z. arbîi, aîwî + gar.
| afsurd, tps. di afsur.

pars! afsar-var (suff. var), portante corona, ornato di
corona. , .

uysi afsiîn, e uri fusiùn, arte; incanto, magia, canto
magico; frode, inganno; anche in senso buono: arte,
artificio; potere sovrannaturale (detto dei re Irani e
di Frêdûn specialmente che sapeva sciogliere incanti).

59 Rurs afsin-pizhùh (cfr. pizhahidan, cercare), cercator
d’incanti, mago, stregone, incantatore.

gigi afstn-gar (suff. gar), pl. afsàn-garàn, incantatore,
mago.

litigi afsin-gushay (cfr. gushadan, aprire, sciogliere),
scioglitor d’incanti.

yl4sl a/skàr, tpr. di afshurd e afshérd, stringere, premere.

o)lasl 2/s46rd, tps. di afshar.

ubdsl e/54dx, tpr. di afskéxd, versare, spargere, spandere;
maneggiar (la spada).

oolisl afshénd, tps. di afshan.

Ozisl afshurd, tps. di afshàr.

al afgan, tpr. di afgana, gettare, scagliare, lanciare;
mandare, spedire (un messo, una lettera); scacciare,
sbandire (le cure, i pensieri); a/gandah par (cfr. par,
ala), che ha abbassate le ali (si dice di un uccello che
ferito cade dall’ alto); — axdar afgandan, gettar dentro,
gettar sotto; ricoprife, rivestire (con qualche ornamento,

come oro, argento, ecc); — dar afgandan, spedire,
20*

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SV 252, e S gar 2, ar. sf. 56 Dre semal cor...

J
452V. ZIV ... GAY. SE... 861 TALL... eni. €00; —
agar-cih. gar-cià, ance se. selena

LL. se. ‘ -

51 dzan. tor. Ci dsrnd: br agandan. spargere.

dall arind. 15. di igon.

xii azah. x. Agih.

PL Agahi ‘s.îî. i. contezza, consazeviiezza: novella.
ARI zia

YI 4/4. tor. di dlid. imperat. bi-y-dli;, spalmare. ungere
icon empiastri: lordare.

5 N alburz, il mitico monte Alburz che cinze la terra

gt ; -
izon i confonda col vero Alburz al nord della Persia..
Nell Avesta questo monte è detto Mara berezarti
vionde il np. alburz. cfr. phl her-5urg, pàrsi harburz).
Secondo il Bundehesh. la prima montagna che si elevò,
fu appunto l'fara-berezatti; il sole si leva dalla sua
vetta (yagna. 10, 30), e di là discendono le acque
della dea Ardvi-qhra-anahita. Hara berizatti si
interpreta per monte eccelso, prendendo /ara per l’ebr.
har, monte; ma il DARMESTETER (Ormaza ct Ahriman,
p. 140) vorrebbe spiegare questa parola con la rad.
sar, z. har, scorrere, e notando come nei testi si dica
non solo hkara berezazti, ma bensì anche deres Hara,
intende questo composto per ela Agufeur ruisselante»,
la vetta cioè da cui scendono le acque.

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>> 309 -

uvyI 4/65, n. pr. di un guerriero turanio, Alkòùs.

unu! almispaytàn (almis, diamante + paykàx,
punta), che ha la punta di diamante, cioè durissima.

oylî 4/24, tps. di d/è. O

I am, io sono, 1° pers. sing. del verbo essere; unita

alle altre parole, perde la f. iniziale, pr cakir-am,
sono un servitore; z. 2472, antp. @722y,. skr. asmz, gr.
sìui per cow: (rad. as, cfr. lat. es-se).

del dmad, tps. di è.

iii amad-shudùn, andare e venire (si dice di un
andare e venire di persone, e si usa come nome).

gr amurz, tpr. di dmurzîid, cancellare; perdonare; z.
à + marez, skr. myîg, gr. è-udpy-v0- ul.

dazpol amurzîd, tps. di &murz.

3 9,0 im-riz (în, în + ritz, giorno), avv. in questo giorno,
oggi; — yak îm-riz, per questo solo giorno.

il mshab (în + shab, notte), avv. in questa notte.

del éme2/, n. pr. di una città sul fiume Osso, cfr. SPIEGEL,
Eràan. Alterth. I, p. 70, Amol.

caga Amkht, tps. di amiz.

3oeef amiz, tpr. di am@kAht, 1) insegnare, istruire, infor-
mare uno di una cosa; 2) imparare, apprendere; phl.
amikhtano (cfr. lituano mokinu, SpieceL, Die Trad.
Litt. der Pàrsen, p. 360).

casso Amikht, tps. di .dmîz.

Quel umid, e Vabl ummid (é), speranza, fiducia; z. 4, skr.
su, bene, + z. mazti, skr. mati, gr, ugris.

gal amîz (è), tpr. di &miîkhkt, mescolare; mescolarsi; —
bar amîkhtan, mescolare insieme; gr. wiYy-w-w, lat.
misceo, cfr. skr. mr, migra.

ol àn, pron. quello, quella, quelli, quelle; al dat. inserisce
un 4, d:-d-an, a quello.

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> 310 -

ph! 2262, socio, partecipe, eguale, compagno.

sgasl anbh, moltitudine, quantità.

Lauî dr-gà (cfr. dà, luogo), avv. colà, in quel luogo; 6:-
d-Gn-gé, fin là, fino a quel luogo.

essi anguman, raccolta, congregazione, radunanza,
«schiera; gente; 4. 4ar4ax, raccogliere, radunare; —
sar î anguman, capo di un popolo, principe; — 6:-
har anguman, presso tutti, fra tutti; — z. ha#igamana
(Gam, insieme + am, venire), phi Aanguman (sir.
hanzuman), cfr. skr. sargama. .

casi an-ci-t, per dn Ah at.

auf &n-cth, ciò che, quella cosa che ...

ul and, 3° pers. pl. del verbo essere; essi, esse sono;
ki-y-and (per £2h and), chi sono?; z. hefiti, antp. hafitty,
skr. santi, gr. sloi, èvri, lat. sunt (forma primit. asanti,
rad. as).

ubiol ard4kEht, tps. di andéz.

glo andàz, tpr. di and@kht, gettare, gettar via, scagliare,
cacciare; — andar andàkhtan, intr. urtarsi, incontrarsi
(in battaglia); — phl. andékh4fano, forse z. ham + tac
(SpreceL, Die trad. Litt. der Pàrsen, p. 361).

szfasl andézah, misura; valore; «a. g?rtftan, misurare una

cosa, pesare, giudicare secondo il merito; — ph.
andî gak.
OS andar, dentro, in; tra, fra; — z. @#tare, antp. a#tar,

skr. axtar, lat. enter, got. undar.

uhosl ardar-àn (cfr. dr, quello), in quello, in quella;
intorno a ciò, intorno a tal proposito; andaràx rizgàr,
in quel tempo.

paga andar-khvar (cfr. andar khvardan, convenire),
conveniente.

post andarz, consiglio, ammonizione.

gol andariîi, v. andarén.

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3» gil <<

pas! andaritn, dentro, entro; nel mezzo, nell’ interno
di una cosa; dietro.

yy al andar-ày (cfr. #, èy, egli, lui), dietro di lui.

dosi andar (dimin. di axd, pàrsi a#f, SpieGEL, Gramm.
der Pàrsi-Spr. p. 73 e 118), poco, un poco; — andati
(suff. 7) un poco; con la negaz., nemmeno un poco;
nulla, niente.

sg andth, affanno, dolore, cura; a. déshtan, affliggersi,
dolersi.

ago andih-gîn (suff. gîn), addolorato, afflitto.

sul anduh, v. andiéh. i

Uil andish, tpr. di andishid, pensare; darsi pensiero,
curare.

aid azdishah, pensiero, cura, sollecitudine, meditazione;
a. kardan, pensare, meditare; farsi pensieroso, essere
assorto in gravi pensieri; inventare.

duivodsl andishîd, tps. di andish.

nil angusht, dito; z. afigusta, skr. angushtha.

et an-gah-î (cfr. gàh, gah, tempo, suff. ?), avv. in
quel tempo, allora.

iu angî£ht, tps. di angîz.

pa angîz (è), tpr. di angîkht, eccitare, suscitare, sospin-
gere, eccitare un cavallo (con gli sproni); — 6ar
angîkhtan, eccitare; spedire in fretta.

siasi antishah, beato, contento; a. 4asî 45%, beato colui
che ....

9! & «I #9 (0), pron. pers. egli, ella; esso, essa; al dat.
con la partic. é- inserisce un 4, 62-4-@ a lui; col
pron. rel. #24, fa #4, il quale, la quale, ecc.; z. e
antp. 224.

A và, forma abbreviata di 42042, v.

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>> 312 =<€

31,Î dvâz, grido, voce; suono; fama, diceria; è. dédan,
mandare un grido, chiamare; à. kardan, chiamare,
gridare; z. vaî, skr.- ‘vò, phi. Ci (pref da) gr. dy,
For-s, lat. vox, V0C-S.

chi dvdy, v. dvd é dvéz.

o dvar, anche I àr, tpr. di avard .e dvarîd, portare,
arrecare, condurre, presentare; — bar dvardan, solle-
vare, innalzare; portar su, estrarre, trarre; raccogliere,
sollevare; — dirà dvardan e dvaridan, portar
fuori; — /urid dvardan, accogliere in casa, ospitare,
collocare; — z. è + der, antp. dari skr. 6hrî, gr. pép-e,
lat. fer-o; got. bazran.

o,gì dvard, tps. di dvar, e dr.

so,Î dvard-gàh (èvard, battaglia, gé4, luogo) campo
di battaglia.

at aygl dvard-gah, v. dvard-gàh.

31 vrarg; trono, seggio reale.

doygl dvarîd, tps. di dvar.

si Uy (0), v. 4.

cado agì dvikht, tps. di dvîz.

5ol &vîz, tpr. di 422kht (è), appendere, sospendere,
attaccare; aderire, attaccarsi; part. é2?îk4fak, confic-
cato, inchiodato, sospeso ad un chiodo; inf. dvîk4tax
(come nome), l'attaccar battaglia; — andar dvikhtan,
appendere, impiccare; — bar dvîtkhtan, aderire, attac-
carsi; attaccarsi in battaglia, venire alle mani; —
z. e skr. vie, pàrsi vékhtan.

po évîz (è), 1) l’attaccar battaglia, assalto; 2) luogo da
attaccarsi, da appoggiarsi.

sî 44, ah! ahi!; 44 Zardan, gridare ah!

usi AAIkAt, v. Ghikkt.

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>> 313 ==

woyaT aharman, n. pr. del genio del male, Ahrimane,
creatore dei Dêvi o demoni coi quali egli abita il
duzanh (np. diézakh), luogo di orrore, nel quale le
tenebre sono tanto fitte da potersi stringere coi. pugni.
Il suo nome in zendo suona a#ra-mazzyu (cfr. Apsimudvos
dei Greci), lo spirito cioè che abbatte, che atterra,
tradotto in pehlevi ed in pàrsi per gaz࣠e gand-
mainyò, con lo stesso significato. Egli crea il male
per il male, e tutto ciò ch’ egli fa, è sempre contrario
a ciò chie ha creato in bene Ahura Mazdào, Ormuzd,
il genio del bene; quindi la sua creazione ‘va desi-
gnata nell’ Avesta col nome di faztyàra (rad. 27), cioè
opposizione (contrapposta al bene), Alla fine del
mondo tra lui ed Ormuzd si appiccherà l'ultima
battaglia, nella quale egli ed i suoi Dêvi saranno
annientati, e allora comincerà per sempre il regno
del bene. Cfr. SrreceL, ZErdx. Alterth. Il p. 121
e segg. — In Firdusi esso è talvolta designato
col nome di /6/îs, il diavolo. — pl. dharmanàn, i
nemici (considerati come addetti ad Ahrimane).

fis ahastagî (suff. î), mansuetudine, dolcezza.

sì dhan, ferro; z. ayath, skr. ayas, lat. aes (il np. dhax
ha forma di agg. cfr. il phl. agix, ferro).

chief dhang, intenzione, intendimento; d. 4ardar, aver
intenzione, inclinar con l'animo verso una cosa; cfr.
phl. dkazgitano, spingere innanzi (SPIEGEL, ue trad.
Lit. der Pàrsen, p. 352).

sot dhangarî (suff. î, cfr. &hangar, fabbro), l'arte
del fabbro.

g9Î 4hî, gazzella, antilope.

cnivusì dAikht, tps. di dhiz.

past Ghîz, tpr. di dhîkht, levare, togliere, cavare.

! 27, 0, particella del vocativo.

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»> 314 =

x! ?, 2* pers. sing. del verbo essere; tu sei; z. 247, antp.
ahy, skr. asî, gr. toa, sì, lat. es.

LI ay, forma intensiva di 2y, o, partic. del vocativo.

nl #6, v. hîc.

dA.l #4, 2° pers. pl del verbo essere; voi siete; nella
composizione perde la | iniziale.

3a! #dar, qui, in questo luogo.

il îdin, così; phl é4#%xr0, pàrsi édum, cfr. z. attadha.

vir! 62, n. pr. del paese dell’ /réx; 2. azryana (agg.
di aîrya) v. SpreceL, Erdn. Alterth. I, p. 429.

srl îrànî (suff. ?), iranico, abitator dell’ Iran, pl. #r4xzyax.

E e îrag (è), n. pr. del 3° figlio del re Frêdûn, Erag,
che fu ucciso per invidia dai suoi fratelli Salm e
Tùr. Minécihr poi, figlio di una figlia di Erag, ne
vendicò la morte, uccidendo Tùr e Salm; z. aîryu.

ow! î264, Dio; sull’ etimol. del nome, v. yazdér.

spl îzadî (suff. ?), divino.

cm 754, tpr. di #s64d, stare; z. e antp. céé, skr. sthé,
gr. ora, lat. sto.

Uil 15444, tps. di îs/

ult! is4dx, pron. pers. essi, esse, eglino, elleno; dat.
bi-d-îshàn, senza | iniziale; 2-îskéx, da loro, per
mezzo di loro; z. aéskàm, (gen. pl.).

e! îm, 1° pers. plur. del verbo essere; noi siamo; z.
mahî, antp. amahy, skr. smas, gr. douè-v, lat. sumus
(forma orig. asmast).

ume! ian (dall ar. ad sicuro, franco, senza tema di danno.

ue! 2, pron. questo, questa, questi, queste; dat. 6:-4-îx,
senza la | iniziale; — usato alla maniera del neutro
lat. questa cosa, Aoc.

laruol in-g8 (cfr. gé, luogo), avv. qui, in questo luogo.

Uol 246 (suff. ak), ecco.

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> 315 -<{

ul! ay0dn, palazzo, castello, casa reale.

gas &yîn, costume, usanza, modo; legge, istituzione
religiosa e civile; cfr. z. e skr. ayaza (andata, modo
d’andare).

>

- di-, per x» 64, particella; a, verso, accanto, appresso,
con, per, per mezzo; — esprime il dat. p. e. 6-shék, al
re; unita ai verbi forma il futuro, cfr. Gramm. 40,
quando il tema sia di presente. Per altri usi, v. la
Gramm.

L dé, con, insieme, in compagnia.

L dé, tpr. di déyzst, verb. impers., esser necessario, esser
conveniente, opportuno, cfr. Gramm. 93; turà bid’
bayad fpish-rav, a te conviene essere capitano; part.
bayistah, conveniente, acconcio; proficuo; — phl.
avàyastano.

L 546, padre (cfr. ital. babbo, franc. Safa).

opt 6éb-zan, spiedo.

el bég, tributo; 6ég-ré, per tributo, a modo di tributo,
antp. d4g7, rad. z. baz, skr. dhag, dividere, spartire.

ob 5éd, vento, turbine, procella; metaf. superbia, vanto;
béd ? sarda (vento freddo), gemito, sospiro; affanno;
bad è? sard zadan, sospirare; — z. e skr. védfa, lat.
ventus, got. viînds (rad. và, spirare).

ob béd, per buvàd. v. bi.

syto bédéfrah, da si5s0L padah-fràh, castigo, puni-
zione; phl. pd/ràs, pàrsi pfadafràh (da un z. pazti +
farga supposto dallo SpreGEL, poichè la rad. z. fare
cercare, ha anche il significato d’ inquisire e di punire,
Die trad. Litt. der Pàrsen, p. 411; cfr. l'antp.
ufragta, ben castigato).

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> 316 -<

uybol déd-ban (suff. 6én), vela; strato, distesa.

Lol 6é44-fà (cfr. fà, piede), che ha i piedi veloci come
il vento; cavallo, corsiero; pl. 6éd4-fayàx, cfr. gr.
dedorrovs. i

uo déd-sar (cfr. ser, testa), superbo, altero (lett., che
ha il capo di vento).

sol dédah, vino.

L bér, tpr. di dérîd, piovere; metaf., cadere in abbon-
danza (si dice delle freccie, de isassi, ecc.); trans., far
piovere, far cadere, rovesciare; z. vàr (denom. da
vàra, pioggia, JusTI), pàrsi, varîidar.

L dér, peso; soma; 6. bastan, legare, preparar le some;
skr. dhéra, gr. Fapos.

gb bar, frutto; 5:-64r andar amadan, venire al fruttificare,
esser fecondo.

hl bar, udienza, sala da dare udienza.

ob baran, pioggia; z. vara, skr. vàr, vari, phl. varàr,
pàrsi, vàran.

sb bàr- gah (cfr. géh, luogo), luogo dove si dà udienza,
aula regia; castello; residenza di principi.

SD L béragî (cfr. Sarah), cavallo, destriero.

sl dérah, 1) volta, fiata; yak-64rak, avv. tutto in una
volta, tutto ad un tratto; 52-yak-baragî, avv. tutto in

una volta, improvvisamente; — 2) maniera, modo;
phl. 547, barak.

sl barak, cavallo, destriero.

dl barîd, tps. di dar.

usd,b barîk-bîn (cfr. dîdan, tpr. dîn, vedere) che vede
sottilmente, che ha vista acuta; sagace.

)b 6éz, falco, falcone.

3b baz, indietro, all'indietro; di rincontro.

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>> 317 +=

gh bazar, mercato, negozio (donde l’ital. 64247), faccenda,
affare; — 5. b:-ham dar kashîdan, condurre a termine
un affare.

sa béz-g&y (cfr. gà, gay, luogo), che ritorna al suo
uogo; 6. shudar, e 6. dmadan, ritornare.

gb 6azà, braccio; ala; z. 642%, skr. Géhu, gr. riyvs.

sb bézî, giuoco; 6. numddan, in cih bizî numidi, che
fine hai tu ottenuto? a qual giuoco hai tu giuocato?

uil dash, v. bi.

& dagh, giardino; luogo di delizie.

JL 6é/f tpr. di 54/#, tessere; ornare, intessere; z. e skr.
vap, gr. paio, ted. weber. i

sl 6éft, tps. di bf

&L, dé, timore, terrore.

SL 6é/4, col gen. 5é/îy, altezza, statura; persona alta;
posto, o grado alto e cospicuo; età; d2-604/dy ? sàl,
dell'età, dello spazio di un anno; 6é/&y ? hasht, l'età
di otto (anni); 6. faymzdan, raggiungere una data
età; — phi. bd. °

SL déla (cfr. YL pala), cavallo; 27-64/è andar amadan,

. _cader da cavallo, ovv. cader dall’ alto (cfr. 1° dé/6).

USL béliz, guanciale; giaciglio; z. Garezis, skr. barkis (?).

el bam, alba, crepuscolo del mattino; z. bama, skr. dhama
(rad. 54é, gr. pa, risplendere).

el bam, terrazzo, tetto; casa; ddm % dar, coll., tetti e
porte, cioè i luoghi abitati.

SL dérg, grido, urlo; phi. vàzg, cfr. pàrsi vàgiret
(egli grida).

xl band, pl. Sanuvàn, principessa.

uamolo bdyzst, tps. di dà.

ilo bayîstagî (suff. î), convenienza, convenevolezza.

» babr, tigre.

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> 318 -

slere sabribayàn, nome della corazza di Rustem,

ebribeyàn.

«» but, idolo; pl. dutér, idoli, metaf., fanciulle vaghe
ed avvenenti (nel significato di 40/0 questa parola
è venuta dal nome di Buddha, le cui immagini,
col culto buddhistico, s’introdussero: per tempo nel-
l'Iran).

shico but-arày (cfr. dràstan, tpr. darà, àréy, ornare),
vaga fanciulla (?), idolo (?). Evidentemente la parola
significa: che adorna, che venera gl’ idoli; ma nel
passo di Firdusi in cui si trova, non può significare
che dolo, o vaga fanciulla, cfr. but. Il VuLLeRS non
registra questa voce; idole (Mont).

mpg but-parast (cfr. parastidan, adorare), adoratore
degli idoli.

po) battar, per bad-tar, comparat. di dad.

xo bacah, e xs baccah, figlio, prole (sì di uomini che
di animali); skr. vafse (VuLLERs, Lex. pers.).
s 6ahr (ar.) mare; dakr è daman, mare agitato, in
tempesta. |

cn bakht, fortuna, sorte, destino; sar 7 dakkt î shah,
il capo della fortuna del re, per dire: il re stesso;
bar gashtah bakht, colui la cui fortuna è rovinata;
infelice, meschino; — z. dekkta, phl. e pàrsi dakks;
rad. z. 5az, distribuire, dare la parte a ciascuno.

yi bi-khtrad (cfr. khirad, prudenza; sapienza), sapiente,

prudente, saggio; pl. di-k4zradîàn e bi-khradaàn (per

il metro).

ubi Sakhsh, tpr. di Sakkshîd e bakhshîa, donare, far
doni; spartire (la preda, le ricchezze, ecc.); perdonare,
far grazia; part. dakAkshandah, donatore; generoso nel
perdonare; — z. dakksk, phl. dekkshîtano, cfr. z. baz,
skr. 6kag, dividere.

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3 319 ==

usati bazAshéyish (suff. sk), misericordia, grazia, pietà,
compassione; è. dvardar, usar misericordia.

uit bakhshish (suff. ish), dono; largizione, sorte, dono
fatto dal destino (sì in bene che in male); liberalità;
giustizia distributiva.

ogiro bakhshid, tps. di bakksh.

Oui bakhshid, tps. di dakhsh.

ds bad. 1) cattivo, malvagio, perfido; compar. dad-far e
battar; 2) male, malignità; phl. vas, pàrsi vas, cfr.
ingl. dad.

do bud, v. bid, tps. di 64.

pala bad-akhtay (cfr. akhtar, stella, destino), che apporta
cattiva sorte, maligno, infausto; disgraziato.

Uosld bad-andish (cfr. andîshîdan, pensare), che pensa
male, maligno; nemico.

uit bad-Gakht (cfr. Bakht, sorte), che ha cattiva sorte,
infelice, dvorvyjs; infausto, di cattivo augurio.

si>oa. dad-khvah (cfr. khvdstan, tpr. kkvéh, volere), male- .
volo, nemico.

dba bad-khîiyî (cfr. khiy (6), indole, suff. ?), malignità,
malvagità.

0 bad-rag (cfr. rag, vena), che è di impuro sangue,
ignobile.

Jhwd bed-sigàl (cfr. sigàlidan, pensare), che pensa male,
maligno; nemico.

sis bad-kunish (cfr. kunish, opera), malfattore, mal-
vagio, reo.

glia bad-gumàn (cfr. gumén, pensiero, opinione), male-
volo, maligno; nemico.

pra bad-gavhar (cfr. gavhar, indole), uomo di cattiva

indole, malvagio.

RE po bad-nîzhèd (cfr. nîzhéd, nascita), uomo di brutta
origine, ignobile, vile.

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> 320 -<{

ylisas dad-nishin (cfr. nishén, segno, nota), uomo
d'infausti segni, uomo di ignobile origine, uomo di

| cattivo augurio. O

sd baaî (suff. 7), male, sventura, infortunio.

r bar, tpr. di durd, portare; condurre; riportare, ottenere;
vincere, superare (con «2, cfr. franc. emporter); —
furi burdan, portar giù, inclinare, abbassare; — z.
e antp. 5ar, skr. d4rz, gr. pép-w, lat. /er-0, got. bazran.

r bar, petto; 6?-dar, sul petto, in grembo; 67-bar girtftan,
stringere al seno.

r 6ar, frutto; phl. 57, rad. z. dar, produrre.

P bar, 1) invece di a6a7, sopra, su; per, a cagione di;
dinanzi, contro, di rincontro; verso, a, in (con moto);
si costruisce col genit. o senza; 42 6a ?, al di sopra
di..., in luogo di..., invece; z. faz, antp.
upariy, skr. upar:, phl. afar, pàrsi, awar; — 2)
come agg. nel compar. bar-far, superiore, più ‘alto
(col gen. o az); superlat. 5ar-farîx, sommo, eccelso.

Di bar (ar. 5arr), terra, paese, sempre con dé, v. dim.
r bur e P burr, tpr. di burîd e burrîd, tagliare, tron-
care, spaccare, spezzare, tritare; part. 5urrdx, tagliente
(si dice di un ferro, ecc.).
tp baràbar, pari, eguale; che è di rincontro, che è alla
portata di una cosa, che è dirimpettò; 6. sku4dar,
esser dirimpetto; — avv. di rincontro.
39! > birddar, fratello; z. e antp. 6rétar, skr. bhratar,
phl. 5ràf gr. pparwp, lat. /rater, got. bròthàr, nord.
« brodhîr.
pr bar-tar, v. dar, superiore. i
pp bar-tarîn, superl. di dar, v., superiore a tutti,
altissimo.
slacpeyiy? bar-tarîn-pàyah (cfr. pàyah, grado), che è di
eccelso grado, di alta dignità.

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>> 321 -<

dp burd, tps. di bar.
ar burz, 1) altezza, statura, groppa (dei cammelli); metaf.
gravità; — 2) agg., alto, eccelso; — z. darez.

Sy? derzîa, 1) n. pr. di un guerriero dell’ esercito di
DP.. A 2
Kàvus, Berzin. — 2) n. pr. di un sacerdote fondatore
di un tempio del fuoco; v. èd4ar-barzîn.

ip barf, neve; z. vafra, phi. e pàrsi, vafr.

Sp bark (ar.), fulmine, folgore; lampo.

Sp bare, 1) foglia, coll. foglie degli alberi; 2) buona con-
dizione, prosperità; phl. vaxg; rad. z. var, coprire.

plxitt bargustuvàn, gualdrappa.

) alpino bargustuvàn-var (suff. 727), guerriero che ha
il cavallo ornato di gualdrappa.

Ls barnà, giovane, giovinetto; z. aferezàyu, aperenàyika
(a + perena + dyu, che non ha piena, compiuta l'età),
phl. apsrnàit, pàrsi aprndi.

sr bar-t, per dar ? &, sopra di esso.

diogz bariamand (0, suff. èmand = mand), fruttifero.

Ir birin, v. birin.

35? Sarah, agnello; phl. varaà.

por? bar-ham, insieme, tutt’ insieme; vicenDêvolmente.

is barahnah, nudo, spogliato; metaf., svelato, manifesto;
phl. burkaza£.

vbp biryàn, arrostito, abbrustolito, arso; metaf., dolente;
fremente, arrabbiato.

dep buriîd, e day burrîd, v. bur, burr.

P buz, capro, capretto; z. d4za, skr. bukZa, ted. dock.

dj buzurg, grande, eccelso; pl. 5uzurgàr, grandi,
principi; antp. vazraka (SPIEGEL), vazarta (Kossovicz),
pàrsi guzurg (dal z. vazra, skr. vagra, clava, folgore, +

suff. ka).
Sr buzurgî (suff. ?), grandezza, maestà, magnificenza; fasto.

2I

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= 322

er bazm, cena, banchetto; 6. afgandan, far banchetto,
banchettare.

rp bazm-sàz (cfr. sakktan, tpr. s&z, fare), che appresta
a cena, che fa imbandir le mense; amante del
banchettare.

sUpz bazm-gàh (cfr. gàh, luogo), luogo del banchetto,
sala da convito e da festa.

u» 645, molto, molta, molti, molte; avv., molto, assai;
ancora, e così (WILKEN); % das, e così ancora; ph. vas.

Lu basa (suff. é), oh quanto!

cu bast, tps. di dard.

dui busad, e das bussad, corallo; metaf. labbro, labbra:
cosa preziosa (?).

sii basandah (cfr. das, molto), bastante, adatto, atto.

ero, basi (suff. î), molto, molti; avv., molto, assai; cfr. das.

glio bisyàr, molto, molti; avv., molto, assai.

9) bisyàr-hîsh (cfr. hish, senno), che è di molto
senno, molto prudente.

> basîc, tpr. di dasîcîd, preparare, apprestare.

pena basîc, apparato.

Qademo basicid, tps. di basîc.

Ù dala (ar.), rovina, sventura, sterminio.

une bulbulî, tazza da bere.

Jil baland, grande, alto, eccelso; phl. b&rand, bbland.

sul dalandi (suff. î), grandezza, ampiezza, altezza; 4.
giriftan, giungere a grandezza.

gr bulir, e 3 bullir, cristallo.
> bam, la conda più grossa di uno stromento a corde;
nota bassa musicale.

n bun, tronco, radice di un albero, fusto; base, fonda-
mento; 22-6vx, del tutto, onninamente, lat. /urditus; —
fondo (di una fossa, di una caverna); l'estrema parte

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> 323 -<€

di ogni cosa (elsa di una spada); 6. a/gardar, porre
le fondamenta, fondare, stabilire (un patto, un accordo);
intraprendere (un discorso); 62-5uz shudan, giungere
al fine; — z. e skr. vaza, phl. vur.
do band, tpr. di bast, legare, avvinghiare, cingere;
fasciare (una ferita); chiudere; intrans., agglomerarsi,
accumularsi (delle nuvole, della polvere, ecc.); — /ur&
‘ bastan, conficcare, inchiodare; — z. e antp. da#d4, skr.
bandh, got. bindan.
Quo band, 1) legame, vincolo, catena; patto, contratto;
giuramento; — 6. 6ar sàkhtan, chiudere, serrare; 62-band
‘ kardan, incatenare, mettere in ceppi; — 2) inganno,
frode; — z. bdafida, skr. bandha, got. bandi, ted. band.
sd bdandah, pl. bandagàn, servo, servitore; antp. da#data,
phl. 5ardat (rad. band, legare).

uiiio danafsh, violetto, violaceo; di color cupo, oscuro.
aiuti banafshah, viola, viola mammola.

xi bunah, la provvigione di un esercito, i bagagli, ra
ogeùg; preda.

x

» dè, tpr. di 624, pres. duvam; altro tema di pres. è
bash, pres. basham; la forma 6ud è abbr., e sta per
bid; essere; esistere; accadere, avvenire; cuzàz, 0
cunîin bid, o bud kîh, così avvenne che ...; — 6éd
(per duvéd, cfr. Gramm. 77), bada (per buvéda),
possa essere! possa accadere! d@ede, 272272! (con
kh); badi, possa tu essere! (2° pers.); ma-bddda kh,
non avvenga che ...; — z. 64, antp. dx, skr. 642,
gr. pu-w, lat. /u-2.

055 bid, tps. di 64 e bésk.

dop didani (suff. î, cfr. Gadan inf. di 6), che può
avvenire; che deve ‘avvenire, cosa destinata; coll. le
cose future; d#darî kr, cosa destinata.

)» br (6), rosso; cavallo di color rosso.
21*

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> 324 «€

ue? dis. tpr. di 6sî4, baciare; phi. bisitaro.

uey? dis, bacio; 6. didan, dare un bacio.

lis distan (by, odore + suff. stàx), giardino.

rus bisah (suff. ah). bacio; 6. dadan. baciare.

ugo bisid, tps. di bis.

Jp IE (ar.). tromba; clangore, squillo di tromba.

py° dim, terra, paese; 2. bimi, antp. bumi, skr. bhine:.

sy Suvî, 2° pers. pres. sing. di 6422, tu sei; v. 64.

sy? 549 (6), tpr. di 64yî4 (la y finale sta a rappresentare
la dh orig., cfr. 2. Baodha, odore; AscoLi, Studî Iranz),
odorare, fiutare.

«sy 54 (6), 1) odore, fragranza; — 2) indole, natura; —
z. baodha, baotdhz, phl. béx.

dui, bhyid, tps. di béy.

x» dh, buono, ottimo; avv. bene; — 6. &madan, andar
bene, convenire, esser conveniente; esser meglio; —
z. vatthu, skr. vasu, phl. vék, vîk.

x bih, particella, v. 62-.

ly dahà, prezzo; 6. khvéstan, chiedere la mercede del-
l'opera compiuta.

giallo bih-akhtar (cfr. akhtar, stella), fortunato, avven-
turato.

he bahàr, primavera; z. vanhra, antp. Thura-véhara
(?, n. pr. di un mese), skr. vasére, phl. vahàr, gr. tap,
fsap, lat. ver.

uhte dahéràn, v. bahèr.

xilgo dahénah, pretesto, appiglio, scusa.

pe bahr, parte, porzione; d% bahrah (per dakr), due
parti (in senso di due terzî di una cosa, cfr. ris
Mefuidos tà dio 4é7, due terzi di Menfi, in 7Azcyd.
IL 104); 22-6ekr, az bahy (col gen.) per parte di ...,

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> 325 -=

a cagione di ..., propter; avv. bahr î, a cagione
di...; — gham bahr àmadan, avere in sorte (come
parte che tocca) il dolore; — phl. 6ékr.

rel » bahràm, n. pr. di un guerriero dell’ esercito di
Kavus, Behràm; cfr. z. verethraghna (il Genio della
vittoria), phi. varalràx, vahràm, pàrsi bihiràm.

376 bahrah, v. bahr.

ento bihisht, paradiso; z. vakzsta (superl. di vazkz, buono),
skr. vastshtha, phi. varese.

ne bi-ham, insieme, tutt’ in un punto (cfr. 4a, insieme).

«& Vhî (suff. î), bene, bontà; rizgiàr ? Shî, il tempo
del bene, cioè della morte.

«2 0 (è) senza; forma più antica 267, pàrsi awé.

ubl biyàban, deserto; phi. vyàvdr, cfr. z. vivaf (man-
canza d’acqua).

sola digàdah (é), nome di una pietra rossa come il
rubino, ma di minore pregio, avente però forza
attrattiva (VuLLERS, Lex. fers.); metaf. labbro, le
labbra; 64. gushadan, aprir le labbra (per parlare).

ue bi-gàn, (cfr. £àn, anima), esanime, morto; svenuto;
6. kardan, uccidere.

sio 6î-carah (cfr. carah, arte, mezzo), privo di mezzi:
perplesso, dubbioso; povero, meschino, &70p06; pl.
bi-càragàn, i mortali, gli uomini. —

du bid, salice; z. va6#7, phl. vît, gr. Ira, Firsa, ted. werde.

du bid, per buvîd, 2° pers. pl. pres. di 6#dar, voi siete;
siate; v. bd.

polo bidad-gar (bîdàd, ingiustizia, + suff. gar), ingiusto,
iniquo.

glo bidàr, desto, svegliato; alacre, vigile; 64. shudan,
destarsi.

cutoidu 8îd4r-Gakht (cfr. bakht, sorte), che ha vigile
la sorte, cioè propizia.

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= 326 «

Jola didér-dil (cfr. dil, cuore) che è vigile di cuore;
pronto, sagace.

sy) didéri (sufft. ?), vigilanza, attenzione; 0-bidari,
tosto, in breve; con alacrità.

piso d-dinish (cfr. danish, sapienza). ignorante, im-
previdente.

si bî-r6h (cfr. rah, via), 1) via inaccessibile, impraticabile,
ter devîium (VuLLers). cfr. lat. 2-vîa; 2) che è senza
strada, sviato, fuorviato; 6. £ardan, tirar giù di
strada, far prevaricare uno.

yy? dirdn, fuori; phi. birin.

34) bi-rah, v. bi-ràh.

ug dzhan, n. pr. di un guerriero iranio, figlio di Ghév,
Bizhen. Fu trovato una notte da Afràsyàb nelle
stanze della figlia sua Menîzheh e fu da lui, in pena
di ciò, rinchiuso in un pozzo cavato nella pietra,
donde poi fu liberato da Rustem. È questo il sog-
getto di un lungo episodio del L20670 dei Re, intorno
al quale v. SpiecEL, Erdx. Alterth. Il, p. 192.

ui dîsh, molto, assai; disk % £am, il più e il meno,
cioè ogni argomento di discorso, ecc.; — 6. 6édar,
farsi grande, crescere.

phi d-shumar (cfr. shumàr, numero), innumerevole,
infinito.

uit bîshah, selva, bosco; phl. viskat.

«i dishî (suff. î), grandezza, ampiezza.

ul& bi-karàn (cfr. karàn, confine), che è senza fine,
innumerevole.

xk bdigfnah, ignoto, peregrino, straniero; sconosciuto;
estraneo.

suo bi-gundh (cfr. gunah, colpa), innocente.

(ope bi-gunah, v. bi-gundh.

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> 327 «€

xk bi-gah (cfr. gah, gh, tempo), tempo inopportuno;
sera; ora tarda.

pa bîm, timore, paura; rad. z. 6î, skr. 6hî, temere.

slo d-méiyah (cfr. màyah, valore), spregiato, vile.

re bi-mar (cfr. mar, numero), innumerevole.

Wu bîn, tpr. di dîd, vedere, scorgere; part. dirà e
bînandah, previdente, prudente; — 22-max binad în
gham, riconoscerà da me questo affanno (ne darà a
me la colpa); z. vaér e di, antp. vazz e di, skr. ver
e dhî, phl. dîtano, gr. 9ed-o-uai.

dol, dind-dil (cfr. del, cuore), che ha cuore, animo previ-
dente; avveduto.

i dini, naso.

see bi-ntyàz (cfr. nîyàz, bisogno), non bisognoso, ricco,
fortunato.

yy Mivar (è), diecimila (in lingua pehlevica, sec. Firdusi);
z. batvare.

ug divar-asp (è), Biverasp, soprannome di Dahâk
che significa: colui che ha diecimila cavalli.

Ue bi-vafà (a. p. cfr. vafà, ar. fede), fraudolento,
traditore.

uliago di-hushan (cfr. hush, hisk, senno), forsennato.
ie dî-hushî (suff. î), demenza, pazzia.

Ja o dhumdal (cfr. humél, pari), che è senza pari,
impareggiabile (in senso tanto buono che cattivo).

sog di-hidah (cfr. hidah, verità), fallace, vano, futile.

>

L fà, pres. féyam, tpr. di féyîd (denom. da fà, piede)
fermarsi, star fermo; indugiare, tardare.

L pà, e sl fày, piede; 4-fày, ai piedi, sotto i piedi; -—
pay afshurdan, fermare il piede, star fermo; — ay

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m 328 =

(per fày) afcandan, fondare, mandare ad effetto; —

p. andar dvardan, entrare; montare in sella; — dar
pày khastan, levarsi in piedi; drizzarsi (si dice dei
capelli); — metaf. sostegno; fermezza; — di-pày

dvardan, rimettere in piedi, restaurare, riordinare; —
z. pfàdha, skr. pàda, cfr. antp. ni-pad-ty (in den Fuss-
tapfen, SPIEGEL), gr. ovs, moò-s, lat. fes, fed-s, got.
fotus.

gilol péadash, rimunerazione, ricompensa; pena, castigo;
phl. patdashno (SereceL, Av. Uebersetz. IL p. 279),
rad. z. patti + dà.

Lioli padishà, e sliol, padishéh (quest’ultimo è più
comune), re, principe, sovrano; — phl. péféské, pàrsi
padisah.

«StsoL sédishahi (suff. î), regno, dominio, signoria.

Lul /érsà (nel verso anche férisà —-—), integro,
prudente, assennato, saggio.

sl pérah, frammento, pezzo, brano; lembo (di nebbia,
di nube); z. e skr. féra, phl. parak.

hl Aérah-ér, fatto a pezzi, tritato; pdrah-pdr kardan,
tagliare a pezzi.

ul 285 (per spàs, cfr. sipàs), guardia, vedetta; —
p. dàshtan, far la guardia; hamî dashtandi shab
ràz pàs, tenevano, facevano (impers.) la guardia giorno
e notte — z. gfag; rad. z. gfag (osservare), skr. ag,
lat. spec, în-spîc-t0, ecc. gr. cKém-r-0-ua.

e pisukh, risposta; — /. dédan, rispondere; — 7.
àràstan, preparar la risposta, prepararsi a rispondere; —
z. patticanha, phi. e pàrsi fécuZA (cfr. il biblico fa
shegen e parshegen ebr. e cald.; AscoLi, Studi Iranî,
p. 11, nota).

UL Aé£, puro, mondo, illibato, santo; libero, purificato;
phi. pék.

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>> 329 -<

SdL sak-tan (cfr. fan, corpo), che è di puro corpo;
bello d’aspetto.

mou sak-din (cfr. din, religione), che è di pura
religione; Dêvoto, pio.

girl pak-maghz (cfr. maghz, cervello), che è di mente
pura, illibata.

«SL dékî (suff. ?), purità, rettitudine, integrità.

iz L pakizah-tan (cfr. tan, corpo), che è di puro
corpo; illibato, mondo.

hs pakizah-rày (cfr. rày, consiglio), che è di retti
consigli, sUBovAos.

3SL pélîiz, giardino, orto.

sb day, V. fà.

ll 2éy86 (cfr. yàftan, tpr. yéb, trovare), fermezza,
potenza, forza.

ul pdy-band (cfr. Gand, legame), monile che si mettono
alle gambe le fanciulle.

UG pay-g6h (cfr. g&h, luogo), 1) luogo da potervi posare
i piedi, sgabello; luogo di dimora; luogo dov’ è atten-
dato un esercito(?); luogo da levarsi i calzarij; —
2) “grado, dignità; merito; /. sék4tax, conferire ad
uno un grado, spec. un grado d'onore; — /. dvardan,
ottenere, acquistar merito in faccia ad uno.

kl pdy-gah, v. phy-gîh.

gl. A6yak (cfr. fà, piede, suff. 44), piede, fondamento,
base; punto d'appoggio; grado, dignità.

dsl payîd, tps. di fé.

su 2atyrah, creatura maligna; z. paztyàrah, phi.
patyàrah, pàrsi patyàr. Il significato primitivo del z.
pattyàrah è quello di opposizione (fpaiti + ar, opporsi);
poi questa parola fu destinata a designar soltanto le
opere malvagie di Ahrîmane, siccome altrettante 0f052-
zionî alle opere buone di Ormuzd (cfr. Vendidéd, c. I).

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>> 330 -<

quindi il np. fatyàrak altro non significa che creatura
maligna, dannosa.

uf Dakhsh, schiacciato col piede; f. £ardan, schiacciare,
annientare.

a padar, padre, genitore; fadar bar padar, di padre
in padre, di generazione in generazione; z. afar,
antp. e skr. petar, gr. rarip, lat. pater, got. fadar.

og) da Zadria, saluto; ). didan, nelle espressioni: f. 6àsk
(imperat. 2* pers. sing.), addio, sta bene; /. déskid,
state bene, ya/pere; — f. Zardan, salutare, dire addio.

day Padid, chiaro, evidente, manifesto; ). dmadan e
f. shudan, mostrarsi, venire alla luce, apparire.

glad Zadidir (suff. àr), che apparisce, che si presenta:
d. diidan, presentarsi.

pi padhîr, tpr. di padhîraft, accettare, gradire, appro-
vare; obbedire; eseguire un comando; ph. fattraftano,
pàrsi fadîraftan (raftan + pati, padhî, 2. fatte,
SprecEL, Die trad. Lîtt. der Pàrsen, p. 412).

cipria padhîraft, tps. di padhîy.

sud padhirah, incontro, ritrovo; /. shudan, andare in-
contro ad uno per riceverlo; — /. émadan, andare
incontro ad uno; — phl. palfîr, patirak, pàrsi padira
(cfr. z. pazti, paiti, incontro).

n 20, e r parr, ala; penna; cd parr è tadharo, veloce
come ala di fagiano; phl. par, cfr. z. fra-ptere-gan,
alato; gr. rspov.

r parr, tpr. “di parrîd, volare; part. parrandah, pl. par-
randagàn, gli uccelli.

r pur, e > purr, pieno, col gen. o con az; z. perena,
skr. piarna; lat. Plenus, gugàées, 7606 (con altro suff.).

Str paràgan, tpr. di pardgand, spargere, disperdere;
seminare; sollevar (la polvere, i sassi, ecc.); part.
paràgandah, disperso, sparso; metaf. frustrato; infin.

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= ggi

(come nome), pardgandan î tukhm, lo sparger la
semenza, seminagione.

DIST a paràgand, tps. di pardgan.

dep parkhash, battaglia, combattimento; cfr. z. /areg,
combattere.

sile parkhàsh-gîy (cfr. sustan, tpr. g#y, cercare),
battagliero, bellicoso. .
lay parkhàsh-khay (cfr. kharîdan, comprare), amante
di Ci ttaglia.

ur pur-khin (cfr. khin, sangue), pieno di sangue,
insanguinato; che ha sofferto violenza, oppressione da
un tiranno.

blon pardakht, tps. di pardàz.

Jhon pardàz, tpr. di pardékht, liberare; part. pard4khtah
e pardakhtah, 1) compiuto, finito (si dice di un lavoro);
— 2) vuoto, libero, esente; fardakktah mandan, restar
vuoto; — z. pazrî + tac.

kb Ova pardakhtah, invece di pardakhtah, v. pardàz.

soyg Zardah, velo, tenda (si dice talvolta della parte più
interna della casa, dove stanno le donne); — metaf.
velo di nuvole, velo di polvere sollevata.

usy? 24rS, tpr. di fursîd, domandare, chiedere, interro-
gare; z. pare, antp. pare, skr. prach, lat. prec-or,
got. frazhnan.

cuwsa farast, tpr. di parastîd, servire; venerare, adorare
(Iddio); inf. parastidan (come nome), il culto di Dio;
part. farastandah, pl. parastandagàn, 1) servo, ser-
vitore; ancella, damigella; — 2) dato alle pratiche
religiose, pio, Dêvoto, asceta.

Vir parastish (suff. îsh), adorazione, venerazione, culto
di Dio.

sia parastid, tps. di parast.

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>> 332 i

Aura Purstsh (suff. 254), domanda, inchiesta; phl. p4rs1sk,
puarsashno.

Dir pursîd, tps. di furs.

saloya pur màyah (cfr. màyah, valore), valoroso, virtuoso;
pl. pur-mayagàn, principi, eroi.

ulby: Zarnivàn, drappo di seta.

grè daro, le Pleiadi.

3br parvâz, volo, il volare.

)gyî darvar, tpr. di farvard e parvarîd, nutrire, allevare,
educare, cibare; proteggere; part. farvardah, nutrito,
allevato; figlio; parvarîdah (in senso att.), che ha
allevato, colui che ha educato; — 2. fazrî + var,
antp. e skr. var.

vbopt parvaràn, tpr. di parvarànid (causale di farvar),
ar nutrire, far allevare.

Aablygy? parvarànid, tps. di farvaràn.

or parvard, tps. di parvar.

Sp parvardanî (suff. î), alimento, cibo.

dpr parvarish (suff. sh), alimento, cibo.

da)yri parvarid, tps. di parvar.

SUR parvîn (cfr. paro), la costellazione delle Pleiadi.

sp 207°, Perî, n. pr. di alcuni spiriti femminili che, sec.
i Persiani moderni, sono come buone fate. Il loro
nome (sec. una falsa etimologia popolare da far e 277,
ala) significherebbe sf2r2%0 alato. Sono esse formate
di luce, d’ incantevole bellezza e lontane da ogni
qualità bassa e volgare. Si vestono della luce del
sole, vivono della fragranza dei fiori e si bagnano
nella rugiada dell'aurota (ScHuLTZE, 7axd8. der Pers.
Sprache, p. 69; cfr. anche: T. Moore, # Paradiso e
la Perî). Al contrario, sec. l’Avesta, le Perî, dette in
z. paîrika, sono esseri femminili di maligna natura
che con la loro bellezza conducono a perdizione gli

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> 333 =

uomini; così almeno accadde all’ eroe Kerecàcpa. Si
legge infatti nel Vexdîdàd (I, 36) che la Pairika
Khnathaîti si attaccò a Keregàcpa (yà uparhacat
keresàgpem). Le Pairika abitano il Kabul, detto
Vatkereta nell’Avesta, (cfr. SpreceL, Eràn. Alterth.
I, p. 138). — z. pazrika, phl. partk.
resp pari-cihr (cfr. cihr, volto), che ha il volto di
una Perî, cioè bello, avvenente.
> ey Zari-cihrah, v. parî-cihr; — (come nome), fan-
ciulla, donzella.
dari parrid, tps. di farr.
Syesr parî-rty (cfr. riy, volto), che ha il volto di una
Perî, cioè bello, avvenente.
tira pizishk, medico; sapiente; pl. pizisk4éx; z. bagshaza,
skr. 6hishag (da abhî + safig, sec. il BENFEY e il
PICTET).
di & pizhishk, v. pizishk.
3 fazhmar, pazhmur, tpr. di pazhmurd, marcire, lan-
y°pa pashmar, pa mare
guire, avvizzire, andar decadendo; basir di paura,
venir meno per il timore.
of pazhmurd, tps. di fazhmar, pazhmur.
us 745, 1) prep. dietro, di dietro; fas 7, dietro, di
dietro; — 2) avv. dopo, dopochè, poscia; @z-î7 fas,
d'ora in poi; va-2-8x fas, e dopo ciò, e dopo di
ciò; — z. pagta, pagkàt, antp. pacà, skr. pagcat, lat.
post.
cam fast, umile, basso; depresso, oppresso, schiacciato,
pesto; g%rz ? past, clava abbassata, battuta cioè sul
capo di uno (?), colpo di clava (?); opp. leggendo:
gurz-past, oppresso dalla clava, da un colpo di
clava; — /. 4ardan, disperdere, annientare.
3 pusar, figlio, fanciullo; z. putkra, antp. fufra, skr.
putra, phl. pusr.

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> 334 -«

Giu fasand, tpr. di pasandid, 1) piacere, esser grato,
gradito; part. fasandah, accetto. gradito; atto; —
2) trans. approvare; — 2. fatîtî + ced (SrieGEL,
Comment. tiber das Avesta, IL p. 311).

Giu fasand, grato, caro, accetto, gradito.

dd Lasandid, tps. di pasand.

cub fusht, dorso, schiena, tergo; pas i pusht î, zi-pusht
z, dietro di..., al di dietro di...; metaf, sostegno,
presidio; stirpe, progenie; fuskf 2 ràst, discendenza,
progenie genuina; — z. farstî, skr. prishtha.

sito fushtah (suff. ak), collicello, monticello; cumulo.
mucchio.

ut pashang, n. pr. del padre di Afràsyab, Pesheng.
figlio di Zàdshem.

ult pashîman, pentito; f. shudan, pentirsi.

dat dashimani (suff. î), pentimento.

sUG dagah, l'alba, lo spuntar dell’ alba; avv., all’ alba, al
primo albore.

di pul, ponte; z. feretu, phl. puhar, pàrsi puhal.

ul dalang, pantera; leopardo; metaf. cavallo di battaglia.

dal fa/îd, impuro, immondo.

su, Zark, rifugio, luogo da rifugiarsi, luogo di salvezza.

ssi Panbah, bambagia (da filare).
i pang, € gi pani, cinque; har pang, tutt’ e cinque;
z. e skr. Perla, gr. mévre, méure, lat. quinque.

dig Land, consiglio, ammonimento; %. dédan, consigliare,
ammonire. .

glo Zandàr, tpr. di Sandasht, pensare, stimare, esser
d'avviso.

usi pandàsht, tps. di pandèr.

ui 211hàn, nascosto, celato, secreto; avv. secreta-
mente.

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> 335 ==

si 2 € ey 20 (6), tps. di f@ayî4, camminare; part.
piyandah, pl. payandagàn, gli animali terrestri (prop.
i camminanti, cfr. lat. refé/za ed ebr. remes, animalia
semoventia; opposto a g%yardagàn, i parlanti, cioè
gli uomini); z. e skr. fed (cfr. Ascori, Studi Iranz,
p. 6).

on pd, ripieno, i fili con cui si tesse l’ordito di una tela
(per le frasi, v. fà7).

par der (cfr. pusar), figlio; lat. fuer.

Dr pizish (suff. 254), scusa, perdono; — f. andar giriftan,
cercar di scusarsi; — /. £4ardan, domandar perdono,
scusa.

uwuyi fîst (6), pelle, cuoio; corpo; z. parista, phi. pd.

dr pish, tpr. di pashid, vestire, ricoprire; adornare.

uly 2%shan, tpr. di pashinid (causale di #54), vestire,
far vestire, ricoprire, far indossare una veste.
duliss pishénid, tps. di pashén.

ufbs3 2ishish (suff. sk), vestimento.

Duies Pishîd, tps. di pask.

Sip 2ishidani (suff. ?), il vestirsi; vestimento; coll.
le vesti.

0Y,; p#làd, acciaio.

Siro piùlad-cang (cfr. cang, artiglio), che ha d'acciaio
l'artiglio, cioè fortissimo, valorosissimo.

. slo), p0l4d-khay (cfr. khàyîdan, mordere), che morde

l'acciaio; cavallo robusto. Questo è il significato che

dà il VuLLERS a questa parola; però, nel passo ove

si trova nell’ Axgologia, io lo prenderei come agg. e

tradurrei di/ ? mard î gangi i pilad-khày, per: il

cuore d'ogrî uomo battagliero, roditor dell’ acciaio

(espressione iperbolica per dire: robusto, forte, ecc.).

dig puyîd, tps. di f&, pey.

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m> 336 -<€

e: 2ahlav, 1) n. pr. di unà città sec. alcuni Dizionari, ma
più prop. n. pr. di una provincia, forse la Parthia degli
Antichi, antp. farthaza (nelle Iscrizioni del re Dario); |
intorno a questi nomi fa4/2v e farthava, v. SPIEGEL,
Grammatik der Huzvaresch- Spr., p. 17, e Eràn.
A'terth. III, p. 747 e segg. — 2) frontiera, confine.

de ‘ pahlav (cfr. pahlavan), eroe.
ve ‘pahlù, lato, fianco; parte; skr. pareva (?).

o! aklavén, eroe; pahlavàn î gihàn, eroe del regno,
o mondo, titolo dei principi del Segestàn, Sàm,
Zàl; {Rustem.

ore: dallavàni (suff. î), eroico; degno di un eroe;
grande, magnifico.

she: Lahlazî (suff. î), eroico, guerresco; gdmah è pahlavi,
. veste da indossar in battaglia, corazza.

se dahlavî (suff. î), pehlevi, pehlevico, lingua pehlevica.
Con tal nome viene designata comunemente la lingua
dell’ Iran al tempo dei Sassanidi (222—650 d. C.),
detta! anche 4xzvàresh, singolarmente commista di
parole caldaiche e siriache. Sul nome, sulla patria,
sul tegpo di questa lingua si è scritto assai, nè
ancora sf sciolte tutte le questioni che la riguardano.
Pare più vera di tutte l'opinione che vede in essa
una vera lingua, nella quale però le parole siriache
e caldaiche erano state introdotte come ideogrammi,
da leggersi con parole corrispondenti iraniche. Secondo,
infatti, un passo del 7646 a/-Zthrist (p. 14, 13 ed.
FLUceL), nella lettura di testi pehlevici, alle parole semi-
tiche si sostituivano le genuine iraniche, come p. e.
bisrà (cald. e sir., carne) veniva letto g#s4f (pers., carne).
Il nome paZlavî poi che significherebbe /’ età degli
Eyroî (SereceL, Meldenthum; cfr, pahlav, pahlavén,
eroe), sarebbe stato dato a questa lingua solo per
designare il tempo in cui essa era parlata, al tempo

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>> 337 =

degli eroi, all’ età cioè ‘antica; cosicchè 2zu04x ?
pahlavî, lingua perlevica, altro non significherebbe che
lingua dei tempi antichi, dell’ antichità, allo stesso
modo che gli Arabi chiamano idol (£é4liyyah),
ignoranza o età dell’ ignoranza, l'età anteriore a
Maometto, e noi usiamo dir Gentilesimo e Paganesimo
i tempi anteriori all E. V. — Per maggiori notizie,
v. SpieceL, Erda. Alterth. III, p. 734 e segg.; Aràsche
Studien, p. 78 e segg.; Avesta-Uebersetz. I, p. 277;
Gramm. der Huz. Spr. (nell <title>Introd.</title>); Hauc, £ssay
on the Pahlavi language; HarLez, Manuel du Pehlevi.

uz ahh, ampio, vasto, largo; z. fathana, phi. pahax.

Lig Zahnà (suff. &, col gen. paknéy è), larghezza, am-
piezza.

24 prep., dopo, dietro, di dietro; /ay z, dietro di...
«è 22, orma, vestigio; ). na-gudhardan, non lasciare
alcun vestigio inosservato, ricercar minutamente.

«20 forma abbreviata di fd, féy.

sol, payàdah, pedestre; avv. a piedi; ). shudan, andare
a piedi.

ylistola payadah-Cashàn (cfr. kashîdan, trarre), che
cammina a piedi; — opp., strascinato a piedi (in senso
passivo).

pl: 2eyvàm, notizia, novella; annunzio, messaggio; —
payàm, è forma abbreviata di payghàm, cfr. rad. z.
paîti + canh, favellare.

34 /î6, tpr. di fîcî4, 1) torcere, volgere, piegare; intr.

”  distogliersi, ritirarsi; piegarsi, contorcersi; scansare un
colpo; part. fîicéx shudan, distogliersi, astenersi dal
fare una cosa; — 2) affliggere, tormentare; intr.
dolersi, affliggersi; part. fîcéx, dolente, affannato;
pican bidan, e picon shudan, tormentarsi, affliggersi,
dolersi.

22

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>> 333 =

usa 2icîsh (suff. îsk), rivolgimento, mutamento; torci-
mento; . andar giriftan, cominciare a torcere, a
tendere (un arco).

daga 2îcîd, tps. di pic.

la paydè, manifesto, chiaro, evidente; /. shudarn, mani-
festarsi, venire alla luce; /. 4ardan, mostrare, fare
apparire, suscitare; phl. Jété#, pàrsi pédà, cfr. z.
poitidayà (?, segno), SeiecEL, Die trad. Lîtt. der
Pàrsen, p. 414.

pu 2îr, pl. sîràr, vecchio, antico. i

fa piîrà (è), tpr. di fîrdàst, pres. fîrà-y-am, adornare;
apprestare, preparare; z. 74d% (la y di fîràyam, rap-
presenta la 4%), arm. patragt.

culpa Pirdst, tps. di fîrd.

ul 2îriman (è), e urta piràman, circuito, circolo;
bi-piràman, in giro, intorno; phl. péràmédx, pàrsi
péeramiin.

oa pîràn, n. pr. di un nobile guerriero turanio figlio
di Vésah, Pîràn. Quantunque obbedisse ad Afràsyàb
suo signore e lo difendesse, pure protesse dinanzi
a lui gli Irani, allorchè questi erano ingiustamente
oppressi. Morì in una battaglia contro gli Irani, nella
lunga guerra che questi fecero coi Turani per. vendi-
care la morte di Siyàvish,. v.

usa pîràhan, vestimento.

SY pir-ghy (cfr. gustan, tpr. gùy, amare, cercare),
amante di un vecchio. '
4) fîr-sar (cfr. sar, capo), che ha il capo da vecchio,
cioè canuto.

port dira (4, 9), vittorioso, glorioso; phl. ##rdg, pàrsi
péròzh (sec. lo SpieGEL, Die trad. Lîtt. der Pàrsen,
p. 414, da un supposto z. fazr? + raocatth, splendente
all’ intorno). se

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» 339 =
Fort pîiriàz-gar (suff. gar), vittorioso; phl. sér6g-kar,
pàrsi féròzh-gar.
S9yt pirizah, turchese (pietra preziosa); taZ%# î f., trono
ornato di turchesi.
Spy: direi (suff. î), vittoria.

ui LÎsh (è), dinanzi, avanti, dirimpetto, di contro, verso,

a, ecc.; col gen; — bi-pish andartn, dinanzi, a capo,
nel primo posto; phl. fés4, z. fara, antp. e skr. farà,
gr. Tapd.

ups Pîsh-bîn (cfr. didan, tpr. dîn, vedere), previdente,
cauto. °

gi pîsh-rav (cfr. raftan, tpr. rav, andare), colui che
precede; guida, capitano.

ski pish-gah (cfr. g8h, luogo), il primo posto, posto
d'onore. i

Kia pîshah (è), arte, mestiere; /. Zardan, esercitare un’
arte; phl. péskak, pàrsi fésa (rad. z. fish, battere).

ghia pîshah-var (suff. var), artefice, operaio.
sylia payghàrah, rimprovero.

pr paygham-bar (paygham, novella, suff. 5a7), messo,
nunzio, messaggiero; profeta.

Be paykàr, 1) guerra; battaglia; contesa; opposizione,

- ostacolo; phl. e pàrsi aòkàr, rad. z. faîti + kar,
opporsi; cfr. skr. frafzzàra; — 2) consiglio, intendi-
mento, proposito.

o& paykan, punta acuta di ferro; metaf. dolore,
angoscia.

x faykar, immagine, ritratto; fantoccino; antp. fatt
kara, phl. fatkar, arm. patker (di qui il sir. piakrò,
idolo). 7

du: 285, elefante; skr. fî/% (voce straniera, sec. il VULLERS),

‘cfr. sir. philò, ar. fil.

22%

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>> 340 -<&

pda pil-paykar (cfr. paykar, figura), che ha la figura,
la forma di un elefante, cioè grande, robusto, gagliardo
(si dice dei cavalli).

ib 2i/-tan (cfr. tan, corpo), che ha corpo di elefante,
cioè forte, gagliardo (si dice degli eroi, e spec." di
Rustem); grande, grosso, forte (si dice di un cavallo);
anche usato come nome: cavallo, destriero.

43 filsam, n. pr. di un giovane guerriero turanio
figlio di Vésah, Pilsem.

La paymà, tpr. di Jaymid, misurare; camminare, mettersi
in cammino (con xéà, via); misurare, in senso di:
colmare, riempire (un bicchiere, ecc.); z. faz + md,
antp. 224, skr. mà, phl. patmdtano.

ul: 20ymin, patto, alleanza; promessa; f. £ardaxn, fare,
stringere un patto; phl. fafmérn, pàrsi paéman (z.
pattimàna, supposto dallo SpreceL, Die trad. Lttt.
der Pàrsen, p. 411).

Ogea Paymia, tps. di paymà..

ghi payvast, tps. di fayvand.

sigg Payvastah (part. di payvastan), avv. sempre, con-
tinuamente; v. f@yvand.

ig Zayvand, tpr. di fayvast, legare, congiungere;
fermare, confermare; finire, compiere (un’ impresa),
concludere un affare; part. fayvastah, concluso; con-
giunto, parente, consanguineo; phl. patvastaro, z. bad.

diya Zayvand, 1) congiunzione; amicizia, patto; parentela,

connubio, famiglia; — 2) punto dove si congiungono
due cose; giuntura della corazza; — 3) congiunto,
consanguineo; anche coll; — phl. afvard, pàrsi
padhvatit.

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> 34I

tw

« at, suff. pronominale possessivo, wydy Zadar-at, il
padre tuo; come pronome personale, si unisce anche
ai verbi, woglozi farmayad-at, ti comanda; Gramm.
123, 124, 125.

U è, particella, 1) fino a, verso, a; — 2) finchè, fino a
tanto che, a tal punto che; come se; — 3) acciocchè,
affinchè, perchè; — 4) dacchè (dopo espressioni che
indicano durata di tempo, p. e. dé ràz-ast tà, sono
due giorni dacchè ...); — pàrsi #é, cfr. skr. 64va4.

LU #46, tpr. di 44/7, taft, tàbîid, 1) esser caldo, essere
ardente; ardere, bruciare; accendere; illuminare; part.
tàbandah, lucente, nitido; part. passat. f8/tak, riscaldato;
trafelato; — 2) volgere, rivolgere; voltarsi, ritirarsi;
partire, andar via; volgere il volto, lo sguardo ad una
cosa; rivolgersi ad uno, darsi ad uno, arrendersi ai
suoi voleri (con sy); correre, affrettarsi; 3° pers. #2/t,
corse; — dar tàftan, ritirarsi, tirarsi indietro; — z.
e skr. fap, phl. fapitano, lat. fepeo.

LU 6, calore, ardore; splendore; metaf. dolore; —
f. dadan, \uccicare. È da Ai altr}o.

sl ‘ébish (suff. isk), splendore, luce.

Yl /45-x4£ (suff. 2é4), splendente, fulgido.

wwl5 46%, (ar.), arca funeraria, cassa da morto.

dol sdbîd, tps. di #46 (cfr. tif). i

el tàg, corona, serto reale; arm. #4kag (sir. f0g0), cfr.
antp. faka-bara.

glosl dg-dîr (cfr. dishtan, tpr. dir, avere), pl. tàg-
daràn, coronato, principe, regnante.

gal tàg-var (suff. var), che porta corona, coronato,
principe; antp. faka-dara (soprannome dei Greci nelle
Iscrizioni del re Dario), arm. t4agavor.

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bl 4416, tps. di faz.

À tàr, ordito di una tela (244, invece, è il filo con cui si
tesse la tela); fan 7 44vîsh tar u bar-ash pid kard,
fece ordito del proprio corpo, e del petto di lei fece
il ripieno, nel senso di: si abbracciarono strettamente
(come il ripieno s’intreccia all’ ordito); — cx tàr «
pd, mescolati come il filo e l’ordito in una tela.

5 #àrdg, rapina, saccheggio.

&,L 4érak, la sommità, il vertice del capo, cocuzzolo.

sgh fàrî, tenebroso, oscuro; metaf. umile, abietto.

do, lb tàrîk, phl. ‘ar%k, v. tàrî.

gh tàz, tpr. di 444At, correre, affrettarsi; trans. far correre,
sospingere (un cavallo); presentare, condurre; inf.
tàkhtan (come nome) scorreria; #@4khtan burdan, fare
una scorreria; — dar f@khtan, accorrere; salire (?); —
z. tac, skr. tai, tvanc.

ahh tàzanah, v. tàzyanal.

syl5 za, fresco, novello, giovane; £ 4ardan, rinfrescare
(anche nel senso di rinnovar la memoria di uno, cfr.
tua fama rinfreschi di Dante).

sl tàzî, pl. tàziyàn, arabo, gli Arabi; phl. 44674, dal
z. fat, correre, sec. lo SPIEGEL (Die trad. Litt. der
Pàrsen, p. 396), ovv. dall’ ar. gelb f4yy, da Db 1947,
n. di una tribù, cfr. sir. fayoyò.

ob taziyan (cfr. tàkhtan, tpr. tàz, correre), veloce,
affrettato, lesto; avv. prestamente, velocemente; —
pl. di f@z?, v.

sli fazyanah, 1) staffile, sferza; — 2) colpo di sferza.

us /4/f, tps. di 486, cfr. tibid e taft.

pl idm (ar. #àmm), perfetto, intero; pieno (della luna).

gl. îtàn, suff. pron., vostro, di voi; acc. voi; Gramm.
123, 124, 125.

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> 343

sl #@2 (cfr. 446), forza, potere; ardore, energia; desiderio;
sollecitudine.

i tab, febbre; z. tafnu, phl. ta (rad. z. e skr. fap,
esser caldo, lat. £e9e0).

su5 fa6éh, distrutto, disfatto; £. #ardan, distruggere,
guastare; uccidere; £. gaskfan, rimanere ucciso.

= tabéhî (suff. î), distruzione, rovina.
; fabar, scure, bipenne.

usi fabah, v. tabah.

Byaui Zabirah, timpano, tamburo.

ui45 fapisk (suff. 25h), calore, ardore; 4. yéftan, sentir calore.

uns /akht, sedia, seggio; trono, soglio reale; sar 7 fa4ht,
1) il capo del trono (del regno), cioè la residenza
reale; 2) principe, capo, re.

ska sakht-gîh (cfr. gàh, luogo), luogo del trono, resi-
denza reale.

axis lakhtah (suff. ah) tavola di legno; pl. tazkt-hè.
s tukhm, seme, semenza; origine, stirpe, famiglia; z.
taokhman, antp. taumà, skr. tokman (sir. tihmd).

syto /ukhmah (suff. ah) v. tukhm.

gd tadharo, fagiano; gr. rdrvpoG, skr. diftira, tittiri(?),
VULLERS.

star, umido, bagnato; phl. far, cfr. z. tauruna(?), gr.
tépyv, SprecEL, Die trad. Litt. der Pàrsen. p. 398.

p tar, suffisso del comparativo; z. e skr. fara, gr. repo-.

yi turà, v. ti. a

uhayi targamàn (ar., cfr. sir. e cald. fargem, interpretò),
I) interprete; 2) pena, multa inflitta. — Con questo
nome Rustem figuratamente designa il suo arco; sec. il *
1° significato, bisogna interpretare: quello che mi fa.
intendere, sentire dai miei nemici, che fa sentire i miei
colpi; sec. il 2° significato, bisogna tradurre: quello
che dà la dovuta pena ai colpevoli, ai nemici.

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> 344

us5 fàrs, tpr. di farsîd, temere; z. fare, antp. tare,
skr. fras, gr. rpéw da rpéow, lat. ferreo per Zerseo.

uxy5 ars, timore, terrore; skr. #rdsa, cfr. Tras, il dio
del terrore presso gli Slavi pagani.

Dpr tarsid, tps. di fars.

di tark, elmo ferrato.

di #rk, 1) turco, turanio, del paese di Turania; coll.
Turchi, Turani; pl. fur#éx; — 2) giovinetto bello e
avvenente.

SF tarkash (per tîr-kash), faretra, turcasso.

Si targ, elmo, v. fark.

91 tazhé&v, n. pr. di un guerriero turanio che fu ucciso
da Ghév, Tezhàv.

uni 24-58, per uu gi.

siii /ishnah, assetato; metaf, bramoso, cupido; z. farshna
(sete), skr. 4res4kzà, phl. fàskx, cfr. got. thaurstez.

ii faf, e i5 taff, calore, ardore, bruciore (cfr. #86,
tàftan).

wai faft 1) invece di #8/t, v.; — 2) celere, veloce; avv.
. velocemente, in fretta. .

gle tag-Qvar (suff. îvar) — 1) veloce, lesto; — 2) cavallo,
destriero.

di Zal, e de tall (ar.) cumulo, mucchio; collicello.

pls “amàm (ar.), intero, compiuto; avv. interamente;
t. sàkhtan, finire, compiere.

ui /44, 1) corpo; — 2) persona, individuo; faz? card, un
certo numero di persone; fax 6?-fax, corpo a corpo,
cioè uno ad uno; fax  kAvîsh gird kardan, racco-
gliere, ritirare il corpo, ritirarsi (per paura); z. #azz,
skr. fantù.

ghe tan-Gsén (cfr. èsén, sano) sano di corpo; tranquillo.

dis /2200/, magia, incanto.

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> 345 =

Qus #und, acre, forte, veemente, violento, iroso.

plioui tund-tàz (cfr. tàkhtan, tpr. tàz, correre), che corre
velocemente, rapido.

gb tundar, tuono, lat. tonztru, ingl. thunder.

cd gi tan-durust (cfr. durust, integro, sano), sano di
corpo, ben nutrito.

dis fundî (suff. î), veemenza, forza; rapidità; ira.
iu tan-figàr (cfr. figàr, ferito), ferito nel corpo.

Sus fang, angusto, stretto; tristo, doloroso, dolente; avv.
strettamente; — £ azdar amadan, avvicinarsi, venire
accanto; — 4 andar dvardan, restringere; restringer
lo spazio che ci divide da un altro, avvicinarsi a lui
(con zamiîa, terra); — #£ shkudan, esser vicino; —
f. kardan, rendere angusto, stringere (in senso di:
ridurre uno agli estremi); — ph. faxg, cfr. z. faigista
(superl.).

Jokis sang-dil (cfr. dil, cuore), angustiato nell’ animo,
dolente.

SI tangî (suff. ?), strettezza; angustia, angoscia; dz-faxgî,
strettamente, stentatamente.

tanhà, solo; avv. soltanto, solamente; dz-tax4é,
da solo.

gi tà, pron. pers. di 2° pers., tu; dat. e acc. fu-ré, a te,
te; pl. skuma, voi; — z. fém, antp. fuvm, skr. fvam,
gr. où, 7, lat. 4.

ul tuvàn, tpr. di fuvanist, potere, valere; z. e skr. 4.

ul tuvàn, 1) potente; — 2) potenza, forza; — £. déshtan,
aver potere; resistere ad uno (con 64); — phl. ##6éro,
pàrsi /var.

Ll,s tuvànà, potente, valido, robusto, forte.
cuniloi tuvànist, tps. di fuvàn.
s0yi tadah, cumulo, mucchio.

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»> 346 =

yg3 tr, n. pr. del 2° dei tre figli di Frêdûn, ucciso da
Minòcihr, Tùr; z. #72 (nemico), phl. #7; — v. i
capi IV e V dell’ Arxzologia.

uhg #rén, n. pr. del paese turanico, il Turan; sec.
Firdusi, questo paese prese il nome da Tàùr, figlio di
Frêdûn, che ne fu il primo principe; phl. #4réz, cfr.
z. tira.

shy Marini (suff. î), turanio, del Turan; pl. #4r4zzyàr,
i Turani.

3y5 4, corteccia d'albero, con la quale si fanno involucri
per gli archi; — #42 az mushk, v. la traduzione di
questo passo alla fine dei testi.

yi Miei (6), veste da estate di lino sottile; in generale,
veste; — £ Zafan fiushîdan, indossar per veste un
lenzuolo funebre, andare incontro alla morte.

UÈg5 45h (6), vigore, forza, potenza; z. (nelle Gàska) fevishi.

xiy5 shah (6), cibo, provvigione; ‘sostegno, conforto.

yi ‘#f (6), tpr. di ##/îd, romoreggiare, risuonare, rim-
bombare; schiantare (intrans.).

dusy5 40ftd, tps. di 42f.

Sy yi, per el yi 4 î, tu sei.

ig taham-tan (taham, tahm, z. takhma, forte, + tan,
corpo), forte di corpo (soprannome di Rustem).

«&5 fhî, vuoto, privo, vacuo; phl. #akî.

sUhgs #hî-g6h (cfr. gàh, luogo, posto), parte laterale del
ventre sopra l'addome, rò ùroyévàpior, ipocondrio (termine
medico). o.

43 #îr, freccia, dardo, strale; z. i2e%kri, Mido yap tiypw
xaxovc tò réfevua (Eust. Dion. 976).

SI tiragî (suff. ?), oscurità, tenebre; nerezza, color nero.

sysò tirah, oscuro, nero, fosco, tenebroso; compar. îra4-
far più oscuro.

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> 347

ui3y35 dirah-tan (cfr. tan, corpo), che ha nero il corpo.

las #rah-gan (cfr. gàn, anima), che è d'anima nera,
cioè tristo, malvagio, maligno, us\aydfpwer.

lyy3y tirah-ravàn (cfr. ravàn, anima), che è tristo,
malinconico, dolente nell’ anima.

w

Y ‘os tirah-gtn (cfr. gn, colore), che è di color nero:
osco, oscuro, bruno.

5 #îz, acuto; alacre, pronto, veloce; compar. fiz-far;
avv. velocemente, rapidamente; — phi. #ég, pàrsi #24,
cfr. 2. ‘tizhi, tizhin.

ol tiz-parràn (cfr. parrîdan, volare), che velocemente
vola, rayvrérys.

3555 tiz-tàz (cfr. tàkhtan, tpr. tàz, correre), che corre
velocemente.

diaz tiz-cang (cfr. cang, artiglio), che ha acuti gli
artigli, armato d'’artiglio.

poxs tiz-dam (cfr. damîdan, correre), veloce al corso.

si tizî (suff. î), velocità, prestezza; d2-fîzî, con prestezza,
velocemente.

asus Hîshah, scure, bipenne, ascia.

ais tîgh (è), 1) spada; — 2) cima, vetta di un monte; —
3) raggio di sole; — z. faég%a (punta), arm. éée.

DEE tigh-zan (cfr. zadan, tpr. zax, battere), che maneggia,
che vibra la spada, quindi: bellicoso, belligero.

pheas imàr, affanno, angoscia, pensiero molesto e doloroso.

E

la gè, e l>, luogo, posto; parte del corpo, punto
qualunque del corpo; — dar géy ast, è in pronto; —

£. sipurdan, cedere il posto, ritirarsi; — 6-gày dvar-
dan, apportare; apporre (sulla mensa), imbandire;

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> 343 «

condurre a termine un lavoro; — bi-géy dmadan,
convenire in un luogo, radunarsi, raccogliersi; — 6?-

£ay bidan, esser pronto; — £. 6î-dil kardan, far
posto nel cuore, cioè accogliere nel cuore qualche

intenzione, qualche inclinazione; — géy, avv. in nessun
luogo (con negaz); — géyî, in qualche luogo, in
qualche parte; — %ar géy avv. in ogni luogo, dovun-
que; — b:-gày è, in luogo di..., invece di...

gol £adù, mago, incantatore; metaf. occhi di una fan-
.ciulla (come affascinatori); — shkék ? gàduvan (pl),
re dei maghi, il Re cioè del Mâzenderân, che si
credeva abitato da Dêvi e da maghi; z. e skr. yééu.

sool> gédavî (suff. ?), magia, incanto.

ool> gidiyi (suff. î), magia, incanto, fascino; tradi-
mento, frode. i

pl> £ém, tazza, bicchiere; z. ydma.

xol> gàmah, veste, vestimento; coll. le vesti, pl. gam-hd;
phi. gàmat.

ul> £é% anima, spirito; metaf. amante, fanciulla amata; —
£.dadan, dare, spirar l’anima, morire; — phl. gàx,
pàrsi gar.

vsbul gan-bakhsh (cfr. Gakhshidan, donare), che dona
l'anima, animatore.

pp £én-var (suff. var), vivente, animale; coll. gli
animali.

ulosb g£àvidan, eterno; avv. eternamente; — fé gàvidan,
per sempre.

dal &£àvid, eterno; avv. eternamente, in eterno; —
bi-gàvîd, in eterno; — z. yavaétàt (eternità, yu, età,
dat. yavaè + suff. fàf), arm. yauét.

sl» 44h, gloria, dignità, valore, potenza, alto grado.

slo £07, v. ga.

slo d8y-g8h (cfr. géh, luogo), luogo, posto, regione.

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3 349 =

kilo d4y-gah, v. gay-gàh; — dn-gàygah, avv. in quel
luogo, colà, là.

lb> £udà, separato, diviso; avv. separatamente, a
parte; — £. shudan, dividersi, staccarsi; — g. 4ardan,
dividere, separare; — g. gashtan, separarsi.

lo £idéyî (suff. î), separazione, partenza.

> £uz, fuorchè, eccettochè; — 67-9%z, fuorchè (con az,
o col gen. o senza).

s33;> gazirah (ar.), isola.

cau> Last, tps. di gal, gih.

cam> Sust, tps. di g%, gay.

Sy gust-gùy, ricerca; — g. kardan, far ricerche,
ricercare.

Syogum> £ust--gÙy, ricerca; desiderio.

gio £ashn, festa, solennità festiva.

slKito gashn-g6h (cfr. gàh, luogo), luogo di una festa.

da> 24d (ar.) riccio, treccia di capelli.

Ls gafé (ar.), violenza, ingiustizia, soperchieria.

aislio gafipishah (a. p., cfr. fishah, arte), ingiusto,
violento, tracotante.

nio LUft, congiunto, compagno; consorte, marito; —
guft-guft, a paio a paio, a coppia a coppia; — z.
yukhta, skr. yukta, phl. guft, e gukht (cfr. diraf
shidan e dirakhshidan).

Grow £uft-giy (cfr. gustan, tpr. gùy, cercare), desi-
derosa di’ marito.

po gigar, fegato; metaf. l'interno del corpo; cuore;
anima; — skr. ya#r%t, gr. rap, lat. jecur.
siii gigar-khastah (cfr. khastan, ferire), ferito nel petto.

Dati Gamshid, n. pr. del ,4° re del mondo, 3° della
famiglia dei Péshdàd, Gemshid. Successe a Tah-
mùras nel regno. Inventò molte arti, ed ebbe l'onore

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> 350 -<«

di aver spessi colloquii con Dio (Fird. p. 20, ed.
Calc.), anzi nell’ Avesta si legge (Verd. Il) che egli
fu il primo degli uomini col quale Ahura Mazdào
s'intrattenesse. Ma poi si levò a superbia, volle farsi
adorare, e l'aureola luminosa che cingeva il suo capo
(la maestà reale, /ary in pers., garezazh in z.), fuggì
da lui. Dahâk gli tolse il regno, ed egli andò errando
per cent’ anni nel Segestàn laddove sposò la figlia
del re di quel paese; e da lui così ebbe origine la
famiglia di Zàl e di Rustem (v. il c. VI dell’ Ax#0)).
Cadde poi in mano del suo nemico, che lo fece segare
per il mezzo; — z. yîmb-khshaéta; il semplice è yima,
skr. yama (cfr. SereceL, Eràn. Alterth. I, p. 439).

xh> gumlah (ar.), totalità, tutto l'insieme di molte persone
o di molte cose; gran quantità di cose.

nio gunb, tpr. di guxbîd, muoversi; — 22-géy gunbidan,
togliersi da un luogo.

Qui cunbid, tps. di gunb.

dois Landal, n. pr. di un servo fedele del re Frêdûn, Gendel.

> gang, guerra; battaglia, assalto, combattimento.

palio gang-&var (cfr. dvardan, portare), guerriero;
valoroso; milite.

spldo gang-avarî (suff. ?), valor guerresco, perizia
nell’ arte militare.

sio Lang fù, v. gang giy.

sodio Lang gay (cfr. gustan, tpr. g%y, cercare), amante
di battaglie, belligero, bellicoso, valoroso.

glubio gang-séz (cfr. sakhtan, tpr. séz, fare), esperto
nel combattere; valoroso.

fio gangî (suff. î), guerriero, bellicoso, battagliero.

s> £î, tpr. di gust, pres. gàyam, cercare, domandare;
desiderare, amare, esser amante di una cosa; — z.
e antp. gad.

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> 351 -<

she gavâz (ar.), permesso, licenza; metaf. alleviamento,
sollievo.

ul> £wvàn, giovane, giovinetto; — 2. yavan, skr.
yuvan, lat. juvenîs, got. juggs.

JLul> £24n-sél (cfr. sl, anno), giovane negli anni,
giovane d'età.

SOysla guvan-mardî (suff. î, cfr. mard, uomo), genero-
sità, magnanimità (lett, gioventù, poichè la gioventù
è l'età più generosa dell’ uomo).

»> £avr (ar.), violenza, oppressione, tirannia.

iyg> £%sh, tpr. di g&shîd, ribollire; agitarsi, fremere.

y> £#sh, 1) gorgoglio, corrente (d’acqua, di sangue,
ecc.); — 2) ribollimento d'ira, fremito; — J6i-g&s4
àmadan, infuriarsi.

gir gavshan, corazza, lorica; — gavshan î lalah-gùn,
una corazza di color di tulipano (detto del sangue
che scorre da una ferita e lorda la persona).

Ohio gAshîd, tps. di dish.

s3> £%y, fiume, canale; phi. gy, z. vaidhi (SpreGEL, Die
trad. Lîtt. der Pàrsen, p. 392); antp. yuviyà (Inscript.
Suezensîs, ed. Kossowicz, 6, 3) (?). — £%y, v. gu.

Ly> £%yà, n. pr. di un Dévo-guerriero del Mâzenderân,
ucciso da Rustem, Guùyà.

co £ùy-bèr, fiume, rio, riviera.

x> gah, gth, tpr. di gast, saltare, balzare; — 2%-gày
gastan, balzare in piedi dal luogo dove si è; — z.

ganh, skr. gas.
ul £ihàn, mondo, la terra abitata; la gente del mondo,
‘ gli uomini; la sorte, il destino; — yaZ g7héx, tutto

un mondo, tutta una gran folla di gente (tout le
monde); — z. gaétha, antp. gaîtha, phi. géhàx.

urlule gihan-dfarin (cfr. afarîdan, tpr. bfarîn, creare),
Creator del mondo.

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>> 352 -<&

ulole> £%n-bin (suff. Sar), custode del mondo, Iddio.

ul £an-bin (cfr. didan, tpr. din, vedere), che
vede il mondo; metaf. occhio, gli occhi; figlio, figlia;
caro, diletto (come la pupilla degli occhi).

veul £Minpahlavan (cfr. pahlavàn, eroe), eroe
del mondo, o del regno; titolo della famiglia del Sege-
stàn. Vedi l’Introduzione ai testi nell’ Axtologia.

aule £%hin-gà (cfr. gustan, tpr. g#, cercare), che
cerca il mondo e la sua gloria; amante di gloria;
generoso; re, principe.

sul £Mdn-gùy, v. gihangi.

rloyhe= gihan-dér (cfr. dashtan, tpr. dér, avere), 1) che
regge il mondo, Iddio; — 2) re, principe, sovrano
(specialmente i re dell’ Iran, che si consideravano
signori del mondo e si chiamavano Re dei re).

poloule> £74n-divar (cfr. dîvar, giudice), giudice del
mondo, Iddio.

sio glo £ihdn-didah (cfr. didan, vedere), che ha
veduto, conosciuto il mondo, cioè esperto, perito,
pratico delle cose; pl. gi4éx-didagin.

irule> £ihdn-sùz (cfr. s&khtan, tpr. séz, bruciare), che
abbrucia, devasta il mondo (si dice di un serpente).

slasasleo> d7%in-kad-khudiy (cfr. kad-khudày, signore),
signore del mondo.

che £thanî (suff. î), mondano, terreno; coll. gli uomini,
il genere umano.

E
la cdr v. cahèr.
cl cèr-pày (cfr. fày, piede), quadrupede; coll. qua-
drupedi, bestiame domestico.
culo cdra-st, per cdrak-ast.

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»> 353 <=

slo carah, mezzo, maniera, spediente, metodo ‘di fare
una cosa; sostegno, aiuto; artifizio, arte; rimedio;
inganno, frode, arte dolosa; — c. shkhtan, apprestare,
trovare una cosa, inventare; — €. 4ardax; inventar
qualche artifizio, trovar qualche rimedio; — phl.
càrak, rad. 2. car, procedere.

srl carah-g%y (cfr. gustan, tpr. géy, cer), I)
che cerca un rimedio, che cerca modo di salvarsi; —
2) che cerca inganni, fraudolento, traditore.

Je ‘èk, rottura; — é. 4ardan, rompere, spezzare, in-
frangere; tagliare.
Ulss (86-6044, rotto, spezzato; — c44-cak shudan,

andare in pezzi, spezzarsi.

a caktr, pl. càRiràn, servo, servitore; sergente, scudiere.
sl> céh, pozzo, fossa; z. at e cata, phi. e pàrsi cah,

rad. z. kan (ka), scavare; z. ééla per kéta (SriecEL).
ghuslo dah-s&r (suff. sar), fossa.
PI cah-kan (cfr. kandan, scavare), scavatore di fosse.
<-> lap, la mano sinistra; avv. a sinistra.

> Catr, ombrello che si tien sospeso sul capo dei prin-
cipi; skr. chatra.
da da 4, tps. di dix.
» car, tpr. di carîd, pascolare; mangiare, cibarsi; z. e
skr. car.
ho carà, pascolo.
ve ti-rà (cih + rà), perchè? a che?
> ciràgh, lucerna, lume (cfr. sir. skrogò, cald. sheragi,
ar. sîràg, tutti dal pers.).
ve carb, prevalente; sagace (si dice di un discorso); —
pàrsi ‘arw, cfr. phi. carpashno (grassezza).
ud carb-dast (cfr. dast, mano), pronto di mano,
attivo; energico.

SE carbî (suff. ?), dolcezza, affabilità.
23

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» 354 -<

carkh, ruota; giro, circolo, cerchio; volta celeste;

arco; — carkk # sélî, giro annuo (del sole); — 6:-
cavkh andartin ràndan, mettere una freccia sul-
l'arco; — z. cakhra, skr. cakra, gr. kikdos.

> carm, cuoio, pelle; sferza; — 2. careman, skr. carman.

do carîd, tps. di car.

» caz, per ch + az.

> Custi (suff. i), velocità, prontezza, energia.

ui» cash, tpr. di caskid, gustare, sentire, provare; z. e
skr. cash, phl. cashitano.

ps> lashm, occhio, coll. gli occhi; — €. afgandar, gettar
lo sguardo su di una cosa, osservare, scorgere; —
t. bar kasî gumdashtan, porre gli occhi su qualcheduno,
riporre in lui ogni speranza; — . ? afrang bar dukhtan,
forar l'occhio dell’ inganno, cioè deludere un inganno,
mandare a vuoto un trannello teso; — caskm 2 k#4huris,
occhio di gallo, termine di paragone in alcune simi-
litudini per significare (con frase strana) la nitidezza,
l'ordine, la precisione con cui è fatta una cosa, p. e.
bi-y-drîst maydàn ciù cashm è khurîs, apprestò la
palestra come un occhio di gallo, cioè con tutta
prontezza e proprietà; — z. daskman, phl. caskm,
pàrsi cas, skr. cakshus, rad. skr. caksh, informare.

suo cashmah (suff. ah, da caskm, occhio, cfr. ar. ed ebr.
‘ayîn, occhio e fonte), fonte, fontana; —  Cashmak-khéen,
fontana di sangue.

dato caskid, tps. di cask,

ds ca, tpr. di cakid stillare, gocciolare; part. ca4éx,
stillante.

Ulss calécdk, fragore, strepito.

ole cakàn, tpr. di cakànid (causale di cakidan, stillare),
far stillare, far gocciolare.

AVEES cakànid, tps. di cakàn.

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» 355

y> cado, allodola.
dal catid, tps. di cak.
se ci-gin, v. di-giinah.
sof ci-giinah (cfr. ghnah, gin, colore; maniera), di che
maniera? in qual modo? come?

e am, tpr. di camîd, 1) camminare, avanzarsi; part. (ama,
veloce, rapido, corrente (si dice dei cavalli, ecc.); —
andar camîdan, trascorrere (si dice del tempo); —
2) bere (cfr. caz, bevanda).

> caman, giardino.’

das camid, tps. di cam.

glo candy, platano.

yle lunda (cfr. dn, quello), quel tale, cotale; avv. in.
quel modo; così come.

ume tun-bn-Gin (lett. come quello come . «> così
come, in quel modo che .

dis land, tanto, alquanto, agg. e avv.; — cand kas,
‘alcuni, sé éazd as, con alcuni; — yak cand, ‘alquanto,
una piccola quantità; — cer4?, alquanto, alquanti;

candî dirakht, alquanti alberi; — z. éva#t, phl. land,
| pàrsi caòt.
yldie candàn (cfr. dn, quello), tanto, in quella tale
quantità; in grande quantità (con un nome).

ndo candin (cfr. în, questo), tanto, in questa quantità;

v. cand-àn.
«ie lang, artiglio, unghia; ‘branca; mano robusta,
pugno; — bi-cang èmadan, venire nelle mani, venire

in potere di uno.
JK cangàl (cfr. cang), artiglio, unghia; branca, pugno.
gio cun-2 (per cin #), come lui, come lei.

EesCS cun-în (cfr. în, questo), questo, tale cotale; avv.

come; talmente, in questo modo.
l _

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>> 356 =

» ci, v. cin.
vw tb, legno, bastone; asta della lancia; skr. Askupa.
obra tavgîn, clava, mazza; il giuocar con la mazza
(giuoco prediletto dei Persiani).
VI còn, 1) quando, allorquando, allorchè; — 2) come,
siccome.
Sy» é#nîn, forma antiquata per ciuzîz.
x> Ch, 1) che (di cosa); 4x-c:4, ciò che, quello che; —
cih ... kh, che mai? cosa mai?...che anzi (come
per correggere ciò che si è detto prima) — di...
éîh, tanto ... quanto; — 2) interr. perchè?, a che?;
cr-rà, perchè?
she cahàr, quattro; z. cathware, skr. catvaras , gr.
Térrapss, Téscapss, per Tersapss, lat. quatuor, got. fidvor.
vl cahàrum (suff. um), quarto; avv. in quarto luogo.
cîhr, volto, faccia; z. dithra, antp. ditra (semenza,
progenie), skr. cetra.
des céh20, quaranta.
Vus Cid, tps. di cin.
a cir, e so cirah, valoroso, forte; — é. shkudan,
esser superiore, vincere (con 527); — phlj e pàrsi cér.

crudsza> Cirah-dast (cfr. dast, mano), prode di mano;
abile nell’ operare.
- cîiz, qualche cosa; cdîzî, qualche cosa; — phl. c%54,
pàrsi 4h.
e tin, tpr. di éî4, did, raccogliere, cogliere; radunare;
z. e skr. d£.

us4> lîn, piega; — è. Sar abri bar dvardan, piegare,
aggrottar le ciglia (per l' ira).

> ‘in, 1) Cina, l'Impero Cinese; skr. cina; — 2) s'intende
anche per il regno di Afràsyàb, che è il Turan.

«> linî (suff. ?), Cinese, proveniente dalla Cina.

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>> 357 €

T

ul. 44gat (ar.), bisogno; — yalî hàgatastam, è a
me un bisogno, ho bisogno.

o hugrah (ar.), camera, stanza.

ds 4ad (ar. kada), confine, limite; — d-din had ki,
fino al punto che...

5 harbah (ar.), punta di ferro, spada corta; pl. 4a7b-hé.

> haram (ar.), gineceo, parte della casa destinata, alle
donne, harem.

> harîy (ar.), seta, sempre con ##azz, v.

xilo Aalkah (ar.), anello, cerchio; monile che si mettono

le fanciulle allo stinco (con fày-Gaxd, v.); — bi-halkah

dar àmadan, venire a impigliarsi in un nodo, in un

laccio.

dla Zaméyil (ar.), pendaglio, oggetto che pende sul
petto (come gioielli, ecc.), amuleto.

°

ada 4amlah (ar.), assalto; — 4. &vardan, portare un
assalto, assaltar con impeto, fare impeto; gettarsi,
scagliarsi; — 4. fhahîraftan, cacciarsi innanzi con
impeto.
TC

la khà, tpr. di #hkéyîd, pr. £#hayam, mordere, addentare.
gh khar, pl. kkarhà, 1) spina; sar ? khérhà, gruppo di
© spine; —-2) v. A424r.
\\l= £hérà, pietra dura, sasso; v. sarg.
cmulb £hast, tps. di A4îz.
YLila £44sk4dk, vilucchi, cespugli; pagliuzze, erbe secche.
Ula £44k, terra, suolo, polvere; — khék è nav, terra
smossa di recente; — 4444 dar tàrak î khvîsh bar

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» 358 —

dgandan, spargere la polvere sopra il proprio capo,
in senso di: farsi del male da sè medesimo; — #4.
paymidan (misurar la terra), prostrarsi al suolo.

slusla khak-sàr (suff. sar), simile alla polvere della
terra; vile, abietto; — 44. 4ardan, render vile, umi-
liare, avvilire, far onta.

rl 4hkîm — 1) crudo, non cotto; — 2) inesperto;
vano, stolto.

uiel> 44Amush, v. kRhamish.

fp khamish, silenzioso, tacito; metaf. docile, obbe-
diente; inerte; — 44. gashtan, avvilirsi, perdersi di
coraggio.

ul> 44dn, v. khanah.

sla #hérah, abitazione, casa, domicilio; stanza, apparta-
mento separato; nido; phi. 4#44xa4; rad. 4a, scavare.

yal& 44é%var, 1) Occidente, i paesi occidentali; — 2) spine
(significato rarissimo, VuLLERS, L20. Reg. Ftrd. I, p. 196,
nota).

ida, la 4h6var-khudày (cfr. khudày, principe), signore
dei paesi occidentali.

sla 4hay, v. khd.

xls £héyah, uovo, coll. ova.

Vul khayid, tps. di #hd, khdy.

r> khabar (ar.), notizia, novella.

stia khugistah, felice, fortunato, beato.

los £hudé, e glò> khudày, 1) signore, principe; —
2) Dio; — z. gadhata (ga, proprio + déta, legge;
che ha le sue proprie leggi), phl. &#4étaz, pàrsi
gadhéi (cfr. SereceL, Chrest. Pers. p. 53, laddove
il Commentatore persiano ' di Nizàmi, erroneamente
come altri Scrittori Orientali, fa derivare #4udé, da
kAhvad + d, inf, di àmadan, cioè: colui che è venuto
da sè).

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»> 359 =

khudâvand (suff. vand), signore, padrone; possessore, p. e. khudâvand i shamshîr, possessor di spada,
cioè guerriero (nel senso dell’ ar. usa padrone
della spada, guerriero).

edi £hidmat (ar.), servigio, servitù; ossequio; — br
khîdmat, per ossequio, in segno di ossequio.

aa khadang, 1) legno durissimo col quale si fanno
le aste, le freccie, ecc.; — #îr ? khadang, freccia
formata di tal legno; — 2) freccia, strale (inquanto-
chè formato di tal legno).

goa khidiv (è), signore, padrone; principe (di qui l'ital.
Kedivè).

> khar, asino; z. e skr. 4hara.

ol> #harrad, n. pr. di‘un guerriero dell’ esercito. di
Kavus, Kharràd.

età khiràm, tpr. di #hiràmîd, andar fastosamente,
incedere con fasto; anche: partire, andare; part.
khiràman, che cammina con fasto, con alterigia;
skr. 4ram (?).

sol khiràmîd, tps. di khiràm.

khtrad, prudenza, avvedutezza, senno, assennatezza;

— ztrhh i khirad, per mezzo del senno, con senno,
assennatamente; — #4. déz yaftan, riprendere i i sensi,
ritornare in sè; — z. #4ratu, skr. kratu.

oò khurd, v. kRhird; khurd kardan, schiacciare, spezzare.

ico khirad-mand (suff. mand), prudente, saggio,
assennato; z. 44ratfumafit.

355 khargdh, tenda, padiglione (di re, di principi).
Si khargah, v. khargàh.

khurram, lieto, contento.
e khurrami (suff. ?), letizia, allegria, festa.

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>> 360 -<

uvg;> 4huràs, gallo; — cashm è khurtés, v. cashm.
sp Ahuriùsh, tpr. di khur&shid, gridare, urlare, fre-
mere; part. 44ur%shkan, urlante, fremente; z. k4rug,
skr. Arug.
dyp khurtish, voce, grido; lamento, gemito; urlo; —
kh. bar amadan, sorgere un grido, farsi sentire un
grido; — 44. bar dvardan, levare un grido (di
guerra).
dadi khurishid, tps. di khurtsh.
> khazz, (ar.), panno di seta (sempre con 4ar?7, v.).
uè khazàn, autunno.
cub 4husp, tpr. di khuspid, dormire; z. gafe..

Digit khuspid, tps. di #husp.

cus Zhast (tps. di cui non si conosce bene il tpr.; forse
khas?), ferire; intrans. esser ferito; squarciarsi; in-
frangersi; — part. #4astah, ferito, lacerato.

Sit khastagî (suff. î), ferita, piaga.

doxus 4hastah-dil (cfr. dil, cuore), ferito nel cuore,
dolente, afflitto.

grÈ khusrav, 1) n. pr. del figlio di Siyàvish; vendicò
con la morte di Afràsyàb la morte del padre, suc-
cedette a Kavus nel regno dell’ Iran, e per i suoi
meriti fu fatto degno di salire al cielo; — z. Augra-
vath, skr. sugravas, gr. 'Ocp6rs, Xoopégs, Cosroe (nome
di alcuni re Sassanidi); — 2) n. com. re, principe,
sovrano; — £#husrav î khusravàn, re dei re, titolo

, dei re dell’ Iran; cfr. shakzushéh.

chra khusravanî (suff. î), regio, reale, principesco.

Ci gpu khusrav-parast (cfr. parastîdan, servire), ser-
vitore del re, fedele al re; coll. servi del principe.

Sgrò khusravî (suff. ?), reale, principesco.

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> 361 -<&

cn AAiSht, 1) mattone; 2) specie di giavellotto così
descritto: hasta brevis, in cujus medio anulus est ex
gossipio vel serico contextus, quam digitum indicem in
anulum immittentes contra hostes jaculantur (VULLERS,
Lex. pers.) — Nella espressione: 27-diîvàrhà Khisht ...
bi-barîd, si può tradurre tanto: dalle mura piovevano
mattoni (sul nemico), quanto: piovevano giavellotti
dalle mura.

i Ahushk, secco, arida; — #4. kardan, far seccare,
asciugare; — z. Auska, antp. uska, skr. cushka.

> khushkt (suff. î), siccità, secchezza; luogo asciutto,
terra ferma.

pi khashm, khîshm, ira, sdegno; z. aéshma.
pltadi 4hashîshér, uccello nero acquatico.
ib £Auft, tps. di k47v48.

ulib khaftàn, tunica militare, corazza.

> kham, tpr. di £#hamîd, curvarsi, piegarsi; inchinarsi,
umiliarsi; — part. 44amidah, curvato; umiliato,
prostrato.

> kham, e > khamm — 1) piegato, curvato; —
2) piegatura, curvatura (delle ciglia, delle treccie, del

laccio, ecc.); — #4. andar dvardan, piegare, inar-
care; aggrottare (le ciglia); — #4. 4àdan, far rotare;
piegare.

2 khum (forma abbreviata di 4448), pentola; timpano di
metallo (nel testo, 44% fa rima con fi/sam per licenza
poet.); z. Ahunba, skr. kumbha, phi. khund.

Vup Zhamid, tps. di kham.

U> khan, tpr. di #hanîd, chiamare; celebrare; risuonare;
part. #hanîdah, celebrato, lodato; z. gaz, skr. svar,
lat. soz-0; cfr. khvandan.

79 khangar, spada, scimitarra, coltellaccio.

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> 362 -<

obra khangar-guahàr (cfr. gudhàshtan, tpr. gudhàr,
asciare, far passare), che maneggia la spada, esperto
nel maneggiar la spada.

dub hand, tpr. di #hkandîd, ridere, sorridere; part.
khandan-dil (cfr. dil, cuore), che è allegro nel cuore,
nell’ animo; lieto, contento.

sip khandah (suff. ah), riso, voglia di ridere; — #4.
amadan, venir voglia di ridere, venir da ridere.

dii Zhandid, tps. di khan.
«ia Ahunuk, felice, beato; #44. dx 42%, beato colui che . .!
Quib khantd, tps. di khan.

ola khvdb, tpr. di Ahuft e khvébid, dormire; — cashm
khvabidan, chiuder gli occhi (per l' ira); — 2. 747,
skr. svap.

cha khvéb, sonno; sogno; sonnolenza; — pur #£4v66,
pieno di sonnolenza (si dice degli occhi delle donne
che, secondo gli Orientali, son più belli quando sono
semichiusi dal sonno); — géy 44246, luogo da
dormire; — z. gafna, skr. svapna, gr Urvos, lat. somnus
(per sofrus), nord. sven.

ubl> 44vdban, tpr. di 44véband (causale di 44ffan o
khvabidan, tpr. khvàb, dormire), mettere a giacere,
adagiare. —

do5bl,= 4/hvdbànd, tps. di 440dbén.

dul> khvabdia, tps. di 44046, cîr. khuft.

x>l,> £hvîgah, padre di famiglia; principe, signore.

dl khvèr (anche gh khar), poco, scarso; vile, abietto,
ignominioso; compar. 44d47-far, che ha minor pregio;
avv. pianamente, sommessamente; ignominiosamente;
— kh. gîriftan, stimar poco, disprezzare; — #4.
gashtan, divenir vile, spregiato, perder di pregio; —
z. gar, skr. svar, disprezzare, vituperare.

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> 363 ==

li khvàrî (suff. ?), viltà; onta, ignominia; — di-44vàrî,
avv. ignominiosamente.

crauti khvést, tps. di £kvdh.

pila khvastàr (suff. dr), cercatore, che desidera, che
cerca; esattore (esecutore di una vendetta); — 44.
shudan, e kh. kardan, cercare.

xiwli khvastah, part. di ZAvéstan, usato come nome,
v. AAVAÀ.
KJi,> khvàli-gar (Civili, khivéli, cibo + suff. 897)
cuoco.

ul> Zhvàn, tpr. di 44véna, chiamare, appellare; gridare;
nominare; dare, imporre un nome; — fîsà kkvandan,
chiamare a sè; — z. gar, skr. svan, lat. son-0.

ul> khvàn, tavola, mensa; — #4. aràstan, imbandir le
mense; — 4/4. xikddan, porre le mense, banchettare.

l,> khvénd, ‘ps. di 440dn.

si,> 4ho0dh, tpr. di #hvést, desiderare, volere, cercare.
Si adopera nei futuri (Gram. 88, 89), come: lashkari
khvéham kard, voglio (4é6)w) radunare un esercito,
sto per radunarlo; — part. pres. #4v4kaxdah, mendico,
pezzente, pl. #4vdhandagàri; — part. passat. k4vdstah,
coll. ogni cosa che si cerca, ogni cosa che si domanda
o si acquista, quindi: suppellettili di casa, le provvigioni
e le masserizie di un esercito, cxe07; ricchezze, sostanze,
possessi, «rjuara; — z. gàsh (gustare), skr. svad (cfr.
gr. iù, ddùs, oradv, lat. suavis per suadvis), phi
khvdgtano, pàrsi gàgtan.

uhot,> 4hvîhish (suff. ish), desiderio; domanda, pre-
ghiera; — d-44v4hish, con preghiera, pregando,
supplicando; — #4. dràstan, far domande.

khîb, bello; conveniente, decente, atto; pl. 444647,

belle (si dice di giovinette, di fanciulle, ecc.) — z.
hvapao, skr. svapas, phi. £445.

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3> 364 -

recò khib-cthr (cfr. cihr, volto), che ha bello il volto,
vago, avvenente.

Sipya khib-rang (cfr. rang, colore), che ha bel colore,
splendido (del fuoco).

Sy or khib-riy (cfr. rîày, volto), che è bello in volto,
avvenente.

> 4hibi (suff. î), bontà; dolcezza, affabilità di modi.

> khvad (pronunciato: 4464), pron. riflesso, sè stesso, sè
medesimo; v. Gramm. 127, 128, 129; — z. 9a, hva, antp.
uva- (nei composti), skr. sua, phl. Ava/, gr. #, Fs, lat. se.

ox 4hîd (6), elmo, celata; — z. #4aodha,

yy> £hvar, tpr. di kkvard, — 1) mangiare; bere;
consumare; soffrir qualche cosa (sì in bene che in
male, cfr. gr. maoyw); — 2-îshan khvarîd (c. 1 del-
l’Antol.), godete, traete utile da essi (dagli animali); qui
non si può tradurre maxgzate di essî, perchè, secondo
Firdusi, gli uomini cominciarono a cibarsi di carne
soltanto sotto il regno del re Dahâk (v. c. Il dell’Ax0/.)
molto tempo dopo il re Hôsheng, al quale son poste

in bocca le parole di sopra; — inf. £#4vardan (come
nome), alimento, cibo, nutrimento; — 2) andar £hvar-
dan, e dar khvardan, convenire, esser conveniente,
adatto; — z. gar, skr. svar.

>> khvar, cibo, alimento; cibo scarso, appena sufficiente
al vivere.

393 khvar, sole; — metaf. amante; — z. 4vare, skr.
svar, gr. #os, déios, per saseruos, lat. sol (rad. svar,
risplendere).

o) khvara, tps. di khvar.

> khvard, cibo, alimento.

0,33 khird, anche oh khurd, poco, piccolo, scarso;
avv. un poco, alquanto scarsamente; — phl. £40rta£,
pàrs? Wurda.

"

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>> 365 ==

9 > khvardaniî (suff. î), cibo, alimento, vivanda (s'intende
il cibo proprio degli uomini fatti, opposto a skîr,
latte); pl. #4var4anîhé, cibi, vivande, provvigioni.

uiyg> Ahvarisk (suff. isk), cibo, alimento; pl. 44varzsk-
hà; — z. garetha, phl. #hbrashno, pàrsi garesn.

slivnò,à khvarish-khanah (cfr. khanah, casa), cucina.
goa khvarish-gar (suff. gar), cuoco.

diizi khvarshîd (pron. khbrshéd), sole; z. hvare-khshaòta
(il sole luminoso), phl. 4#4varshéf, parsi garsét.

yrdii khvarshîd-cihy (cfr. cihr, volto), che ha volto

di sole, cioè bello come sole.

Ouizi khvarshtd-rukh (cfr. rukh, gota), che ha le

gote belle come il sole; fanciulla vaga ed avvenente.

sibi khvarshîd-riy (cfr. riy, volto), che ha il
volto bello come il' sole.

©

db khvash, bello, piacevole, grato, caro, buono, gradito;
— kh. àmadan, piacere, esser gradito, riuscir grato.

lib khvash-86 (cfr. è6, acqua, colore), che ha bell’
acqua, bel colore (epiteto delle gemme); — metaf.
dente, coll. denti (per la bianchezza).

ia khvask-guvdr (cfr. guvàridan, digerire), che facil-
mente si digerisce, grato allo stomaco (si dice del vino).

«i3> 4hvashî (suff. 7), piacere, diletto, godimento.

uy> 4481, 1) sangue; — 2) lagrime, pianto; 444% £ del,
sangue del cuore, cioè: pianto, lagrime; — #4. az
didah ràndan, mandar lagrime dagli occhi, lagri-
mare; — 3) dolore, angoscia, affanno; — 4) rossore,
vergogna; — z. vohunî, phi. e pàrsi 444%.

LU, 4hàn-db (cfr. 6, acqua), lagrime di dolore.

glia us> 4han î isyàvishàn (sangue di Siyàvish) n.
pr. di un’ erba che nacque sul luogo nel quale fu
decapitato Siyàvish. "*

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m> 366 =

Pub khîn-riz (cfr. rikhtan, tpr. rîz, versare), spargitor
di sangue, sanguinario.

Si khînîn (suff. în), sanguigno, di color di sangue;
metaf. tristo, mesto, doloroso; v. 2uznàr.

s> khvay, sudore; — bi-khvay nishàndar, far sudare,
far stancare; — skr. sveda (intorno al np: y = dh, d
antico, v. AscoLI, Stud? Irant).

«y> &hiy (6), indole, natura, carattere; skr. svadkae
(iranico prim. Avadké supposto dall’ AscoLi, Stud?
 Iranî, p. 6). i

U&33> £hvîsh (è), 1) sè stesso; in genitivo, proprio, p. e. #4x
î khvîsh, il proprio pane; — 2) consanguineo, congiunto,
parente, cognato; coll. parenti, consanguinei; metaf.
amorevole; pl. #4vîshéx, consanguinei; — phl. #42é54,
pàrsi gés.

iii khvish-tan (cfr. tan, corpo), lo stesso di 442îsk,
v.; — phi. #42ésktano.

«hiy> Ahvishî (suff. î), parentela, affinità.

khirah, 1) attonito, stupefatto, confuso, perplesso,
stordito; folle, forsennato; sconfortato, avvilito; — 6-
khîrah fur méndan, rimaner stordito; — bar 4hîrah,
inutilmente, stoltamente; — 2) svergognato, impudente.
khîirah-sar (cfr. sar, capo), stupido di testa (di
i mente) stordito, sciocco.
khiz (é), tpr. di 4h4ést, levarsi, sorgere, levarsi in
| piedi, levarsi da letto; — dar khastan, id; sollevarsi; —
-z. khîz, phl. k4éstano.

dub £hayl (ar.), cavalleria; gente, coll. famigli, addetti,
seguaci; abitanti di un luogo.

xs £kiîmah (ar.), tenda, padiglione.

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=> 367 -«&

o
olo dad, tps. di déh.
sto did, giustizia, diritto; — 5-44, 1) secondo il giusto,
secondo la giustizia; — 2) in forza della giustizia; —

d. dàdan, render la giusta retribuzione (sì in male
che in bene); — z. e antp. détz, phl. 4@2, (sir. dotò,
dal pers.). -

gloto didàr, Creatore, Iddio; z. ditar, skr. dhétar, phl.
datàr..

olo dad-gar (suff. gar), Creatore.

ylo dar, tpr. di déskt, avere, tenere, possedere; custodire,
conservare, mantenere; stimare, reputare; part. daran-
dah, che ha, che tiene, che custodisce; scudiero custo-
de delle armi; — z. e antp. der, skr. dir.

DO dàr, albero, legno, trave; patibolo; albero al quale
si appendono i delinquenti; — bar dér bad (bad,
da 64, v.), sia appeso alle forche! (modo d’impre-
care); — z. daurw, skr. daru, gr. dbpu, got. triu.

glo dari, e syplo dàriy, rimedio, medicamento.
ubiwlo distàn (nel verso anche d@sifàr), storia, racconto,

novella; — pl. déstàzlà, discorsi; — 4. zadan, far
discorsi, trattenersi a discorrere; consultarsi.

nilo dasht, tps. di dèr.

gio dagh, stigma, marchio (segnato col fuoco); ferita;
digh è dil, dolore dell’ animo (rad. z. dazà, skr. deh,
bruciare, SpieceL, Commentar ber das Avesta, 1,
P- 35). |

pio dim, laccio; metaf. inganno, frode; — 6?-dam dvari-
dan, cogliere nel laccio; metaf. ingannare; — d4i-dém
bar dvtkhtarn, cadere in un laccio; metaf. rovinarsi,
perdersi; skr. dAmax.

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= 366 «

3Juyd Hinriz (cir. rikhtan, tpr. rîz, versare), spargitor
di sangue, sanguinario. :

435> 4hinin (sufi. în), sanguigno, di color di sangue;
metaf. tristo, mesto, doloroso; v. 247747.

<> 4hvay, sudore; — bi-4hvay nishandan, far 9
far stancare; — skr. sveda (intorno al np. y = dh,
antico, v. AscoLI, Studî Zrant).

> Zhùy (6), indole, natura, carattere; skr. svadha

(iranico prim. 4vadkà supposto dall’ AscoLi, Studi
Iranî, p. 6).

U&25> £hvîsh (è), 1) sè stesso; in genitivo, proprio, p. ©. 7247

z khvish, il proprio pane; — 2) consanguineo, Sei
parente, cognato; coll. parenti, consanguinel; di.
amorevole; pl. #4vîshéz, consanguinei; — phl. #47és4,

pàrsi g9és.

grip 4hvish-tan (cfr. tan, corpo), lo stesso di #h0îsh,
v.; — phl. k40éshtano.

> khvishî (suff. î), parentela, affinità.

HS khîrah, 1) attonito, stupefatto, confuso, perplesso,
stordito; folle, forsennato; sconfortato, avvilito; — bi-
khîrah furi màndan, rimaner stordito; — dar khirah,
inutilmente, stoltamente; — 2) svergognato, impudente.

sò khîrah-sar (cfr. sar, capo), stupido di testa (di
mente), stordito, sciocco.

y*> &hiz (è), tpr. di %hést, levarsi, sorgere, levarsi in
piedi, levarsi da letto; — 6a7 4hàstan, id; sollevarsi; —
«z. khiîz, phl. khastano.

du> £4ayl (ar.), cavalleria; gente, coll. famigli, addetti,
seguaci; abitanti di un luogo.

xss5 Fhîmak (ar.), tenda, padiglione.



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= 367 -<€

olo dad, tps. di dik.

olo did, giustizia, diritto: — d7-déd. 11 seconîo il g=..
secondo la giustizia; — 2) in forza della giusteza —
d. daàdan, render la giusta retribuzione si Dn ae
che in bene); — z. e antp. data. phl dif. ist dité,
dal pers.). -

pioto dédar, Creatore, Iddio: 2 ditar. skr. dhatar, phl
datàr.

yÎolo dad-gar (suft. gar). Creatore.

glo dar, tpr. di désht, avere, tenere, possedere; custodire,
conservare, mantenere; stimare, reputare; part. d4ran-
dah, che ha, che tiene, che custodisce; scudiero custo-
de delle armi; — z. € antp. dar, skr. diri.

glo dar, albero, legno, trave: patibolo; albero al quale
si appendono i delinquenti; — bar dir 44 (544,
da 6, v.), sia appeso alle forche! (modo d'impre-
care); — z. déwru, skr. diru, gr. vi. gr tru.

glo dàri, e syplo dàriy, rimedio. medicamer:.

yluto dastàn (nel verso anche disitr; stria Tallone
novella; — pl déstinhé. discrs — £ s0008 i
discorsi, trattenersi a discore? somulara.

«nilo disht, tps. di dar.

glo digh, stigma. DISCHI: 186000 S- uan fon:
digh i dil dolre del anmni cai 2 dA di n
bruciare, Sezun. Commaur sar ca 4:

P- 35)
pio dim, leccio: me? mam rue — ve: : ,
é ora me -

”
»



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x 368 =

pio dim, ogni animale non rapace, non feroce (capri,

cervi, uccelli domestici e non di rapina); — dad « -
dam, animali feroci (Zad, v.) e non feroci, animali
d'ogni specie; — z. d@mar (creatura), skr. diaman.

olo diméd, genero; z. z&màtar, skr. gamatri, phi.
dàmdd. i

uo daman, orlo, lembo (della veste).

ul dan, tpr. di dérist, conoscere, sapere, essere infor-
mato; — part. d@randah, sapiente, saggio, pl. daran-
dagàn; — baz danistan, riconoscere, discernere; —
z. e antp. dé, phl. danetano.

Lio dinà, sapiente, saggio; maestro, filosofo; pratico,
esperto di una cosa (con dar, in); — phl. dark,
pàrsi dirà.

camlo danzst, tps. di dan.

uislo danish (suff. 2sh), sapienza, scienza.

palo daàvar (per déd-var, suff. var), giudice, arbitro;
giudice supremo, Iddio; phl. 4é/%6ar, arm. datauor
(di qui il cald. detébé7). 0

glo divari (suff. î) — 1) ufficio di giudice, dignità,
autorità; — 2) contesa, lite.

aulo déyah, nutrice.

ubo dukht, invece di dukhtar, v.

x>0 dukhtar, figlia; 2. dughdhar, skr. duhîtri, gr. Fvydrro,
ted. Zochter.

u5o dakhmah, cimitero dei seguaci della religione di
Zoroastro, laddove si esponevano i cadaveri insepolti
finchè gli uccelli di rapina li avessero divorati e il
tempo ne avesse ridotte in polvere le ossa. Il da4kma
è di forma circolare, cinto all’ intorno da un muro
alto 11 piedi, con diversi viali che s’incrociano nel
mezzo. Il primo cadavere che sia lecito porre in un
dakhma nuovo, si è quello di un bambino o di un

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»> 369 -—-<

figlio di un sacerdote. Trovasi una descrizione di
un dakhma in SpreceL, Avesta Uebdersetz. II, XXXV
e segg. Quest’ uso di esporre i cadaveri è vivo
ancora tra i Parsi, come l’attesta Anquetil, ed è
molto antico, trovandosene memoria fin dai tempi di
Alessandro M. Strabone (XI, c. 517) infatti dice che
Onesicrito trovò nella Battriana rd wòv #Éw relgovs TS
mnrpordiews riv Baxrpwv kadapd, tiv è dvròs TÒ srA6oy
daréuv r\ipss dv9perrivev (cfr. HarLez, Études Avestigues,
p. 62); — z. dakhma. — Firdusi adopera questa
parola solo nel senso di tomba, monumento (ben
diverso dal dakkma dell’ Avesta).

00 dad, e s00 dadah, bestie feroci (leoni, tigri, lupi, ecc.);
cfr. dàm, con cui trovasi dad sempre unito; — phi
tatak.

)° dar, e 3° darr, tpr. di darîd e darrîd, lacerare,
sbranare, fare in pezzi, infrangere; part. pl. darrax-
dagàn (lett., sbrananti), animali feroci, belve; — dar
darîdan, lacerare; rompere; intrans., rompersi, spez-
zarsi; — z. e skr. dar.

30 dar — 1) porta; soglia; confine; dar ? shahryàr, i
confini del re dell’ Iran, Super facéws; corte, reggia;
— 2) genere; az dar î..., del genere di..., avv. a
cagione di..., per; — z. dvara, antp. duvarà, skr.
dvàra, gr. Bipa, lat. fores; — bam u dar, v. bam.

o dar, cfr. andar, entro, dentro, in, ecc.; — der andar,
dentro, là dentro.
sho diràz, lungo; avv. lungamente, per lungo tempo; —
z. daregha, antp. draîiga, skr. dirgha, gr. doruyés, lat.
longus, per dlongus:
| lo dar-ban (suff. dar), portinaio.
wbyo dirakht, albero, pianta; metaf. rampollo, progenie;
phl. drakht, arm. dracht.

24

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»> 370 -%

Ui>;0 dirakhsh, tpr. di dirakhshîd, risplendere, splendere;
part. dîrakhshandah, splendente, lucente.

Quito dirakhshid, tps. di dirakhsh.

393) dar-khvar (cfr. andar e dar khvardan, convenire),
conveniente, degno.

0)x>)0 dar-khvard (cfr. dar. khvardan, convenire), con-
veniente, degno.

0,0 dard, dolore, patimento, angoscia, cordoglio, affanno;
phl. 4dart, rad. z. dar, lacerare, straziare.

cuuò durust, sano; integro; retto, giusto; vero, veridico;
avv. veramente, in verità; — 4. gushtan, guarire,
risanare.

0 durustî (suff. ?), integrità; gravità, fermezza;
verità; — 4. 4ardan, mostrarsi fermo e imperterrito;
— avv. veramente.

ndo durusht, aspro, duro; metaf. arrabbiato, bisbetico,
difficile da trattare.

E)” dir (ar.), corazza, lorica.

UÎS)0 dirafsh, 1) vessillo, bandiera; — 2) luce, splendore,
fulgore; — 4. bar dvardan, recar la luce (si dice del
levar del sole); — z. 4drafsha, skr. drapsa.

45,9 dirafshî (suff. î), l'acquistarsi gloria, l'acquisto
della gloria; — &4vîshtan dirafshî kardan, procac-
ciarsi vanto e gloria.

so dar-g&h (cfr. g&h, luogo), aula regia, palazzo reale,
reggia.

eo diram (per l’ar. p3,0 drham), denaro, dirhem (dal
gr. dpagui).

d)0 dirang, 1) agg., lungo; — 2) nom, indugio, ritardo;
— bi-dirang, senza indugio; — 4. dvarîdan, perse-
verare, resistere; — z. daregha, ecc. cfr. diràz.

0 dirangî (suff. ?), lunghezza; indugio; — 4. kardan,
soffermarsi, indugiarsi; tener fermo, resistere.

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>. 371 «=

332 dirav, tpr. di diràd, mietere; tagliare.
yy darà, per daràn, vii darî-st, per dartin ast.
03,0 dirid, tps. di dirav.

09,9 durid, benedizione; augurio, voto; saluto; — 4.
rasénîdan, portare un saluto.

090 duritd, messe, raccolta del grano.
uno daràn, v. andarin.

UÎ29) darvîsh (dar, -porta, + rad. z. vîg, skr. v26, entrare;
che entra per le porte a mendicare; — secondo altri,
invece di daryàsh (0), z. drighu), mendico, povero;
coll. poveri; i dervish.

9 darî (cfr. dar, reggia, + suff. î), cortigiano, cortigia-
nesco; — n. pr. di una lingua, /exgua cioè dt corte
(cfr. il sermo aulicus di Dante), lingua più nobile ed
eletta; Firdusi appunto scrisse in questa lingua. «Es
wurde von den Personen des kéniglichen Hofes ge-
sprochen, daher bekam es den Namen 59? SPIEGEL,
Gramm. der Huzuàr. Spr. p. 15.

Lo daryà, mare; lago; fiume; — z. zrayarth, antp.
daraya, phi. zraé, skr. grayas (rad. grî, distendersi).

d330 darîd, e do darrîd, tps. di dar, darr.

&° darîgh (è), espressione di dolore, ohimè! aimè!
(con dz, 0 îr).

039 duzd, tpr. di duzdîd, rubare, portar via; sottrarre; —
bi-duzdid yàl, sottrasse il collo (per evitare il laccio
di Rustem).

du030 dusdid, tps. di duzd.

sd30;0 duzdidah (part. passato di 4uzdîd), furtivo; —
bi-duzdidah, furtivamente.

50 dizh, castello, rocca; antp. 4di4è, phl. dig; — rad. z.
diz, skr. dik, accumulare.

patio dizhkhim — 1) malvagio; — 2) carnefice.
24*

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>> 372.

rio dizham, tristo; oscuro; disaggraDêvole; burbero, aspro.

uwò dast, 1) mano; — 2) parte, lato; 22-ya£ dast, da
una parte; — 3) potere, potenza; sopravvento, vit-
toria; — d. bar sar girîftan, portar le mani al capo
(congiungendole): modo degli Indiani di far riverenza
ad uno, in, skr. axgal, Haltung der Hande, so dass
sie offen und hohl neben einander liegen, zum Zeichen
der Verehrung und bei Bitten (BenFEY); nel passo di
Firdusi, nel quale rinviensi questa espressione, si parla
appunto di un principe indiano (del Kabul); — das?
andar davardan, e d. burdan, stender la mano a

qualche cosa; — d. sédan (lett, sfregar le mani)
venire alle mani, ingaggiar battaglia; — 4 faràz
burdan, stender la mano a qualche cosa; — 4. yéftan.
avere il sopravvento, ottener vittoria; — z. zagta,

antp. dagta, skr. hasta.

uliwo destin, soprannome di Zàl figlio di Sàm, Destàn;
— cfr. zdl.

skuwo dast-g6h (cfr. géh, luogo, posto), autorità, potenza,
dignità.

pito dast-gîr (cfr. gîriftan, tpr. gîr, prendere), che
prende per mano, guida, aiutatore, protettore. .

yywo dastar (per dast-var, suff. var), 1) consigliere di
un re, ministro, uomo di fiducia; — 2) permesso,
licenza; — phl. dastibar.

Syytwo dastirî (suff. î), licenza, permesso.

xiwò dastah (suff. ak) — 1) manico, manubrio; -—
2) mazzo di fiori; dastah è? biiy u rang, serto di odori
e di colori, cioè ghirlanda; — phl. dastaz.

0 dasht, pianura, campagna; deserto; — arm. fashd.
gdo dushman, nemico; — z. dusmaînyu, skr. durmanas,
gr. dvauevis.

suo dashnah, pugnale (di qui il sir. di54r256).

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>> 373

piro dushuàr (suff. vr), difficile, malagevole; grave,
sgradito.

sirio dushvàri (suff. #), difficoltà, stento, angustia; —
bi-dushvàrî andar, in mezzo all’ affanno (con due

prep.).

po digar, v. digar.

xsg$5o digar-gànah (cfr. gînah, colore, maniera), che è
di diverso colore; discorde, che non va d'accordo,
differente, diverso; — avv. diversamente.

do di, 1) cuore, animo, mente; pl. d5/4à; — 2) interno di
qualunque cosa, parte intima; —. d ? sazg, luogo
petroso, burrone (lett. cuor della pietra o della rupe;
VutLers: fodina vel cavum montis, pers. #4x « gavf î

kih); — d. téftan, volgere il cuore ad una cosa,
inclinare, desiderare; — 4. xt4édan, col. dat., volgere

il cuore a qualche cosa, attendere, avere una data
intenzione; con dar, accomodarsi, acquietarsi ad una
cosa; — z. zaredhaya, skr. hridaya, arm. cirt, phl. e
pàrsi 427, gr. ip, xapdia, lat. cor, cord-îs, got. haîrtò,
nord. Ajarta.

phYo dil-'aràm (cfr. àràm, riposo), che esilara il cuore,
grato, giocondo.

sio a-drày (cfr. aràstan, tpr. èrà, drày, ornare,
restaurare), che esilara il cuore, che fa bene all’animo,
grato, graDêvole.

ggpilo dilafràz (cfr. afriùkhtan, tpr. afràz, accendere),
che accende, eccita il cuore, che riscalda l'animo.

ggYo dil-àvar (cfr. àvardan, portare), 1) coraggioso, ani-
moso; — 2) eroe, guerriero.

Sio dil-tangî (suff. î, cfr. fang, angusto, stretto), an-
gustia dell'animo. -

ximbpdo d0-khastah (cfr. khastan, ferire), ferito nel cuore;
afflitto, dolente.

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gudo del-siz (cfr. sukhtan, tpr. s&z, accendere), che
7 accende, che esalta l'animo; diletto, caro.

sito dil-gushày (cfr. gushédan, aprire), che apre, che

esilara il cuore; ameno; caro, gradito; consolatore.

do dil-nuvâz (cfr. nuvakhtan, tpr. nuvâz, accarezzare).

3

che diletta o consola il cuore (si dice delle fanciulle).

ao dilir (è), coraggioso, animoso; feroce; forte; audace,

ardito; — pl. diliràn, eroi, magnati, principi.

«yo dilirî (suff. î), coraggio, valore.
pò dam, tpr. di damid, soffiare, spirare; fare impeto,

scagliarsi; correre; part. dama, corrente, rapido;
soffiante (del vento); — fas andar damiîdan, inseguir

‘ correndo; — z. dam, skr. dham.

dam, 1) fiato, alito, soffio; — 2) momento, istante; —
în dam, avv. in questo momento, ora, adesso; —
3) fallacia, illusione; — 4. 5ar ab dvardan, fiatare,
rivelar qualche secreto; — 4 dar zadan, sostare,
soffermarsi per riposare (per prender fiato); — 4. dar
kashîdan, trattenere il fiato, non fiatare, tenersi in
silenzio, tacere; — 4. za4ax (prender fiato), indugiarsi,
ritardare; tacere; — phl. dam.

poleo damidam (dam + è + dam), in un momento;

improvvisamente.

peo damàr (suft. 7), alito, spirito.
disluo damdvand, n. pr. del monte in cui Frêdûn incatenò

° Dahâk. È un picco vulcanico al nord della Persia,
nella catena dell’ Alburz, dell’ altezza di m. 5670,
sempre coperto di nevi. Il cratere che trovasi alla
sommità di esso, ha un diametro di 300 m. nella
sua maggior larghezza (cfr. De FiLippi, Mose dî un
viaggio in Persia); Demàvend.

yy00 damir, n. pr. di un Turanio che prese parte nella

condanna di Siyàvish; Demùr.

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> 375 <<

dad damîd, tps. di dam.

0 dandar, n. pr. di una città nell’ India, Denber.

yloso dandàn, dente; — d. bar lab nîhadan, mordersi
le labbra; — z. da#tan, skr. danta, gr. è-doùs, 6-ddvr-os,
lat. dent-, got. funthus.

39 dav, tpr. di david, correre, accorrere; — skr. dhdv, gr.
Iéw, def. 3

30 dî, due; har-di, tutt'e due, ambedue; z. e skr. dra,
gr. dbw, dvo, lat. duo, got. fvaz.

: Jho duvél, cuoio; laccio (fatto di cuoio).

wls0 duvàn (cfr. dé, due), due; har-duvàn, ambedue.

L,o 4ità, doppio, piegato sopra di sè, curvato, incurvo;
— d. kardan, piegare, chinare; abbattere, atterrare.

Uso ditàyi (suff. î), ogni cosa doppia; — 4. dmadan,
piegarsi della persona (nell'atto di far qualche sforzo).

nisò dikht, tps. di déz.

090 did, fumo; — z. dunman, skr. diima, gr. Fvpés, lat.
fumus. i

s9,0 didah, famiglia (originalmente: fuoco, focolare; cfr.
did, fumo).

339 davr (ar.), giro, circuito; — 6-@avr, all'intorno, in
giro; — davr az may, giro di vino, cioè: il girar
delle tazze.

9 dér, lontano, remoto; — az d#r, da lungi; — z. e

skr. dra, antp. dura.

ul39 davràn (ar.), giro, rivolgimento (della fortuna).

39° diz (6), tpr. di 44k4t, forare, trafiggere; infilare, infil-
zare; battere (significato raro e metaf.); cucire, ricucire;
— bar dakhtan, forare; cashm è nirang bar dikhtan,
v. cashm; — furà dikhtan, ricucire; — part. ya
andar digar d&khtah, infilati l'uno dentro nell’ altro,
che si seguono cioè senza interruzione.

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>> 376 «=

> 393 dizakh (6), infemo, luogo di pena dei malvagi; —
d. numidan, metaf., far provar le pene dell’ inferno (con
bik, 6i-), tormentare, straziare; — z duzhanh (duzh.
cattivo, + az4u, luogo), phl dushago, pàrsi duzhath.

cmugò dist, amico; z. zusta, antp. daustar, skr. £ushtha,
rad. zush, gush, amare.

99 disti (suff. î), amicizia; amore.

so dish, tpr. di dishîd, mungere; — part. d&shkà, che
si munge; g8v ? dishà, vacca da latte; — part. pl.
dishandagîn (da dishandah), servi che attendono al
mungere, custodi di mandre; — z. due, skr. duh.

Salso dishid, tps. di dish.

Gato dishidanî (suff. ?), coll, bestie da mungere,
bestiame agricolo e domestico.

«0 dik, fuso da torcere il filo.

day0 david, tps. di dav.

cmisò duvîst, duecento; cfr. z. duyé gaîtè (duale).

sò dah, dieci; — dah hazàr, dieci-mila; — z. e skr.
dagan, gr. déxa, lat. decem, got. tathun.

sò dih, tpr. di déd, dare, donare; z. antp. e skr. dé, phl.
datano, gr. do in didemi, lat. da-re.

uso dahén, bocca; le fauci (di un mostro).

usso dihish (suff. 2sh), liberalità, munificenza.

uso dahan, v. dahàn.

Luo dibé, e slo dibéh, panno di seta, drappo prezioso;

cfr. ar. dibdg, sir. dibagò, dal gr. difapos (1), veste
di porpora.

duo did, tps. di dix.

glduo didir (suff. dr), vista, aspetto, sembiante, presenza
di una persona.

sso didah, occhio; sguardo; — part. di didan, v. din.

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»- 377 =

20 dir (è), lontano; lungo; durevole, duraturo; — avv.
lungamente; compar. dîr-far, più lungamente; — 4.
méàndan, durar lungamente; — phl. dè, pàrsi d6r.

gbpo dir-bàz, lungo, lento; — meglio leggere: diîr-yà2z, v.

glupso dir-s&z (cfr. skhtan, tpr. sz, fare), che opera
lentamente, con circospezione; astuto.

Jlipo diryàz (cfr. yézidan, muoversi), che si muove
lentamente, durevole, duraturo.

0 digar, e po digar, il secondo, quel che vien dopo,
posteriore; altro; diverso, differente; — pl. 62-4am
digaràn, gli uni con (o contro) gli altri; — avv. diver-
samente, in altra maniera; digar géy (imperat: di
£%ftan, v.), parla tu in altro modo; — un’ altra volta,
una seconda volta; in secondo luogo, secondariamente;
— phl. datîgar, pàrsi dadigar.

30 din, legge religiosa; legge; — z. daéna, phi. e pàrsi dix.

Luo dinàr, denaro, moneta; coll. denari; cfr. skr. dinéra,
gr. dxvdpior, dal lat. denarius.

g3o div (è), Dévo, demone del male. I Dêvi sono
demoni creati da Ahrimane, da lui contrapposti agli
Amesha cpefita o Imshàspandi che formano la schiera
di Ormuzd. Essi si dividono, secondo l’Avesta, in
maînyava o invisibili, in varezya o Dêvi del Varena,
regione mitica, e in wdzazzya o Dêvi del Màzana o
Mâzenderân, lungo il mar Caspio, regione che si
credeva abitata da Dêvi e da stregoni. Cfr. SPIEGEL,
Eràn. Alterth. Il p. 126 e segg; — z. datva, skr.
deva (il deva indiano è un dio buono, cfr. deus lat.
rad. div, splendere); cfr. sir. 4ayvò, demonio.

giro divar, pl. divàrhà, parete, muro; mura di una città;
phl. divàr.

wiliso divanah (suff. arah), demoniaco, diabolico, addetto
ai Dêvi; furioso, pazzo, forsennato (per amore, per
ira, ecc.); pl. divanagàn.

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> 373 «

yoga div-mard (cfr. mard, uomo), propriamente: uomo
demoniaco, diabolico; maligno.

glopagzo dihim-dàr (dihîtm, diadema, cfr. déshtan, tpr.
dèr, avere), che porta diadema, coronato.

)

I, è, particella che segna il caso accusativo e talvolta il
dativo (Gramm. 110, 111); — phl. e pàrsi 74. Lo
SpreceL (Altpers. Keilinschrîft. p. 215) vorrebbe
riferire questo 74 all’ antp. rà4, proposito, fine, scopo,
che trovasi nell’ avalZyaràdiy, perciò, per questo,
dell’ Iscrizione di Behistàn.

ol, 7éd, liberale, grande, magnifico.

» ràz, secreto, cosa secreta, pl. rézké; avv. secreta-

mente; 22-r4z, dall’ intimo, dall’ interno; — ». 6édar,
rimaner nascosto; — z. ra22%h, skr. rahas, rad. rah,
abbandonare.

gh ràz-dar (cfr. dashtan, tpr. dàr, avere, custodire),
custode di un secreto, confidente.

«ml, 7454, diritto; retto, giusto; pari, eguale in altezza;
pl. 7éstàn, gli uomini giusti, probi; avv. direttamente;
a destra, a diritta; — 7. 4ardan, dirigere, dirizzare,
appuntare (un colpo, un’ arma); — antp. régfa, phi.
e pàrsi 7dg/.

S Sir) ràst-ghy (cfr. guftan, tpr. gà, gty, dire), che
dice il vero, veridico.

«ul, réstî (suff. î), rettitudine, equità, giustizia; il parlar
giusto e veridico, veracità; verità.

e, 78gh, 1) falde di un monte vicino alla pianura (radices
montis ad planitiem siti, VuLLERS); — 2) giardino.
eh ràm, passante, trapassante; — r. £4ardan, far passare,

conficcare (un’ arma).

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>> 379 ==

uil, ràmish (suff. #sk), contentezza, allegria, gioiz,
etizia; tranquillità, quiete; musica, coll. cantori; —
phi. ràmashno, pàrsi vAmesn (rad. z. ram, riposare,
godere).

@ h ramish-gar (suff. gar), pl. ramishgaran, cantore,
suonatore, musico.

vb ran, tpr. di 44, spingere, sospingere; intrans., andare
innanzi, avanzarsi; cavalcare, #Acùvw; bar dast ? kasî
ràndan, cavalcare a fianco, in compagnia di un altro;
— baz randan, riandare, richiamare alla mente.

ol, 7dx, coscia; — +». afshurdan, stringer le coscie
(stando in sella); — ». #îz #ardan, eccitare, spingere
(lett. far veloce la gamba); — z. 7éza, phl. ràx.

dal, rànd, tps. di ràx. i

si, rah, e 9 rah, via, strada; modo, maniera di operare,
metodo; mezzo, spediente, rimedio; — 27-r4à, az ràh
(col gen.), per via di..., a cagione di...; — »r.
kardan, sgombrar la via, far passare; inviare, mandare;
— phi. rds, pàrsi rd4.

dr rah-payàn (cfr. piyidan, camminare), cavallo, .
corsiero, corridore.

spl, rah-gdy (cfr. £ustan, tpr. g#y, cercare), viandante,
viaggiatore; agile, veloce, rapido nel camminare.

sh rày (ar.), modo di vedere, consiglio, avviso, opinione,
modo di pensare; proposito, scopo, meta; — bdar-dx
rèy, per tale scopo; — 6?-réy ?, a cagione di...,
in causa di...; — r. zadan, consigliarsi, consultarsi;
— r. kardan, consigliarsi, meditare una cosa; — x.
kardan sy î..., proporsi di recarsi verso un dato
luogo; — ». x2/ddan, consigliarsi, consultarsi.

col, ràyat (ar.), segno, indizio.

viel rày-zan (a. p., cfr. zadan, tpr. zar, battere, metter
giù), che dà consigli, consigliere, sapiente.

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x> 380 =

L, ruba, tpr. di rubid, rapire, portar via, togliere; 2. ru,
skr. /up, lat. rapio, got. raubéòn.

cb, rabéb (ar.), stromento musicale, ribeba.

0) rubid, tps. di rubà. i

© rukh, guancia, gota; pl. ruX4kéx; cfr. ruZh-sarah.

b) rakht, — 1) soma, suppellettili; — 2) dolore, affli-
zione; . x2h&dan (nei due significati), depor le some
(per riposarsi); dimenticar gli affanni. —

sus, ruk4-sérah (cfr. rukh), guancia, gota.

Usb) rakhsh, tpr. di rakhshid, risplendere, illuminare;
part. rakhkshandah, lucente, fulgido.

us>, rakhsh (splendente), n. pr. del cavallo di Rustem,
Ralchsh, Vedi in Firdusi (p. 21o—212, Ed. Calc.) la
storia del come Rustem ebbe questo cavallo.

ditta, rakhshîd, tps. di ra£4sk.

o, rad, pl. radén, sapiente; signore, principe; — z. rate,
skr. yi0%, phl. rat. »

39) radah, ordine, fila, schiera; — »r. dar kashîdan,
comporre una schiera, ordinare un esercito; intrans.,
schierarsi, ordinarsi. i

razm, battaglia, combattimento, tenzone; z. ragmar
(schiera), arm. r4azm. i

stile razm-azmày (cfr. a:midan, tpr. dzmà, zméày,
provare), esperto, provato nelle battaglie.

sisir)) razm-khvah (cfr. khvastan, tpr. khvéh, cercare,
desiderare), desideroso di combattere, battagliero.

5430 p)) razm-didah (cfr. didan, vedere), che ha veduto,
sperimentato battaglie, battagliero, bellicoso.

alp razm-s&z (cfr. sàkhtan, tpr. séz, fare), bellicoso,
valoroso; pl. razm-sàzén, guerrieri, combattenti.

sp) razm-gàh (cfr. gàh, luogo), luogo, campo di
battaglia.

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» 381 -<

us) 745, tpr. di rasid, arrivare, pervenire, giungere; antp.
rag, phi. ragitano.

ul) rasén, tpr. di rasànîa (causale di rasîdan, arrivare),
portare, apportare; condurre.

dsl rasànid, tps. di rasàr.

unu) 7ast, tps. di rah.

cu) rust, tps. di r&y.

asi, 22stakhtz (è), la risurrezione dei morti alla fine

TT I, | .
del mondo; si dice anche d'ogni tumulto e d'ogni
confusione; — 7. dar afgandan, metter lo scompiglio
in qualche luogo (z. 226/42, morto, + z. #4zz, levarsi,
sollevarsi. Vendidàd, 21, 18), phl. rigtàkhég, pàrsi
rictàkhézh.

Si rastagi (suff. ?î), salute, guarigione.

pi, vustam, n. pr. del più grande eroe dell’ Epopea
persiana, Rustem, figlio di Zàl e di Rùdabeh, figlia
di Mihràb re del Kabul (cfr. i capi relativi a Rustem
nell Axtologia, e i miei Racconti Epici di Firdusi,
p. 56—65). Sull’ etimologia del nome, v. 7@%, tpr.
di rast.

ii) rustani (cfr. rustan, germogliare, suff. è), pl. rusta-
nîhà, germogli, erbe. .

pe) 7asm (ar.), norma, regola; uso, costume; — 6?-raswm,
secondo l'uso, ecc.

dis) rasîd, tps. di ras.

dé, rashk, invidia; z. aragka, phl. arashk, rashk.

de, ra'd (ar.), tuono. i

uu) raft, tps. di rav.

<s; ruft, tps. di vb.

i, raftanî (suff. ?), necessità di partire; max raftani
am, io omai debbo partire, sto per morire; pl. raf
tanîhà, avvenimenti, cose che sono accadute o Dêvono
accadere.

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> 382 =

$) rag, vena; phl. rag.

e) 7a, tpr. di rami, fuggire, sfuggire, involarsi; correre;
esser timido, spaventarsi; part. ramazdah, corrente,
fuggente; fuggevole; timido; — z. e skr. ram(?).

e) ramah, greggia, armento; metaf. popolo, gente; phi.
ramak.

dio ramîd, tps. di ram.

3 yang, tpr. di raxgid, dolere, far male; stancarsi.

© rang, dolore, affanno, pena, cordoglio; fatica, trava-

glio; pl. ranghé, affanni, patimenti; — ». burdax,
sopportar dolori; — r. dî4ar, sentir dolore.
xs, rangah (suff. 2h), afflitto, addolorato; — r. gashtan,

affannarsi, affliggersi.

Vasi, rangid, tps. di rang.

do, rang, 1) colore; — 2) splendore, bellezza, nitidezza;
— 3) frode, inganno, falsità; — zi-rang shudan (lett.
uscir dal proprio colore), mutar colore, impallidire
(per ira o per timore); — r. amikhtan, ordire inganni;
— cfr. rad. skr. rang, colorare.

» rav, tpr. di raft, andare, muoversi; partire; morire; —
part. ravàn, che cammina; (come nome) corrente

d'acqua, fiume; — inf. raffan (come nome), andata,
viaggio, partenza; — /îsk raftan, presentarsi, avan-
zarsi; — z. raf (per Araf), skr. srép, gr. $prro, lat.
serpo.

9 A 1

gg 7% V. rity, volto.

\,} ravà (propriamente part. di ra/faz, andare), lecito,
permesso; possibile a farsi.

o ravan, pl. ravénhé, anima, spirito; indole, carattere;
— z. urvan, phi. rubérno, pàrsi ruax.

o ravàn, corrente d'acqua, fiume; rivo (d’acqua, di
sangue); part. di 742, v.

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>> 333 =<

ny) 786 (6), tpr. di r/t, spazzare, scopare, ripulire; —
zamiîn-rà bi-muzhagàn bi-ruft, spazzò il suolo con le
ciglia, cioè si chinò col capo al suolo in segno di
obbedienza; — z. rw), skr. lf, lat. rapzo (portar via).

sh, ritbàh, volpe, faina; z. urupî, phi. rifà.

239) ribah, v. r@béh.

d) rid, fume; — z. «rud, skr. rodha, phl. pàrsi ròt.

3) rid, musica, suoni, canti.

solo, r#44860h, n. pr. della figlia di Mihràb, che fu poi
sposa di ZAl e madre di Rustem; Riùdabeh.

)b0y) 7#d4-bàr (cfr. 6àr, luogo d’abbondanza), luogo dove
s'incontrano molti fiumi, confluente; fiume grande.
-3”) riz (6), giorno; — r@zî, e yakî riz, avv. un giorno,
una volta; — digar e digar ritz, avv. al giorno
seguente, all’ altro giorno; — sivum ri, avv. al
terzo giorno; — 7. faymidan, passare, scorrere i
giorni; — z. raocarth, antp. rauca, skr. rocîs, arm.

luie, lat. lux, cfr. gr. Asukds, Migros.

o» riz-ban (suff. dér), custode, guardiano. \

385» ràzgàr (6), tempo, età, durata della vita; sorte,
destino; mondo; le cose umane, le vicende terrene;
— basa ritzgàrà (vocat.) guahashta-st, oh! quanto
tempo è trascorso]

59) rizah (suff. ak), giornaliero; 62-ya£ ràzah, per lo
spazio di un giorno solo, cioè che conta l'età di un
giorno (si dice di un neonato, ecc.).

Cao rishan (6), splendido, lucido, splendente; puro,
ilibato; — z. raok4skna, antp. 'Peédvy (n. pr.).

chit, rishanàyî (suff. î), luce, splendore.

Jo i,, r&shan-dil (cfr. del, cuore, animo), splendido,
aperto di cuore; lieto, allegro.

ulyuiy rAskan-ravén (cfr. ravàn, anima), puro, illibato
nell’ anima; giocondo, contento, lieto.

1

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» 384 -«

dig) ritshant (suff. î), splendore, luce; fiamma.

3) fmi (suff. ?), greco, di Grecia (da rim, Grecia,
originalmente Impero Romano e Bizantino).

sy) (6), tpr. di xs/, pres. r%yaw, crescere, nascere
dal suolo (si dice delle erbe); sbucar fuori (dei serpenti
di Dahâk, v.); z. 74%, skr. 744.

sy) 7 anche ,, 7%, volto, viso, faccia; superficie (del
suolo, delle acque, ecc.); sponda, ripa di un fiume; —
hîc riy, avv. (con negaz.), in nessuna maniera, in

nessun modo; — d& r#y, le due guancie del volto,
l'una e l’altra parte della faccia; — éi-r%y andar

amadan, cader col volto innanzi, cader boccone; —
rity bi-rîîy andar dvardan, il venirsi incontro (si dice
di due eserciti nemici); — x. dar téftan, volgere il
volto, venir via; — 7. dar khGk mdalidan, toccar col
volto la terra, prostrarsi per adorare; — 7. dar
gàshtan, e gashtan, volgere il volto, rivolgersi; fug-
gire, volger le spalle; — 7. fîcîdan, volgere il volto
in altra parte (per partire, per fuggire); torcere il
collo ad una vittima (per sgozzarla); — 7. sé44iax.
volgersi da qualche parte; — 7. 4ardan, volgere il
viso da una parte, prendere una direzione, incammi-
narsi; — 7. 22hddan, muoversi, partire, incamminarsi;
— z. raodha, skr. roka, phl. rdt.

ot, 79în, n. pr. di un guerriero turanio, figlio di
Pîràn; Ròùyin.

se, riyînah (suff. înah, cfr. rày, bronzo), fabbricato

i bronzo.

s, 7ah, tpr. di rast, scampare, liberarsi, divenir libero; —
bi-rastam, sono libera!, così disse Rùdaàbeh appena
ebbe partorito, e però fu imposto al bambino il nome
di Austem, il quale però accenna non a rastaz, esser
libero, scampare, ma bensì a rwsfax, germogliare; e
in quest’ ultimo caso si dovrebbe leggere 62-rus4-a72,

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> 385 =

a me è nato un rampollo, un figlio (durch den Spross
kam mir die Noth zu Ende, SprecEL). L'una e l’altra
etimologia sono buone (SpiecEL, Zrdxn. Alterth. I,

p. 572, nota).
5 rak, v. rah.

Lo, rahà, scampo, salvezza, liberazione; — 7. 4ardan,
liberare.

el rukhàm, n. pr. di un guerriero iranio; Ruhàm.
So) rahàyî (suff. î), scampo, liberazione; salute, salvezza.

3, rah-gudhar (cfr. gudhar, passaggio), via frequentata,
via battuta; crocicchio di vie (?).

sus, rah-numày (cfr. numidan, tpr. numéy, mostrare),
che addita la via; guida, condottiero; consigliero.

uyi9) rah-numin (cfr. numidan, mostrare), 1) guida nella
via, condottiero, capo; — 2) custode, prefetto della
camera reale. :

Sr) rah-numitnî (suff. ?), ufficio di guida, di con-
dottiero; — ». #ardan, guidare, condurre.

i zakî, schiavo, servo.
cuba, rikht, tps. di rîz.

Jo rîdak, fanciullo turanio di bell’ aspetto, garzone
avvenente.

D rîz (è), tpr. di #î4%?, versare, spargere, disperdere;
— furà rîkhtan, spargere; gettare a terra; intrans.
cadere, gettarsi a terra (da cavallo); — z. e skr. 72%,
gr. du (Aciro), lat. 229, (lenguo); phl. rékAtano.

3ID rizah-rîz, avv. a pezzi, in pezzi; — rizah-rîz
kardan, fare in pezzi, tritare.

U89) rîsh (è), barba; z. raésha, phl. risk.

du rîg (è), sabbia, arena; luogo sabbioso; phl. rîga4(?),
SpiecEL, Die trad. Lîtt. der Pàrsen, p. 444.
25

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> 3386 =

uv) "eyman, malvagio, infesto; fabbricator d'inganni;
ovv. per dherman, (v.); mardum î rayman, uomini
malvagi, ingannatori; ovv. uomini addetti ad Ahrîmane.

viso rionîz (é), n. pr. di un figlio di Kavus che morì
nella battaglia di Peshen; Révnîz.

)
3 zî, prep. v. az.
I 2, tpr. di 244, 1) partorire, generare; — 2) nascere,
venire alla luce; — 2. 2zax, skr. gar, phl. zéfano,

pàrsi zééf (pres), gr. ysv in yiyvuat, 78105. ecc.
lat. gen in gigno, genus, ecc., cfr. got. kunî (stirpe,
genus).

deli 246%), n. pr. del paese della famiglia di Rustem,
detto anche Sîstàn o Segestàn o Niîmrùz.

slabdl, 2d0%/-kkuddy (cfr. khudà, principe), principe
del Zabul.

aglio 2ébul-t-stàn (anche 246w/-sitàn, per il verso, suff.
stàn), il paese del Zàbul.

dI) zabulî (suff. ?), che appartiene al Zàbul, proveniente
dal Zabul.

oh zàd, tps. di 24.

| zàr, 1) lamento, gemito, pianto; — 2) piangente,
dolente; — avv. dolorosamente; — 6-z4r, avv. con
pianto, con gemiti; con dolore.

sy zàrî (suff. î), gemito, lamento; — bi-zàrî , con
pianto, con gemiti, con dolore; miseramente; 2. xwz%-
dan, piangere, sospirare.

& zàgh, 1) corvo; — 2) zégh è kamàan, angolo dell’ arco,
parte estrema dell’ arco.

di zàl, anche 335 2àl-zar, n. pr. del figlio di Sàm, ZAl,
che fu esposto dal padre sul monte Alburz, perchè

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> 387 «=

era nato coi capelli bianchi (zé/ significa vecchzo), e
quivi fu nutrito dall’ uccello Simurgh, v. Chiamavasi
anche Destàn. Vedi l’Axtologia.

> zàl-zar, v. 2àl,

ob zubàn, lingua; loquela, idioma, sermone, lingua; —
2. dadan, promettere; — z. Aîzva, antp. z260a, skr.
£thva, phl. Auzvan, pàrsi Azzvan, lat. lingua (per
dingua), got. tuggò.

lo 2uban-àvar (cfr. dvardan, portare), parlatore,
facondo.

asl 2ubanah (suff. ak), lingua di fuoco, fiamma.

dor zabargad (ar.), smeraldo.

Jide zabargad-nigàr (a. p., cfr. nigàr, fregio), ornato
di smeraldi.

ud; zabardast, potente, robusto, gagliardo.

UD zabn, inferiore, debole, meschino; vile, abietto,
dappoco.

> zakhkm, colpo; ferita, taglio.

st; zakhm-gàh (cfr. gàh, luogo, posto), punto del corpo
dove uno è stato ferito; ferita, taglio.

DI zad, tps. di zar.

») 50” e > zarr, oro.

ol 22r-66 (cfr. è6, acqua), prop.: acqua d'oro; color
biondo, fulvo; — 2. gashtan, illuminarsi, rischiararsi.

ulasly zar-afshàn (cfr. afshandan, spandere), che spande
oro, liberale.

cd) zar-baft (cfr. baftan, tessere), intessuto d'oro (si

ice dei drappi).

) zard, giallo; verde; pallido, smorto; metaf. tristo,
mesto, melanconico; — z. zazrita, skr. harita.

wlo), zerd-@6 (cfr. è6, acqua), acqua torbida.

3)9)) zard-riy (cfr. riy, volto), pallido, smorto in volto.

25*

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>> 388 -<

plio), zard.fim (suff. fam), pallido, smorto.

50); sardah (suff. ah), v. zard; — zardah î khayah, il
giallo (il tuorlo) delle ova.

Ki) zar-nigàr (cfr. nîgàr, fregio, pittura), dipinto, ornato

I) 8 e gio, p
d’oro.

5) zirih, corazza, lorica; — z. zr4dha, phl. zrdè.

gl0s)) 22r%4-dàr (cfr. dishtan, tpr. dèr, avere), fornito di
corazza, loricato.

») zarîr, e zîrîr, nome di un’ erba usata dai tintori; —
riy ham-cin zarîr, volto pallido come l'erba, smorto
e livido come l'erba.

W) zarrîn (suff. în), aureo, fabbricato in oro; cfr. z.
zaranaéna.

Lupo 2arrin-stitàm (cfr. sitàm, briglie, barde, orna-
luni ©4577) È
menti d’un cavallo), cavallo che ha le briglie e le
barde dorate.

Lima zarrin-nivàm (cfr. niyàm, fodero), adorno di
PE) 2908) Ly
aurea vagina.
wu, 22Z5kf, cattivo, malvagio; turpe; maligno; — z
zotzhda sy
gut zisht-rà (cfr. rà, rîy, volto), orrido in volto.

vlris; za faràn, zafferano; — 2. shudan, farsi pallido,
smorto come zafferano.

 zafar, bocca; strozza, fauci (di un mostro); z. za/ra,
phl. e pàrsi za/ar.

uil 24/5 riccio, ricciolo (di capelli).

ue) zamàn, e xl, zamanah (ar.), 1) tempo; tempo pre-

sente, l'età d'oggi; età; — 2) destino, sorte, Fato; —
zamànah na-dàd-ash zamàni dirang, il destino non
gli concesse lunga età (lunga vita); — andar zamàn,

avv. in quello stesso momento, contemporaneamente; —

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>> 389 =

an zamén, avv. in quel tempo, allora; — kar zamàn,
har zamànî, ad ogni istante, ad ogni momento; sem-
pre, incessantemente; — zamàni, per un momento.

slo) zamànah, v. zamàn; — avv. per molto tempo,
lungamente.

e sami (forma abbreviata, cfr. phl. damik, pàrsi zam?),
v. zamîn.

II zamîn, terra, suolo; — z. ze, skr. £am, gr. X2Mat,

yauats, lat. humus.

v) 20% tpr. di zad, battere, percuotere, colpire; assaltare
(con dar); — bi-ham bar zadan, scompigliare, con-
fondere e urtare insieme; distruggere; — z. e antp.
gan, skr. han, gr. pov- in poreiw, ivo, ecc., nord.
dana. i

Vv) 22% donna; moglie; pl. zazér; — z. ghena, skr. quà,
phi. e pàrsi 24%, arm. #2, gr. yu, got. guino, nord.
kona.

5; zunnàr (dal gr. Cevdpioy), cintura; — 2. è 4hanin
bastan, cingersi la cintura del dolore, essere in lutto
per la morte di uno.

sos; zindagànî (suff. î), vita, durata della vita.

545; zîndah, vivente, vivo.

Ma zangah, n. pr. di un guerriero dell'esercito di Kàvus,
figlio di Shàveràn; Zengheh.

dhe; zinhàr, v. zînhar.

» zi, per 22-#, da lui, ecc.

3yl,; zavàrah, n. pr. del fratello di Rustem; Zevàreh.

99) zid, avv. tosto, subito, prestamente, subitamente;
phl. 244.

)) zitr, forza, valore; z. 2@vare, antp. 2474.

dio) zr-mand (suff. mand) robusto, forte; prode,
valoroso.

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> 390 -<

5) zih, corda, nervo dell’ arco; — 4amdx bi-zîh nthadan,
tender la corda dell'arco; — z. e skr. £y4.
is zahr, veleno; bava velenosa; metaf, livore, rancore.

Ui9) zihish, e zahish (suff. ?sh), scaturigine; origine;
lascimento; cfr. zahîdan, scaturire.

S zî, tpr. di zîsé, vivere; imperat. 2î, vivi! — z. e skr.
gio, antp. gv, phl. e pàrsi zîvastan, gr. fic-w, lat.
vivo.

Ss) zî, verso, a; contro.

ubi ziyàn, danno; — z. zyéna, rad. z. 2yà, skr. hé,
danneggiare.

3 2î6, tpr. di 2#5f4, ornare, abbellire; convenire, esser
conveniente, esser decente; part. 2754, conveniente,
bello, decente.

4) 256, bellezza, eleganza; splendore.

o 2t6h-rukh (cfr. rai guancia), che ha belle guancie,
Kad durdpgos.

das) dan 2i6îd, tps. di 28.
y) 2Î7, sotto, di sotto (col gen.); dar 2? è, al di sotto

di...; zîr andar-ask, dal di sotto di esso; — 86z-zîr
avarîdan, mettersi sotto l'avversario nella lotta, at-
terrarlo.

i zîr, la corda più sottile di uno strumento musicale;
nota acuta.

cdi) zîr-dast (cfr. dast, potere), soggetto, suddito; in-
{Zi ore.

4 zîrak, ingegnoso, intelligente; pl. zîraZàr, artefici
ingegnosi.

unus) 2Î5f, tps. di 2î.

uu) 2-Î2, per st-in, az în, da questo, ecc.

3) 2Î% sella; — 6e-zîx 6&dan, stare in sella, cavalcare; —
z. bar nîhédan, e zîn kardan, por la sella ad un
cavallo; — z. zazni.

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>> 39gi ==

ye) 2i2hdr, cautela, protezione, malleveria; patto, con-

tratto; — dbi-zînhàr-ishén, dietro un patto fermato
con loro; — z. 44vardan, violar la data fede, violare
i patti; — 2. 44véstan, domandar sicurezza, impunità,
un salvacondotto; — 2. d@dan, impegnar la propria

fede, assicurare, affidare.

Ì

di; zhal, e si; zhélah, grandine; skr. gala, gr, tdXy.

4); 24arfi profondo. i

ib) zharf-bîn (cfr. dîdan, tpr. bin, vedere), che ha
vista profonda, acuta; sagace, perspicace.

mulo; %endavust, n. pr. del sacro libro dei Pàrsi,
rivelato a Zoroastro, detto fra noi Zendavesta o
meglio : Avesta. La sola interpretazione di questa
parola ha dato origine a mille discussioni. Ora è rite-
nuto come cosa certa che nel vocabolo Zendavesta si
debbano riconoscere due parole, zex4, commento ai
libri sacri, e @zesta, il vero testo. La parola Avesta
però non si trova nel testo, ma solo nei libri più recenti
e nelle lingue posteriori alla lingua dell’Avesta' stesso
(phi. apasték, pàrsi awagtà, sir. abstag6). Ora però
l'OrrerT ha voluto riconoscere nella parola (fin qui
oscura) @5ast& della grande Iscrizione di Dario
(Behistàn, IV, 64) l’Avesta dei Pàrsi, cosicchè abastà,
in antico persiano, significherebbe la legge sacra; il re
Dario infatti nel luogo citato pare voglia dire: «io mi
comportai secondo l’abastà, cioè la legge divina». —
L’Avesta, scritto in una lingua comunemente detta
zend, ma che si ritiene generalmente per l’antica lingua
della Battriana o piuttosto dell’ Iran settentrionale, era
composto di 21 libri o xosk. Le parti nei quali esso
si divide, sono: il Vendîdad, il Vispered, il Vagna

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>> 392 -«

(con le eéékà, canti antichissimi), e il Aorda-Avesta,
o piccolo Avesta ad uso dei laici, che contiene i
Yesht, o inni. — Il primo a portar notizie in Europa
dell Avesta fu il francese AnqUETIL DU PERRON. —
Su questo importante argomento, vedi, tra le altre
opere, quelle dello SpreceL, dellHarLez, del JusTI,
del Kossowicz, del WinpiscHMmann, dell’Hauc, del
DARMESTETER, dell’ HùsscHMann, del GELDNER, ecc. —
Lo SriecEL tradusse in tedesco tutto l’Avesta; ora ne
abbiamo un’ altra pregevolissima versione, in fran-
cese, dell HarLez. Primo editore del testo fu il
WesrErcaARD, poi lo SpieceL. — Per la storia degli
studi fatti sull’ Avesta, v. HoveLACQUE, Avesta, Zoro-
astre, et le Mazd&sme, Paris, 1878. — Si noti che
Firdusi fa leggere l'Avesta a Frêdûn ed a Khusrev,
che regnarono prima di Zoroastro, mentre, secondo
la tradizione, l’Avesta fu rivelato per la prima volta
a questo profeta.

si; zhandak, terribile, spaventoso; furioso, indomito (si

dice di un elefante, di un cammello ecc.).

usi #44pîn (dal skr. #shipani?), giavellotto con asta

breve, usato anticamente.
ul 242yén, furioso, furibondo (si dice degli elefanti);
agile, snello, veloce (si dice dei cervi).

U”

L. sé, tpr. di sd e séyid, fregare, stropicciare; palpare;

rasentare, arrivare a toccare; stendere, spalmare un
empiastro; imperat. d:-sàèy; part. sédahk, consumato
per il lungo uso, per l'attrito; — 6:-64s séyidar,
premere con un bacio.

L. ség, nome di un albero indiano di alto fusto; platane
(MoHL).

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=> 393 <=

blu sakhi, tps. di séz.

dosolu sédah-del (cfr. dil, cuore), che è di cuor semplice;
ingenuo, inesperto.

ulyle sàr-van (suff. van, per dar, cfr. sàr, cammello),
guardiano, condottiero di cammelli, capo di una
carovana.

glu sdz, tpr. di sékkf e sézîa, fare, operare, apprestare,
preparare; preparare (cibi, alimenti); — dar sdkhtar,
apporre, sovrapporre; phl. sàk4tazo.

gia s&z, utensili, arnesi, strumenti, suppellettili, armi;
maniera d’operare; uso, costume; faccenda, affare,

impresa; — séz ? gang, arnesi da guerra, armi; —
s. kardan, preparare; — s. g?riftan, intraprendere

un’ opera, metter mano ad un’ impresa.
dal sézîd, tps. di séz, cfr. sakht.
del séz4 (ar.), braccio, avambraccio.
au séghar, tazza, bicchiere.
«il sébî (ar.), coppiere.
JYl, sé/, anno; pl. salzyan e séalhà; tà saliyan, avv. per
anni, per molto tempo; — z. gareda, skr. garad.
pil sélàr (cfr. sél, anno), vecchio, antico; anziano; prin-
cipe; capitano.

SIL salar-kush (cfr. kushtan, uccidere), uccisore di
capitani, di eroi, di prodi, pyé%vup.

oz. sàl-khvard, e s0,p Ul sél-khvardak (cfr. khvar-
dan, consumare), consumato dagli anni; vecchio.

xl sélah (suff. ah, cfr. sé/, anno), si usa coi numerali:
yak-sàlah, che è dell’ età di un anno; — 4azmzak
salah, avv. per tutto l’anno, per sempre.

il séli (suff. ?), annuo, annuale.

el sd, n. pr. di un celebre eroe della casa del Segestàn,
Sàm, discendente da Gemshîd e gran vassallo del

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> 394 -2

regno, detto quindi g744x-fahlavén. Secondo Firdusi,
il padre suo fu Nîrem o Nerîmàn, ed egli ebbe un unico
figlio, Zàl, che poi, perchè aveva i capelli bianchi,
fece esporre sul monte Alburz donde poi lo ritrasse,
ammonito da un terribile sogno. Zàl poi fu padre
di Rustem (v.), Le imprese di Sàm ricordate da
Firdusi sono le sue guerre nel Segsàr e nel Mazen-
deràn e l'uccisione di un terribile dragone sul fiume
Keshef (v. l’Artologia). Nell Avesta, invece, il nome
di s&ma (aiutatore) è il nome della famiglia del
Segestàn, e di essa non sono ricordati nell’ Avesta
che tre principi: Thrita, Urvàkhshaya e Kerecacpa.
Ma è fuori di dubbio che il Sam di Firdusi (di nome
di famiglia diventato nome individuale) non sia altro
che il Kerecàcpa dell’ Avesta; alcune imprese infatti
che l’Avesta attribuisce a Keregàcpa, presso Firdusi
vanno sotto il nome di Sàm, come quella, p. e., del-
l'uccisione del dragone (ricordata più sopra) noto
nell’ Avesta col nome di azki sruvara (serpe cornuto, v.
il passo dell’ Avesta tradotto nell’ Introduzione al c. VII
dell’ Axtol/ogia). Le altre imprese di Kerecàcpa, secondo
l’Avesta, sono, oltre quella del dragone, le seguenti:
‘ l'uccisione del Garidarewa, dei nove ladroni, la scon-
fitta di Hitacpa, di Cnàvidhaka, di Vareshava, di
Pitaona e di Arezòshamana (SpieGEL, Arssche Studien,
p. 122). — Secondo Firdusi, Sàm morì e fu sepolto in
Gùràbeh da Zàl, laddove erano le tombe di quella
famiglia; ma secondo il Buxdehesh e il Minòkhired
Sàm non è morto; invece, tutto armato, egli dorme ancora
vicino al Demàvend nella pianura di Pust-Gustàgpaàn
(detta Peshyàngài nel Zurdelesh); egli alla fine del
mondo si desterà e ucciderà Dahâk che allora avrà
infrante le sue catene (WiIypIScHMANN, Zor. Stud.
p. 111 e 112; SPIEGEL, Pérs:-gramm. p. 141; Eràn.
Alterth. I, p. 560 e segg.).

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>» 395 =

uylelusédmar, suppellettili, utensili; confine, limite di un campo.

ul» sé, modo, maniera, guisa, costume; — b:-sàx 2, a
guisa di..., come.

slu sév, tributo; — s. 4îd2n, pagare il tributo (con dé).

xl, séyah, ombra; metaf. protezione; skr. ckéyé.

ploxzlu séyah-dàr (cfr. dashtan, tpr. dàr, avere), ombroso,
ombrifero.

fire séyah-figan (cfr. afcandan, figandan, spandere),
ombrifero.

stu séyah-géh (cfr. gh, luogo), luogo ombroso.
Val, séyîd, tps. di sé.
sabz, verde; skr. gaskpa, lat. caespes (SPIEGEL in
Muséton Il, p. 172).

Spi sabzî (suff. ?), verdura.
uu sabuk, veloce, pronto; avv. velocemente, prestamente.

)luSku sa8%-sd7 (suff. sè), vanitoso, precipitoso; stolido;
vile, ignobile.

pt. 57047, tpr. di st9urd, 1) consegnare, affidare; intrans.

esser tranquillo e contento; — 2) andare in giro,
camminare; seguir le orme di un altro.

uslau' 52045, benefizio, grazia; — sipés az gihan-dar
kh, è grazia di Dio che...; — yazdàn sipàs kh,
grazia di Dio è questa che...; — rad. z. ac

(custodire, originariamente: osservare), cfr. skr. 06,
gr. ager, lat. 27-sftc-2-0, ecc.

sl si6éh, esercito, schiera; popolo, gente (cfr. antp.
kara, esercito e popolo); — z. qfédha, antp. gfàda
(in takhma-<péda, n. pr.), phi. edéà.

Sl sisaàhi (suff. ?), soldato; coll. soldati (di qui lo
spahî di molte lingue europee).

sipar, tpr. di sipard, calcare, calpestare, pestare,

premere coi piedi; — part. sifardah zamin, che ha

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= 396 =

percorsa molta terra, o molta via (ovv. sifurdal?,
v. sipàr); — z: gpar, skr. sphur.

ye sar, scudo, targa; z. efàra, arm. agpar.

Orta sipard, tps. di sipar.

oytu sipurd, tps. di sipàr.

er sipang (per sth, 3, + fang, 5; 3 volte 5, cioè 15),

- si dice di qualunque cosa che dura poco (come se
durasse soltanto 15 giorni), quindi: breve, caduco,
fragile; v. sarày.

cbr SISRARI, tps. di sipiz.

goto sipàz (6), tpr. di s:644ht, 1) infiggere, conficcare; —
2) togliere, allontanare; cfr. phl. e6044tîtax0, pàrsi
spozhet, 3° pers. sing.

Aha sipah, v. sipàh.

dugra sipah-bad (cfr. dad, signore, padrone, z. faztz,
skr. pat:, gr. és, lat. fotîs), capo di un esercito,
capitano; principe.

glie sipah-dar (cfr. dèshtan, tpr. dar, avere, tenere),
capo di un esercito, capitano, duce, generale;

principe.
Qu Sipihr, cielo, volta del cielo; — 2. #Awéska, phl.
epàsh, cpîhàr, pàrsi epihir.

sy sipihrî (suff. î), celeste; cosa celeste; — Zar 7

sipthrî, i fatti celesti, cioè la maniera con cui il cielo
(stpthr), la. sorte, conduce a termine le cose.

Daru SIPÎd, e Daw stid (è), bianco, candido; z. chatta,
skr. eveta, got. Averts.

sdaru sipidah (è, suff. ah), alba, gli albori del mattino.
Sia sipidi (suff. 7), bianchezza, candore.

uuw SÉ, per «al 457, alla fine delle parole che terminano
per vocale o per £.

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>> 397 ==

Lu sità, tpr. di sufzd, lodare, commendare; — inf.
suttidan (come nome), encomio, lode; — sazéy 7
suttidan, degno d'esser lodato; — 2. ctu, skr. stu.

ol sz/dd, tps. di sefàx.

sslu sz/drah, stella, astro; metaf. bella e vaga fanciulla; —
z. gtare, skr. star, tàrà, phl. ctàrak, pàrsi gtàra, gr.
dato, diotpov, lat. astrum, got. statrno.

pri lia sitàrah-shumar (cfr. shumurdan, numerare), che
computa o numera le stelle, astrologo, indovino.

più sitàm, le briglie di un cavallo; anche in generale:
gli ornamenti del cavallo.

ul sitàn, tpr. di sefàd e sitad, prendere; — 6àz sitadan,
riprendere, ritogliere.

uil s204y2sh (suff. 2h), lode, encomio; — s. 4ardan,
lodare, inneggiare (Iddio); — phl. etàyaskzo, pàrsi
ctàisnz.

di sad, per sitàd, tps. di setàx.

Si suturg, forte, robusto; animoso, gagliardo; grande.

ei siam, violenza, ingiustizia, ingiuria; pàrsi gta4w, rad.
z. gtak, etaî, SrieceL, Comment. iiber das Avesta, I,
p. 64.

siii sitam-gàrah (suff. gàrah, gàr), violento, tracotante.

iù sttam-gar (suff. gar), violento, ingiusto.

Oyiu suttid, tps. di sttà.

yy suttr, pl. sutàràn, 1) ogni animale quadrupede dome-
stico, da corsa e da carico (cavalli, asini, muli,
cammelli); — 2) cavallo, destriero; — z. sfaora
(bestiame domestico), skr. st4%ra, got. st1ur.

syiuw sth, oppresso, schiacciato; ridotto agli estremi;
sgominato; — s. shudan, esser vinto, esser sconfitto; —
pàrsi, e/44.

sztîz (è), rissa, contesa, lite; voglia di far rissa,

di combattere; — z. «622, phl. eté2, pàrsi eééz4; cfr.

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» 398 ==

gr. oritw, da oriyu, lat. 2n-stig-are (SpieceL, Comment.
uber das Avesta, Il, p. 564).

sia sahar-gàh, e ass sahar-gah (a. p.; cfr. sahar.
ar. aurora, + g6%, gah, tempo), tempo dell’ aurora;
avv. al mattino.

cid saZht, duro, forte, robusto; avv. molto, assai; phl.
e pàrsi caZht.

rsu sakhtî (suff. î), 1) durezza, asprezza; forza, violenza;

— bi-sakhtî, con forza; — 2) afflizione, infortunio,
distretta; — di-hangàm î sakhtî, al tempo della
disgrazia.

gi sukhan, e sukhun, pl. sukhanha, parola, detto,
discorso; cosa qualunque; — s. rdxdax, discorrere, far
parole, intrattenersi con uno a parlare; — sué4uz

sta per s44z2x (AscoLi, Studi Irani, p. 11) dalla rad.
z. ganh, antp. #hak, skr. gas, parlare; phl. caXkwra.
z. gagare, parola, yagna, 29, 4.

sso subhun-giy (cfr. guftan, tpr. già, gay, dire).
favellatore, abile nel parlare.

sd sadah, n. pr. della festa che il re Hôsheng istituì
quando scoprì l’uso del fuoco, v. VuLLERS, Zer. pers.

ye sar, I) testa, capo; principio, incominciamento; confine,
termine; estremo, fine; 2) principe, capitano, signore,
duce; pl. seràx, principi, eroi, grandi di corte; 3) cima,
vetta, sommità; orlo di un bicchiere; — sar 827-527,
da capo a capo, da un capo all’ altro, da capo a
fondo, del tutto; 67-sar 5a», al di sopra (con due prep.);
bi-sar andar àvardarn, ridurre all’ estremo, rovinare,
far perire; — s. dmadan, venire a capo, giungere al
termine, finire, cessare; prevalere, superare, vincere; —
s. andar dvardan, porre principio ad una cosa, intra-
prendere, incominciare; — s. évardar, condurre a
fine, far finire, porre un termine; — s. dar afràkhtan,

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>> 399 ==

sollevare il capo, mostrarsi fiero, inorgoglirsi; pom-
peggiarsi; trans. onorare, esaltare uno; — s. bar
&vardan, sollevare il capo; spuntare, crescere (delle
piante); distinguersi, segnalarsi (con @z, 22); —

s. nthadan (con séy) volgere il capo a..., inviarsi,
incamminarsi verso une luogo; — z. gara, gr. «&pa, cfr.
skr. gras.

Tru sirà, e si strày, tpr. dil siritd, surùd, sarid,
stràyîd, cantare; parlare; imperat. siréy, parlal; —
part. siràyandah, eloquente; phl. eràyztazo, cfr. z.
sràvayémi (io faccio udire, caus. di 6%, udire).

shilu sar-à-pày (cfr. fày, piede), avv. da capo a piedi.

BOxgiza saràpardah, arazzo o tela stesa all’ intorno di
una tenda; recinto; une enceinte de toile, le plus souvent
de couleur rouge, formant un carré long et servant à

entourer les tentes du roi et des grands (DEFRÉMERY,
in VuLLERS, lex. fers.); — s. zadan, piantar le tende.

reo sar-G-sar, avv. del tutto, totalmente.

Bada zan sar-Gsîmah (cfr. asimah, turbato), stordito;
forsennato,

dipl sar-afràz (cfr. afràkhtan, tpr. afréz, sollevare),
che solleva il capo; animoso; superbo, altero.

oghistza sar-afshan (cfr. afshindan, spargere), che sparge
le teste dei nemici (si dice degli eroi, delle armi, ecc.).

pilu l sar-angàm (cfr. angàm, estremo), estremità;
compimento, fine; esito, riuscita di una cosa; avv. al
fine, in ultimo, finalmente.

si sarày, casa, domicilio, abitazione; il mondo, la
sede terrena degli uomini, la terra; î7 sarày, questo

mondo; — sarày ? sipang, la dimora breve, la vita
terrena; v. st0axg.

ci sirày, v. strà.

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= 400 ==

Dir sar-pangah (cfr. pang, cinque), la palma della
mano e le cinque dita; pugno.
surkh, rosso; corruscante, lucido; — z. cukkra,
antp. /Aukhra (n. pr.), skr. qukra, cukla (rad. z. e
skr. gué, ardere).

ig sarakhs, n. pr. di una città, Serakhs, all’ estre-
mità dell’ Haré-ràd, avamposto contro i Turani, forse
la Sîroc di Tolomeo. Secondo alcuni, fu fabbricata da
Alessandro M., secondo altri, da Kàvus. È quasi priva
totalmente d’acqua (SpieceL, Erdx. Alterth. I, p. 53).

dig sar-khvash (cfr. khvask, buono, piacevole), lieto,
contento, allegro.

Or sard, freddo, rigido; — édd ? sard, v. bad; z. careta,
phl. cart; cfr. skr. giggra.

pr sar-dirav (cfr. duridan, tpr. dirav, mietere, tagliare),
che taglia le teste (epiteto della spada).

iS} sar-zanîsh (cfr. zadan, tpr. zan, battere, + suff.
sh), castigo, punizione; rimprovero.

(iz strishk, gocciola; lagrima; — serishk i khinin
(lagrima di sangue), pianto angoscioso; — 44&zix
strishk, lagrima, pianto; unguento (?), empiastro (?); —
z. grashka (gragnuola), phl. erzshk£, pàrsi 624; rad.
z. gragî, gocciare, stillare.

gr sar-firàz, v. sar-afràz.

iS sar-kash (cfr. kashîdan, levare, sollevare), illustre,
‘potente; arrogante, superbo; pl. sar-#askéz, principi,
eroi.

Ta sar-kashî (suff. î), grandezza, potenza; alterigia,
superbia; audacia, arroganza, disobbedienza.

sli sar-girày (cfr. giràyidan, volgere, piegare, far
cadere), che abbatte le teste dei nemici (si dice
delle armi).

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>> 401

Lou sarmà (suff. 4), freddo, rigore invernale; — cfr. z.
gareta, freddo. E

sgloa sar-màyah (cfr. màyah, materia, sostanza), capitale,
sostanza, ricchezza; — figuramente, come agg.:
di gran pregio, prezioso, valoroso.

gros SAID, 1) cipresso; metaf., fanciulla, donzella (per il corpo
agile e snello come un cipresso; immagine comune
ai poeti Persiani); — phi. garv (donde il sir. starvazzo,
e lar. skarbin, RoEDIGER, Chrest. Syriac. p. 101). —
2) n. pr. di Serv, re del Yemen, che diede le sue
figlie in ispose ai tre figli del re Frêdûn.

Yly_u sarv-b8lé (cfr. balé, altezza) che è alto come un
cipresso.

Pare sarv-bun (cfr. un, fusto d'albero), che è agile nel
corpo come il fusto di un cipresso (si dice delle
fanciulle).

gr surid, sirid, tps. di sirà.

pare Sar-var (suff. va7), capitano, principe; pl. sar-varàx.

dgr sarîîsh (8), Serôsh, n. pr. di un angelo che annun-
cia in terra agli uomini i voleri di Dio. Nell’ Avesta
egli è detto Craosha, ed è un Genio che insegnò
per il primo la legge divina agli uomini; come celeste
custode del mondo, nella terza vigilia della notte,
egli, suscitato il fuoco, suol destare il gallo, il quale
col suo canto scaccia dagli uomini il demone del
sonno, Bùshyacta. Il suo nome deriva dalla rad. z.
grush, udire, obbedire; cfr. gru.

Ir sarîin, natica; coscia, anca; z. graonî, skr. crone.

ou Saz, tpr. di sazîd, convenire, esser conveniente;
3* pers. sing. pres. sez24, conviene, è lecito; — c#x
sazîd (3° del passato), come conviene; — part. s@azà
(col gen., sazéy), degno, meritevole; — z. ai, 3° pers.
sing. cacarti.
26

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>> 402 —4

ii saza-var (sufi. car), conveniente. decente: lecito:
degno. meritevole: — avv.. decentemente. conveniente-
mente, come conviene.

dz sazid, tps. di saz.

came 545, stanco, debole. languente, languido, lento: —
s. shudan, e s. bar shudan, stancarsi, smarrirsi, illan-

i susti (suff. #), lentezza, tardità; — s. £erdan,
mostrarsi pigro e lento.

ici SUft, e sift, spalla; — s. numidan, mostrar la spalla
(frase molto oscura, non registrata dal VULLERS, forse:
spiegar tutto il vigor del braccio,?); — z gaff.
phi cuft.

dui sifid, v. siptd.

UK. siedlish (suff. îsk), intenzione, proposito, pensiero;
— s. gîriftan, fare un proponimento, prendere una
risoluzione, prendersi pensiero.

sl szezî (suff. ?î), appartenente al monte Sigz; sopran-
nome di Rustem. Sigz è un monte del Zàbulistàn
o Nîmrùz dove si dice esser nato Rustem, che perciò
fu detto sigzî, sigziese.

glute sagsàr, paese al nord dell Iran, abitato da popoli
turanici, senza dubbio lo stesso paese che il re Dario
nella sua grande Iscrizione ricorda col nome di Cake,
e i cui abitanti Erodoto (VII, 64) chiama Sciti, Zxv9e
(SrieceL, Erdn. Alterth. L p. 221) L’etimologia
popolare spiega questo nome con sag, cane, e sr,
per ser, testa, e ne fa un paese favoloso in cui gli
abitanti hanno teste di cani (VuLLERS, Lex. fers.).

cd slah (ar.), coll, armi.

pra salm, n. pr. del 1° figlio di Frédiùn, ucciso da Minòcihr,
v. i c. IV e V dell’ Axtologia; z. gaîrima (n. pr. di
un paese sul quale Salm ebbe signoria).

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>> 403 -<&

silth (ar.), arma; coll., armi.
YLu si4k (ar.), la stella della spica.
uu SAMAN, gelsomino.

die samand — 1) agg., baio, rossastro; — asp ? samand,
cavallo baio; — 2) destriero.

ettore saman-shakh (a. p.; cfr. shékh, ramo), ramo di
gelsomino.

pa samir (ar. sammir), coniglio.
ul siz47 (ar.), punta della lancia; asta, lancia.

glo yli sindn-dàr (a. p.; cfr. dashtan, tpr. dér, avere),
acuto, aguzzo.

dui su264/, lavanda (pianta odorosa).

e sang, tpr. di saxgîd, pesare; intrans., aver peso,
“ aver valore.

vlau, 57248, scoiattolo.

Vas sangid, tps. di sang.

egg sandaràs, resina gialla (si adopera nelle simi-
litudini, come: volto pallido come resina gialla); voce
venuta dal skr. stxd4%ra, donde il gr. cavòapdzy e il
sir. sandaràkî (VuLLers, Lex. pers.).

«Kiw 5478, 1) pietra, sasso; la pietra nera (ar. al-kagaru
"l-asvadu) incastrata nel tempio della Kaaba alla Mecca,
oggetto di venerazione per i Maomettani; — saxg 7
kharà (lett., pietra di rupe), selce, sasso durissimo; —
2) metaf. autorità; valore; coraggio; — z. e skr. agax,
cfr. antp. azkafigaina (fatto di pietra), e 7apasdyyrs
(pietra miliare).

ki sangi (suff. #), valoroso; generoso.

gw sà, anche ggw s#y, luogo; direzione; parte; — as
yak suv-am (per su-an, o siy-am), da questa sola

parte verso di me; — dégar sé, avv., dall’ altra parte;
26*

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>> 404 -—<&

— zi-har si, har siyî, az har siy. avv.. da ogni
parte; — ya& si. da una parte sola. con una sola
direzione; — d4i-sity î, verso di..., a, verso, ecc.

I, suvàr (per aspf-var, as-var, sufi. car; cir. asf, cavallo),

cavaliere; pl suzàràr; — soprannome di Sàm (v.),
sim î suvar, Sàm il cavaliere.

<)l,= suvdri (sufi. 7), equitazione; perizia, maestria nel
cavalcare.

cage SGkAI, tps. di sz.

gu shd, tps. di sà.

05 std, utilità, giovamento, buon frutto, guadagno; —
rGh i sud paymidan, percorrer la via dell’ utile, cercar
l'utile proprio e degli altri; phl #4 pàrsi gé/; rad.
z. gu, giovare, cfr. z. gavah, giovamento.

slo staabah, n. pr. della moglie del re KAvus, Sùdabeh.
Fra figlia del re dell'Hamàveràn. S'invaghì poi di
Siyavish' figlio di Kàvus, ma nato di altra donna; e perchè
il giovane non volle corrisponderle, ella lo accusò al
padre. Fu poi uccisa da Rustem, quando Siyàvish fu
ucciso da Afràsyàb. i

Diode stad-mand (suff. mard), utile, proficuo; phi #6
mand (suff. imand).

yy shr, festa, festino.

}

Ze SÙZ (6), tpr. di sé£4%, ardere, bruciare; z. e skr. gue.
iure shsan (ar. savsan, ebr. shishan e shéshan), giglio.

by stg (6), dolore; — s. giriftan, affaccendarsi; addolo-
rarsi; piatire (?); skr. coke.

Vita savgand, giuramento; — s. #4vardan, e s. kardan,
giurare.

sl stg-vàr (suff. var), addolorato, dolente.

er stvum (suff. um), terzo; — sivum riz; avv., al terzo
giorno.

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>> 405 -<

Ss SÙ, V. SÙ.
xw Sh, tre; har sth, tutti e tre; z. #472, skr. 92, gr. 1 Tpel,
tpla, lat. #res, got. threis.
Koxw sth-digar (cfr. digar, altro), terzo; avv., in terzo
luogo.
pe sahm (ar.), freccia, dardo.
sahî, eretto, diritto; snello, agile (dei cipressi, delle
persone snelle, ecc.).
di sahi-kadd (a. p.; cfr. £add, ar., statura), agile,
snello di persona.
dugu su4ay! (ar.), la costellazione di Canopo.
e sî, trenta; z. #hrigata, skr. trimgat.
cel styémak, n. pr. del figlio di Gayûmers, Siyâmek.
Egli fu ucciso dal Dévo Nero, e il figlio suo Hésheng
ne vendicò più tardi la morte.
uhpiluu siyavakksh, v. siyàvish.
piglu seyavisk, siyavush, e i>ylu styavakhsh, n. pr.
del figlio di Kàvus, Siyàvish. Fu ucciso a tradimento
da Afràsyàb, e Khusrev, suo figlio, ne vendicò la morte.
Vedi i capi XII, XIV, XV, XVI, XVII, XVII dell’ Axto-
logia; z. gyàvarshan e eyavarshàna.
sl siy6h, e xuw styah, 1) nero, bruno, oscuro, fosco; —
2) cavallo di color nero; — 2. e skr. gyàva.
str, pieno, sazio, satollo; stanco; — s. gasktaz, esser
sazio, stanco di una cosa.
sw sim, argento; phl. a, secondo lo SrieGEL (Die
trad. Liîtt. der Pàrsen, p. 370), dal gr. doyuos (non
coniato) per mezzo del sir. sî7t40, tesoro, argento.
Ér+t simurgh, n. pr. di un uccello favoloso che abita
sul monte Alburz, laddove egli allevò il giovane Zal

quivi esposto dal padre; Simurgh. Questo nome deriva
da murgh, uccello, ela sillaba s? iniziale rappresenta

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= 406 =

il nome z. gaéra, col quale nell’ Aveste sono designati
alcuni uccelli sapienti, dei quali il più celebre si è
quello detto 444744! (yasht 13, 97); cfr. skr. gyena,
phl cix, cin-mri (mri=murch), pàrsi cinamri.

pa simîn (suff. î2), argenteo; phl. agimiro.

rotte sîmîn-bar (cfr. Sar, petto), che ha il petto can-
dido come l'argento.

ide sidukht, n. pr. della moglie di Mihràb, re del
Kabul, e madre di Rùdabeh che fu poi madre di
Rustem; Sîndukht.

xuw styah, v. styah.

Sa styah-pàsh (cfr. pàshidan, vestire), vestito di
nero, weaveluuy.

pisre siyah-cashm (cfr. caskm, occhio), che ha gli
occhi neri.

gli styah-div (cfr. div, dévo, demone), il Dévo Nero
uccisore di Siyâmek.

diziza styah-rang (cfr. rang, colore), nero, fosco, oscuro.

uSp su styah-nargis (cfr. nargis, narciso, metaf. occhio),
che ha gli occhi neri, nero degli occhi.

&

ask, pron. suffisso di 3° pers. sing., suo, sua: da
padar-ash, il padre suo; — serve agli accusativi:
PALI kusht-ash, lo uccise; v. Gramm. 123, 125; rara-
mente fa da soggetto; e7r7/t-ash, egli prese (Gramm.
125, nota).

Lé ské, tpr. di shéyzst, esser conveniente; esser possibile;
3° pers. sing. shéyad, può accadere, può essere (signi-
ficato impers.); — xa-sk&yad, non conviene, non si
deve; non è possibile; — z. #4skz (potere), 2* pers.
khshayéhi, skr. £kshî, phl. shàyistano.

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>> 407 =

eb shakh, 1) ramo, tronco d'albero; — 2) braccio; —
3) metaf. corpo, taglio della persona snella ed agile; —
skr. céZkà, phl. càf (P).

sli shkéd, lieto, allegro; — sà. shudan, rallegrarsi,
gioire; — sk. Zardan, render lieto, allietare.

ylolà shadan, lieto, allegro, gioioso; avv., lietamente.

3 poté shad-riàz (cfr. rîàz, giorno) che è lieto ne’ suoi
giorni, contento, felice.

Soli shéd-tàmi (cfr. kàm, desiderio, suff. ?), soddis-
fazione di ogni desiderio, beatitudine, contentezza.

ybeola shàd-màn, lieto, contento.

ileoli shdd-mani (suff. î), letizia, contentezza.

sola shéddi (suff. ?), letizia, contentezza, gioia, gaudio,
allegria; — dast ? shédî burdan, abbandonarsi al-
l'allegria; — z. sAdzti, antp. siyati, cfr. phl. shérsk.

sla sharah (dall indostanico cirek, skr. cirah), corona
dei re indiani.

Uta. 2skén, anche skéx (per il verso), pron. suff., loro;
di loro; Gramm. 123, 125.

o glù shavaràn, n. pr. di un eroe iranio, padre di
Zengheh; Shàveràn.

slè skéh, re, principe, signore; voc. skéké, o re!; pl.
shahan; — z. khshaya, cfr. antp. khséyathiya; rad. z.
khshî, dominare.

sposi shah-g0y (cfr. gustan, tpr. £#y, cercare), che
cerca il re.

sò Isola shah-zîdah (cfr. z&dan, nascere), nato da un re,
principe.
gie shah-far (cfr. far, maestà), maestoso come un re.

sisli shéhinshahî (suff. î), maestà, potenza reale; cfr.
shahinshak.

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» 408 —<

slo shah-vdr isufi. vir). reale, principesco, degno di
un re.

«nlé shahi isufl. i), regno; potestà regia.

use skahin, falco reale, specialmente bianco, che si
adopera alla caccia

sl shdy, v. sha.

camslé shéyist, tps. di ské, shay.

il shayistagî (sufl. î), attitudine; convenienza.

4 shab, notte; pl shabén; Gh mayah shaban, qual
numero di notti!; — dx ska5, avv., in quella notte; —
z. khshaf, khshapan, antp. £hsafa, skr. kshaf.

ghd shuban, pastore; metaf. principe, pastore di popoli.
cfr. l'’omerico uu dai; — cfr. 2. fshu (da pagu.
bestiame).

dg shaban-riz (cfr. ràz, giorno), il tempo di 24 ore
(giorno e notte), cfr. gr. nwy9uepor.

Sl shabin-gah (cfr. gah, g&h, tempo), il cominciar della’
notte, la sera.

dii shab-rang (cfr. rang, colore), che è del color della
notte, cioè fosco, bruno; cavallo di color bruno.

clin shabistàn (suff. stàn), 1) camera da letto; gineceo,
harem; — avv., nel gineceo; kamaA shabistàn, per
tutto il gineceo, in ogni parte di esso; — 2) le donne
del gineceo; — phl. shapgténo.

ii shab-gîr (cfr. giriftan, tpr. gir, prendere), pro-
priamente: noctem tollens, VuLLErs; alba, crepuscolo
del mattino; — avv., all’ alba, al primo albore.

gg shabi-khdn (cfr. khén, sangue), invasione improv-
visa di notte nel campo nemico.

Ud shit46, tpr. di shztdft, affrettarsi, accorrere.

Ud sAz46, fretta, premura; — andar shitàb, avv., in
fretta.

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> 409 -<

ili sAzfdft, tps. di sAztéb.

ei shakh, e ui shakhkh, terra arida e deserta.
li shazkà, tpr. di shakhid, scalfire, graffiare.
oysné shakhid, tps. di shakhé.

dé shud, tps. di shav.

sy à sharzah, robusto, forte, gagliardo.

pri sharm, vergogna; verecondia; — z. fsharema, phi.
sharm.
cuud shast, pollice; — sk. gushédan, aprire il pollice

(per lasciare andare la freccia dall’ arco).
cum sk25f sessanta; z. Ekshvasti, skr. shasktz.

cnud sAust, tps. di skz, shiy.

pri shar (ar.), crini, capelli del capo, chioma.

ol skaghéd, n. pr. di un fratello di Rustem, Sheghad,
genero del re del Kabul. Tradì il fratello e lo fece
morire col farlo cadere entro una fossa armata di
punte di ferro (v. il c. XX dell’ Axtologia).

gia shkîkàr, caccia, l'andare a caccia; cacciagione; preda.

Sk skz26f tpr. di shikéft e shikéfia, rompere, spaccare,
sparare; — intrans., rompersi, infrangersi, sgretolarsi;
gr. oxdrrto, t. cad, got. skabar.

dailklé shzkdfid, tps. di shzkéf.

pe shîkar, tpr. di skikard, andare a caccia; metaf., cer-
care avidamente.

o;K4 shikard, tps. di shzkar.

cubi sAzkast, tps. di skzkaz.

pe shikam, ventre; pàrsi askkum.

uè shikan, tpr. di shzkast, rompere, infrangere, scalfire;
intrans., infrangersi, spezzarsi; — z. g024, skr. chid, gr.
ouibw, cò, lat. sczado.

& shikan, rottura; sconfitta, rotta; frammento; ciocca
di capelli; shz4ax bar shîkan, ciocca sopra ciocca.

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>> 4IO «=

Ki shikang, attorcigliamento dei capelli col ferro rovente.
sca shukîh, magnificenza, grandiosità; importanza,
gravità (di un affare).
as sk2£76, pazienza; calma dell animo; fermezza
d'animo.
ulKe shigufan, tpr. di shigufanid e shigufand (causale di
shigufidan e shiguftan, fiorire), far fiorire, far prosperare.
duliki sAzieufinid, tps. di shicufin.
ciks shigift, 1) meraviglia, stupore; ay shigtft, oh! mera-
viglia, oh! stupore; — 2) prodigio, miracolo; —s4. amadare
(col dat.), venir meraviglia ad uno; — phl. s440/t, sh#&/t.
ibi shigiftî (suff. ?), stupore, meraviglia; avv., mera-
vigliosamente, straordinariamente; — sk. méndan,
rimaner meravigliato.
Lui shumà, voi; z. khshmà; cfr. th.
hdi shumàr, tpr. di shumurd, numerare; computare;
pensare, stimare; — z. mar, skr. smrz.
ghe shumàr, numero; criterio, modo di giudicare.
Og shumurd, tps. di shumàr.

risi shamshîr, spada; — pàrsi stuwsîr, donde il sir.
saphstrò.
Ujrtiet shamshîr-zan (cfr. zadan, tpr. zar, vibrare),

che vibra la spada, valoroso; battagliero, bellicoso.
è sham (ar.), lampada, lucerna.

blis sAndkht, tps. di shinés.

uu sAznds, tpr. di sAzndkht, conoscere, sapere; — 2.
khshnu, khshnà, antp. khsndg.

giù shunt, shinù, shinav, tpr. di shinîid, shunîd, shintid,
pres. skinavam e shunavam (Gramm. 21), udire;

ascoltare; — z. gw, 3° pers. pres. guruzactti, skr.
cru, crinoti, phl. eritano, cràyitano, gr. kilw, lat.
cluere.

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> 4II -<

Ogid shunid, shinid, tps. di shint, shuni, shinav.

Quid shinîd, tps. di shin, shuni, shinav.

sduiò shzridah (propriamente part. di shixîdaz), le cose
udite; la fama; diceria.

gi shav, tpr. di skud, muoversi, andare, incamminarsi;
diventare, cambiarsi; essere; accadere; partire; partir
dal mondo, morire; — 3° pers. sing. pres. shavad,
se avvenga che (in frasi condizionali o dubitative); —
part. shudah, che è diventato; — nei passivi (Gramm.
79-87), 4ushtah shud, fu ucciso; — béz shudan,
tornare, ritornare; — dar shudan, salire; diventare; —
birin shudan, uscire, evadere; liberarsi, scampare; —
furi shudan, calare; cader giù, rovinare abbasso; —
z. shu, antp. séyu, skr. cyu.

xò shi, e gyà shiy (6), tpr. di skust, lavare; purifi-
care; — z. 4hshud, skr. kshud (la y del tpr. e la
s del tps. rappresentano l'antica 44, AscotIi, Stud
Iràni, p. 5).

cr sh&kh (6), audace; petulante; protervo, impudico.

ri sh&khî (suff. î), petulanza, audacia, impudenza.

)yrò shir (6), tpr. di skzrîd, mescolare, confondere; per-
turbare; part. shzridahk, confuso, stordito.

pr shîr, 1) scompiglio, confusione; — 2) agitazione del-
l'animo; — dbi-shér afgandan, scompigliare, turbare.

cadioygii shir-bakht (cfr. bakht, sorte), disgraziato, scia-
gurato.

ri shirish (suff. sk), tumulto, turbamento, inquietudine;

ribellione.
A) shirid, tps. di shér.
pri shim (ar. Hi , infortunio, calamità; — #4usrav ?

shàm, Khusrev apportator d’infortunio (cfr. l’omer.
Asorapis, sciagurato Paride).

Syò shiy, v. shi.

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>> 412 -<

«yi sAîy (6), marito, sposo.
xò shah, v. shéh.

Agi shahd, n. pr. di un fiume, Shehd, forse lo stesso di
Harè-ràd (SpreceL, Erdn. Alterth. I, p. 595, nota).
& shahr, città; regione; z. sAdithra, skr. Ashetra, pàrsi
sthîr; cfr. anche z. #Ashathra, antp. 4hsatra (nei nomi
pr.), skr. Askatra.
slired shakrnàz, n. pr. di una delle due sorelle di
Gemshid, tenute come schiave da Dahâk, e poi sposate
da Frêdûn; la sorella di Shehrnâz era Ernevâz, slo
(v. l'Antologia).
ye shahrî (suff. î), cittadino; coll., cittadini.
phrgd shahryàr, principe, re, sovrano; cfr. z. £/sha-
| thravatrya. i
slivigi shahinshéh, e stigià shahinshah (per shahan-
shah), re dei re, titolo dei re Persiani; antp. £44sd-
yathiya khsayathiyanàm; saansaan quod rex regibus
imperans interpretatur, Ammian. Marc. (XIX, 2, 11);
cfr. déorrora deororàv (AEschyl. Pers. 666), cfr. malka-
malkàn delle monete pehleviche dei re Sassanidi,
e il melek melàkim della Bibbia.
dai skîd (8), sole; z. #4shaéta (agg., luminoso), phl. s4é;
cfr. khvarshid.
pi shîr (è) leone; metaf, eroe, valoroso; pl. skîrdx,
eroi; — phl. skér, pàrsi sé.
pi shîr, latte; z. 4Askira, skr. Ashkîra; rad. &hshar,
scorrere.
gilt shîr-avzhan (cfr. afgandan, abbattere), domator
di leoni; forte, gagliardo.
gir shir-6az% (cfr. dazi, braccio), che ha le braccia
leonine; robusto, forte.
ops shîr-khvàr (cfr. khvardan, cibarsi), che si ciba
di latte, lattante.

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>> 413 -<&

biz shîr-khvèn, n. pr. di un luogo ora sconosciuto

IEGEL, Erdn. Alterth. IL p. 542, 543); Shér-khàn.

pisa shir-fash (suff. fash), leonino, che ha fattezze da
leone.

gti shirà, v. shîriy.

Syytt shiriy, e art shîri, n. pr. di un eroe turanio,
ucciso da Ghershasp; Shîrùy.

gytò shirin (da shkîr, latte; suff. #2), dolce: caro,
diletto.

uyd shivan (è), lamento, gemito.

uv?

de ad, cento; z. e skr. caza, gr. ékaròv, lat. centum.

ie af (ar.), ordine, schiera, fila di soldati.

suzio gaf-panéh (a. p.; cfr. pandh, rifugio), rifugio
dell’ esercito, cioè forte guerriero sostenitore del-
l’esercito.

ig do candk (ar.), cassa; figurat., alvo, utero.

sgio ganavbar (ar.), pino; arbor conifera quaevis (VULLERS,
lex. pers.).

«yy0 erat (ar.), figura, ritratto, immagine.

uè

Usd diathèk per Uso dehék, n. pr. di un principe
arabo usurpatore del trono dell’ Iran. Intorno al
significato di questa figura mitica, v. il capo II del-
l'Antologia e le relative /utroduzioni. Dahâk, z.
dahàka (sempre con az24z, serpente), phl. ag-dahak,
parsi azà ? dahàk, cfr. np. azhadahé (mostro), cfr. anche il
nome del re di Media, Astiage, ‘Aorv&yys; per il z.
azhî, cfr. skr. ah, gr. Sus.

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>> 414 -

b

e téli" (ar.), lett., ascendente; con tal nome si chiama
ogni astro che sale sull’ orizzonte al momento della
nascita di un bambino; quindi: sorte, destino, stella
che presiede alla vita, che regge le sorti di uno,
gr. dorijp ysvs8Maxés (cfr. ital. ascendente, detto per
influenza, potere più che umano).

(Gab fabak (ar.), pl fabathà, piatto.

«b tap, tpr. di fapîd, palpitare.

asl fapid, tps. di fap.

3! firàz, nome di una città del Turkestàn celebre per
la bellezza delle fanciulle; Tiràz.

und fasht, vaso, bacino, tazza; z. fasta, phl. faské; rad.
z. tash, lavorare.

xsXo falîyah (corruzione del plur. ar. ni%b /aléy7,
esploratori), gente posta a guardia di qualche luogo,
vedetta.

usyb fs, n. pr. di un celebre guerriero iranio, Tùs,
figlio del re Nevdher. Prese parte a molte guerre
sotto il re Kàvus, e alla fine del mondo aiuterà il
Gaoshyafit (il futuro profeta) nella risurrezione dei morti.
Nell’ Avesta esso è chiamato /akhkmé tugò rathaéstàrò,
il forte Tuga guerriero curule (yas44, 5, 53); nel Z2bro
dei Re, invece, passa per un guerriero presuntuoso e
dappoco; — /4s ? savahar, Tùs figlio di Nevdher.

ib tavk (ar.), collana, monile.

E
el ‘4g (ar.), avorio.
iéle ‘ashikî (ar., suff. î), innamorato.
‘abîr (ar.), nome di una mistura odorosa di aromi,

secondo alcuni: croco.

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>> 4I5 -<

U972 ‘arùs (ar.), pl ‘aràisén, sposa.

(&he ‘s4£ (ar.), amore.

lie ‘4485 (ar.), aquila.

aiie ‘a£îk (ar.), gemma rossa, corniola; metaf, labbra.

usXe ‘a£s (ar.), riflesso di luce; — ‘a. 2zadan, spander
la luce.

tale ‘a/2f-zàr (a. p., suff. 247), luogo dove trovasi
foraggio (‘a/af, ar.), luogo da pascolare, pascolo.

she ‘amarî, palanchino di legno, lettiga che si pone
sul dorso degli elefanti e dei cammelli.
‘amr (ar.), vita, durata della vita di un uomo..

le ‘2286 (ar.), zizipha rubra (VuLLeRrs, lex. pers);
metaf. labbro, coll., le labbra.

she ‘#ndr (ar.), le briglie del cavallo; — ‘i sipurdar,
lasciar sciolte le briglie, rallentar le briglie.

vir glie ‘indnpic (a. p.; cfr. pîicidan, volgere), che sa

“reggere le briglie, abile nel cavalcare.

pus ‘anbar (ar.), ambra.

dg Tie ‘anbar-Ggîn (a. p., suff. dgîn), cosparso di
ambra.

03 ‘#4 (ar.), aloe, legno di aloe.

Age ‘ahd (ar.), patto.

rose ‘276-g%y (a. p.. ‘296, ar., biasimo, + gustan, tpr.
£y, cercare, amare), che ama biasimare, dir male
degli altri; maldicente, maligno, maledico.

È
gl ehér (ar.), caverna, spelonca.

sè ghurr, tpr. di ghurrîd, urlare, ruggire, fremere.

Grè ghark (ar.), sommersione, immersione; — g4. shudar,
esser molle.

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»> 416 —<

ire gharkah (ar. per gharikah femm. di gharit) sommerso ;
— gh. shudan, sommergersi: bagnarsi: irrigarsi
e ghurm, capra selvatica.
dazi ghurrid, tps. di gchurr.
phé ghulim (ar.), pl ghu/aman, giovinetto. fanciullo : schiavo.
Sé ghalt (ar. ghalita, sbagliare, ?), tpr. di ghaltid, roto-
lare, cader rotolando.
alle ghaltid, tps. di ghalt.
dale ekulghul, lamento, grido; — 4. arastan, levare
un grido, un lamento.
pi gham, e pè ghamm (ar.), tristezza, dolore, afflizione: —
gh. khvardan, affliggersi.
glubit gham-gusar (a. p.; cfr. gusardan, gusarîdan, far
passare), che toglie, che cancella il dolore, cioè: con-
fortatore, consolatore.
gii gham-gîn (a. p., suff. gîx), dolente, angoscioso.
ei ghami (a. p., suff. 7), addolorato; mesto; irritato,
adirato; — 24. gashtan, irritarsi, adirarsi, sdegnarsi.
gb ghunav, tpr. di ghuntd, indugiare, ritardare; perdere
il tempo.
oyhé ghunhd, tps. di ghunav.
yà £hav, grido, lamento, gemito.

i

JU /@/ (ar.), augurio, auspici; sorte, destino.

wu /ut, fit, tpr. di fitàd, futàd (cfr. uft, uftàd), cadere,
rovinare; — bi-ham futàdan, cader insieme, corrersi
incontro l'un l’altro (in battaglia); — z. faf antp. e
skr. @0, gr. sr in rimtò per merero, cfr. lat. se
pet-us.

solu /utdd, tps. di fut, À (cfr. uft, uftad).

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> 417

Sis fitràk, cinghia della sella.

r far, e farr, maestà reale; metaf., auspici, protezione.
È una specie di luce o di aureola che circondava il capo
dei Re leggendari dell’ Iran. Gli usurpatori e gli
stranieri, come Dahâka e Fraùracyan, tentarono in-
vano di averla; essa fuggì sempre dinanzi a loro e
si nascose nelle acque del lago Vourukasha (cfr.
lIntroduzione al c. IX dell’Anzologia). Si legge ancora
come essa sotto la forma dell’ uccello Vàraghna fug-
gisse da Gemshiîd, z. Yimò-khshaéta, allorquando egli
diventò superbo e volle farsi adorare. Nell’ Avesta la
maestà reale chiamasi garezanh, n. p. khurrak; per
far, farr, cfr. arm. park, luce, splendore.

el faràkh, ampio (si dice del petto, delle spalle); phl.
fràv (SpreceL, Die trad. Lîtt. der Pàrsen, p. 415).

cali firàkht, tps. di firàz, v. afràz e afràkht.

gl faràz, contro, sopra, incontro; in alto (si adopera
nei verbi composti, come in /ar4z amadar, v. è, dy);
z. fras, skr. pràùic, phi. frég, pàrsi fraz.

gl firàz, tpr. di firàkht e firàzid, v. afràz e afrakht.

dagli firàzid, tps. di firàz, v. afràz e afrakht.

rel Saràmurz, n. pr. di un figlio di Rustem; Feràmurz.

Ligolzi faràmish, 1) immemore, dimentico; — 2) dimenti-
canza; — £. kardan, dimenticare; — pàrsi /ràmost
(phi. Sarà wmé6gt); rad. z. fra + marez, cancellare.

ol firàvan, molto, molti; avv., assai, molto; phl. e

pàrsi /réràn (forse dal z. /ra + ar, andare innanzi,
SpreceL, Die trad. Liîtt. der Pàrsen, p. 415).

sig farbah, grosso, obeso, corpulento.
lazi fargàm, fine, termine; compimento; phl. fargàr,
pàrsi fragàm (SrieceL, Die trad. Litt. der Pàrsen,
p. 416, suppone un z. fragàma o patrigàma).
27

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>» 418 «=

È ; farrukh, fausto, fortunato, propizio; pl /arrukkéa,
magnati, grandi di corte.

bibi farkhundah, lieto, felice, beato; fausto, che è di
buono augurio. .

hiv farkhundah-ray (cfr. ar. rày, consiglio), che
ha buoni consigli.

ol Per farrukh-nizhéd (cfr. nîzhéd, nascita), nobile di
nascita.

lozs fardà, domani.

Hhy farzanagî (suff. ?), scienza, sapienza; prudenza,
avvedutezza.

xilzs farzanah, saggio, sapiente; prudente, avveduto;
pl. farzàanagan, saggi.

did farzanda, figlio; figlia; fanciulla; coll, prole, pro-
genie; — 2. frazatnti, phl farzand.

ug firist, tpr. di firistàd, mandare, inviare, spedire; —
part. firistàdah, messo, messaggiero; — firistàdah
kardan, mandare, inviare un messo; — fîsà firistàdan,
mandare incontro.

Oliwzs firistàd, tps. di firist.

Si farsang (cfr. sang, pietra), misura itineraria per-
siana di 30 stadi, parasanga (di qui il gr. rapasdyyys,
cfr. ar. farsakh, sir. pharshò, cald. parsàh).

Loy farma, tpr. di farmida, comandare, ordinare; — <.
fra + mà, antp. e skr. mà, phl. framitano.

glezi farmàn, comando; autorità; — / burdan, ese-
guire il comando di uno, obbedire; — /. guzîdar,
arrendersi ai voleri di qualcuno; — /. dédan, dare
un comando, comandare; — / #ardan, eseguire un
comando, obbedire; — antp. /ramàrnà, pàrsi framan,
arm. Araman, cfr. phl. farmanish.

é

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>> 419 -€

aylezò farman-bar (cfr. Burdan, tpr. dar, portare), ese-
cutore di un ordine, di un comando, servitore; pl.
farman-baràn.

spy farmàn-barî (suff. î), obbedienza, ossequio; —
nel verso hamda gàv è dishà bi-farmàn-barî, quest’
ultima parola si deve prendere in senso collettivo:
la servitù, l'insieme dei servi, i servi.

Inyleyi farman-ravà (cfr. ravéà, che va, che cammina,
part. pres. di r2/far, v.), quegli di cui va libero e
spedito il comando; autorevole, potente.

Oyezi farma, tps. di farma.

gi Suri, v. furhd.

caegzi furikht, tps. di furtz, v. afriz e afrikht.

0yzs furtd (6), giù, all'ingiù, al basso; phi. /#0%, pàrsi
fròt, 2. pàretitare.

gr farvadin, per Og farvardîn, n. pr. del mese
di Ferverdîn, col quale incomincia l’anno solare,
entrando il sole nell Ariete; corrisponde al nostro
Marzo (SpreceL, Av. UVebersetz. II, XCVII); phl. far-
vartiîno»cfr. phl. parvartano, np. parvardan, (2. pairi +
var), allevare (SprecEL, Die trad. Litt. der Pàrsen,
P. 419).

dop furiz, tpr. di fur&kht, v. afriz e afrakht;, — part.
furizan, splendido.

Egr furigh, luce, splendore.

xologzs furi-mayah (cfr. màyah, sostanza), abietto, di vile
natura, vile, ignobile.

335 farrah (suff. ah), v. far, farr.

olo,s /arhàd, n. pr. di un guerriero dell’ esercito di
Kavus; Ferhàd.

duo, farhang, sapienza, ingegno, virtù, perizia o abilità
in qualche cosa, avvedutezza; — phl. /ax4axg, pàrsi
frahaîg, skr. prasanga.

*
«27

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>> 420

sp Sarraki (sufi î1, magnificenza

ep fari, \eggiadro: ramandah fari, \eggiadramente
corrente ‘si dice dei cavalli; — Mont legge kamaia
fari, semblable à des Péris.

vlsys faryàd, lamento (di chi chiede soccorso), gemito,
invocazione in aiuto.

uo faryad-ras (cfr. rasidan, arrivare), quello a cui
si ricorre per aiuto, al quale arrivano e sono da lui
ascoltati i lamenti e le preghiere, quindi: protettore,
soccorritore.

ig firib, tpr. di firîft, ingannare, sedurre, tradire;
trarre nelle lusinghe (d'amore); part. firbandah, ingan-
natore, traditore; — phl /rîffano, pàrsi fréftan.

pipi fr, inganno, frode, tradimento.

greri fariburz, n. pr. di un figlio del re Kavus; Feriburz.

vip faridin, anche WI afaridin (forma erronea,
SrieceL, ZErdn. Alterth. l, p. 537, nota; la vera
pronuncia è Frêdûn). N. pr. di un celebre re leggendario
dell’ Iran; Frêdûn. Vedine la storia nei capi II, IV, V
dell Ax/ologia; — z. thraétaona, skr. traîtana, trita,
phl. /ritkn, arm. hrodan.

dz firift, tps. di firib.

Oggi fuzhd, v. afzid, tps. di afzà.

I, fuzid, precedenza (?); Ser fuzid, in precedenza, al
primo posto (Axologta, c. VIII, v. 147); in questo passo
il VucLers legge: na-bud kihtar az mihtaran bar
fuzkd, ton erano gli inferiori al di sotto dei superiori
(ar fuziid, al di sotto), cioè erano tutti allo stesso grado;
la lezione, invece, da me scelta è quella proposta dal
RuckerT; cfr. Fird. Z26. Reg. ed. VuLLeRrs, L p. 225.

I fuzkn, molto, assai; avv., più, di più; — f. kardan,
accrescere, render più grande, esaltare; — /uz%a az,
più di..., più che...; — /Wzén az shumàr, più
di quello che si possa numerare, innumerevole.

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>> 421 -=£

Sp fuzini (suff. î), accrescimento; — /. kardan, accre-
scere; perseverare, far di più, continuare a fare una
data cosa (cfr. ebr. dsîf).

Uhu /sdn, avvenimento, evento (sì buono che cattivo);
mutamento della sorte; illusione, inganno della fortuna.

Og fisurd, fusurd, v. afsurd.

urguò /usSÙs, ludibrio, inganno; illusione.

yi /ustin, v. afsun.

ulss /ishan, tpr. di fishénd, v. afshàn, afshàna.
dlis fshkhand, tps. di fishàn, v. afshàn, afshand.

ul fighan, grido, lamento, esclamazione dolorosa; —
f. bar kashidan, gridare, lamentarsi.

pri faghfir (per bagh-pàr, figlio di Dio, z. Saghe, antp.
baga, Dio; cfr. slav. 5oga), titolo dell Imperatore della
Cina, Imperatore.

Yls /alak (ar.), cielo, la volta celeste; metaf., sorte, destino.
oi fan (ar. fann,), astuzia, artifizio; frode.
Sort firazi (è, 6, suff. î), vittoria; cfr. pirdzî e firùz.

G
)h5 #8r (ar.), pece; nella lingua persiana si usa pero desi-
gnare ogni cosa di color nero.

gb karan, n. pr. di un eroe iranio al tempo di Frêdûn;
Karen, figlio di Kavkan.

pi 4akum (ar.?, cfr. phi. kékumat), armellino.
Ls £abà (ar.), veste lunga.

ol £ub54d, n. pr. del re Kobàd, primo della dinastia dei
Kay succeduta a quella dei Péshdàd; z. 422442, phi.
kabét.

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>> 422 —=£

xls £4i5/ak (ar.), point du ciel où l'on sè répresent un
object vers lequel on doit tourner ses regards pour
faire la prière, spec. direction de la Mecque pour les
Musulmans (Kazimirski, Diet. ar. frang.)

di £add (ar.), statura, altezza della persona.

ghi kurban, cassa da riporvi l'arco.

i #24, mezzo, luogo di mezzo; la parte di
mezzo di un accampamento militare; — é£2/, nel
mezzo.

sk kalb-gîh (a. p., cfr. géhk, luogo), punto di mezzo
in un accampamento.

pds alam (ar. calamo da scrivere); £. skudan (esser fragile
come un calamo), infrangersi, spezzarsi, rompersi

ug 4alkn, n. pr. di un guerriero di Afràsyàb, Kalùn,
ucciso da Rustem.

syls Fuméri (sufi. #), kumarese, proveniente cioè dalla
città di Kumar nell’ Indostàn (si dice specialmente
dell’ aloe).

3 kannhg, n. pr. di una città dell’ India, Kannogia,
detta in skr. karyékubga (le fanciulle gobbe); v. la
leggenda sull’ origine di questo nome nel Ramdyarxa,
Adikanda, XXXV.

pi £tr (ar.), pece. l
+5 £aygar, n. dell’ Imperatore di Costantinopoli; dal
gr. Kaisap, lat. Caesar.

o

& £- invece di xS #74, in k-ay per 47h ay; k-6 per kh &
k-az per kh az; k-în per kih în; k-at per kh at;
k-ash per kh ash; k-az-% per kh az &; k-&mad per
kih dmad, ecc.

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mr 423 <<

deb 4é6u/, n. pr. di paese; il Kabul; phl. #45#/; questo
paese nell’ Avesta è detto vatkereta (Vend. 1. 34),
vatkeretem yîm duzhakòshayanem (acc.), il Vaékereta
che ha per città Duzhaka.

slide k054/-kAuday (cfr. khudèy, principe), signore,
principe del Kabul.

sudo k66u/-sipàh (cfr. sipàh, esercito), esercito del Kàbul.

cpliudob Adbulistàn (suff. stén; anche 446w/-sitàn, per il
verso), regno del Kabul.

ad k@kh, palazzo reale, castello, rocca; pl. 4444-kd.

)S #4, tpr. di 4iskt, arare, seminare, piantare (alberi),
lavorar la terra; — 2. 4aresk, skr. krîsh, phi. kishtano,
(cfr. kashîdan).

)8 kar (cfr. kardan, fare), pl. #érk8, opera, fatto, azione;
negozio, affare, faccende da sbrigarsi; ufficio, arte,
occupazione; cosa qualunque; — dar gasktah kàr,
v. gard; — az dar î kèr, del genere (v. dar) dei
fatti, cioè: cosa che sia tra le fattibili, che possa
farsi, che sia lecita; — 67-£ér andartn, nel fatto, di
fatto, infatti, in realtà; — d:-4ér émadarn, venire
all'uopo, esser conveniente; — £. fayvastar, con-
chiudere un affare; — £. dastan, obbedire; — d6i-£ér
dvardan, mettere in opera, adoperare; — £. dar
amadan, riuscir bene un affare; — £. gîrîftan, operare;
— z. antp. skr. kéra.

dig kar-band (cfr. kàr bastan, tpr. band, sotto kàr),
obbediente; che riesce in una cosa.

)hyY 44r-2dr (sufi. 247), battaglia ; phi. 4ér7îgàr, pàrsi
kérizhar; cfr. antp. kéra, esercito.

glu kér-sé&z (cfr. sàkhtan, tpr. séz, fare), che opera,
che fa; attivo, energico.

ult 4ar-vàn (suff. véx per 6àx), turba .di mercanti,
carovana.

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> 421 «€

398 kar-carz «cir. carzidan. iav-rare.. «peralo. artefice:
specialmente agriccizre

+5 £a4z. forbice da tagliare i ramosceli e ie i glie super-

fiue degli alteri: — sar f#i-fiz doardan. porre ii
capo tra le forbici. cioè: esporsi ad una irreparabile

rovina, darsi perduto.

cam 4ast, tps. di £4k.

e kasti (sufi. î1. mancanza. difetto: torto: costume
disonesto: sventura, infortunio.

«Kb 4ishki, espressione di desiderio: voglia il cielo!
utinam!

+6 £4f. tpr. di kdft e di 4éfid, scavare, incidere, tagliare.

cib £/t, tps. di 4df.

3935 kéaftr, canfora.

dub £4f1d, tps. di £4f.

6 kim, desiderio, brama; piacere, godimento; volontà
e quindi libera potestà di operare (si dice dei principi,
nel senso cioè del vegani dell’ Azesta, che significa

1 *volere e anche potere, cfr. vagekhshayafit, che regna
a suo libero potere e volere); — di-4ém skudan,
essere, andare a seconda dei desiderii di uno; —
k. bar &amadan, effettuarsi un desiderio; — £. dadan,
arrendersi al desiderio di qualcuno, acconsentire; —
kamha (pl) ràndan, soddisfare i desiderii; — z. antp.
e skr. kàma.

pe £47, gola, strozza.

357 kaàm-g&r (suff. gàr), che ottiene il suo desiderio,

che riesce in tutto ciò che desidera, fortunato, avven-
turato, felice.

no kimah (suff. ah), desiderio; v. kàm.

95 kavuss n. pr. del re Kavus, 2° della dinastia dei
Kay, figlio di Kobàd. Intorno ai fatti di questo

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= 425

principe che regnò 150 anni, v. i capi X, XI, XII,
XIV, XV, XVI, XIX dell’ Arxzologra e le relative
Introduzioni; — z. kava ugan, e ugsadhan, skr. uganas.

s6 £éh, tpr. di 4ést, diminuire, cessare; — dar késtan,
diminuire, cessare; allontanarsi, dileguarsi; — phi.
kagtano; cfr. z. kagu, piccolo (SpreGEL, Die trad. Lttt.
der Pàrsen, p. 384).

$ £4-ay, per k4 ay.

Us kabdb (ar.), carne arrostita.

sS kabr, tunica militare, corazza; cfr. gabr.

Oa kabtd, azzurro, ceruleo.

vs hapk, Su kapg, e SUS kabg, pernice.

«uS k-at, per 424 at (pron. suff. v. Gramm. 123, 124, 125).

ui £26f (ar.), anche cu £2/t (solo nel persiano), omero,
spalla.

lay kg (kh, cfr. gd, luogo), 1) laddove, dove; 2) quando,
allorchè, allorquando; finchè, fino a tanto che; 3) poichè,
inquantochè.

plos 4udém, quale? quali?; z. 4afama, phi. katém, pàrsi
kadàm.

astos 4udimin (suff. în), quale? quali?

slo Zad-Ehudày, e \li>os kad-khudè, padre di
famiglia, signore, principe; cfr. z. Zefa, phl. Zazak,
casa, e 4hudî, khuday, signore, z. gadhàta.

o! karàn, e xl,5 karànah (suff. ak), confine, limite,
estremità; parte, banda; 4ardx ta &karàn, da un
estremo all’ altro; solitudine; — z. 4arana.

og kard, tps. di kux.

glo kardàr, kirdàr (suff. dr), opera, fatto, azione;
maniera di operare; d:-#2rdàr î ..., a guisa di...,
a somiglianza di....

Hays kard-gàr (suff. gàr), creatore, Iddio.

s

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» 425

unS;5 kargas. ave: 2 bakrbica. pel barkigo.
ss Larraknsy ‘cf. sir. cansa.. stromento a fiato,
tromba

P 4k-az, per &k az.

99° k-az-4. per HA az $i.

JI k-az-în, per Eh az în.

A kazkzk, tortuoso; metaf. malvagio. maligno. subdolo.
fraudolento.

sf kazkzhi (sufi. 7), tortuosità: metaf, doppiezza di
pensieri, falsità, menzogna

usS £as, pron, alcuno, qualcuno: con negaz, nessuno,
veruno; — da kas kik, quel qualunque che, quel tale
che ...; — £asî, qualcuno, qualcheduno; con negaz,
nessuno, nessuna persona; — pl. Zasàx, alcuni, 706;
con l'art. indeterminato: £Zaséri. quei tali che.

iS kask, epr. di &askid, trarre, tirare, strascinare; con-
durre, addurre; intrans., presentarsi, avanzarsi; partire;
— part. 4askén, traente, strascinante; Zaskéx-a6, colui
che ti strascina, o coll, quelli che ti strascinano (al
supplizio); — andar kashidan, tirar dentro, contrarre;
far passare (si dice del tempo); intrans., accostarsi (?);
— bar kashîdan, estrarre, sfoderar (la spada); intrans.,
saltar fuori, erompere; — diriin kashidan, estrarre,
togliere, togliersi (le vesti, le scarpe, ecc.); — der
kashîdan, apporre, addurre, presentare; portare (un
bicchiere alle labbra); — z. Zaresk, skr. 4risk.

49 kask, bello, avvenente.

US kash, ascella; z. kasha, phi 4ask.

SS k-ask, per 4ik ask, al quale; cfr. Gramm. 134.

AS kush, tpr. di #usht, uccidere; — part. 4uskéek, ucciso;
coll., cadaveri; — z. e skr. 4usà.

hs kisht, tps. di kér.

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>> 427 «<<

cn 45h6, seminagione; il seminare.

end kusht, tps. di Ausà.

ib kushtanî (suff. î), pl. bushtanth, animali da ucci-
dere per farne cibo.

RI kishtî, nave, navicello, barca.

niky kashaf, il Keshef, n. pr. di un fiume favoloso, sulle
sponde del quale Sàm (v.) uccise un dragone.

là kashvéd, n. pr. di un eroe iranio; Keshvàd.

gold kashvèd-gén (suff. gàrx), discendente, o coll.,
discendenti di Keshvàd.

yy Rishvar, clima, regione, paese; z. kKarshvare, karshvan.
— L’Avesta divide il mondo in sette Zarskvare, climi
o regioni, che portano i nomi seguenti: Cavakz,
Vidadhafshu, Fràdatfshu, Arezahi, Vourubaresti,
Vourugaresti, Qantratha. Sono tutti circondati dal
mare, e l’ultimo è quello che sta nel mezzo agli altri
ed è abitato dagli uomini (cfr. WINDISCHMANN, Zor.
Studien, p. 67, Bundehesh, p. 14).

dad kashîd, tps. di Fask.

ni £af, spuma, schiuma; — é&4 &af kardan, rendere
una cosa come spuma, cioè metterla in iscompiglio; —
k. bi-labhà bar avardan, aver la schiuma alla bocca
(per la rabbia); — z. #a/a, skr. 4apha.

iS £af (ar. #af), mano, palma della mano; zampa (degli
animali); — 4. andékhtan, batter le palme (per ira).

iS bift, v. Ribf.

upàS Fafan (ar.), lenzuolo funebre; — £. S@skidan, vestirsi
del lenzuolo funebre, morire.

sMs 4ulih, e sh kulah, serto reale, corona.

dals kilid (dal gr. «Ae/, xAstdés), chiave.
kam, poco, scarso, misero, raro; — compar. 4am-tar
(con az), da meno, privo; 4Avartsk kam-tar az kushta-

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>> 428 «<=

nthà, l'alimento era privo di bestie uccise, cioè: non
v'era l'uso di cibarsi di carni; — disk x £kanz, vv.
bish; — z. kamna.

ul famàn (per khamin, da kham, curvo, VULLERS,
Lex. pers.), arco.

Oy kam-khîrad (cfr. khirad, senno), che ha poco
senno; stolto, stolido.

rS kamar, cintura, cinto; legame; — £. dastar, cingersi
i fianchi della cintura, cioè: accingersi (a far qualche
cosa), esser pronto, esser preparato; — £. dastfaà
(lett., cinto della cintura), accinto, pronto all’ operare.
pronto ad ogni chiamata; — £. 6astan significa anche
talvolta: cingersi le armi; — z. Zamara, phl. kazar.

DiipaS kamar-band (cfr. band, legame), luogo dove la

| ‘cintura s'annoda; cintura.

sas kamar-gàh, e ai kamar-gah (cfr. gàh, gah, luogo).
parte del corpo dove sta la cintura, metà del corpo,
i fianchi.

Oi kamand, laccio (arma usata dagli eroi); corda; scala
a corda (a kind of scaling ladder, made of cord, and
‘ chiefly used by thieves, SHakesp. Deck. hind. and engt.):
metaf., treccia di capelli. .

gut kamîn (ar., cfr. sir. £mzn6), insidia; inganno.

S 441, tpr. di Zaxd, scavare; strappare, svellere; toglier
via per forza; — bar kandan, spiccare, mozzare; —-
z. e antp. 4ax, skr. khan.

o kun, tpr. di Zard, fare, operare; — dàz £ardan,

aprire; — bar kardan, eccitare; togliere, smuovere,
spinger via (con az géy, da un luogo); — 6:-£ardand

bar gardan-ash carm î gv, batterono sul suo collo
il cuoio (una sferza) di bue, cioè: lo batterono con
una sferza di cuoio; — z. £ar (pres. 4erezaomi),

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>> 429 -

antp. £ar (imperf. aZuravam), skr. krî (pres. vedico
krinomî), gr. xpaivo, ecc., lat. creare.

gl kanàr, lato; estremità, lembo; seno, grembo; phl.
kanàr, pàrsi kanàra; cfr. z. karana.

plus 4azàm, nido.
iS kung, angolo; luogo appartato e riposto.

Ou hand, tps. di kax.

du kund, ottuso, ebete; — £. skzdan, rintuzzarsi (si dice
delle spade); — skr. 4zxz4a (?).

pala kund-èvar (cfr. àvardan, portare; che rende, che
fa fiacchi, cioè infiacchisce i nemici), pl. kund-Gvaràn,
uomo valoroso e gagliardo.

Syglut kund-Gvarî (suff. ?), valore, virtù militare.

sd kandah (propriamente: part. di #4242x, scavare), fossa.

«Su Zang, n. pr. di una città, Kang, fondata da Siyàvish,
più comunemente detta 422-424, secondo il Burdehesh
(p. 70) a molte parasanghe all’ oriente del lago
Vourukasha; — z. 4arka, phl. kang-deg.

jo us kang-dizh (cfr. dizh, rocca), v. kang.

syiiS kangarah, terrazzo, loggia.

wp kunin, v. aknîn.

pu kanîz, pl. Zanizàn, fanciulla, donzella; cfr. z. 4azzza,
kainika, kanya, skr. kanyà, phl. e pàrsi 4azx?£ (dal
z. kainika). i

y° k-d, per ik è, il quale, la quale; forma più intensiva,
come se volesse dire: quello stesso che ...

wyS k46, tpr. di 44/t, battere, colpire; pestare, tritare.

slys £468h, corto, breve; lieve, leggero (in senso figurato);
— &. kardan, abbreviare; alleggerire; — metaf., alieno,
estraneo, repugnante (con 42).

5,9 bitah, v. batoh.
dos kidak, piccino, bambino; — z. AufaZa, phi. Aséaz.

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>> 430 -—

) yS kir (6), cieco; — 4. 4ardan, otturare, chiudere; —
z. kavan, kavî (cieco in cose di religione), rad. Zz.
cku (SpiecEL, Comment. ber das Avesta, Il, p. 99).

39° ksiz, curvo, incurvo, piegato; — £. gaskfan, piegarsi,
umiliarsi, cedere; — z. 4havza e #hkwaza (vaso rotondo).
skr. 4ubga.

us kés, tamburo, timpano; suono di tamburi.

uidigS kishish (suff. ish; cfr. kishidan, lavorare), lavoro.
fatica, attenzione posta in. un lavoro; stento.

cuyS kift, tps. di k#6.

835 kék, monte, montagna; mucchio, catasta, cumulo;
rupe, macigno; — £##4 #44, ammonticchiato; avv., a
cumuli; — 444 £4%%k nihadan, disporre a cumuli,
dividere in mucchi; — z. 4a0/a, antp. £4awfa, phl. £6/,
pàrsi 46%.

plus 464-sàr (suff. sé7), luogo montuoso; montagne:
pl. k24-saràn.

90,5 kihah (suft. ak), la parte più alta della sella.

«yS kiy, 1) strada, strada maestra; bi-4%y andarin, nella
via (con moto); — 2) villaggio, campagna.

xS £zh, 1) pron. rel., che, il quale, la quale, i quali, le
quali, ecc. Col pron. pers. # si scrive #4 e ha un
significato più intensivo, quello stesso che ...; dat.
e acc. 42-rà, k-ash; interrog. 42-rè, a chi? a chi mai?;
kih guft, chi disse? ££-y-and (per 474 and), chi sono? —
2) cong., chè, perchè; che (nelle proposizioni dipen-
denti), &r:; tanto che, di modo che (dopo curér, ecc.).;
— 3) particella che serve ad introdurre il discorso
di un altro, 6i-gxft #:h: disse che: (non si traduce
in italiano; cfr. ebr. vayyòmer £î); talvolta #24 si trova
al principio di un discorso senza che preceda il verbo
che lo indica, come: réz-hé bar gushad az nuhuft,
kîh, rivelò i secreti dall’ intimo del cuore dicendo
che ...; — z. antp. skr. £a.

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>> 431 =

xS £ih, piccolo, minore d'età; compar. £:%-far, inferiore;
suddito, soggetto; minore di età; umile; — z. 4agx,
phi. £ag, pàrsi keh.

; kuhun, vecchio; antico.

use kihin (suff. #2), piccolo; minore di età.

«S 40y, pl. kayàxn, 1) re, principe, sovrano; — 2) n. pr. di
una dinastia di re dell’ Iran succeduta a quella dei
Péshdàd. Le appartengono i seguenti principi: Kobàd,
Kavus, Khusrev, Lohràsp e Gushtàsp. Come titolo, £#ey
si unisce talvolta ai nomi, #ay-k#4usrav, il re Khusrev,
ecc. — z. £ava, phl. £#a?; cfr. skr. Zavi (poeta; saggio).
£ay, in qual modo? in qual maniera? come?; — z.
e skr. Zadhka.

US kayani (suff. î), reale, regio; proprio della stirpe
de’ Kay, v. £ay.

gg kay-khusrav, v. khusrav e kay.

ua £ish (è), religione, legge religiosa; — 2. f#aéska,

phl. e pàrsi £ésk, arm. 44ésA.

oli kay-kubàd, v. kubdd e kay.

Us kimiyà (dal gr. yyusla), alchimia, magia; frode,
inganno; intenzione di far male (v. per questa parola
un articolo del Port: «Chemze oder Chymte?», nella
Zetschrift der D. M. G. XXX, p. 6),

us 4în v. kinah.

a 4in, per ki în.

Vus ki-y-and, per kih and, v. Rîh.

ol Pel kay-nizhéd (cfr. nizhéd, nascita), che è di nascita,
di stirpe reale.

xius kinah (è), e \y4S tin (é), vendetta; guerra; rabbia,
furore, amarezza dell’ animo; desiderio di vendetta; —
z. kaéna, phl. kîx.

gar kinah-gùy, (cfr. gustan, tpr. g#y, cercare),
desideroso di vendicarsi, vendicativo; anche: desi-
deroso di battaglia.

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> 2° «

s'eonu binak- bk: ih Ci7. Az Î:i2n. ter. CALA. desiderare),
che desiiera ia Pamagia tameglien: desideroso di
vendicarsi

sis Linahzih. e 2519 kinakzah \cîr. gih. gah,
iuogon CaIrpo È: batta zia

ugly 4ayvén, il pianeta Saturno isi dice anche. in poesia,
per qualunque corpo celestei: cfr. ar. 4ayzia, ebr.
kiyyin, sir. kecon.

«I bayi (suff. î), regio. reale. che è di stirpe reale: —
z. kavaya, skr. kavya.

&

RE gar, tpr. di géskt, volgere, voltare; — dar giisktan,
volgere; rivoltare, voltolare; intrans.. voltarsi indietro
per partire; r&y bar gàshtan, volgere il volto. partire.

call gisht, tps. di gàr.

el gàm, passo; — g. zadan, fare il passo, muoversi;
metaf., operare, agire; — g. gudhashtan, incammi-
narsi; — z. géma, phl gém. pàrsi gàm (rad. 2 e skr.
£à, andare).

JI 49, bue, vacca; — z. gd0, skr. go.

gg gav-paykar (cfr. paykar, figura), v. gàv-sar.

yess gav-cihr (cfr. cihr, volto, faccia), v. gàv-sàr.

sy g4v-riy (cfr. rày, volto, faccia), v. giv-sàr.

giusti gév-sàr (cfr. sàr per sar, capo), che ha il capo
di giovenca; nome della clava del re Frêdûn, che
aveva sulla cima effigiato in metallo il capo di una
giovenca in memoria della vacca Birmàyeh che
l'allattò da fanciullo; nome anche della clava di altri
eroi, p. e. Sàm. Le parole precedenti gàv-faykar, gav-
cihr, giv-rity e la seguente gé2-sar hanno lo stesso
significato di questa, g42-sér, che ‘è la più comune.

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> 433 =

ps gau-sar (cfr. sar, capo), v. gàv-sér.

sl 28h, 1) luogo; — 2)trono reale; — z. g/, antp. gélku,
skr. géfu, phi. eds.

s £6h, 1) tempo; — avv., al tempo che, allora che ...;
ah (per gh) è kar-zàr, al tempo della battaglia; —
gàh ...gàh, ovv. gàhî ...gah, ovv. asl. . gahi, e
gahi ...gahî, ora...ora, talora. sitallora (termini
correlativi); — da-gàh, e dn-gah, avv., in quel tempo,
allora; — ham-dn-gàh, e ham-dn-gah, avv., in quello
stesso momento; — 6274-28, avv., per qualche tempo
(anche cand-gal); — yak-cand gah, avv., per qualche
poco di tempo; — 2) mattino, tempo del mattino; —
gah u bî-gah, avv., di mattina e di sera; v. bi-géh.

i gabr, veste militare, corazza; cfr. 4abr.

gros gudàz (propriamente: il liquefarsi), angustia, affanno.

giùt gudhar, tpr. di guahàrd e gudhésht, condurre;
lasciare, abbandonare (causale del z. v? + far, cfr. phl.
vetàrtano).

gt guahàr, passaggio, transito; — £. 4ardan, passare,
passar oltre.

ol guahara, tps. di gudhàr.

cast eudhasht, tps. di gudhar.

33 gudhar, tpr. di gudhasht, passare, attraversare;
ritirarsi, tirarsi indietro; ritirarsi (con 22); allontanarsi
(dal comando, dal volere di uno); — ax4ar gudhash-
tan, trapassare, trascorrere (si dice del tempo); —
bar gudhashtan, passar davanti, innanzi; — (62-sa»)
bar gudhashtan, passar di sopra (al capo); — z. e
antp. vî + far, skr. zrî, phl. vetàrtazo (morire).

3 guahar, passaggio, cammino; — g£. 4ardan, incam-
minarsi; sorpassare, superare; metaf. volgersi, mutarsi
(della sorte, della fortuna); — £. yé/tan, trovar
scampo, sfuggire.

28

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> 434 =

nd gudhasht, tps. di gudhar.

d gar, v. agar.

3 girà, e st grày, tpr. di giràayist e giràyid, maneg-
giare, rotare (la spada, la clava); — 6ar girayidan,
id.; volgere, piegare (le briglie).

i guràz, tpr. di guràzid, avanzarsi fastosamente e
pomposamente; — part. gurdzàr, pomposo, fastoso;
che si presenta con albagia e alterigia; — z. 2? +
ràz, skr. ràg.

3 guràz, 1) verro, cinghiale; — z. vardza, skr. vardha;
— 2)n. pr. di un guerriero iranio al tempo di Kàvus;
Guràz.

31,5 gurazah (suff. ak), n. pr., v. guràz, 2.

dazi guràzia, tps. di guràz.

si giràmi, onorato, stimato; prezioso, caro.

ul giràn, grave, pesante; — skr. gurw, lat. prazzs.

xls giràn-màyah (cfr. mayah, pregio), molto prezioso,
molto stimato.

st £IAY, v. Là.

ira 33 giîràayist, tps. di girà, girày.

USI giràyid, tps. di girà, girày.

oy gard, tpr. di gasht e gardîd, volgersi, diventare,
cambiarsi; muoversi, andare, sopravvenire; passare,

oltrepassare; trascorrere (si dice del tempo); volgersi
(del cielo, delle stelle, della fortuna); ha tutti i signi-

ficati del gr. y/yvouas; — part. pres. gardàn, che si
volge, che rota all’ intorno (si dice del cielo, delle
sfere celesti, ecc.); — part. passato: gaskfeA, che è

stato, ysvusvos; —— baz gashtan, ritornare, volgersi
indietro per tornare; astenersi, trattenersi dal fare
una cosa (con az); — bar gasktan, come il semplice:
ritornar sopra; partire, imperat. dex gard, vattene!;

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>> 435

volgere al termine, finire; rovinare, andar a male; part.
bar gashtah, estinto, morto; bar gashtah kàr, che è
rovinato ne’ suoi affari, perduto; — z. varet, skr. vr%t,
phl. vartitano, lat. verto, got. vazrthan.

o, gard, polvere, turbine di polvere; nembo; — g£.
angîkhtan, sollevar la polvere (nel senso di distruggere,
disfare; con az); az db gard angîkhtan, distrugger
l'acqua, o far polvere dell’ acqua (frase iperbolica per
dire: far cose straordinarie, impossibili).

o £?rd, cerchio, circolo, giro; — £%4 ? méh, il semi-
cerchio della luna (quando è nuova); metaf. serto,

corona; — gîrd î..., dar gîrdèî..., in giro, intorno,
all’ intorno (avv.); — £. dmadan, radunarsi, trovarsi
insieme, raccogliersi; — £. 4ardan, andare in giro,
girare, andar qua e là; occupare, acquistare, prender
possesso.

05 £urd, eroe, uomo valoroso; pl. gurdéx.

uo gardîn, tpr. di gardénid (causale di gashtar,
gardidan, tpr. gard, volgersi), 1) svolgere, voltare;
mutare, tramutare; togliere, levare; condur via, allon-
tanare; — 2) gardàn, part. pres. di gasktan, v. gard.

daslo,$” gardànta, tps. di gardàn.

host gurd-zad (cfr. zàdan, nascere), nato da un eroe,
figlio di un eroe.

so gardish (suff. 2sh), mutamento (della sorte, wera-
BoAX); il roteare (del cielo, degli astri, ecc.); cfr. phi.
vartashniîk.

wr gardan, collo, cervice; phl. gartaro.

roy gardan-firàz (cfr. afràkhtan, firàkhtan, tpr.
firàz, afréz, sollevare), che solleva, che tiene alto il
collo, in senso di: altero, superbo, fiero; glorioso,
gagliardo; grande, eccelso; come nome: principe; pl.

gardan-firàzàn, principi, magnati; eroi.
28*

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>> 436 -<

HIV gardan-kash (cfr. kashidan, estollere), che tiene
alto il collo; alto, eccelso, potente; pl. gardan-kaskéz,
principi, magnati; eroi.

wI%4. gardîin (cfr. gardîdan, il roteare [del cielo]), la volta
celeste, il firmamento.

dadi gardid, tps. di gard.
Dee gurz, e si yi gurzah, clava, mazza ferrata; — ge.

kiftan, colpir con la clava; — z. vazra, skr. vagra
(fulmine).
fo; 5 gurz-dàr (cfr. dashtan, tpr. déàr, avere), armato
VU. ’
di clava.

Re £urazm, n. pr. di un guerriero di Afràsyàb; Gurezm.

33,5 gurzah (suff. ah), v. gurz.

sii” gursinah, affamato.

pati garsivaz, n. pr. di un principe turanio, Garsivez,
fratello di Afràsyàb, principale autore della morte di
Siyàvish. Fu poi ucciso da Khusrev.

li $ garshésp, n. pr. di un eroe dell esercito iranio,
Ghershàsp, uno degli antenati di Rustem. L’Avesta
ricorda di lui molte e grandi imprese, delle quali
molte, dall’ epopea di Firdusi, sono invece attribuite
a Sàm. Per altre notizie, v. Sém; — z. 4erecdepa,
phl. kercàcp, skr. Arscheva.

cs gmrift, tps. di gir.

st giriftàr (suff. è»), prigioniero, captivo.

SI gure, lupo; — z. vehrka, skr. vrîka, gr. Mikos, FAUKOS,
lat. /upus, got. vulfs.

us gurgîn, n. pr. di un guerriero iranio, Gurghîn,
figlio di Milàd.

ei garm, caldo, ardente; pronto, sagace (delle volpi)
acuto, acre; abbondante, copioso; infervorato (nel

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>> 437

discorso); — z. garema, antp. garma (in Garma-pada,
n. pr. di un mese), skr. e4ermea, gr. Fspuds, lat. fervor,
ted. warm.

a gra, tpr. di giravîd, credere, fidarsi.

ai girav-gàn (suff. gàn), pegno, cosa data in pegno; —
£. kardan, dare in pegno una cosa; porre un pegno.

39,5 gurih, schiera, drappello, compagnia, brigata di
persone; schiera di soldati; — z. #4aredha(?), JusTI,
Hanab. der Zendspr. p. 91.

sapo, gurih-a-gurih, avv., a schiera a schiera; a
torme.

Sy gary, n. pr. di un turanio che ebbe parte nella
condanna di Siyàvish; Gherùy.

agi giravîd, tps. di girav.

5) sy gariy-zîirîh, lo stesso di garòy, v.

3,5 £trîh, nodo; girîh bar girth, nodo sopra nodo; —
£. zadan, annodare.
3 girî, tpr. di girîst, piangere, gemere; — 2. gared
(Ascoi, Studi Iranî, p. 6), phl. gzrigtano, got. grétan;
secondo il Justi (/72x4%.), il np. g?rî corrisponde al

z. garez, skr. garg, phl. garzitano, avvicinamento che
l’AscoLI (l. c., nota) non accetta.

cuttat girikht, tps. di girîz.

rp giriîz (€), tpr. di girîkht, fuggire; — z. vi + nic.
pr gîrîz, scampo, fuga.

nani guriîst, tps. di girî.

say giryah (suff. ah), pianto.

15 2£azà, tpr. di gazàyîd, pungere; recar danno, nuocere;
part. cazàyandah.

319 guzàr, tpr. di guzàra, far passare; sciogliere; metaf.
interpretare; part. guz4randah è khudb, interprete di
sogni.

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> 438 =

ot guzard, tps. di guzar.

DSS gazàayid, tps. di gazà.

dit guzand, pericolo, rischio: — g. yéffan. correre un
pericolo; phl zazand, pàrsi vazatit.

dat guzid, tps. di guzîn.

335 guzir, tpr. di guzirid(?), non poter esser da meno
(col dat.); ma-bar puz kasi-ra kih na-guzirad-at, non
prender con te se non quelli di cui non puoi far a meno.

RE &uzin, tpr. di guzid, scegliere, eleggere: _ bar
guzidan, id; — z. vi + di (vicindit, vicinaéta), skr.
vi + ci (cinoti).

a guzin, eletto, scelto; grato; — guzia 1 mahan.
l'eletto, cioè il primo dei principi; — g. 4ardax. scegliere.

glus £usàr, tpr. di gusard, bere; part. eusarandah ? may.
bevitor di vino; coppiere.

lt gusard, e o)lus kusérd (raro), tps. di gusér.

es gustàkh, audace; duro, aspro; g. zuban kardan.
far aspra la lingua; parlar duramente; z. vigtaZkra
(forma supposta dallo SpieGEL, Comm. ber das Avesta,
I, p. 64, da una rad. sta£, stat).

yhuS gustar, tpr. di gustard e gustarid, stendere, disten-
dere; spandere, spargere; donarliberalmente; inf. gustar-
dan (come nome) giaciglio, letto; — z. vi + gfar, skr. stri,
phl. vagtartano, gr. oropévvpu, orpwsvvpu, oréprupu, lat. sterno.

Opi gustard, tps. di pustar.

prozia gustardah-kàm (part. pass. di gustardan, +
£àm, desiderio), quello i cui desideri sono soddisfatti
(gustardah), contento, fortunato.

Agp gustarîd, tps. di gustar.

pria” gustaham, n. pr. di un guerriero iranio figlio di
Nevdher; Gustehem.

hu” gusist, tps. di ES.

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> 439 <=

cati gusil, tpr. di gusist, rompere, spezzare, infrangere;
troncare; togliere; danneggiare; distogliere, allonta-
nare; — gusistah shud az khvîsh u payvana è è, fu
allontanato, strappato (Dahâk) dai consanguinei e
collegati suoi; — intrans.; ricever danno; rompersi,
guastarsi; distogliersi, liberarsi; cessare.

st gusît (per gusî/, VuLLERS), commiato, licenza al
partire; — g. Zardan, dire addio a qualcuno; acco-
miatare, licenziare (con l’acc.). i

Las £ushà, tpr. di guskéd, aprire; — bar gushadan,
aprire, sciogliere (la lingua per parlare); mostrare,
svelare, far conoscere; — phl. veskét, pàrsi vzskéd,
kusàt (scoperto), SpieGEL, Die trad. Litt. der Parsen,
p. 455, e Parst-Gramm. p. 202.

ol4$ eushéd tps. di gushà.

und gasht, tps. di gard.

gi gashan, gashn, grande; abbondante, copioso, molto.

ud guft, tps. di g%.

cn £%ft, detto, parola, discorso; ammonimento, consiglio;
pl. gufthé.

glait £uftàr (suff. è7), detto, parola; discorso, ragiona-
mento; racconto, narrazione.

spit suftgiy, e ScdS guftgi, e epid guft-u-
giy, e Su guftu-gà, parlata, discorso; soggetto,
argomento di discorso; racconto, narrazione, novella;
diceria. .

di 2%, argilla, terra; fango; — dar g2/, bar î gèl, fino
a terra.

J5 gul, rosa; fiore (in genere); — phi. g#/ (secondo lo
SpieGEL, Die trad. Litt. der Pàrsen, p. 393, forse
dal z. varedha, cfr. arm. vard, gr. podor, Foddor, Boddor,

cald. vardì, sir. vardò, ar. vard).

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» $D «i

DI qulib | pulib. cir. di. aciz2. acqua odorosa: ogni
bevanda dilce e od:r0sa «inde lital grulbbe.)

glasti gul-afshàn ‘cir. afshandin. spandere: che sparge
fiori all'intorno isi dice degl alteri.

cz 5 gui-parast ‘cir. farastidan. ca>rare), amante delle
rose: pl _ew/-farastàn.

AS gui-rukh ‘cfr. rukh. guancia:. che ha guancie rosate.

DJ sul-rang (cfr. rang. colore. cavallo (così detto dal
“colore rossastro ,)

plinti gulistàn ‘anche gw/-sitàn, per il verso). roseto:
rosaio; giardino di rose.

gii guil-shan (sufi. shan), roseto: rosaio.

AS guli, gola: 2. garasih, skr. gala. lat. gula, ted. kehle.

ah galah, schiera, stuolo. stormo; — g. gashfan, radunarsi
in ischiera.

gl gulnar (cfr. ndr, anàr, pomo granato), fiore di
pomo granato.

vg guinar-gin (cfr. gin, colore), che è del colore
del pomo granato; rosso.

pi gum, perduto; — g£. bidan, perdersi; — g£. shudaxn,
andar perduto; esser levato via (si dice della chiave
levata dalla toppa) — £. #ardar, perdere, smarrire; —
z. vaéma (voragine; caduta, SpreceL), phl. vémn.

peg gumàr, tpr. di gumdsht, consegnare, affidare; fermar
lo sguardo, gli occhi (con caskm).

cli gumasht, tps. di pumdr.

gt £umdàn, opinione; sospetto, dubbio; — g. burdax,
pensare, opinare; sospettare, dubitare; — z. vimananà.

lr gum-rahî (sufi. î, cfr. gum-rîh, che ha perduta
la strada), l'andare errando fuor di strada, il fuorviare,
lat. error; metaf. rovina, perdizione.

sU5 gunth, colpa, peccato; ph. vndg, pàrsi vandi, gunh
(rad. z. vî + xag, perire).

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»> 44I =

dai gunbad, edifizio a volta, arco, volta; la volta
celeste; — gunbad è lagvard, o lizhvard, volta azzurra
(lett., di lapislazzuli), la volta celeste.

iS gang, tesoro, colk, ricchezze, ricchi doni (cfr. cald.
— ginzà, sir. gazò).
pg gang-var (suff. var), tesoriere.

y° gav, eroe, uomo prode e coraggioso; prode; guerriero.

s £%, e si £%, pres. gàyam, dire, parlare; pensare; — #4
£%yi, o ghyî (in mezzo al periodo), tu diresti; — 44 guftî
(in mezzo al periodo), tu avresti detto, tu avresti
pensato; — d-guftà, egli disse (forma intensiva); —
part. e%yandah, facondo, pronto a favellare; lingua
(lett., la parlante); pl. e&yazdagar, i parlanti, cioè gli
uomini (distinti dagli altri animali per mezzo del lin-
guaggio), cfr. l’omerico w6porss dv9pwroi, contrapposto
a piyandagin (v. pà, piy), gli animali terrestri; —
part. pass. g%/tah (usato come nome), detto, parola;
discorso; — dz gwftan, raccontare, narrare; riferire
una cosa, un fatto; — dar ewftan, pronunciare; —
antp. g%6 (in gaubataty, med., egli si dice), phi.
£uftano, pàrsi guftan.

sI,5 guvdh, testimonio, testimone; mallevadore.

Jk eipal, clava ferrata.

3 og £&darz, n. pr. di un guerriero iranio, Gùderz, figlio
di Keshvàd.

33° gàr (0), onagro, asino selvatico.

ubi ghr-bdn (cfr. gùr, cimitero, + suff. 547), custode
di un cimitero, seppellitor di cadaveri.

Uri gavzàn, cervo.

its” £&ispand (6), pecora, coll, pecore; z. gaogpertta,
phl. gogpand. Nell’ Avesta significa gaogperita la sacra
vacca creata in principio di tutte le cose da Ahura

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> 442 «

Mazda insieme col primo uomo. detto gava-maretar.
€ poi uccisa da Ahrimane. cfr. Vendidad. 21. 1.
Yagna, 29.

HS giksh (6. orecchio. coll. gli orecchii — g. 6ar
nihadan, prestare orecchio, dare ascolto; — g. sipurdan,
dare ascolto; accondiscendere: — z gacsha, antp.
gausa, skr. ghosha (rad. z. gush, udire).

cutegh g%sht, carne.

31945 gish-var (suff. var), orecchino, pendente; 2 ga0-
shavare, phl goshvér.

a gin, v. ginah.

xi ginah, e wr g%n, colore; modo, maniera; — bi-din

gihnahk, in questo modo, in questa maniera; — come
aggettivo, dietro un nome: tale, cotale: — %ic gànah,
avv., in nessun modo (con negaz.); — digar-ginah,

che è di diverso colore; avv., diversamente, v. digar,
digar; — 2. gaona, skr. guna.

gps &ginah-gin, variopinto, variato, che ha varii
colori; artificioso; — avv., variatamente, artificiosa-
mente.

wiy5a5,5 giinah-glinah, v. giinah-gin.

395 gavhar, e xe £uhar, 1) materia, sostanza, essenza,
natura particolare; sesso; néd-suftah gavhar, v. nà-
suftah; — 2) gemma, pietra preziosa; — phi. e
pàrsi gohar.

sy £6, tpr. di guft, v. gi.

sw £%y, 1) globo, palla; — 2) maestria nel giuocare alla
palla.

x gah, v. gh.

re £uhar, v. gavhar.

US civà, e sUS giyéh, erba; pl. civahé.

pera gitî (pron. g8tî), mondo; la terra; — forse dall’ agg.
z. gatthya, terreno; cfr. gihàn, gihàn, z. gaòtha.

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> 443 <<

pete £îr, tpr. di gàr2/t, prendere, afferrare; cominciare,
intraprendere; occupare, impadronirsi di una cosa;
prendere una direzione, rivolgersi direttamente ad un
luogo; — 2. g&rew, antp. gard, ‘skr. grabdh, got.
gretpan.

quasi” g£isk, e eyrna £îsty (è), treccia, ciocca di capelli.

pre gili (suff. î), proveniente dal Ghilàn (provincia del-
l'Iran), ghilanense.

pece gîv (è), n. pr. di un eroe iranio, Ghév, figlio di Giderz.

ubi eî0-gtn (è, suff. gàn), discendente di Ghév.

pot gayîmarth, Gayûmers, n. pr. del primo uomo e
primo re che fu creato da Ahura Mazda insieme
alla vacca primitiva (v. g%#s9@r4); fu ucciso da Ahri-
mane; secondo Firdusi, invece, morì di morte naturale
dopo 30 anni di regno. Cfr. SpieceL, Erdx. Alterth.
I, p. 508 e segg.; Winpiscamann, Mithra, 73. — z.
gaya-maretan (vita mortale, Sterbliches Leben, SPIEGEL).

ye £îhén (è), forma antiquata di lg> £7%éx, mondo,
la terra; dal gen. plur. z. gaéthazàm, (gli esseri
corporei, terreni).

sla gle gihan-khuday (cfr. khudày, signore), signore
del mondo, Iddio.

piaghe £îhan-khidiv (cfr. khidiv, principe), signore del
mondo; titolo dei re Irani.

J

pred la-garam (ar.) senza dubbio; senza che si possa
evitare.

Oy5>Y l&gvard, lapislazzuli, pietra azzurra; v. guxbad; —
agg., pallido, livido; — 4 shudan, impallidire (si dice
del sole).

0359 lazhvard, v. lagvard.

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>> 444 <<

géY ‘éghar, magro, gracile, smilzo (di corpo).

xJY /é/ah, tulipano (di color rosso); metaf. il color rosso
delle guancie; le labbra (così dette dal loro colore).

uyÎ4)Y lalahgin (cfr. giin, ginah, colore), che è del
color del tulipano, rosso, rubicondo; gavshar è lalah-
gn, v. gavshan.

+ Zab, labbro; orlo; riva d’un fiume; pl. /abéx; — dz-
lab rasidan, giungere all'orlo, cioè giungere al termine,

finire (intrans.); — lat. /abzum.
uni /akht, frammento, brano, pezzo; momento, istante; —
yaki lakht, avv., per un momento; — /e44t? (articolo

indeterminato), per qualche tempo.

Zarz, tpr. di /arziîd, tremare (per timore); traballare
(il suolo); part. larzéx.

dp larzîd, tps. di larz.

44 Zashkar, esercito, schiera di guerrieri; popolo, gente
(cfr. antp. 4éra, gente, ed esercito); — 4 kardar,
raccogliere un esercito; far la guerra.

si Xal lashkar-géh, e e lashkar-gah, (cfr. gàh, gah,
luogo), accampamento, luogo dov’ è attendato un
esercito.
dal /4/ (ar.), rubino; — agg. rosso, rubicondo; — /26 7
la!, labbra del color del rubino.
pidal lal-fàm (a. p., suff. fàm), rosso, rubicondo come
un rubino.
Mil luhràsp, n. pr. di un re dell’ Iran, Lohràsp,
discendente da Pishîn che fu terzo figlio del re Kobàd.
.. P"uccesse a Khusrev nel regno, abdicò poi in favore
x g0k, no figlio Gushtàsp e si ritirò a Balkh a far vita
re £uhas0osa, laddove fu ucciso dai Turani; — z. aurvatagpa,
US giyà, eeràgf (Bundehesh) arvaz4dast (versioni pehlevi-

su citt (psi lahuràep.
z. gaéthyama; — va-likin, ma.

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> 445 <=

ro

- am, invece di el am, 1) io sono, come in pri rustam-
am, per pi piu, rustam am, sono Rustem, v. am; —
2) pron. suff., mio, mia; acc. me (dopo i verbi), v.
Gramm. 123, 124, 125.

e ma-, particella proibitiva che si usa preporre agli
imperativi, non; ge ma-kun, non fare; Qaile ma-
kunîd, non fate; — z. antp. skr. md, gr. #7).

L mà, noi, pl. di max, v.

pile #métam (ar.), duolo, pianto, cordoglio; lutto.

sole macîn, n. pr. di paese; forma abbreviata di
mahactin, cfr. skr. mahécîna, la grande Cina; vastum
Chinae regnum, VuLLErs, Lex. pers.

gole màdar, madre, genitrice; z. e phl. wé/ar, skr.
matri, gr. uyrrp, uarIp, lat. mater, got. méthar, nord.
mbdhir.

solo madah, femmina.

ulol madiyàn, cavalla.

lo mar, serpente, dragone; z. mra, phi. e pàrsi mér.

uhos;le mizandaràn, n. pr. del paese al nord dell’ Iran,
lungo la costa meridionale del Mar Caspio, abitato
da Dêvi e da maghi, del quale il re Kàvus fece la
conquista; Mâzenderân (v. l'/ntroduzione al c. X del-
l'Antologia); — z. màzana, antp. meéda (la Media).

dl mél, tpr. di mdalid, fregare, stropicciare, strofinare;
z. marez, skr. myrîg, SpieceL, Comment. tiber das
Avesta, I, p. 118.

dl mélid, tps. di mal.

ele mém, madre, mamma.

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>> 446 <<

ul màn, tpr. di mànde mànîd, 1) rimanere, restare; ritirarsi,
tirarsi indietro, astenersi (con 42); stancarsi, restar da
meno; rimaner superstite nel mondo, sopravvivere; restar
meravigliato (sottint. sAzgg/t); 5:-mandand mardum
az-dn parvarish, si stancava la gente per quel cibo
(cioè per il molto cibo che era necessario per Rustem);
un’ altra spiegazione di questo verso v. in VULLERS,

Lex. pers. Il, p. 1125. — 2) lasciare, lasciare indietro;
abbandonare; — é6dz mandan, rimanere indietro,
astenersi dal fare una cosa; trans., lasciare, lasciare
indietro, lasciar superstite; — /urd mdandan, restar
confuso, restar turbato; restar meravigliato; stancarsi,
rimaner stanco; — z. antp. e skr. mar, gr. Mévw,
lat. manco.

ul x, tpr. di médrist, esser somigliante, somigliare;
part. mànandah, somigliante.

LL mand, forse.

dl ménd, tps. di mx, 1°.

Sos mandagî (suff. î, da mén, ménd), stanchezza.

cmilo mist, tps. di man 2°.

duole manand (cfr. manistan, somigliare), simile, somi-
gliante; eguale; avv., come, in guisa di ... (col gen.).

dual mézid, tps. di mr, 1°, cfr. mànd; part. passato:
mdanîdah, rimasto, restato.

sl mah, luna; mese; metaf. fanciulla, donzella; mà
nav, luna nuova; metaf. giovane e vaga fanciulla; —
z. maonh e maorha, antp. maha, skr. màs, misa, cfr.
gr. up, lat. mensis, got. ména (rad. mà, misurare).

>slo méh-cihr (cfr. cihr, volto), che ha il volto simile
a luna (si dice delle belle fanciulle).

gldzosl mah-didîr (cfr. didàr, aspetto), che ha l'aspetto
bello come la luna.

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>> 447 -«t

«SL mahî, pesce; coll, i pesci; z. magya, skr. matsya,
macha.

«sl may, n. pr. di una città nell’ India, Mày, celebre
per gli incantesimi.

xsle wéyah, materia, sostanza; pregio, valore; quantità;
ch mayah, quale quantità!; utilità che si può trarre
da una cosa posseduta; — ww. £h4vardan, godere

qualche buon frutto; — rad. z. antp. skr. mé, misurare,
cfr. lat. ma-terzes.

ud maglis (ar.), festino, luogo di trattenimento (dal
v. ar. galasa, sedere; cfr. pers. nzshastan-gàh, lett.,
luogo da sedere, poi: festino). i

ss Tudau maglis-arày (a. p., cfr. ardstan, tpr. darà, drdy,
‘mnare), che adorna il festino, la festa; doppiere, lume,
lucerna di lusso.

migmar (ar.), braciere.

ul mikrab (ar.), tempio, ovvero nicchia in ogni
moschea dei Mussulmani posta in direzione della
Mecca (Kazmarski, Dick arabe-frang.).
mar, particella che si prepone ai nomi e segna
l’accusativo, Gram. 111.
mar, numero; phi. e pàrsi 7247 (rad. z. 2247, ricordare,
computare).

tuo ma-rà, dat. e acc. di max, v.

vley margàn (ar.), margherita, gemma.

ye mard, pl. mardîn, uomo; agg. forte, gagliardo, virile;
mardàn è mard, uomini gagliardi; — z. maskya, antp.
martiya, gr. fiporés (uporos), cfr. lat. mortalis (rad.
mar, morire).

034 murd, tps. di mir.

urloze mirdis, n. pr. di un re d'Arabia, pio e onesto,

padre di Dahâk, che, per istigazione di Ahrîmane,
lo fece morire; Mirdâs.

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> 4483 =
Kilo e mardînagi (suff. î, cfr. mardénah, virile, da
mara), virilità; fortezza d'animo, valore.

I murdarî (per murdah-rî, cfr. murdah, morto),
eredità, retaggio.

oljo,e mard-zid (cfr. z4dan, nascere), figlio di un uomo
gagliardo, di un eroe.

por mardum (suff. x2), coll., gli uomini, il genere umano;
uomini, gente.

soze mardah (suff. ah), coi numerali soltanto: arg
mardah, cinque uomini (presi tutti insieme come nel
lat. quinqueviratus).

dr mardî (suff. ?), valore, coraggio, prodezza.
Jr marz, terra, paese,

by marz-ban, marzu-bàn (suff. 6a), capo di provincia;
principe.

ér° margh, n. pr. di un paese; Margh.

È r murgh, uccello, coll, uccelli; — z. meregha, skr.
mriîga (bestie selvaggie).

so )rriéy? murgh -parvardah (cfr. parvardan, allevare,
nutrire), nutrito, allevato da un uccello (Zàl figlio di
Sàm, v. il c. VI dell’ Axzologia e l'Introduzione).

solegy murgh-g&di (cfr. gàdà, mago), uccello magico.

leo murgh-zàr (suff. 27), luogo dove stanno uccelli;
TT Le .__q:
luogo delizioso, giardino.

Sy marg, morte; z. mahrka, phl. e pàrsi marg, arm. mah.

374 mazah, gusto, sapore; — mm. yéftan, gustare,
assaporare.

o) mazîh (ar.), scherzi, facezie.
soje muzhdah, lieta novella.

370 muzhah, e sio muzhzhah, ciglio, ciglia; pl. muzhagàn.

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>> 449 =

cme mast, ebbro, ubriaco; furente (si dice specialmente

degli elefanti in amore); skr. wa%ta, phl. magt; rad.
skr. mad.

gle miîsmàr (ar.), chiodo, pl. mismérhé.
Qiriumo must-mand (suff. mand), dolente, afflitto; sospiroso.
nie musht, pugno; z. musti, skr. mushti,

shiuo mshk, e mushk, muschio (sostanza odorosa); skr.
mushka.

Udo mushk, color nero; fig az mushk, una corona di
neri capelli.

sprkio mushk-biy (cfr. by, odore), avente odore di muschio.

Ult mushk-n8b (cfr. nàb, puro), muschio puro.

pai mushkin (suff. în, cfr. mushk, 2°), nero, bruno.

mu'agfar (ar., tinto in rosso col .,i ‘ugfur,
Carthamus tinctorum, plante avec laquelle on teint
en rouge, KAzIMIRSKI), rubicondo, rosso.

Yo maghéèk (suff. è), luogo depresso e basso; fossa,
sepolcro; z. magha.

gio maghz, cervello; z. mazga, skr. maggà, phi. maze.

gibt mighfar (ar.), elmo, celata.

lle mukéfat (ar.), ricompensa; punizione. i

pe magar (ma + agar), se non; purchè; forse, forse

che, chi sa che...; che non, lat. xe; eccettochè,
fuorchè; solo che ...; se mai, se mai per caso; —

magar tà, se non perchè... (Il significato di questa

particella viene più precisamente determinato dal
contesto.)

malham, veste di seta (dall ar. meu/kam, specie di
stoffa di cui è di seta l’ordito, ma non la trama, Dozy).

Jo malak (ar.), angelo; regione del cielo abitata dagli
angeli.

29

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>> 450 -<

ge mat, pron. io; pl. wé, noi; — 2. màm, mà, mana, ecc.
casi obliqui del nominat. azen:, antp. adar, skr. aham,
gr. 8y6, 8ydv, lat. ego.
year mintcthr (6), n. pr. di Minòcihr, figlio di Pesheng
e di Mah-Aferid. Mah-Aferid era figlia di Erag, e questi
di Frêdûn. Nella sua giovinezza, Minécihr condusse
la guerra contro Salm e Tùr uccisori dell’ avo suo
Erag e li punì con la morte (v. ic. IV e V dell’Antologia
e le Zutroduzioni). Successe a Frêdûn e regnò 120 anni.
AI suo tempo nacque Rustem; z. manustithra, phi.
manbshiehr (SpieceL, Eràn. Alterth. 1, p. 555 e segg.)
doge milbad, mibia, mavbad, sacerdote; sapiente, saggio;
z. nmànd-paîti (capo di casa, wména, casa, e fatti,
signore), phl. méxfat, pàrsi mébagd. L'etimologia di
mugh, mago, e bad, z. patti, signore, quindi magorum
praefectus (VuLLERS), anche con l'arm. mogpet, movpet,
non è giusta.
ode mibad-dil (cfr. dil, cuore, animo), che ha il cuore
di un sapiente.
e” mavg (ar.), onda, flutto.
3390 mizah, scarpa; coll., le scarpe.
ye méy, capello; coll., capelli; pelo, peli; phi. e pàrsi wméz.
xo mah, v. mah.
xe mk, grande; pl. wz%éx, grandi del regno, principi;
z. maz, mag, skr. mah, maha, gr. usya- lat. mag-nus.
mihtar (forma comparativa di 2%, grande), mag-
giore (di età o di grado); principe, capo, capitano;
re, sovrano; pl. mz4tarér, grandi di corte.
d.go mahd (ar. cuna), cassa, cassetta.
miîhr, 1) amore, amicizia; — mr. fayvastan, stringere
amicizia; — 2) sole; — z. e antp. wz0kra, skr. mitra.
n muhkr, sigillo; anello da segnare (in senso di: in-
segna reale); skr. mudrd.

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>> 451 -&

lege mihrab, n. pr. di un re del Kabul che discendeva
da Dahâk, padre di Rùdabeh che fu poi sposa di
Zàl e madre di Rustem; Mihràb.

bre mihrbàn (uff ban), amorevole, amoroso, affezionato.

sare mihr-giy (cfr. gustan, tpr. giy, cercare), che
cerca amore, innamorato.

ue mihmàn, ospite; commensale; — dr £ mihmàn
sékhtan, preparar le cose (il ricevimento) di un ospite;
phl. mîkman, pàrsi mahman.

& mihî (suff. î), grandezza; potenza; gloria.

use mihin (suff. în), grande; maggiore di età.
may, vino; — may î sàl-khvardah, vino vecchio; —
z. e skr. madhu (miele), phl. maz, pani maè, gr. pédv-.

eni, v. hamî.

ul miyàn, 1) mezzo; avv., nel mezzo (col gen); —
2) mezzo del corpo, della persona; persona; —
m. bastan, cingersi i fianchi, in senso di: accingersi
ad un lavoro, prepararsi; part. m. desta, preparato, i
pronto; — z. mazdhyana, agg. da matdhya, skr.
madhkya, phl. e pàrsi me2yàx, gr. ué00s, puéscos da ue9z06,
lat. medius, got. midjîs.

xiluo miyanah (suff. ak), mezzano, che sta nel mezzo
(per età, per grado, ecc.); avv., nel mezzo (con dar%x);
phi miyànak.

cupa gî May parast (cfr. parastidan, ossequiare), dato
al vino, bevitore.

sò may -khvarah (cfr. khvardan, bere), bevitor
di vino.

yld4i maydàn (ar.), palestra, ippodromo.
mîr, tpr. di wmurd, morire; part. murdah, morto; —
z. e antp. mar, skr. meri, lat. mortor, cfr. gr. puépos
(morte).

Sly miîràth (ar.), eredità, cosa tramandata per eredità.
29%

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>> 452 -&

ubi miz-ban (suff. dar, cfr. mîz, tavola), ospite, colui
che dà ospitalità (m224m24%, v., è colui che è ospitato).

e) maysarah (ar.), parte sinistra, lato sinistro.

usasse mîsk (è), pecora; z. maésha, skr. mesha.

& mîgh (è), nube, nuvola; z. mabgha, skr. megha (rad.
z. mîz, skr. mzh, cfr. lat. mzrgo, spander acqua).

ut may-gusàr (cfr. gusàrdan, bere), bevitor di vino;
coppiere.

duo mil (dal lat. 722/a), miglio, misura itineraria.

0% wild, n. pr. del padre di Gurghin; Miîlàd.

xino maymanah (ar.), parte a mano destra; — sdy 7
maymanah, a destra. :

gie mint (6), cielo, paradiso, soggiorno dei beati; —
z. maînyu, skr. manyu, phl. mino:, pàrsi maznyo.

syao mivah, frutto; frutti silvestri; — phi. miîzak, pàrsi
miwa.

vw

© #a- (in principio delle parole), v. xa4.

L x4- (non si usa che nei composti), non, cfr. ra4.

Quelli nd-umîd (cfr. “mid, speranza), disperato.

YLL 24-6é4 (cfr. Sék, timore), che non ha timore, im-
perterrito.

Kislò né-bastagî (suff. î, cfr. nd-bastah, non fasciato),
mancanza di fasciatura (si dice di una ferita non
fasciata). .

xiusl 24-bastah (cfr. bastan, legare, fasciare), non fasciato
(si dice di una ferita).

gIGL nd-bikàr (cfr. kàr, opera), che non è all’ uopo;
uomo da nulla, inutile.

YLL 6-44 (cfr. fàk, puro), impuro, d'impura origine,
non genuino.

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»> 453 -«&

0YLL né pàk-din (cfr. dîn, religione), che è di impura
religione.

ch UL na-pàk-rày (cfr. rèy, ar., consiglio), che è di non
retti consigli, malvagio.

dol nd-padid (cfr. padid, manifesto), non manifesto,
occulto, celato; — xé-). shudan, sparire.‘

sduyeli nd-caridah (cfr. caridan, pascolare, cibarsi), che
non ha mangiato, digiuno.

xiulali nd-khvdstah (cfr. khvastan, cercare, desiderare,
amare), non cercato; dispregiato, non curato.

wyiL 4-46 (cfr. Ehéb, bello), non bello, indegno, turpe,
illecito, inopportuno.

sogzal nò-khvardah (cfr. &hvardan, mangiare), che non
ha mangiato, digiuno. i

sdsol 24-didah (cfr. didan, vedere), 1) che non ha veduto,
che non ha conosciuto; x4-dîda4 rang, che non ha
sofferto alcuna molestia, illeso; — 2) in senso passivo:
cosa non veduta mai, cosa ignota.

lab nòr-dîn (xè, pomo granato, déx, danah, grano),
grano di pomo granato; metaf. capezzoli delle
mammelle.

u!yl érzén, nome di frutto; ciriegia (Mon); arbor
elegantis staturae foliis abundans et umbras diffundens
(VULLERS).

35 #42, tpr. di 26284, 1) diportarsi, contenersi con delica-
tezza; part. 2&z4x, delicato, gentile; — 2) insuperbirsi,
gloriarsi.

gli ré2, blandizie, moine, tenerezze, dimostrazioni d'affetto;
contentezza, soddisfazione dell'animo, piacere, compia-
cenza; gloria, grandezza.

db nàzish (suff. îsh), lo stesso di #éz 2°, v.; metaf. cosa
cara, oggetto caro (si dice anche delle persone care).

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>> 454 =
dg nàziîd, tps. di néz.

ata nà-shz-gàr (suff. gàr, cfr. sàkhtan, tpr. séz, fare),
inetto, inabile; ignobile, vile; infausto, infelice; discorde.

usuul é-si5às (cfr. sifàs, ossequio), che non presta
ossequio, irriverente; ribelle.

ario nd-suftah (cfr. suftan, forare), fanciulla intatta,
vergine; — dukhtar zi-nà-suftah gavhar, fanciulla di
natura ancora intatta, vergine.

u»SL 24-kas (cfr. kas, alcuno), uomo da nulla, vile, abietto.

sUL zé-264 (cfr. g@h, tempo), improvviso, inaspettato
(lett., senza tempo); avv., all'improvviso; — 6i-né-gà4
e bi-nà-gah, avv., all’ improvviso. .

SL nd-gah, v. né-géh.

gle nd-gahàn (cfr. gàh, gah, tempo), avv., all’ im-
provviso.

JU 24/6, tpr. di n4/î4, gemere, piangere, lamentarsi.

x xé/2h (suff. ak), gemito, pianto; suono, voce.

VI rélîa, tps. di #46

el nàm, nome; gloria, fama, rinomanza; si usa avverbial-
mente dopo un nome proprio, come: yaki pahlavàn
bid shîrity nàm, eravi un eroe di nome Shîrùy (per
quest'uso, cfr. z. Vizareshò datvò nama, un demone
di nome Vizaresha, Verdidàd, 19, 94; antp. martiya
Vahyazdàta nama, un uomo di nome Vahyazdàta,
SpIeGEL, A/tpers. Keilinschr. p. 24, e molti altri luoghi
delle Iscrizioni di Dario); — x. 6urdar, designare
a nome, nominare; applicare, imporre un nome; pro-
nunciare un nome (in senso di glorificarlo); — x. r4xdax,
usare un nome (per designare una persona o una
cosa); — x. £ardan, dare un nome, imporre un nome,
nominare; — z. n4mar, antp. zàma, skr. nàman, gr.
B-voua, lat. nomen, got. namò.

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>> 455 -

gol nàm-dvar (cfr. îvardan, portare), che ha rinomanza,
celebre, glorioso, rinomato; pl. a4m-dvaràx, principi,
eroi, magnati.

gloppl ndm-burdir (cir. durdan, portare), rinomato,
celebrato, famoso.

you ném-giy (cfr. gustan, tpr. g%y, cercare), desideroso
di gloria; glorioso.

glopl ndm-dàr (cfr. dashtan, tpr. dar, avere), celebre,
famoso; pl. aém-déèràn, incliti, gloriosi; principi, eroi,
grandi di corte.

port nàm var, (suff. var), celebre, celebrato, famoso.

sol zàmah, lettera; arm. ramag.

eb nàmî (suff. ?), celebrato, lodato, famoso, rinomato.

ul #64, pane; cibo.

ubelb nà-nthàn (cfr. nthén, nascosto), non nascosto,
manifesto, palese.

asl xdhîd, la stella di Venere. — Questo nome, in
origine, significava la Dea delle acque detta in zendo
Ardvîi-gira andhita, in antp. arahata, raffigurata con
velo d’oro, orecchini, diadema, cintura e un mazzo
di verbene in mano (yask/, 5, 127 e segg.); andhita
in z. significa pura, monda, cfr. gr. ’Avairl, arm.
anahît (SereceL, Erén. Alterth. IL p. 54; WiNDISCH-
MANN, Die persische Andhita oder Anaîtis, Minchen,
1856: JustI, MW7andb. der Zendspr., ecc.)

«L xéy, canna; tibia, strumento musicale, flauto.

xull xé-yéftah (cfr. yàftan, trovare), 1) che non ha
trovato; — xd4-yàftah hic bahr, che non ha ottenuto
alcuna parte, ope destitutus; — 2) in senso passivo:
che non è stato trovato.

ogg nabard, guerra; combattimento, tenzone, battaglia.
nds nubisht, tps. di nuvîs.

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m> 456 -<

das zabîd (dallar. dus nabidh), bevanda fatta di
datteri o di uve secche (se prend en Égypte pour
le vin, KAZIMIRSKI, Dict. arabe-frang.; — secondo il
VuLLeRs, Zex. fers., ogni bevanda di uve secche, ma
non vino, ezceplo vino).

Sytsò nabirah, nipote; — z. napat, antp. rafà, skr. napàt,
lat. xegos.
s nakhcîr, fiera, belva, bestia feroce; preda, caccia-

gione; — x. Zardan, far preda di bestie selvaggie
cacciando.

MUPEE nakhéîr-g&h (cfr. g&h, luogo), luogo dove si
va a caccia e nel quale abbondano le fiere.

ris nakhtir-gir (cfr. giriftan, tpr. gîr, prendere),
cacciatore; predatore.

cmd 24khust, primo; avv., primieramente; phl. rak4v%4s6,
cfr. arm. rakk (vecchio), SpieceL, Gramm. der Huz-
vàresch-Spr. p. 75.

ipfrntas nukhustin (suff. î7), primo; avv., primieramente,
per prima cosa.

yò nar, xè narr, s;ò 3 rarrak, maschio; agg., animoso;
Prrto ero: oZribile, atroce (specialmente Demoni
o Dêvi e belve); z. zar, zara, skr. xyz, gr. d-vip.

uS53 nargîs (dal gr. vapriscos), narciso (fiore); metaf. gli
occhi di una fanciulla.

s arm, molle, tenero; debole; dolce; lusinghiero (di
un discorso); phl. sarm.

s;ì rarrah (suff. ah), v. nar, narr.
vari narîmàn, e eyaò nîram, n. pr. del padre di Sàm,
erîmàn o Nîrem, secondo il L:6ro def Re. — Firdusi
racconta di lui soltanto che egli morì all'assedio della
rocca del Sipend, regnando il re Frêdûn (p. 170, ed.
Calc.). Questo eroe della leggenda epica non si trova
nell’Avesta, ma il suo nome è nato da una falsa inter-

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>> 457

pretazione dell’ agg. z. xaremanarh (che ha cuore virile,
mannherzig, Justi, cfr. skr. x7?maxas) che l'Avesta dà a
Kerecàcpa (yas4/, 9, 39); così questa parola, di aggettivo
fatta nome, diventò anche nome di eroe, Nerîmàn o
Nîrem, che l'epopea dice figlio di Ghershàsp (z. 4eregdgpa)
e padre di Sàm.

03) nazd, vicino, accanto, presso (col gen.); — con moto:
verso, a, come: /irzstàd nazd î padar, mandò verso

il padre; — z. wazda (rad. naz, skr. nah, lat. necto,
unire, cfr. got. néhva, ted. rahe).

oz nàzdik, lo stesso di nazd, v.; — zi nazdîik i...
da parte di...

0 nazdiki (suff. î), vicinanza, prossimità.

ola nizhad (cfr. zàdan, nascere; x è antica prep. z. e
skr.), nascita, origine.

dip nîzhand, impotente, infermo; floscio, flaccido; abietto,
vile; umile; mesto, tristo ; stordito ; iracondo, rissoso, iroso.

syius nusthh, 1) bellicoso, battagliero; valoroso; —
2) turpe, vile, schifoso.

las xashét (ar.), allegria, letizia.

yldò qishan, tpr. di nishénd e nishénid (causale di
nîshastan, sedere), porre a sedere, far sedere, collocare.

ylaò nishèn, segno; indizio; — phl. wîskéx, nîshénak,
arm. rshan.

dali nishénd, e daslis nishénia, tps. di nishan.

cmd nishast, tps. di nzshîn.

uaudiò #25hast, sede, posto; domicilio, residenza; buona
creanza, gentilezza, maniera di stare in società e di
figurarvi bene.

tits nishastanzgah (cfr. g&h, gah, luogo), lett., luogo
da sedere; radunanza, convegno a modo di festino
(cfr. ar. maglis, pièce où l’on regoit, v. galasa, ètre
assis, KazimirsKi, Diet. arabe-frang.).

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> 458 -<

ads 275hî6, basso; bassezza; caduta, rovina; avv., in
basso, in giù; rad. z. #4skviw, sdrucciolare (SPIEGEL,
Comment. iber das Avesta, I, p. 408).

pacò nishim, nido.

4 nîishtn, tpr. di nishast, sedere, assidersi, mettersi
a sedere; — inf. xzshastan (usato come nome), posto,
luogo da sedere; — z. xs + had, cfr. aritp. n2yasà-
dayam (io posi), skr. sed, gr. SCouei, jonas, lat. sedeo,
got. silan.

sy: nazzàrah (ar.), spettatore; osservatore (anche sy las
nazàrah (- — “), per il verso).

syaò narah (ar.), urlo, ruggito; gemito, lamento.

des 2a (ar.), scarpa; ferro dei cavalli, dei cammelli, ecc.

3 naghz, bello, elegante, graDêvole, lusinghiero, blando
(si dice di un discorso).

ori nafrîn, nifrîn (per né-dfarîn, VuLLeRrs), biasimo,
censura; — x. £4ardan, biasimare, censurare; maledire.

usò xafas (ar.), spirito, anelito, fiato; — x. gusistan
(troncare il fiato) togliere la vita, far morire.

là; nift, nafta, liquore incendiabile, gr. vap9à, vapaa.

«lis nuktah (ar.), neo, punto.

IG niki, v. niki.

e nigàr, tpr. di nigdrîd e nigàsht, dipingere, rappre-
sentare; fregiare; metaf. considerare nella mente; —
bar nigàridan, id.

e nîgàr, pittura; ornamento, fregio; coll., fregi, orna-
menti; tintura delle guancie, belletto; ritratto, immagine.

dagli nigàrida, tps. di nzgdr.

cuill nigàsht, tps. di nigàr.

sl nigih, e + nigah, osservazione; — x. 4ardan,
osservare, riguardare, levar gli sguardi; — in senso

molto speciale: fare effetto, far colpo; far danno (si

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> 459 -<«

dice del freddo, c. III dell’ Axzologia); — phl nekég,
pàrsi x2g6h (rad. z. ag, skr. £ég, osservare; 722-
è prep.).

wi niîgar, tpr. di nzgarist, nîgarîd, nigarîst, osservare,
vedere; discernere, distinguere; ponderare, pensare;
— z. kar, skr. £ar (n?- è prep.), phl wekzr (osser-

vazione).

cut nigarist, day nigarîd, coma nigarîst, tps. di
nigar.

i nigin, piegato, abbassato; — x. dvardan, abbattere,
atterrare; — x. shudax, piegarsi, chinarsi; — x. gashéan,
piegarsi; cadere, rovinare; — phl. nz4wx.

i gi nigtlin-sàr (cfr. sàr per sar, capo), a capo in
giù, che precipita in giù.
XK nigah, v. nigdh.
Muerte nigah-bîn (suff. Sr), custode, guardiano.
glo nigah-dav (cfr. dashtan, tpr. dèr, avere), custode,
protettore.
gi nigîn, gemma, pietra preziosa; suggello reale.
pò zam, umore; metaf. lagrime; x. dar zadan, lagrimare;
— phl. xaw, cfr. z. namyagus (che ha umidi gli steli,
gagna 9, 52)
UL; zumà, tpr. di numid, pres. numayam, mostrare, far
vedere, far apparire; — intrans., mostrarsi; parere; —
z. ni + mà, skr. md.
gle namàz, ossequio, riverenza; — %. dvardan, e wu.
burdan, ossequiare, prestare ossequio; — z. remarth,
skr. zamas (rad. z. e skr. ram, piegarsi).
< rnamak, sale.
Ogaò numùd, tps. di 2umà.
st nang, ignominia, onta, vituperio, infamia, biasimo; —
nàm u nang, fama e biasimo, cioè: o lode o vitu-
perio (cfr. VuLLERS, Lex. pers. s. v.).

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> 460 =

gò HAU, NUOVO; giovane; — z. e skr. zaza, gr. véos, veFos,
lat. 200vus, ted. new.

«bl qeuvdkht, tps. di auvâz.

sly #uvâz, tpr. di "nuvàkht, dir graziose parole a qual
cuno, accarezzare, far buona accoglienza, trattar bene;
abbellire, adornare; render fertile (la campagna); — rad.
nî + vaz(?), cfr. arm. wovéjem, superare, debellare
(SpreGEL, Comment. liber das Avesta, Il, p. 511).

ulyò zavan (part. di navidan, camminare), camminante;
cfr. khiràmàn.

osi navhah (ar.), lamento, pianto; d-navkah daria, in
mezzo ai lamenti.

ir navdhar, n. pr. del figlio di Minécihr, Nevdher.
Questo re fu fiacco e dato ai vizi; fece una guerra
infelice con Afràsyàb, e, fatto prigione, fu da lui
mandato a morte; regnò 7 anni; — z. raotara(?);
non si sa se l’Avesta conti nella lista de’ suoi re
anche questo, trovandosi in esso il nome waotara
solo al plurale per designare i discendenti di un
naotara di cui non si sa nulla (yaské 15, 35).

uhdy) ravaharàn, pl, discendenti di Nevdher, v.j —
shah è navdharàn, il capo dei discendenti di Nevdher,
cioè Tùs; cfr. z. naotara.

ri nr (ar.), luce, splendore.

oyyò navard, tpr. di navardîd, piegare.

0ygò navard, piega, piegatura; metaf., oscurità; — ‘4 andar
navard, tu sei nell’ oscurità, in umile posto.

30) navardia, tps. di ravard.

#5 #Î.sh (6), bevanda dolce e grata; metaf., dolcezza, piacere.

unigò nuvisht, cfr. nubisht, tps. di nuvîs.

di; navand, messaggiero, corriere.

di, zavand, n. pr. di un luogo, Nevend, dove sorgeva
il tempio del fuoco detto ddlar-barzin.

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3> 461 -<€

sy) navvi (suff. î), novità; — bi-zavvî, avv. nuovamente.

day) xuvta, buona novella, lieto annunzio; cfr. z. nzvaé-
dhayémiî (io annunzio), rad. xî + vid.

us nuvîs, tpr. di nuvisht, e nubisht, scrivere; — part.
nuvîsandah, scrivano, segretario; — antp. #2 + 25,
phi. nepishtano (cfr. pismo [polacco] scrittura).

xò zah, e 5 na-, negaz. non; — z. e skr. xa, antp. razy,
gr. vr, lat. non.

sx ah î, per (gl x neh È, tu non sei.
x5 22h, tpr. di x7%dd, porre, riporre (v. le diverse frasi

sotto i diversi nomi ai quali questo verbo si unisce);
— stabilire, istituire, ecc. — andar nîhadan, dar
dentro; imperat. a24ar nzhîd, date dentro (per ferire);
— fish nîhéadan, mettere innanzi, proporre; — 2. e
skr. #2 + dha, antp. dé, gr. ds in ri9ym.

olg nzhad, tps. di nz4.

ol a246d, fondamento; natura, indole, carattere.

ue nthén, 1) cosa nascosta; secreto; coll., le cose secrete,
i secreti, rà &r66)yra; metaf., animo; az nhén, dal-
l'intimo dell’ animo; phl. wékér, z. n° + dia; —
2) agg., nascosto, celato; avv., nascostamente.

le sihéni (suff. î), nascosto, celato; avv., nascostamente.

nigò 2uhuft, tps. nascondere, celare, involare dagli occhi
altrui; — part. x4x/fah, nascosto, celato; avv., na-
scostamente. — Non si conosce con sicurezza il tema
di presente di questo verbo. Il Jones suppone un
ue (?) nulban, ma egli stesso dice di non aver
mai trovato esempio di questa strana forma, cfr.
Garcin DE Tassy, Gramm. Persane, p. 72, nota. In
favore del supposto tpr. x%45ax . vi sarebbe il phl.
nahimbamvitano, nascondere; ma non par forma
genuina nemmeno allo SpreceL (Die trad. Litt. der

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>> 462 -=<

Pàrsen, p. 434), esistendo il vero ed usato phl. nah#f-
tano, nascondere. L'HarLez nota una forma phl.
nihuptano e un infinito pàrsi nalunbadan, cacher
(Manuel du pehlevi, p. 9).

uuiégb 2uhuft, nascondimento; intimità; luogo secreto.

plegs nahmàr (na + humor, cîr. shumàr, numero),
innumerevole, infinito; avv., infinitamente, straordina-
riamente.

Sig zahang, coccodrillo; metaf., spada; — skr. nzhé£d.

ag n1hî6, timore, spavento.

Ls riyà, pl. aîyégin, avo, nonno; — z. e antp. xydza.

glu #2yéz, bisogno; — x. 6#42n, abbisognare (con dat.
di persona); — phl. xzyéc; secondo lo SPIEGEL (Die trad.
Litt. der Pàrsen, p. 435) da un supposto z. x? + yag,
andar domandando; ma yag nell’ Avesta è usato solo
nel significato di: andar girando.

pl 2iv4m, vagina, fodero della spada.

uislu aiviyish (suff. 2sh), adorazione; — x. 4ardan,
adorare; — phi. neyéyashno; rad. z. nî + yàs? fest-
halten (JustI), cfr. SprecEL, Die trad. Litt. der Pàrsen,
p. 436.

VEL nîram, v. narîman.

Soy nîrang, pl. nîranghà, magia, incanto, operazione
magica; inganno, frode, tranello; — caskm è nîrang,
v. cashm; — phl xîrang (cerimonia, uso religioso,
cfr. skr. xirariga, SpreceL, Die trad. Litt. der Pàrsen,
P. 436.).

plubiya (cfr. sakhtan, tpr. sèz, fare), mago, incantatore,
operator d’incantesimi.

gr niîri, e Sy nîriy (è, 6), forza, vigore; aiuto; —
phl. nîrd, nîròk, gr. veopov, lat. nervus.

Dea nîz, ancora; — #ah nîz, nemmeno, neppure.

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>> 463 =

374 nîzah, lancia, asta; pertica; pl. xî2-44; — phl. xîza6,
arm. n2zag.

pls nîzah-gudhàr (cfr. guahashtan, tpr. gudhar,
guidare), che maneggia la lancia, armato d'asta,
astato.

) 9975 nizah-var (suff. var), armato d’asta, astato; guerriero.

cms 2Îst, v. hast.

<u zîk, buono, benigno; come nome: il bene; avv.,
bene; con cura e ‘abilità; assai; — phl. xéva4, pàrsi
nék, nyak; cfr. antp. nba.

casuali 2ik-0akht (cfr. bakkt, fortuna), che ha buona
fortuna; fortunato.

sli nîk-khoah (cfr. kEhvastan, tpr. khvéh, desiderare),
benevolo, onesto.

giri nik-khiy (cfr. khy, indole), che è di buona
indole, costumato, integro.

dol 224-dil (cfr. dil, cuore, animo), buono di cuore,
benevolo, onesto.

sit nîk-rày (cfr. rày, ar., consiglio), che ha buoni
consigli, assennato.

Opa nîk-mard (cfr. mard, uomo), uomo buono, dabbene,
onesto.

lil nîk-nàmî (suff. î, cfr. x&m, nome), buon nome,
buona fama.

yi niki, e 3 nikî, buono; giusto; utile.

dx nikiyî (suff. î), bontà, l'operar bene e con giustizia,
rettitudine.

& nîkî (suff. î), bontà, onestà, rettitudine; 52-zî£î, con
bontà, con retta intenzione; in bene; — nàm ? nîkî
burdan, riportar fama di bontà, aver nome, fama di
uomo onesto e benevolo.

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>> 464 -<&

dai 220 1) azzurro, ceruleo, cfr. skr. nîlî, the indigo

plant; — 2) n. pr. del fiume Indo, secondo l'epopea
persiana; — daryày î nîl, il mare azzurro; ovv., il
fiume Indo.

gie nîl-gin (cfr. gin, ginah, colore), che è di color
fosco; bruno, oscuro. .

ps na-y-am, per pl x #24 27, io non sono.

pò 2îm (è), metà; — di-dà nîm kaxdan, dividere, tagliare
in due; — z. raéma, skr. nema.

dgyegò im-riz, n. pr. del paese che era feudo della

famiglia di Rustem e di ZAl, Nîmrùz; cfr. phl. wîm-
òg (mezzogiorno, Sud).

g#ò ntv (è), forte, strenuo, bellicoso; antp. wa562 (SPIEGEL,
Altpers. Kalinschrift. p. 205).

« 2ay-î, per gl xò #24 î, tu non sei.

3
3% e 35 va (più raro), particella: e, anche, ancòra; —
pure, però, ma; — z. e skr. 2, antp. 24.
23}! vazhinah, cattivo, malvagio, riprovevole, maligno.
SI, véla-cuhar (cfr. vàlà, per bélà, altezza, e euhar
9 E p 8

per gavhar, indole, natura), che è di nobile indole:
nobile, grande, eccelso.

gg Var, per J! 3 % ar, e se; v. ar, agar.

oy, vard (ar.), rosa (questa parola sembra però di origine
iranica, v. gl).

3»s 0272, tpr. di varzid, lavorare, operare; lavorar la
terra; — z. varez, skr. vrth, gr. epy, Fepy in épydSome,
&pyw, ecc., got. vaurkjan, nord. yrkja.

339 2472, Opera, lavoro; — 6î-varz dvarîdan, applicare
al lavoro, sottomettere al lavoro; — gr. 8pyov, Fepyov,
ted. Werk; cfr. varz, 1°.

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> 465

5 varzish (suff. 2sh), opera, lavoro; lavoro dei campi.
39 varzîd, tps. di varz.

ci vashî, rosso (?, forse per vashnî, rosso, VULLERS,
Lex. persi).

G, vafà (ar.), fede, osservanza delle promesse; — 2. déskéar,
serbar fede, osservar le promesse; aver fede, fidarsi
(con 5a7).

Sy 70, egli, ella; cfr. RZ
ol vîràn, deserto, devastato, desolato.
sir vîràni (suff. ?), desolazione.
3) vîzhah (è), puro, sincero, genuino; eletto; chiaro,
illustre; certo, sicuro; fedele; avv., sicuramente, certa-

© mente; — di-vizhkah, avv., certamente, sicuramente; —
phl. a/69a4, pàrsi awézh, awézhah.
xu3g Vîsak (è), n. pr. di un principe turanio, padre di
Pîràn; Vésah.

us, vin, per pl, % î2, v. în. ,

dl /é/, quiete, tranquillità.

uyel® 4imin, pianura, campagna; deserto.

mas hadyah (ar. afoso hadiyyah), dono: pl. hadyak-hà:
— hh. dadan, far doni, donare. ,
har, ogni, ognuno, ciascuno; 4ar 4%, tutt'e due,
ambedue; %ar si4, tutt'e tre; 4ar fang, tutt'e

cinque, ecc.; — z. hkaurva, antp. haruva, skr. sarva.
1,9 hurrà (col gen. O hurrày), timore, terrore,
spavento.

usi? hîràs, timore, terrore; cfr. z. 4rag, spaventare,
SpreGEL, Avesta- Uebersetz. III, p. LXIII.
30

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>> 466 <<

ylul® hiràsàn, tremante, atterrito; — 4. Zardan, atter
rire, spaventare.

pelo har-an-kas (cfr. dn, quello, £as, chi), chiunque,
qualunque. -

xo, har-cth (cfr. ceh, che, quid), ogni cosa che, qualun-
que cosa che .

Ss? har-kas (cfr. has. chi), ognuno, ciascuno; — ker-
kasî, ciascuno:

a har-kih (cfr. kh, che, il quale), ognuno che.
ciascuno che .

hargtz, qualche volta, talvolta, talora; con la negaz.,
non mai.

> hurmuz, il pianeta Giove. — Questo nome è stato
applicato al pianeta Giove posteriormente, mentre in
origine esso non è che il nome del Dio del bene,
del Dio creatore, secondo l’Avesta, detto in zendo ahura
mazdao e in antp. auramazdî, presso i Greci ‘Qpoudbrs.

» Oltre ad 4zrmuz, il persiano ha anche le forme
urmuz, urmuza, irmuza e ùrmuz; cfr. il nostro
Ormuzd. Suo avversario è Ahrîmane, dkarmar (v.),
che sarà da lui sconfitto nell'ultima lotta alla fine del
mondo. Egli si chiama nell’Avesta anche gel matnyus,
il santo spirito.

yo har-yak (cfr. yak, uno), ciascuno, ciascheduno; 21-
har-yak, d'ogni genere, d’ogni specie.

349 hazàr, mille; — deh hazàr, diecimila; — z. hazanra,
skr. sahasra, gr. yiXuai, eol. y6Xuo per yeoduo (?).

hizabr, leone; metaf. uomo valoroso, gagliardo; —
hizabr an kih & gàm i may bi-shikarad (bi-shkarad
—< = per il verso), è un valoroso colui che va a
caccia di un bicchier di vino; è valoroso colui che
ama il vino; — cfr. z. hazath (rad. haz) violenza,
SpieGEL, Comment. îiber das Av. Il, p. 206.

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3» 467 =

HI} hazimat (ar.), fuga; — A. shudan, fuggire.

cam 4ast (verbo usato soltanto nel tema di passato),
essere, esistere; — con la negaz., xîsf, non è; xîstîm,
non siamo; col pron., £îsf, chi è? per #4 hast; cîst,
cosa è? per 62% hast; Gramm. 78.

uso Aush, v. hîsh.

uni hasht, otto; z. astan, skr. ashtan, gr. dkroò, lat.
octo, ecc.

‘ndo Azsht, tps. di Azl

pros Aashtum (suff. um), ottavo; bi-hashtum, all'ottavo
giorno (sottint. 42); — z. asfema, skr. asktama, phl.
ashtum.

plus Auskyàr (suff. yàr), assennato, prudente.

plx1 iso Aushivàr, prudente, assennato; sapiente; ingegnoso;
virtuoso.

mio haft, sette; — z. haptan, skr. saptan, gr. $rrd,
lat. septem. i

pri» haftum (suff. um), settimo; — 4-haftum, al settimo
giorno (sottint. r#z); al settimo luogo (contando in
ordine ed enumerando le proprie ragioni); skr. saptama,
gr. &Bdouos, lat. septimus (cfr. 2. haptatha).

axis haftah (suff. ah), settimana; — ya& haftah., avv.
per una settimana.

ds 425, tpr. di Azsk/, lasciare, abbandonare; calare, far

discendere; — /urd hishtan, far discendere; part.
furiî hishtah, abbandonato, cadente (si dice dei capelli
cadenti sul petto, sulle spalle); — z. 4arez, skr.

srîg, pàrsi helanit (part.).

‘pò 4am, insieme, con, unitamente, in pari tempo, nello
stesso tempo; — b:-hkam, insieme; — kam... ham,
tanto ... quanto; — z. 4am, ham, skr. sam.

Jlso kamdal, e humal, pari, eguale; compagno; — /arrukh

humàl, il vago amante.
30”

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> 468 -—<

ul 4am-an (cfr. an, quello. — 1) lo stesso, la stessa,
gli stessi, ecc. — 2) parimente, ugualmente; — 3)
allora; in quel momento; subitamente; — amd %
hamîn, questo e quello.

ULso Zkamanà, 1) certamente, sicuramente, senza dubbio;
— 2) forse, cfr. mind — hamanà kîh, forse che...
quasi come se .

slo ham-dn-gih (cf. gah, gah, tempo). avv., in quello
stesso tempo.

sXlso ham-dn-gah, v. ham-6n-gah.

ò gal ham-dvard (cfr. dvard, battaglia), pari in battaglia,
competitore, che è dello stesso valore; avversario,
nemico. i

pe ham-bar (cfr. dar, petto), compagno; consorte,
sposo, sposa.

ls kam-t46 (cfr. tà6, splendore; potere), pari di grado
e d'ordine; competitore.

DI ham-cunîn (cfr. cunîn, tale), tale, cotale; avv.
così, in questo modo.

Usss® ham-cîîn (cfr. fin, come), così come .., in modo
simile a...

gilda ham-dastàn (cfr. dastàn, notizia), confidente,
credente; consenziente; contento, appagato; — /.
gashtan, essere, farsi complice; associarsi ad uno;
fidarsi, credere; — phl. Aamdatastàn, pàrsi ham-
dàadistàn.

gdo lam-din (cfr. dîn, fede), che è della stessa fede,
correligionario.

sino Aam-r6h (cfr. rdh, strada), compagno di viaggio:.
metaf. che si accorda con altri nelle opinioni, con-
senziente, concorde.

Sip ham-rang (cfr. rang, colore), uguale nel colore ad
un altro, duéypws.

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=» 469 =

grad ham-sar (cfr. sar, capo), che è di pari altezza;
pari, uguale.
5370 ham-gurth (cfr. gurih, schiera), che è della stessa
schiera, compagno, compagno di via; coll, compagni.
x. hkamah, tutto, tutta, tutti, tutte; ogni, ecc. Si usa
col sing. Zamah kér, ogni opera; coll., tutte le opere;
col pl. hamal ràz-hé, tutti i secreti; — z. e antp.
hama, skr. sama, gr. dpua..
hamî, anche e ni, particella preposta (nel Libro
dei Re anche posposta) ai verbi; Gramm. 96.
Id hamîdin (hGam + îditn), in tal modo, così; subito,
tosto; in quel momento. -
kiss hamishah (é), sempre, per sempre; —- phl. haméshak.
ps hamin (cfr. în, questo), lo stesso di Hamdx, v.
lido hinduvan, India, il paese dell’ India; — z. e
antp. Azàdu, skr. sindhu, sindhavah, phl. hindukàn.
lidi hindistàn (suff. stan), India, Indostan.
sg hinduvi (suff. î), indiano.
dio Andî (suff. î), indiano; proveniente dall’ India (si
dice delle spade, ecc.). i
hunar, virtù, prudenza, saggezza; prestanza, eccel-
lenza; z. Aunara, cfr. skr. s@rarî. :
Dio pis hunarmana (suff. mand), virtuoso, prudenté, saggio;
ingegnoso.
duo hang, prudenza, avvedutezza.
angàm, tempo; occasione (rad. z. 247, camminare,
plXiso hangàm, temp d. z. £:
cfr. gm, z. gàma, passo, + ham; cfr. z. aîwigàma,
stagione tempéstosa, con 22207, e phl. deàm.).
yi hanùz, e 349 hanîz, finora, fino adesso; ancòra.
1,0 havà (ar.), aria, atmosfera; metaf. amore, affezione;
desiderio; — dar hava bidan, essere in desiderio,
desiderare; favorir qualcuno, parteggiare.

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> 470 -&

9° hr, sole; cfr. khvar, z. hvare.

99 hish (6), e è hush, prudenza; senno, avvedutezza;

virtù; intelligenza, ingegno; — J6/#sk émadan,
ritornare in sè, rinvenire, riavere i sensi; far senno,
rinsavire; — z. ushî, uskî, phl. hòsk.

Sit, hîshang, Hôsheng, n. pr. del figlio di Siyâmek,
primo re della dinastia dei Péshdàd. V. l'/ntroduzione
al c. I dell’Anzologia; — z. haoshyarha.

py® 24m (6), n. pr. di un pio uomo, Hòm, della discendenza
di Frêdûn, che trasse ai piedi di Khusrev il re Afràsyàb
incatenato, perchè lo punisse delle sue colpe. — Nel-
l’Avesta invece Haoma è il genio della pianta divina
haoma che cresce nel lago Vourukasha, guardata da
99999 Fravashi (esseri divini), e il cui succo rende
immortale chi ne gusta. Finalmente Aaoma è anche
il nome di una pianta dai fiori gialli detta dai na-
turalisti asclepias acida, cynanchum viminale, che
spremuta nelle sacre cerimonie dà un succo acido e
di cattivo gusto, che suol esser bevuto dal sacerdote
(zaotar) durante la lettura del yagna; cfr. SPIEGEL,
Eràn. Alterth. I, p. 114. — L'haoma iranico corri-
sponde al soma indiano che è la bevanda degli Dei;
rad. z. Au, skr. su, spremere.

e hîé, anche e #é, alcuno, qualcuno; — con negaz.,
z CC, AP A . sf
nessuno; — /îc-£as, alcuno, nessuno; phl. 4&, pàrsi 4éc.

pri hizam (è), legno; coll., legname, legna da ardere; —
z. atgma, skr. idhma, phi. é6um; rad. skr. 24%, gr. aid,
. bruciare.

9 Aîr, qui, in questo luogo.

uyt® hayîn, cammello corridore, dromedario.

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>> 471 =

Ss

 î, 1) invece di gl ?, tu sei, sl shéh-î, tu sei re; —
2) articolo indeterminato: sÙye mard-î, un uomo; 474,
uomo; — 3) suffisso degli astratti: AUT dei, cono-
scenza, da dg&k, consapevole: — 4) suffisso degli
aggettivi: pe gangî, battagliero, da gag, battaglia.

L yà, o, ovvero, oppure.

L 745, tpr. di yè/t, trovare, rinvenire; provare, speri-
mentare; ottenere; intendere, sentire (un suono, una
voce, ecc.); — 642 yéftan, riprendere, ritogliere; — phi.
yèftano, secondo lo SrrecEL (Die trad. Litt. der Parsen,
p. 439) per ayéftano, cfr. pàrsi aydftan, pàrsi ayàftah,
z. dyépta (beneficio); rad. z. @f, skr. dp, ottenere.

ol yéd, ricordanza, memoria; ricordo; — bar yàd î, per
ricordo di..., per augurio verso di...; — y. dmadan,
venire in mente, ritornare alla memoria; — y. évardan,
far ricordanza, far menzione; — y. £ardan, ricordare,
far menzione, parlare di una cosa; ricordare (in bene)
una cosa; — y. g?rîftan, tenere a memoria.

LoL yàd-gàr (suff. gàr), ricordo; segno di ricordanza,
per ricordare.

sol ydd-gàrî (suff. #), lo stesso di yéd-gér, v.

pio yad-gîr (cfr. giriftan, tpr. gîr, prendere, ritenere),
che tiene a memoria, memore, ricorDêvole.

gh yàr, tpr. di yàr2st, ardire, osare.

gh yèr, amico; protettore, aiutatore.

cms yàrist, tps. di yèr.

sl yàrah, collana; braccialetto.

sh yàrî (suff. î), amicizia; aiuto, sostegno, soccorso; —
6i-yàrî, per (portare) aiuto; per soccorso.

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>> 472 «=

sl yé2z, tpr. di y4zî4, allungare, stendere; — intrans.,
prolungarsi, giungere a toccare.

sl yé2, cubito; — skast yàzî kamand, un laccio di
60 cubiti.

Agli yèzîd, tps. di yéz.

sl 76/1, tps. di yd6.

wyil yèkit, rubino; — yé&#f ? zard, il rubino giallo,
cioè: il sole.

Jl yà2, collo, cervice; braccio; criniera (dei cavalli);
giubbe (dei leoni).

or yaedin (pl usato per il sing. ; cfr. ebr. elbhîm,

io), Iddio; — z. yazata, antp. zzates (Tac. Annal.

12, 13), skr. yagaza, pàrsi yazd (sing); — rad. z.
yaz, skr. yag, venerare.

cural0z3 yazdan-parast (cfr. parastidan, adorare), ado-
ratore di Dio, Dêvoto, pio, religioso; pl. yazdéx-
parastàn.

uri plor: yazdan-shinàs (cfr. shinàkhtan, tpr. shinàs,
conoscere), che riconosce Iddio, fedele a Dio.

Us yashk, dente canino sporgente all’ infuori.

<s yak, uno; — yakî, uno; yakî rîz, avv., un giorno,
in un tal giorno; — ya yaà, ad uno ad uno, distin-
tamente; — ya4-di-yak, l'uno con l’altro, pds &AXyA os;
— z. aéva, antp. azva, skr. e-£a (il np. yaZ ritiene il
suff. #a di un originario e supposto azvaZa, venuto
dal z. aéva e dall’ antp. azva).

Uk ya4-4-yak, uno dopo l'altro, per turno; — avv.
subitamente, all’ improvviso, tutto ad un tratto.

SUA yak-baragî (suff. î, cfr. barah, volta, fiata), un
momento, un istante; — 6:-ya4-5aragî, tutt'ad un
tratto, all’ improvviso.

piro yak-digar, e goa yak-digar (cfr. diîgar, digar,
altro), l'un con l’altro, l'un l’altro.

Google
> 473 =

pit yak-zakhni (cfr. zakhm, colpo), che uccide con un i
sol colpo; soprannome dato a Sàm, perchè con un sol
colpo uccise un dragone sul fiume Keshef, v. il c. VII

dellAxzologia. — Rustem chiama pure così la sua
clava, perchè l'aveva appunto : ereditata dall’ avo
suo Sàm.

3 gak-sar (cfr. sar, capo), tutti insieme, tutti in folla
(si dice di una folla di gente, di soldati, ecc.); —
avv., insieme; totalmente, del tutto.

di ya, eroe, uomo prode; guerriero; pl. yalèx.

xl: yalah, abbandonato, lasciato; — y. #ardan, abban-
donare.

«di 9a (suff. î), eroico, degno di un eroe; gagliardo,
forte, robusto.

usw yaman, n. pr. di una regione dell’ Arabia, Yemen.

3a 362, cane da caccia; z. yaozha (SpiecEL, Avesta-
Uebersetz. I, p. 122).

Si

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INDICE

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PAGINA

PREFAZIONE . . . . . x . . . . VII

GRAMMATICA

I. FONOLOGIA.

I. ALFABETO. . ee 3

Il. CAMBIAMENTI DI VOCALI E DI CONSONANTI PI . 10
II. TEORICA DELLE FLESSIONI. — A. VERBO ,

I. TEMI DEL VERBO. 0. 0.0.0... : . 13
Il. TEMA DEL PRESENTE . . ‘o 2 e 13
MI. TEMA DEL PASSATO . : : : . - . . 16
IV. VERBI AUSILIARI . . : . ‘ È : o 24
V. VERBI DERIVATI . . i . î i . i i 28
VI, IMPERSONALI © 0/20 30
VII. PARTICELLE PREPOSTE AL VERBO... RI 31

B. NOME
VIIL DEL GENERE... 0.0. : =» .. 32
IX. DEL NUMERO aaa . PI : 33

Xx. DEI CASI PP . RP ‘o 34
XI. DELL'ARTICOLO . .. .. sa « k = a 35
XII. DELL’ AGGETTIVO . a . . . . . . . 36

XII. DEL PRONOME PERSONALE . . È È È . . 37
XIV. DEI PRONOMI POSSESSIVI . . . . . . ; 37
XV. PRONOMI RIFLESSI. 2. LL 39

Google
XVI.
XVII.
XVIII.
XIX.

I

è
.

VII
IX.

x.

XII
XII.
XIV.

XV.
XVI.

XVII.
XVII.

xXx.

>> 478 +4

PRONOMI DIMOSTRATIVI . . . . . . .
PRONOMI RELATIVI E INTERROGATIVI ». . . . .
NUMERALI . . . . . . è . . .
PARTICELLE . . . . . . . . . .

III. FORMAZIONE E COMPOSIZIONE DELLE PAROLE.

FORMAZIONE è. . . . . . . . . .
COMPOSIZIONE . . . . . . . . .

ANTOLOGIA

iL Skhahnameh o Libro dei ‘Re DI FIRDUSI.

INTRODUZIONE
IL RE Hôsheng . s è . è i . . .
IL RE DAHÂK . . . . . . . P x
SCONFITTA DI DAHÂK . . . è è è s i
NOZZE DEI TRE FIGLI DEL RE FRÉDÙN . . ° .
MORTE DEL RE FRÉDÙN . . . . . . .
AMORI DI ZÀL E DI RÙDABEH . . R î P .

SÀM RACCONTA AL RE MINÒCIHR COME EGLI ABBIA UCCISO
UN DRAGONE SUL FIUME KESHEF è. 0.00...
NASCITA DI RUSTEMO è L00000 0000000
RUSTEM SI RECA AL MONTE ALBURZ PER RINTRACCIARVI IL
RE KOBÀD è L00000
BATTAGLIA DEL RE KÀVUS E DI RUSTEM COI Dêvi DEL

MAÀZENDERÀN : . " : î . x : .
VOLO AEREO DEL RE KAYUS è. po A è di
BATTAGLIA DEI SETTE EROI CON AFRÀSYAB . . .
SIYÀAVISH PASSA ILLESO ATTRAVERSO LE FIAMME è»
SOGNO DI AFRÀSYÀB O. 0. 0.00.00
MORTE DI SIYÀVISH +. È . . . . . .

RINVENIMENTO DI KHUSREV . . +. ea
EPISODIO DI BEHRÀM E DI TEZHAÀV . . i .
PUNIZIONE DI AFRÀSYÀB " + : . . . .
IL RE KHUSREV SALE AL CIELO . e” RE è
MORTE DI RUSTEM POP

Google

PAGINA
39
40
41
42

42
44

57
63
72
78
86
90

114
118

126

137
149
155
176
184
188
195
202
215
223
229
= 479 «<=

TRADUZIONE LETTERALE DEI PRIMI OTTO CAPI
DELL’ ANTOLOGIA

PAGINA

C. I. IL RE Hôsheng . . 0.0.0... + 239
C. Il. IL RE DAHÂK . * . se . . . 244
C. II. SCONFITTA DI DAHÂK  . 0.0.0... + 250
C. IV. NOZZE DEI TRE FIGLI DBL RE FREDÙN . . . . 255
C. V. MORTE DEL RE FREDÙN . . . . . . . 262
C. VI. AMORI DI ZÀL E DI RÙDABEH . 7 : . . +. 264
C. VII. SÀM UCCIDE UN MOSTRO SUL FIUME KESHEF . . . 284
C. VIII. NASCITA DI RUSTEM . . . . È : : . 286
VOCABOLARIO

DA PAGINA 299 A-PAGINA 473

AVVERTENZA . . . . . . . . . . . XVII
CORREZIONI . . + . i : 5 È i . . 480
ESERCIZIO DI LETTURA . Ù È . : . ; : . 489

TIT

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CORREZIONI

I. GRAMMATICA.

$ 14, pP.9 y9)}> Va letto 44ardan, non khérdan,
per il Libro dei Re, perchè Firdusi bene spesso ne fa
rimare la 3* pers. pret. con o, e d)» kard, zard, ecc.
$ 16, p. 10. La s di xe, xilè, ecc. non ha alcun
valore, e perciò dovrebbesi trascrivere name, 4446, non
nameh, khaneh. Avevamo trascritto tuttavia x4me4, per
riprodurre materialmente, qual è, la scrittura persiana.
$ 47, p. 16. I verbi che al pres. terminano in d,
cambiano, nel tema di passato, questa loro è in % (SaLe-

MANN %rd Suukovski, Pers. Gramm. 6. e). Es. Lal,

azmà, tpr. fa 0593 azmùd, al tema del passato; Lusi,
Sarmà, fa oy0zs farmid, ecc. — A questo punto, dobbiam
ripetere la dichiarazione che abbiam fatta in $ 46, nota 2*,
cioè che, nel trattare i verbi persiani, abbiam dovuto
trattarli empiricamente e che talvolta abbiam dovuto con-
siderare come vocale d’unione quello che appartiene alla
radice o al tema (come in nzkédar, cioè nih-d-d-an, z.
nt + dhé). Tutto questo noi pure lo sappiamo e già
l’abbiam confessato ($ 46, nota 2*; $ 48, nota); ma noi
abbiam voluto soltanto dare, con la regola del £ (4)
aggiunto mediatamente o immediatamente alla radice, una
guida, un filo attraverso al labirinto della formazione dei
due temi (di presente e di passato) del verbo persiano,
intanto che tutte le altre grammatiche non sanno come
cavarsene. Noi abbiam voluto dare una regola chiara,

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> 481 «

facile, facilmente apprendibile, allo studente, e non altro.
Lo studente poi, come progredirà negli studi, vedrà,
rispetto alla etimologia, alla origine, alla comparazione
linguistica, con qual discrezione, con quali restrizioni, con
qual prudenza deve accettare questa nostra regola. La
quale è ‘empirica, lo so, nè ho bisogno che altri me lo
dica e meno me lo rimproveri, perchè io per il primo
ho confessato cotesto; ma, è regola facile e chiara, lo
ripeto, per i principianti. E, del resto, non sono forse
empiriche e antiscientifiche molte della classificazioni dei
verbi persiani date da grammatiche anche recentissime?
Ecco quella del Prof. SALEMANN e del Prof. SHukovsKi',
uomini dottissimi in persiano, di cui tutti ammiriamo la
profonda erudizione iranica e quella che i Tedeschi dicono
Akribie nei lavori filologici e linguistici. Eppure, questa
eccellente Grammatica, parlando della relazione del tema di
presente col tema di passato, scrive ($ 41, p. 51): « Vom
Standpunkte der neueren Sprache aus kinnen hier nur
empirische Regeln aufgestellt werden, wobei in den klei-
neren Grufpen alle Fille angefihrt sind». Così si notano
tanti casi e non si dà una regola fissa e generale. — Ci
sono i bei lavori scientifici del DARMESTETER sul verbo
persiano; ma chi oserebbe mettere un principiante in
quel labirinto di regole e di osservazioni? e ciò senza
conoscenza di pehlevico, di persiano antico, di zendo?
*  $ 110, p. 35; il dativo s'indica con la particella x
6a-, be-, preposta al nome; es. Op be-mard, all’ uomo,
da 052, mard, uomo, ecc.

$ 1Ig e 132. Intorno al 4 che prende la particella
6a- del dativo dinanzi ai pronomi comincianti per vocale
(in dad-%, bad-în, bad-an), resto dell’ antica preposizione
pati (zendo paîti), vedi DarmesteTER, Études ivaniennes,
I, p. 68—69.

1 Persische Grammatik mit Litteratur, Chrestomathie und Glossar, von CARL
SALEMANN w%d VALENTIN SHUKOVSKI, Berlin, H. Reuther, 1889.

Google
> 482 —<

$ 135, p, 40; dai pronomi interrogativi si deve
levare Sh £i.

$ 136, p. 41; ai numerali si aggiunga ,yw, 6027,
(z. dagvare), 10,000.

S 142, p. 44; l'x medio di gres guft u gu, è
anceps quanto alla quantità prosodica, guft  g%; così in
gg; gust u gh.

II. ANTOLOGIA.

P. 60, v. 65. — Il verso oyzi p? vtr por sUT o
si traduca: Allorguando îl sapere (s35î= BI, cono-
scenza) degli uomini crebbe fino a ciò, cioè a gettare il
seme nei campi, ecc.

P. 61, v. 73 — Il nome Lu va riferito a Gayùmerth,
perciò si deve tradurre 220 (di Hôsheng), non azz.

- P.62,v.125.— Opi si traduca: andò, partì (dal mondo).

P. 66, v. 25. — I versi: Hr 876? 39 SO dg S|
ga sì, glo Di x? sÎ);, vanno tradotti: due terzi di que
destrieri eran sempre sellati e notte e giorno, e ciò per
fasto, non per far guerra.

P. 66, v. 36. — Il verso oli Lg uit lla pa,
dipende dal xS (in yS°) del verso” antec., e l’apodosi in-
comincia col verso 37; perciò tutto il passo va così tra-
dotto: Allorguando Iblîs s'accorse che egli (Dahâk) gU
aveva dato îl cuore e che indicibilmente st compiaceva delle
parole ingannatrici di lui, molte parole gli disse, ecc.

P. 66, v. 46. — Leggasi 053 Vi invece di

99 dia

P. 68, v. 88. — Leggasi Pe invece di spie

P. 68, v. 93—94. — I versi ol sli do, su

ya OL so: Ly Izzo | dopo, si traducano: Òuel nobile
Tinche nel mali male € Dr; bene (in ogni caso della vita) fer
il figlio suo giovinetto aveva sospirato (s'era curato di lui).

P. 74-75. — Dopo il verso 52, vanno aggiunti i

Google
> 433 «

seguenti due versi: Qua) ui è 3 cl sas ga |
Gili + pl }l del 0,35, € tutto il passo, dal verso 43
al verso 52 (ora 54 dopo l'aggiunta dei 2 versi), va
tradotto così: Daldk salì d'un tratto sull’ alto palazzo
con în pugno un laccio di sessanta cubiti (se ne servì
come d'una scala di corda). Vide allora là dentro Shehy-
nàz dagli occhî nerî starsi, piena d'incanti, con Frêdûn
în segreto. Ambe le gote sue splendide come il giorno;
1 capelli suoî bruni come la notte; aperte le labbra sue a
imprecare a Dahaàk. Conobbe allora che quella era opera
divina (voluta da Dio) e ch'egli non avrebbe trovato
scampo dal potere della sventura. Nel cervello suo st
levò il fuoco della gelosia, ond' egli nell’ interno del
palazzo (.ly31) dirittamente calò il laccio (per discendere
con quello), e z0x curazdosi (5\, memoria) nè del trono
nè della vita sua cara, dal terrazzo del palagio eccelso
discese a terra, ecc.

P. 77, v. 111 (traduz. p. 254—255), si traduca: 7ulfa
la città volgeva gli occhî alla reggia, lamentando è breve
soggiorno (di Frêdûn in quella terra) zn/anto ch'egli
doveva trar fuorî i serpe (Dahâk) 21 ceppi così come
conveniva. D'un tratto uscì l’esercito dalla città, non
avendo ottenuto alcuna parte di quella città (di preda,
di ricchezze, ecc.).

P. 77, v. 135—136 (traduz. p. 255) si traduca:
Quando un vincolo fu ad un altro vincolo aggiunto, non
rimaneva alcuno dei mali di fortuna (che Dahâk non
avesse).

P. 79, v. 7—9 (traduz. p. 256), si traduca: / fîg4, dî per
sè (0935), sono cari al re, tanto più se sono degni del trono.

P. 79, v. 11; leggasi LsoL, non sléol.

P. 81, v. 78 (traduz. p. 258), il verso: xe I aS

SI sb dolo, si traduca: Za mzz0re (delle tre figlie
del re del Yemen) ox sî può distinguere (ilo; gl non
riconoscono, impers.) dalla maggiore (xe).

Google
m 484 «

P. 83,‘v. 120 (traduz. p. 259), il verso: )) cdr
ol Ut o du, si traduca: Allorguando la notte
diventò” giorno, egli (il re del Yemen) 4 ra/legrò (i figli
di Frêdûn), s2tanto che trasse fuori le sue tre figlie, come
Frêdûn aveva detto.

P. 85, v. 195 (traduz. p. 262), i versi: xS 0 gala
gl 333 pol dd sole a] giò pol Po. si tra-
ducano: // male venne da me. Deh! non resti (lu) alcun
segno di me (è ), poichè femmine soltanto (le mie figlie)
son nate da una stirpe di maschi re!

P. 88, v. 21—22 (traduz. p. 263), si traduca: Box rome
e rettitudine furon tutto quello ch'egli (Frêdûn) guadagnò,
o figlio, dalla miseria (della vita).

P. 92, v. 13, leggasi Laol,, non sléol.

P. 93, dopo il v. 44, si aggiungano questi due versi

o ul 3 So uh

Opa gl Gig 4 piso , Jo
cioè: er quella sapienza e per la saviezza dell’ eroe
Mihràb, egli (Zàl) abbandonò a lui è cuore, la coscienza
e la mente.

P. 94, v. 78 (traduz. p. 267), il verso IL ,>
Dil Sly, si traduca: A/lorguando cercarono
(impers.) è destrieri degli erot.

P. 96, v. 128 (traduz. p. 268), il verso: dula lei
sb uil. si traduca: Pomyoso se ne veniva da pe; luogo
a’ Aden (dove ogni mattina egli, Mihràb, era accolto
da Zàl).

P. 102, dopo il verso 326, si aggiungano i due versi:
ra) pè why! 0 uf 30
I tte 53 3r81 39 ur
cioè: / due occhi (della bella Rùdabe, figlia di Mihràb)

son fieri, le sopracciglia incurve (4, curvatura), la colonna
delle due sopracciglia (il naso) è come un argenteo stelo.

Google
» 485 —«

P. 103, dopo il verso 342, si aggiungano i versi
seguenti:

o ul ur lia »
o el I, 760 esp? do
cl fido iu dol sa
cda; 3) bea Giu op
Le 5 Cul gi; uh
do) de pae
09 dato pino glo gl
SI cli ala
pra sole gal ay
pri uyr? Rai vd;

cioè: Allorguando îl destino intende al connubio di due,
luogo all’ amore fa il cuore di ciascuno (dei due). Quando
vuole infranger quel vincolo, non gli è d'uopo spender pa-
role; d'un tratto (Suu) divide il compagno dalla compagna.
Quel suo infrangere è all’ aperto; îl suo congiungere è
secreto; di questa e di quella maniera è la natura del
destino. L’uom di cuore, come si guardi dalla moglie
sua, sî vesta con tulta tranquillità in secreto perchè non
venga dalla sua stirpe una figlia, nè gli convenga poî
udîr (per essa) farole vituperose. Così disse alla sua
compagna 11 falco maschio intanto ch'egli posava sulle
ova e stendeva le ale: «Se da queste ova farem not
uscir delle femmine, dalle renî del padre noi strapperemo
? testicoli». — Passo molto difficile, che non so d'aver
bene inteso in tutte le sue parti.

Google
» 486 +

P. 108, dopo il verso 508 (traduz. p. 280) si aggiunga
il distico:
3L olo pig cd) SOI
pr are Soy dale
cioè: Andò l'ancella e rese 11 messaggio e se ne venne
ancora presso quella bella fanciulla (alla lett. cipresso) dî
Tiràaz (vedi <title>Vocab.</title> alzo).
P. 109, i versi 527—528 (traduz. p. 280):
dol dé s0ul didzàa so
si traducano: Come disparve tl sole fiammante e fu chiusa
la porta (del cielo), chè la chiave ne andò perduta ...
P. 110, dopo il verso 560 (traduz. p. 281), si aggiunga:

pe pi) pi
prg i ue
cioè: reccioli entro riccioli, e serpentelli su serpentelli e
fino al mento di lei ciocche sovra ciocche; — detto dei
capelli di Rùdabe.
P. 111, v. 575 (traduz. p. 282), il verso:
r) lo y? usò I, spit ge af
si traduca: che to da stolto ponga la mano su l'amata
mia (>, anima, metaf. amata donna).
P. 111, v. 590; leggasi ,3> (arab.), fanciulla dagli
occhi neri; non gr
P. 112, dopo il verso 605 (traduz. p. 283), aggiungasi:

das 3), ur n e?
dati lp

cioè: Auron baci e abbracciamenti e bever di vino, eccetto
che © leone la sua preda ( ) y5 alla lett. onagro) non trasse

în suo: potere. — wyd; udyd, prendere alla caccia,
cacciare, predare.

Google
>» 487 «

P. 112, v. 612 (traduz. p. 283), ojfoul iS si tra-
duca: getterà schiuma (per ira) dalla bocca.

P. 116, v. 17. Leggasi )loulga.

P. 116, v. 29—30 (traduz. p. 285), i versi:

tu ia)o gle uil;
lr BOU s0,S 3L yi

si traducano: Za lngua sua (del drago) era în guisa
di nero albero, la bocca spalancata, riversata sulla via.
P. 117, v. 74 (traduz. p. 286), si legga piuttosto
pali pla, e si traduca tutto il distico: su quella terra
per molti annî non vi furono che spine e sterpi arsi (dal
veleno del drago). i

P.
P.
P.
P.
P.
P.
P.

P.

P.

P.

123,
133;

144,
162,

193;
198,

199,

205,
211,

228,

300,

di r bar).

P.

306,

v. i
. 156. Leggasi ;Jiy> sli, non Llg> sli.
. 169. Leggasi dugsu, non ylogiu.

. 174. Leggasi jb i, non &L jl.

v
v
v
V.
v
d

V.
V.

147. Leggasi 44, non Ogaò.

89. Leggasi j&Sylu, non pigluw.

- 50. Leggasi ehYo. non pyYo.
opo il v. 101, si aggiunga:

pol sl soy I) ue

71. Leggasi ob non or
272. Leggasi dg44s, non Qua

v. 143. Leggasi x} p3, non 350 pr

III. VOCABOLARIO.

aggiungasi: rp! abar, sopra (forma antiquata

aggiungasi: JI afràz, alto, eccelso, sublime.
P. 308, sotto og î, dgan, si aggiunga il significato
di rzemfiere; partic. sufi, dganda, riempito.

Google
>> 488 —e

P. 315, si corregga: +» 5ba-, per x de, particella; a,
verso, appresso, con, per mezzo; — esprime il dativo;
ba-shàh, al re. — + d6î- per x» dî serve a formare il
futuro, cfr. Gramm. 40.

P. 321, aggiungasi: joy? 4rdan (infinito del tema
r bar, op? 6urd, portare, usato come nome), carico, peso.

P. 341, sotto 1° LL, a bar téftan si aggiunga: torcere;
p. 341, sotto 2° LU, si aggiunga: l'atto del torcere; e
dopo #6 dadan, si aggiunga: torcere, attorcere; fd6 dada,
attorto (si dice di un laccio).

P. 357, si aggiunga 3y> Ar (ar., plur. del masch.

| akvar, e femm. ol,ya, 4aurà, che dai Persiani si usa
in singolare), fanciulla dagli occhi neri.

P. 363, sotto 1° yl& 4424r (verbo 4kvdadan), si
aggiunga: leggere, leggere ad alta voce.

P. 380, sotto ly, ru6é (tema di pres. di rw6%4,
rubitdan), si aggiunga: dar rubidan, toglier via.

P. 421, si aggiunga: IG figar, e US figand (tema
di pres. e tema di pass.), veggasi JGl a/gar, e Qui
afgand.

P. 427, sotto 1° iS, si aggiunga: £af arndakhtan,
gettar spuma dalla bocca (per ira).

P. 463, si aggiunga: piso Gu niki-dihish (cfr. dihish,
l'atto del donare), dono di grazia (in senso astr.); dator
di grazia (in senso concr.), Dio; — Cfr. DARMESTETER,
Études traniennes, I, p. 277, Le suffixe ishn, ish.

P. 464, si aggiunga: hh, urà (°*), per fy,f dat. e
accus. del pronome ,l.



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ESERCIZIO DI LETTURA!

LAMENTO DI FIRDUSI PER LA MORTE
DEL FIGLIO.

CS sie Por
Ma-rà sàl bu-gdhasht® bar shagt u pang,
na niki buvad gar bi-yàzam ba-gang.

viag dug jl pr pe 176 7

Vhazi dip Sa Jl pizosl pa
Magar bahra bar gîram az panda î khvish,
bar andisham az marg ? farzand i khvîsh.

vl= pl! vip? cus ox: Ia

ul) e i 3 Pr 09)
Ma-rà bid navbat; bi-raft an guvòn;
zi-dard-ash man-am ci tan-î bi-ravàn.

pilo sli pl 55
Shitàbam magar tà hamiî yabam-ash;
ciù yàbam ba-payghàra bu-shtàbam-ash3.



! Per facilitare ai principianti la lettura dei testi — 2 Per /i-gudbastt, —
3 Per di-shitibam-ash.

Google
= 490

ur ni tdi da la cai
uo rh or sd e
ki: Navbat ma-rà bud; tà‘ bi kàm 1 man
cirà raftî u burdì àràm i man?

ma 3,450) i 31) >
Zi-badha ti? bidi ma-rà dast-gîir;
dirà ràh gustì zi-ham-ràh î pir?

Sl uh pleps 4

Ct calici Dad
Magar ham-rahàn î guvan yafti,
ki az pîsh 7 man tiz bu-shtàfti ?

ds, ep Je dé 3a hl

Guvan-rà ch shud sal bar i si u haft,
na bar arzi yaft giti, u raft.

caio L 331,49 dp sx
Cu Dgr gl , cl o

Hamî bid ham-vara bè man durushi;
bar ashuft u yak-bara bu-nmid3 pusht.

Ola )0! Vhs) } pè 3 cdr
Olii 0 gi ye 25000 3 do
Bi-raft u gham u rang-ash îdar bi-mand ;
dil u dida î man ba-khin car nishand.

tri (9), — 2 th (0). — 3 Per di-numid.

Google
> 4901

pu) ili, pd pi
du della sla +2 1 A:
Kunin ù sty i riishandi rasid;

padar rà hamî gày khvahad guzia.

ho 9 He dl p
Àb QRS yu pleno vol
Bar amad cunin ritz-gàri diràz,
k-az-an ham-rahan kas na-gashtand baz.

ee 910 pio 0 Lo
Hamanà ma-rà cashm darad hami,;
st-dîir amadan khashni dàrad hami.

sup LES sr us! dti
Ma-rà shagt u pang u u-rà sî u haft;
na-pursid az-în pir u tanhà bi-raft.

So joel (O ai 2 cUui gl SI
di dal xo Lo, 10,5

Vay andar shitàb, u man andar dirang
zi kirdarhà tà ci ayad ba-cang.

SUS wi33 Pula ubi 0A

Ravàn è ta Daranda rishan kundd,
khirad pish i gàn i tà gavshan kunda!

! Egli (il figlio) sì partì in fretta, io qui sto nell’ indugio ad aspettare che

mai (qual frutto) mi verrà in mano dalle mie opere.

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> 492 <

TS palo dl pel a
ISayzrt IL 10,6)
Hami khvaham az Davar i Kard-gàr,
zi-rbzi-dih i pàk, Parvard-gàr,
1,3 su Dia pe xs
t,5 slo 3545 US glib,o
Kit yak-sar bi-bakhshad gundh i tu-rà,
dirakhshan kunad tira mah è tu-rà!

Per tradurre questo passo di Firdusi (Edizione di
Calcutta, pag. 1951), notiamo le seguenti parole che man-
cano nel Vocabotario dell’ Antologia:

Jo» ya Zarvard-gàr cîr. (Parvardan, nutrire) nutritore
(si dice di Dio, cfr. l'arabo sl hp!)

105,0 daranda (parti del vette dashtan, pres. daram),
s$stenitore, reggitore (del mondo), Iddio.

Sy rtzî (6), il cibo quotidiano; — r4%25-di4, che dà il
cibo quotidiano, Iddio.

cad shagt = cm shast, sessanta.

uuwyò zavbat (ar.), turno; wma rà bia navbat, era mio il
turno (per partire dal mondo), cioè doveva io morire
prima del figlio mio.

sly ham-rahàn, per get +3 ham-réhàn, pl. di 329,
compagno di via; compagno di vita; coetaneo.
ino ham-vàra, sempre,

È yàz, tpr. di dal yézi4, inf. 9) L yàzidan, stender
la mano (per prender qualche cosa), con ba-.

Traduzioni del Libro dei Re, di Firdusi:
ScHack, Meldensagen von Firdusi, Berlin.
Mounr, Le Livre des Roîs, par Aboul-Kasim Firdousi,
(7 voll.), Paris.
Pizzi, Il Libro der Re, di Firdusi, poema epico recato
dal persiano in versi italiani (8 voll.), Torino, V. Bona

1886—1880.
RT DIC

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LIPSIA.
M.D.CCCLXXXXI,

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